No all'assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne senza lavoro e fuori corso all'università

07 Agosto 2023

Il genitore obbligato a corrispondere al/alla figlio/a maggiorenne, ma non economicamente indipendente, un assegno periodico può chiederne la modifica in virtù del suo scarso rendimento universitario?

Massima

La valutazione delle circostanze giustificative del permanere dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o non, con i genitori o con uno d'essi, deve essere effettuata dal giudice di merito caso per caso con rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all'età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.

Il caso

Tizio proponeva ricorso ex art. 710 c.p.c. al Tribunale di Vibo Valentia per chiedere la modifica dell'assegno di mantenimento da lui dovuto in favore della figlia Caia, maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, deducendo l'insufficiente rendimento di quest'ultima nello studio universitario.

La ragazza si costituiva e contestava la richiesta del padre, che era però accolta dal Tribunale e comportava una riduzione del predetto assegno ad € 600.

Caia proponeva reclamo, che era accolto dalla Corte d'Appello di Catanzaro la quale non riteneva configurabile una "inerzia colpevole della figlia nel completamento degli studi o nella ricerca di un'occupazionepoiché dall'istruttoria era emerso che la ragazza soffriva di una sindrome depressiva.

I giudici di secondo grado sostenevano così che non fosse giustificata "una revoca o riduzione del contributo al mantenimento, non essendo stata peraltro evidenziata alcuna sopraggiunta difficoltà del padre a far fronte agli esborsi concordati in sede di divorzio”.

Tizio proponeva ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi, mentre Caia resisteva con controricorso.

La questione

Il genitore obbligato a corrispondere al/alla figlio/a maggiorenne, ma non economicamente indipendente, un assegno periodico può chiederne la modifica in virtù del suo scarso rendimento universitario?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame.

In particolare, Tizio articolava tre motivi, lamentando:

  • la contraddizione logica insita nella decisione per cui è “inconciliabile considerare scusabile il mancato impegno dello studio di una persona perché affetta da una «sindrome depressiva lieve ed iniziale»”;
  • l'omissione di un fatto decisivo, ovvero la richiesta del ricorrente di far "rientrare in Calabria la figlia a cercare altra attività con notevole risparmio di soldi dovuti alla permanenza nel centro universitario di Roma” ed al relativo costo della vita;
  • la nullità del decreto di appello per motivazione contraddittoria e/o perplessa e/o apparente o insussistente.

La Corte di Cassazione esaminava i motivi congiuntamente perché connessi ritenendoli meritevoli di accoglimento.

Era richiamato il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità per cui la “valutazione delle circostanze giustificative del permanere dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o non, con i genitori o con uno d'essi” deve essere effettuata “dal giudice del merito caso per caso”: un accertamento “ancorato alle occupazioni ed al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione, investendo impegno personale ed economie familiari” (v. Cass. civ., n. 17183/2020; Cass. civ., n. 12952/2016; Cass. civ., n. 4108/1993).

Alla luce del principio di responsabilitàche permea l'ordinamento giuridico e scandisce i doveri del soggetto maggiore d'età, costui non può ostinarsi e indugiare nell'attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative”: ciò anche al fine di evitare “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani", escludendo ovviamente situazioni di minorazione fisica o psichica tutelate dall'ordinamento (v. Cass. civ., n. 12477/2004).

Nella vicenda in questione la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Tizio e sua moglie – datata 2006 – poneva a carico del padre l'obbligo di versare € 1200 in favore della figlia dodicenne Caia. Al momento dell'instaurazione della lite in esame – nel 2019 – la ragazza aveva 25 anni ed era iscritta all'università e, successivamente, durante il giudizio avanti alla Corte distrettuale, Caia ventisettenne era fuori corso e aveva sostenuto solo tre esami.

Quest'ultima sosteneva che il suo rendimento scolastico fosse influenzato dalla sindrome depressiva di cui soffriva: circostanza confermata anche dal medico di famiglia, il quale aveva incontrato la ragazza solo “due volte nel 2020” ed aveva prescritto un farmaco ritenuto però “blando (…) per un effetto placebo e suggestivo”.

Una tale giustificazione si rivelava non coerente con i principi sanciti e ribaditi dalla già citata giurisprudenza. Per tali ragioni, dunque, la decisione impugnata non recava una spiegazione adeguata sui motivi per cui questo “asserito (…) e poco significativo” stato depressivo ha impedito a Caia la “diligente prosecuzione degli intrapresi studi ultraliceali per un considerevole lasso di tempo” né perché le ha impedito di adoperarsi in altro modo per non “permanere in quella che attualmente si rivela essere soltanto una situazione di sostanziale inerzia «agevolata» da un assegno di mantenimento riconosciutole nel 2006, in un contesto e per esigenze radicalmente differenti”.

Osservazioni

Per prima cosa pare opportuno rammentare come il diritto al mantenimento dei figli sia garantito dall'art. 30, comma 1, della Costituzione in forza del quale “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. In particolare poi, l'art. 337-septies c.c. permette al figlio maggiorenne di conservare il diritto al mantenimento: il giudice, infatti, “valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico”.

Occorre porre l'attenzione sul verbo “può” che indica mera possibilità, accanto al criterio generale ed usuale della "valutazione delle circostanze”. Si tratta, quindi, di un tipico giudizio discrezionale rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito.

Per costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, a norma degli artt. 147 e 148 c.c., “non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi” ma con il solo e provato raggiungimento dell'indipendenza economica. Il genitore che agisce “nei confronti dell'altro per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica, in quanto condizione legittimante l'azione ed oggetto di un accertamento giudiziale” (v. Cass. civ., n. 12952/2016).

Il genitore che contesti la sussistenza del proprio obbligo di mantenimento è tenuto a fornire la prova che ciò dipenda da una condotta colpevole del figlio, che persista in un atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue inclinazioni e/o rifiuti le occasioni che gli vengono offerte (v. Liuzzi, Mantenimento dei figli maggiorenni, onere probatorio e limiti temporali, in Famiglia e dir., 2005).

Il diritto al mantenimento può venir meno qualora il figlio, “abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro (ovvero di colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso) e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell'indipendenza economica” (v. Cass. civ., n. 12952/2016; Cass. civ., n. 18076/2014).

In conclusione preme evidenziare come il figlio “divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni” (v. Cass. civ., n. 38366/2021; Cass. civ., n. 27904/2021)-

Nel caso in cui non vi siano le condizioni per l'assegno di mantenimento e sussistano determinati presupposti, il figlio non rimane privo di tutela in quanto vi è un obbligo alimentare a carico dei parenti prossimi previsto dalla legge ai sensi dell'art. 433 c.c.

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