Informazioni alla persona offesa (art. 90-bis)InquadramentoNell'ottica delle nuove aperture dirette a una più ampia e più consapevole partecipazione della persona offesa dal reato ai vari momenti del procedimento penale, si impone al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria di rendere edotta quest'ultima, sin dalle prime fasi delle indagini, dei diritti e delle facoltà che l'ordinamento le riconosce. FormulaPROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... INFORMAZIONI SUI PROPRI DIRITTI ALLA PERSONA OFFESA DAL REATO (ART. 90-BIS C.P.P.) PREMESSA Queste informazioni hanno lo scopo di fornire alla persona offesa dal reato indicazioni chiare e complete sui diritti e le facoltà riconosciutele dal codice di procedura penale, così da poterli esercitare in modo consapevole personalmente o per mezzo di un avvocato difensore. A coloro che sono stati vittime di un reato si consiglia di leggere attentamente quanto segue. Eventuali dubbi possono essere sciolti andando in un ufficio di polizia giudiziaria (commissariato di P.S., stazione dei carabinieri, eccetera) o chiedendo chiarimento a un legale. Nel caso di morte della parte offesa, questi diritti sono esercitati dai prossimi congiunti. Secondo la norma generale dettata dall'art. 307, comma 4, c.p., “agli effetti della legge penale”, s'intendono per prossimi congiunti: – gli ascendenti, – i discendenti, – il coniuge, – la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, – i fratelli, – le sorelle, – gli affini nello stesso grado, – gli zii e i nipoti. Non sono più annoverati tra i prossimi congiunti gli affini, quando sia morto il coniuge e non ci sia prole. DIFESA TECNICA La vittima del reato può scegliere di nominare un avvocato difensore per l'esercizio dei diritti e delle facoltà riconosciuti dalla legge. In questo caso deve sapere che: – può nominare un difensore con dichiarazione resa all'autorità procedente, alla polizia giudiziaria in occasione della presentazione di denunce o querele, ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa per raccomandata (la nomina può essere fatta immediatamente, senza necessità di attendere avvisi da parte dell'Autorità Giudiziaria o di polizia); – ha la possibilità di usufruire del patrocinio a spese dello Stato se il Suo reddito è inferiore al limite previsto dalla legge (attualmente pari ad Euro 11.528,41 all'anno); – per avere la certezza di ricevere le comunicazioni dovute per legge e per esercitare alcuni specifici diritti la parte offesa deve “dichiarare o eleggere domicilio”, cioè indicare al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria il proprio indirizzo o quello della persona presso la quale vuole che le siano inviati tutti gli atti processuali. Deve inoltre comunicare qualsiasi cambiamento di questo indirizzo nel corso del procedimento penale, altrimenti continuerà a ricevere gli atti presso il luogo originariamente indicato. Questa comunicazione non è necessaria se ha nominato un difensore, perché in questo caso tutti gli avvisi saranno inviati all'Avvocato. PRESENTAZIONE DI DENUNCIA O QUERELA La persona offesa può presentare denuncia oralmente o per iscritto recandosi o indirizzando l'atto alla Procura della Repubblica o alle varie sedi delle forze dell'ordine presenti sul territorio (questura, commissariati di P.S., comandi provinciali e di compagnia, tenenze e stazioni dell'arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza, ecc.). La denuncia può essere sottoscritta personalmente o a mezzo di procuratore speciale (al quale deve essere rilasciata, per atto pubblico o scrittura privata autenticata, una procura che indichi l'oggetto per cui è conferita ed i fatti cui si riferisce e che deve essere allegata alla denuncia). In relazione ad alcuni reati (quali ad esempio le percosse e le lesioni personali di minore gravità, la minaccia non grave, la diffamazione, l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, l'appropriazione indebita non aggravata, la violenza sessuale, il cosiddetto stalking) la procedibilità è subordinata alla presentazione di una querela, ossia una dichiarazione con cui si manifesta la volontà che si proceda nei confronti dell'autore di un fatto previsto dalla legge come reato. La querela può essere presentata alle stesse autorità alle quali è presentata la denuncia o ad un agente consolare all'estero, e, con sottoscrizione autenticata, può anche essere spedita in piego raccomandato o recapitata da un incaricato. Il termine per la proposizione della querela è di tre mesi dalla conoscenza del fatto (e di sei mesi per i delitti di violenza sessuale, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minorenne e atti persecutori/stalking). Chi presenta una denuncia o una querela può chiedere una copia con l'attestazione dell'avvenuta presentazione. Sin dal momento dell'acquisizione della notizia di reato, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria informano la persona offesa dal reato che ha la facoltà di nominare un difensore che potrà assisterla in ogni fase del procedimento e che può accedere al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'art. 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al d.P.R. n. 115/2002, e successive modificazioni (art. 101 c.p.p.). Il querelante ha l'obbligo di dichiarare o eleggere domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento (artt. 90-bis, lett. a-bis, c.p.p.). A tale obbligo il querelante può assolvere anche indicando un indirizzo di posta elettronica certificata. Il querelante comunque ha la facoltà di dichiarare od eleggere domicilio anche dopo la presentazione dell'atto di querela (art. 90-bis, lett. a-ter, c.p.p.). In caso di mutamento del domicilio dichiarato o eletto (artt. 90-bis, lett. a-quater, c.p.p.) il querelante ha l'obbligo di comunicare all'autorità procedente, tempestivamente e nelle forme prescritte, la nuova domiciliazione. Qualora il querelante abbia nominato un difensore e non abbia dichiarato o eletto domicilio, egli sarà domiciliato presso il difensore ai sensi dell'art. 33 disp. att. c.p.p. In caso di dichiarazione o elezione di domicilio mancante, insufficiente o inidonea le notificazioni al querelante, che non abbia nominato un difensore, saranno eseguite mediante deposito dell'atto da notificare nella segreteria del pubblico ministero procedente o nella cancelleria del Giudice procedente. FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI La persona offesa, sia nel corso delle indagini che nell'eventuale successivo processo, può presentare memorie ed indicare elementi di prova. Ha diritto di ricevere comunicazione della data, del luogo del processo e del contenuto dell'imputazione e ha facoltà di partecipare alle udienze. Se si costituisce parte civile, ha diritto di ricevere notifica della sentenza, anche per estratto. Durante la fase delle indagini preliminari, in particolare, la persona offesa, se ne ha fatto espressa richiesta, può ricevere – le comunicazioni in ordine alle iscrizioni nel registro delle notizie di reato ed al nominativo della persona indagata. Queste notizie non possono essere fornite nei casi di reati di criminalità organizzata e per alcuni reati contro la persona; – l'avviso relativo alla richiesta da parte del pubblico ministero di proroga del termine delle indagini preliminari; – l'avviso in ordine relativo alla presentazione da parte del pubblico ministero della richiesta di archiviazione del procedimento, con facoltà, entro venti giorni dalla comunicazione, di presentare in procura un atto di opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. La persona offesa deve essere avvisata quando devono essere compiuti accertamenti tecnici non ripetibili (per esempio, un'autopsia), ai quali può partecipare, anche nominando i propri consulenti. Può anche sollecitare il pubblico ministero a raccogliere formalmente, mediante il cosiddetto “incidente probatorio” prima della celebrazione del processo, alcune prove che possono essere a rischio (per esempio, testimonianze di persone esposte a minacce o pressioni, accertamenti su luoghi soggetti a modifiche). La persona offesa ha facoltà di richiedere l'adozione di misure cautelari personali a carico dell'indagato ed a sua tutela, e, quando si procede per delitti commessi con violenza alla persona, ha diritto di essere informata della revoca e della modifica delle misure cautelari personali applicate a carico dell'indagato. Al momento della conclusione delle indagini, ha diritto di vedere tutti gli atti del procedimento e farne delle copie. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO PER IL CITTADINO NON ABBIENTE Quando il reddito del nucleo familiare non superi i limiti fissati dall'ordinamento ovvero ad oggi Euro 11.528,41 (aumentato di Euro 1.032,91 per ogni componente della famiglia), alla persona offesa e al danneggiato che intenda costituirsi parte civile (al pari di indagato, imputato, responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria) è assicurato il patrocinio a spese dello Stato per ogni grado e per ogni fase del processo penale e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse. In questo caso, non dovrà pagare l'Avvocato, il cui onorario sarà a carico dello Stato, e non dovrà corrispondere alcun anticipo né dovrà sostenere spese (ad esempio per bolli, copia degli atti). Non si computa il reddito dei familiari nei casi di conflitto di interessi relativo al procedimento penale. La persona offesa dai delitti di maltrattamenti contro familiari o conviventi, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo, e atti persecutori è ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito sopra indicati. Tale beneficio è prevista anche per le persone offese minori di età quando si procede per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone, acquisto di schiavi, corruzione di minorenne, adescamento di minorenni. Non possono avvalersi del patrocinio a spese dello Stato coloro che siano già stati condannati con sentenza definitiva per i reati di associazione di tipo mafioso (nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e omertà garantite dalla suddetta associazione ovvero al fine di agevolarne l'attività), di associazione per delinquere finalizzata al traffico di tabacchi o di stupefacenti, di traffico di stupefacenti aggravato. FASE DEL PROCESSO Quando si celebra un processo, la parte offesa ha diritto ad essere informata, con indicazione del luogo, della data e dell'ora della prima udienza. Per le udienze successive non viene avvisata e, se ne ha interesse, deve informarsi delle date di rinvio presso il Tribunale. La parte offesa non ha l'obbligo di partecipare alle udienze, tranne quando deve rendere la sua testimonianza: in questo caso, riceverà una apposita convocazione, nella quale sarà precisato che ha l'obbligo di presentarsi. Tuttavia, nel caso si proceda per un reato punibile a querela di parte, la persona offesa ha la facoltà di non presentarsi all'udienza per testimoniare; in questi casi, la mancata comparizione comporta la remissione tacita di querela (art. 90-bis, lett. n-bis, c.p.p.). Se deve essere ascoltata come testimone, la persona offesa può richiedere il rimborso delle spese di viaggio al Tribunale (le spese per il biglietto aereo potranno essere rimborsate solo se preventivamente autorizzate). La persona offesa può chiedere il risarcimento dei danni che le ha provocato il fatto di reato, sia in un separato processo civile sia a mezzo della costituzione di parte civile nel processo penale, in entrambi i casi con l'assistenza di un difensore. Per i reati perseguibili a querela, il procedimento potrà essere definito con la remissione di querela, ad eccezione dei delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne e del delitto di atti persecutori/stalking, quando sia commesso mediante minacce reiterate con armi, o da persona travisata o da più persone riunite o con scritto anonimo o in modo simbolico o avvalendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. Il reato procedibile a querela che rientri nella competenza del Giudice di Pace (ad esempio, minaccia non aggravata, percosse, lesioni non gravi, diffamazione, invasione di terreni o edifici) può essere estinto con la conciliazione fra le parti e dunque la remissione della querela, anche a seguito della mediazione di centri e strutture pubbliche presenti sul territorio. Quando all'imputato può essere applicata la sospensione del procedimento con messa alla prova, con conseguente estinzione del reato in caso di buon esito della prova suddetta, e nei procedimenti per reati per i quali è prevista la non punibilità per particolare tenuità del fatto, la persona offesa ha diritto di essere interpellata e di interloquire presentando memorie. Vittime di reati commessi con violenza sulla persona Alcuni specifici diritti sono previsti solo per le vittime di reati violenti (in particolare, se commessi nell'ambito di relazioni familiari o sentimentali). In particolare: – i reati commessi con violenza possono comportare effetti traumatici sulla persona, per cui la vittima si può rivolgere agli appositi servizi pubblici della ASL (ad esempio: consultorio familiare) e del Comune di residenza (servizi sociali); – se tra le vittime vi sono minorenni deve essere fatta una segnalazione al Tribunale per i minorenni, che valuterà la situazione e gli interventi di tutela; – le vittime di violenza domestica hanno diritto ad ottenere informazioni dalle forze di polizia, fin dal momento della denuncia, sui centri antiviolenza previsti nel territorio; – se la vittima ne fa richiesta, le forze di polizia (carabinieri, polizia di Stato, vigili urbani, ecc.) hanno il dovere di metterla in contatto, in qualsiasi momento, con i centri antiviolenza (senza limitarsi a dare un indirizzo o un numero di telefono); – alcuni centri antiviolenza hanno delle residenze protette dove, nei casi più gravi, le vittime di reato possono essere accolte per sfuggire a ulteriori violenze; La vittima che si trovi in condizioni di difficoltà personale può inoltre chiedere di essere assistita da un amministratore di sostegno: un soggetto che opera sotto la direzione del Giudice tutelare del tribunale civile e ha il compito di assistere gratuitamente persone che si trovino in difficoltà, anche temporanea, di provvedere ai propri interessi. Nei casi più gravi, per proteggere la vittima da ulteriori reati, il tribunale, su richiesta del pubblico ministero può disporre limitazioni della libertà dell'autore del reato, dalla custodia in carcere fino a misure cautelari meno gravi, quali, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa o l'allontanamento dalla casa familiare. L'applicazione delle misure cautelari dell'allontanamento dell'autore del reato dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento deve essere comunicata alla parte offesa, in modo che sappia esattamente quali siano le restrizioni vigenti e che possa eventualmente segnalare qualsiasi violazione. La persona offesa può chiedere che il Giudice, con il provvedimento con il quale dispone l'allontanamento dalla casa familiare o in un momento successivo, obblighi l'autore del reato al pagamento di un assegno di mantenimento. Può essere azionato alternativamente, ma solo con l'assistenza di un avvocato, un analogo procedimento civile diretto all'emissione di un “ordine di protezione” contro gli abusi familiari che vieti all'autore del reato di avvicinarsi alle vittime. La vittima di reati violenti ha diritto di avere notizie delle richieste di revoca o sostituzione delle misure cautelari applicate all'autore del reato (ad esempio, custodia in carcere, arresti domiciliari, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). In questo modo ha la possibilità e il diritto di far conoscere il suo parere, presentando, entro due giorni, memorie difensive per opporsi o comunque per far conoscere il proprio punto di vista. Ha diritto, inoltre, di essere informata sui provvedimenti del Giudice sulla modifica, revoca o sostituzione delle misure cautelari a carico dell'indagato. In questo modo la vittima è in condizioni di sapere se la persona indicata come autore del reato sia libera o sottoposta a vincoli e limitazioni della sua libertà di movimento. Queste informazioni non sono fornite alla persona offesa che non abbia effettuato la elezione o dichiarazione di domicilio o nominato un difensore. La persona offesa di reati commessi con violenza alla persona, inoltre, ha sempre diritto di essere informata in caso di richiesta di archiviazione del procedimento, anche se non ne fa esplicita richiesta. Le vittime dei reati di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori/stalking hanno diritto a ricevere l'avviso della conclusione delle indagini. Le vittime dei reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, violenza sessuale e degli altri reati previsti dalla legge che si trovino in condizioni di “particolare vulnerabilità” hanno diritto di rendere testimonianza con modalità protette (ad esempio, con vetro-specchio o altri accorgimenti che impediscano all'imputato di entrare in qualsiasi modo in contatto con loro). Quando si tratta di minorenni, questi accorgimenti sono adottati sempre. Se invece la vittima del reato è invece maggiorenne e vuole essere sentita con queste modalità protette, lo deve chiedere al Giudice, illustrando le proprie ragioni. CITTADINI STRANIERI La persona offesa che non conosce la lingua italiana ha diritto di utilizzare una lingua a lei conosciuta ed ha diritto di ottenere, previa richiesta, la traduzione, anche parziale, in una lingua a lei conosciuta dell'attestazione della ricezione della denuncia o della querela nonché degli atti che contengano informazioni utili all'esercizio dei suoi diritti. Deve essere nominato un interprete quando la stessa debba essere sentita dall'autorità procedente o intenda partecipare all'udienza e ne abbia fatto richiesta. Possono ottenere il permesso di soggiorno, ai sensi dell'art. 18-bis d.lgs. n. 286/1998, i cittadini stranieri vittime dei delitti di maltrattamenti contro familiari o conviventi, lesioni, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, sequestro di persona, violenza sessuale e atti persecutori/stalking ovvero per uno dei delitti per cui è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.) commessi sul territorio nazionale in ambito di violenza domestica, quando: – siano accertate situazioni di violenza o abuso; – emerga un concreto ed attuale pericolo per l'incolumità della persona offesa, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio. GIUSTIZIA RIPARATIVA La persona offesa ha la facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p. Nel caso in cui detto programma si concluda con un esito riparativo e con il rispetto degli eventuali impegni comportamentali assunti da parte dell'imputato, la partecipazione del querelante al programma di giustizia riparativa comporta la remissione tacita di querela. INFORMAZIONI UTILI Per informazioni, le vittime di violenza e di stalking possono contattare il numero telefonico (h 24) 1522 del Dipartimento per le Pari Opportunità. Sul sito pariopportunita.gov.it sono anche indicati i numeri utili da contattare (“antidiscriminazioni”, “antitratta” e “contro le “mutilazioni degli organi genitali femminili”). Ulteriori informazioni sulle strutture sanitarie sono disponibili sul sito del Ministero della Salute: salute.gov.it/. CommentoPersona offesa, vittima del reato, danneggiato, parte civile Il titolare del bene tutelato dalla fattispecie incriminatrice è il soggetto passivo del reato, colui che il codice di rito qualifica come “persona offesa”. L'art. 90, comma 3, c.p.p. estende l'esercizio dei diritti e delle facoltà della persona offesa, deceduta in conseguenza del reato, ai suoi prossimi congiunti o al convivente. Non sempre, è evidente, la persona offesa è un soggetto privato, persona fisica o giuridica che sia: sin dalla bipartizione romanistica tra reati privati e pubblici, è patrimonio culturale assodato, e lo si è visto, che gli interessi protetti dalla legge penale possono essere anche plurisoggettivi, a vario livello (collettivi, diffusi, pubblici o istituzionali in senso stretto). Dal momento che la qualità di persona offesa è il prerequisito per la titolarità di alcuni rilevanti diritti, facoltà, aspettative di natura procedimentale, la giurisprudenza ha avuto modo di sceverare minuziosamente sia la nozione, sia le sue ricadute pratiche. A titolo di esempio, e banalmente: la persona offesa nel furto (o nella appropriazione indebita, ovvero nella truffa, la cui struttura non postula l'identità tra persona offesa e soggetto indotto in errore) è il titolare del bene giuridico costituito dalla integrità del patrimonio (Cass. II, n. 40578/2014). La persona offesa in un delitto di falso in scrittura privata è il soggetto a cui sia falsamente attribuita l'emissione dell'atto falsificato, ma anche quello che abbia ricevuto comunque un danno per l'uso fatto in concreto dall'atto stesso (Cass. V, n. 10619/2008). Il delitto di omissione di atti di ufficio non solo lede l'interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della pubblica amministrazione, ma anche il concorrente interesse del privato danneggiato dall'omissione o dal ritardo dell'atto amministrativo dovuto, con la conseguenza che pure quest'ultimo assume la posizione di persona offesa. Del pari plurioffensiva è stata da sempre ritenuta la calunnia, dove lo Stato assume la posizione di soggetto passivo primario ma non esclusivo, giacché l'offesa colpisce anche l'onore dell'incolpato, bene proprio del privato, tutelato dalla stessa norma (Cass. VI, n. 21789/2010). D'altronde, si è anche affermato, al contrario, che la persona offesa del delitto di falso giuramento ex art. 371 c.p. o della falsa perizia prevista e punita dall'art. 373 c.p., trattandosi di fattispecie incriminatrice lesiva dell'interesse della collettività al corretto funzionamento della giustizia, non può essere la persona singola, che abbia subito un danno diretto o indiretto (Cass. VII, ord., n. 8160/2013; Cass. VI, n. 13065/2013). La persona offesa nel delitto di false informazioni al pubblico ministero è lo Stato-comunità (Cass. VI, n. 8996/2015). Allo stesso modo, solo la pubblica amministrazione può essere individuata quale persona offesa di una associazione a delinquere, reato contro l'ordine pubblico (Cass. VI, n. 30791/2013) ovvero le amministrazioni comunali o regionali per le violazioni edilizie (Cass. III, n. 7786/2014). Si può soprassedere, in questa sede, sull'annoso dibattito riguardante la possibilità di rinvenire o meno nel sistema penale reati senza oggetto giuridico o addirittura senza offesa. Apparendo, alla luce di quanto detto, una simile possibilità una vera e propria contraddizione in termini, a pena di incostituzionalità, ci si limita a rinviare a Mantovani, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1989, 225-230, e Ramacci, Corso di diritto penale, Torino, 2013, pp. 34-44, nonché a Corte cost. n. 265/2005. Viceversa, i soli soggetti danneggiati dal reato, a prescindere dal fatto che assommino in sé anche la qualità di persona offesa, sono legittimati ad esercitare in sede penale, sia pure con modalità particolari, l'azione civile diretta al risarcimento del danno e alle restituzioni. Chi decide di proporre davanti al Giudice penale la propria domanda di risarcimento assume la qualità di parte civile. Mentre la qualità di persona offesa sorge al momento stesso della commissione del reato, indipendentemente da qualsiasi atto formale, la parte civile diviene effettivamente tale solo mediante un atto di costituzione, da depositare nella cancelleria del Giudice che procede, con il quale si esercita espressamente l'azione civile nel processo penale. La costituzione di parte civile non può avvenire che successivamente alla conclusione delle indagini preliminari, una volta che si sia giunti alla fase processuale vera e propria, davanti al Giudice dell'udienza preliminare ovvero, nei procedimenti a citazione diretta, davanti al Giudice del dibattimento (art. 79 c.p.p.). A fronte di questa nettissima distinzione, terminologica e sostanziale, tra le due figure della persona offesa e della parte civile, il codice di rito, in alcune sue recenti interpolazioni, introduce la dizione di “parte offesa” (artt. 282-quater, comma 1 e 472, comma 3-bis, c.p.p.). Non si tratta di un tertium genus, ma solo dell'esito di una cattiva tecnica redazionale del legislatore che, indubitabilmente, anche in questi casi, ha inteso fare riferimento alla persona offesa. Altrove, al contrario, viene usato altrove il termine “vittima” (artt. 498, comma 4-ter, e 90-ter c.p.p.). La locuzione è tratta dal diritto eurounitario e vale ad indicare la persona offesa (solo persona fisica e non un soggetto collettivo) “che abbia subito un pregiudizio anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti od omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale” (art. 1, comma 1, lett. a), Decisione quadro del Consiglio 2001/220 GAI del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel processo penale e, incidentalmente, mai attuata dall'Italia). Lo statuto della persona offesa nell'ordinamento penale L'impostazione originaria del codice di rito colloca la persona offesa in una posizione notoriamente marginale, anche affiancandole la figura, solo in parte alternativa, del danneggiato dal reato (ossia chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del reato, ed è pertanto legittimato all'azione civile, anche esercitata nell'ambito del processo penale, mediante la costituzione di parte civile). Secondo un'autorevole dottrina, “alla persona offesa il codice ha riconosciuto un ruolo meramente «penalistico», e cioè un interesse ad ottenere soltanto la persecuzione penale del colpevole del reato; viceversa, al danneggiato che si sia costituito parte civile il codice ha voluto riconoscere un ruolo meramente «civilistico», e cioè ha inteso tutelarne soltanto l'interesse ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal reato. La scelta del legislatore ha la seguente motivazione. Si vuole che i due processi, penale e civile, si svolgano separatamente; e ciò, sia per evitare che il problema del risarcimento del danno condizioni l'accertamento della responsabilità penale, sia per non alterare l'equilibrio delle parti nel processo, ove il ruolo dell'accusa è già assunto dal pubblico ministero. Il legislatore preferisce che i due procedimenti si svolgano separatamente, anche se il titolo da cui derivano la responsabilità penale e civile è unico, e cioè il compimento di un reato” (Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2017). Questa marginalità, è riconosciuta e giustificata anche dalla costante lettura dei principi guida dell'ordinamento processuale data dalla Corte costituzionale. Secondo i giudici delle leggi, ogni separazione dell'azione civile dall'ambito del processo penale non può essere considerata come una menomazione o una esclusione del diritto alla tutela giurisdizionale, essendo affidata al legislatore la scelta della configurazione della tutela medesima, in vista delle esigenze proprie del processo penale; l'azione di restituzione o risarcitoria ha anzi carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, sicché essa subisce tutte le conseguenze derivanti dalla funzione e struttura del processo penale. L'assetto generale del nuovo processo è ispirato all'idea della separazione dei giudizi, penale e civile, essendo prevalente, nel disegno del codice, l'esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale rispetto all'interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione nel processo medesimo (Corte cost. n. 443/1990; Corte cost. n. 171/1982; Corte cost. n. 166/1975). In una prospettiva necessariamente sistematica, occorre però sottolineare le plurime recenti modifiche al codice di rito, connotate da larghe aperture al ruolo processuale della persona offesa. La normativa processuale penale ha visto aprirsi, negli ultimi decenni, consistenti aperture dirette ad enfatizzare il ruolo della persona offesa e comunque ad introdurre connotazioni di restorative justice (cfr. la ricognizione di Sechi, Vittime di reato e processo penale: il contesto sovranazionale, in Cass. pen., 2017, 850 ss.): tentativo di conciliazione, probation minorile, mediazione e riparazione davanti al Giudice di pace e, da ultimo, i plurimi profili conciliativi, riparatori, risarcitori e restitutori e partecipativi della persona offesa introdotti nel codice di rito (cfr. Bargis-Belluta (a cura di), Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, Torino, 2017 e Spangher, Ragionamenti sul processo penale, Milano, 2018, 141 ss.). In qualche modo, e semplificando volutamente i complessi termini della questione, si può affermare che, sia pure nel mutato clima (forse più mediatico-politico che giuridico in senso stretto), alla persona offesa dal reato è riservato un ruolo partecipativo e una funzione, per così dire, consultiva, a volte necessaria, ma quasi mai vincolante: la giustizia è superiore anche alle aspettative delle vittime (che, fisiologicamente, non sono, non possono e non devono essere del tutto imparziali). Le informazioni alla persona offesa Secondo l'art. 90-bis c.p.p. (inserito dal d.lgs. n. 212/2015 e in parte modificato dalla l. n. 103/2017), l'autorità procedente, sin dal primo contatto con la persona offesa, deve fornirle, in una lingua a lei comprensibile, informazioni in merito alla sua posizione, ai suoi diritti e alle sue facoltà lungo l'intero percorso procedimentale. I nuovi artt. 90-ter, 90-quater e 143-bis c.p.p. estendono queste forme di consapevole partecipazione, anche relativamente alle comunicazioni in materia di misure cautelari, alla persona offesa in condizioni di particolare vulnerabilità e alla mediazione linguistica. È stato correttamente sottolineato come la novella, pur non priva di spunti condivisibili, abbia in buona parte tradito lo spirito della Direttiva 2012/29/UE che ne è alla base, laddove quest'ultima predicava la assoluta necessità di servizi istituzionali di concreto aiuto e supporto alla vittima. E in effetti le norme suaccennate, per quanto poste a presidio di posizioni sostanziali, spesso si risolvono in garanzie meramente formali, concentrandosi sugli aspetti procedurali piuttosto che sull'azione concreta di altri soggetti istituzionali. Molti uffici di procura, proprio per offrire un contributo concreto nello spirito (più che nella lettera) della legge, hanno predisposto articolate modalità di comunicazione che ad un'ampia esposizione delle questioni schiettamente procedimentali, in un linguaggio il più possibile atecnico e comprensibile, accompagnano ulteriori misure (ad esempio, la predisposizione o la segnalazione, in collaborazione con altre istituzioni e soggetti privati, di sportelli di ascolto e accoglienza delle vittime del reato, di numeri verdi, di recapiti telefonici e telematici dedicati). Va sottolineato come la Riforma Cartabia (art. 5 del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) abbia integrato le informazioni indicate nell'art. 90-bis c.p.p. prevedendo l'obbligo per il querelante di dichiarare od eleggere domicilio (nell'atto di querela o in un momento successivo) e di comunicare qualsiasi variazione del domicilio dichiarato o eletto. La medesima disposizione, che ha come finalità quella di semplificare le comunicazioni e le notificazioni alla persona offesa da parte della autorità giudiziaria procedente, prevede regole suppletive in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio: comunicazione o notifica al difensore (se è stato nominato); deposito in segreteria o cancelleria dell'A.G. procedente. Fra gli avvisi alla persona offesa anche quello che la mancata comparizione all'udienza a cui sia stata citata in qualità di testimone comporta la remissione tacita di querela nonché quello sulla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, con remissione tacita di querela nel caso in cui il programma si concluda con esito riparativo o con il rispetto di eventuali impegni comportamentali assunti dall'imputato. |