Quesito in tema di accertamenti autoptici e tossicologici (overdose)InquadramentoDal delitto di cessione illecita di stupefacenti può derivare la successiva morte dell'acquirente, quale diretta conseguenza dell'assunzione della sostanza compravenduta. In tal caso, occorre verificare tempestivamente, con le opportune indagini medico-legali e chimico-tossicologiche, se risulti effettivamente una pregressa assunzione di stupefacenti, se questa assunzione sia ricollegabile eziologicamente all'evento morte e in ogni caso quale sia stata la causa del decesso. FormulaN. ... / ... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ... Accertino i consulenti tecnici [1], previa descrizione esterna [2] e successivo esame autoptico [3] e tossicologico del cadavere di ... [4] (attualmente conservato presso l'Obitorio di ... [5] ), esaminati i reperti in sequestro e la documentazione agli atti del fascicolo (nonché la ulteriore documentazione che i medesimi consulenti riterranno necessario acquisire, se del caso, anche con l'ausilio della Polizia Giudiziaria) e compiuti tutti gli accertamenti del caso, - quali siano state l'ora presumibile, le verosimili cause del decesso e i mezzi che lo produssero (in particolare, verificando la eventuale assunzione di sostanze stupefacenti da parte del defunto, per quanto possibile specificandone quantità e qualità ed evidenziando l'eventuale nesso eziologico tra la ipotizzata assunzione e la morte); - quale sia l'esatto dato ponderale, prima e dopo gli accertamenti [6], la composizione e la natura delle sostanze in sequestro [7], anche in riferimento alla presenza di eventuali additivi, indicandone le percentuali [8]; - se le stesse debbano considerarsi “stupefacente o psicotrope” ai sensi dell'art. 14 e delle tabelle I, II, III e IV, d.P.R. n. 309/1990; Documentino adeguatamente le operazioni compiute, anche mediante fotografie. Riferiscano, infine, di ogni ulteriore elemento ritenuto necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia. I consulenti sono autorizzati sin d'ora ad esperire, se del caso e comunque sotto il proprio diretto controllo, ogni necessario esame specialistico e di laboratorio ed al prelievo di parti di organi [9], di liquidi [10] o di altro materiale biologico utile alle indagini [11] (campioni da inviare poi all'Ospedale di ... [12] per effettuare i necessari esami [13] ), a farsi coadiuvare da tecnico settore, ad operare i necessarî rilievi fotografici ed a fare uso di mezzo proprio (con esenzione di responsabilità per la pubblica amministrazione). Sarà rilasciata comunque, per quanto possibile, alla Polizia Giudiziaria delegata, al termine dei primi accertamenti autoptici, dichiarazione scritta in ordine all'epoca della morte ed alle cause della stessa, quali evidenziabili dai primi accertamenti compiuti. Al termine di detti accertamenti, il presente provvedimento – salvo contraria indicazione scritta da parte dei consulenti – varrà quale Nulla Osta al seppellimento di ..., nato a ... il ... e residente in vita a ..., con espresso divieto di adibire il cadavere a scopo di studio o di ricerche scientifiche, dovendo continuare a rimanere a disposizione della giustizia per qualsiasi evenienza [14]. 1. La duplice natura del quesito impone una consulenza collegiale in cui l'esperto di medicina legale sia affiancato da un chimico/tossicologo che possa valutare compiutamente l'azione delle sostanze stupefacenti o psicotrope sul metabolismo della persona offesa. È altresì tecnicamente possibile nominare consulente il solo medico legale, affiancandogli l'esperto di chimica nelle vesti di suo ausiliario ovvero demandare all'unico esperto nominato per gli accertamenti autoptici il prelievo di campioni biologici e conferire poi successivamente un distinto incarico di consulenza tecnica per le ulteriori indagini tossicologiche. In ogni caso, “le autopsie, anche se ordinate dall'autorità giudiziaria, devono essere eseguite dai medici legalmente abilitati all'esercizio professionale” (art. 45, comma 1, d.P.R. n. 285/1990, Regolamento di polizia mortuaria). 2. Diretta ad accertare i caratteri fisici generali del cadavere (altezza, peso, capelli, colore della pelle, etnia, condizioni di nutrizione e costituzione corporea, nei, cicatrici e segni particolari, tatuaggi o piercing), i fenomeni post mortem (macchie ipostatiche, rigidità, modificazioni del bulbo oculare, microfauna cadaverica, etc.) e quanto utile a fini di accertamento (ematomi o segni di traumatismi, ferite lacero contuse, fratture, segni di iniezione, etc.). 3. Dopo il cosiddetto esame esterno, l'accertamento autoptico ricomprende anche l'ispezione di tutte le cavità del corpo (testa, collo, torace-addome), con eventuale campionamento istologico (cuore, polmone, fegato, rene, encefalo, milza). 4. Ordinariamente, il cadavere è posto disposizione del medico legale, dopo che ne è stato formalizzato il riconoscimento ad opera di prossimi congiunti o di altri soggetti e se del caso a seguito di verifiche documentali. 5. Secondo il regolamento di polizia mortuaria (artt. 8, 9, 13, 14), nessun cadavere può essere chiuso in cassa, né sottoposto ad autopsia, a trattamenti conservativi o a conservazione in cella frigorifera (ovvero essere inumato, tumulato o cremato), prima che sia trascorse ventiquattro ore dal momento del decesso, protratte sino a quarantotto ore nei casi di morte improvvisa e quando si abbia il dubbio di morte apparente, salvo casi di irrevocabilità in dubbio della morte (essendo la stessa conseguita a decapitazione o a maciullamento ovvero accertata dal medico necroscopo, anche mediante registrazione elettrocardiografica di durata non inferiore a venti minuti). I comuni devono disporre di un obitorio, istituito nell'ambito dei locali cimiteriali o presso ospedali o strutture sanitarie, per il mantenimento in osservazione e riscontro diagnostico dei cadaveri di persone decedute senza assistenza medica e per il deposito a tempo indefinito dei cadaveri a disposizione dell'autorità giudiziaria. 6. Gli esami chimici sulle sostanze ne consumano necessariamente una porzione minima. 7. Ad esempio, le tracce di liquido contenute nella siringa per endovena rinvenuta accanto al cadavere ovvero i residui repertati all'interno della bustina di cellophane o del cucchiaio su cui l'eroina è stata sciolta sulla fiamma insieme ad acido citrico. La natura degli accertamenti autoptici, non più ripetibili per antonomasia, rende pressoché irrilevante qualsiasi riflessione sulla concreta ripetibilità degli ulteriori accertamenti tossicologici sulle sostanze estratte (e sui campioni biologici prelevati dal cadavere): le garanzie saranno sempre quelle dettate dall'art. 360 c.p.p. 8. Il peso netto globale dello stupefacente, al lordo dell'involucro (ad esempio, bustina di cellophane), è costituito dal principio attivo (la parte farmacologicamente attiva della sostanza; quella che ha, come si dice, “efficacia drogante”) e dagli eccipienti, adulteranti e sostanze da taglio varie. 9. Ad esempio, del cuore, quando appare verosimilmente una patologia cardiaca come causa del decesso. 10. Sangue, orina, bile, umor vitreo, contenuto gastrico. 11. Capelli, peli, cartilagini, unghie, etc. 12. Ovvero presso qualsiasi altro idoneo laboratorio, presso strutture pubbliche o private. 13. Le analisi di laboratorio potranno ricomprendere accertamenti istologici, tossicologici, genetici, citologici, e così via. 14. Il desiderio di cremare la salma da parte dei prossimi congiunti può, in ipotesi, trovare accoglimento con esplicita autorizzazione del Pubblico Ministero, qualora dagli accertamenti già esperiti (ed anche tenuto conto del prelievo di campioni biologici per successive analisi) emergesse in maniera indubitabile che non si dovrà più procedere ad ulteriori esami o verifiche. CommentoIl bene giuridico primario tutelato dalle norme penali che sanzionano la produzione, la detenzione e il traffico di sostanze stupefacenti (sin dalle originarie previsioni codicistiche degli oggi abrogati artt. 446 e 447 c.p.) è stato costantemente individuato nella salute pubblica, avuto riguardo alla dimensione sociale e collettiva del fenomeno. Su questa interpretazione non ha inciso, ovvero comunque ha inciso solo parzialmente, il referendum abrogativo del 1993. La salvaguardia immediata della “salute individuale” risulta, dopo la consultazione popolare, un aspetto della tutela penale in gran parte ridimensionato. Non vengono meno, invece, le esigenze di tutela della “salute collettiva”, né, a fianco di questa, gli ulteriori beni giuridici della sicurezza e dell'ordine pubblico: infatti, anche nella necessaria ottica della salvaguardia delle giovani generazioni, l'implemento del mercato degli stupefacenti costituisce causa di allarme sociale e di turbativa per l'ordine pubblico. Di particolare lesività, com'è noto, è l'uso di eroina, in particolare, ma non solo, per assunzione endovenosa, a cui è riconducibile la maggior parte dei casi di overdose (ovverosia del sovradosaggio di sostanze stupefacenti, con conseguenti effetti nocivi per l'assuntore, seppure non necessariamente mortali). Non è inutile precisare, a questo proposito, come, per le scienze tossicologiche, per quanto riguarda i rischi di “morte da eroina”, rappresenti una distorsione giornalistica (“sorprendentemente accreditata in talune sedi ufficiali”) l'attribuire la maggior parte dei decessi di tossicodipendenti a “droga tagliata male” o “sporca” o “avariata”. Questa ricostruzione causale, forse viziata da preconcetti ideologici, preferisce erroneamente attribuire gli eventi mortali a sostanze micidiali aggiunte alle polveri di strada, piuttosto che alla notoria e comprovata tossicità dell'eroina stessa. È certamente possibile l'occasionale incidenza di altre concause (adulteranti letali, ipersensibilità, volontà suicidiarie/omicidiarie), ma la ricostruzione scientificamente più corretta e statisticamente più ricorrente è quella che imputa, senza minimizzarla, la prima e diretta responsabilità al ruolo tossico della stessa molecola dell'eroina (cfr. Bertol-Lodi-Mari-Marozzi, Trattato di tossicologia forense, Padova, 2000, 385-392). Peraltro, proprio in tema di eroina la giurisprudenza di legittimità si è talora spinta sino a riflessioni, dense di rilievi chimico-tossicologici, che pongono qualche perplessità per quanto attiene il principio tabellare che governa la natura delle sostanze stupefacenti o psicotrope e il divieto di analogia in materia penale (in particolare, Cass. VI, n. 14431/2011, Qotbi ha affermato che la sostanza “6 monoacetilmorfina”, in quanto monoestere della morfina, è iscritta nella tabella I, e presenta natura stupefacente. Si veda anche, esattamente in termini, riferite cioè alla medesima molecola, Cass. III, n. 46197/2011, Buggiani; Cass. III, n. 19646/2012, Bergamo). Per quanto attiene al decesso dell'acquirente di stupefacente, la vicenda storica deve essere ricondotta alle due distinte fattispecie di cui all'art. 73 (commi 1 ovvero 5), d.P.R. n. 309/1990, per quanto attiene alla cessione di eroina (o di altra tipologia di sostanza) e all'art. 586 c.p. relativamente alla morte (o, nel caso di overdose non mortale, alle lesioni, quale conseguenza non voluta del delitto di spaccio). D'altronde, secondo l'orientamento più attento, il decesso dell'assuntore è imputabile alla responsabilità dello spacciatore solo quando, oltre al nesso di causalità materiale (facilmente individuabile nella pregressa condotta di cessione illecita), sussista anche un'ulteriore e specifica colpa in concreto, per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la cessione), con prevedibilità ed eventualità dell'evento, da valutarsi alla stregua dell'agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze concrete conosciute o conoscibili dall'autore (Cass. VI, n. 49573/2018, che ha ravvisato gli estremi del delitto ex art. 586 c.p., in un caso in cui è emerso che l'imputato era consapevole del fatto che la sostanza stupefacente ceduta presentava un'elevata concentrazione di principio attivo, tale da essere potenzialmente pericolosa per gli assuntori; Cass. IV, n. 8058/2016, secondo cui la ripetuta vendita di cocaina a brevissima distanza di tempo e destinata all'assunzione da parte di un medesimo soggetto, integra la violazione di una regola cautelare idonea a configurare la colpa dello spacciatore e quindi ad imputare psicologicamente in capo a quest'ultimo, l'evento morte dell'acquirente, verificatosi a poche ore di distanza. Cfr. anche Cass. III, n. 41462/2012 che ha qualificato come insufficiente la motivazione basata sulla sistematica attività di spaccio dell'imputato, senza fare menzione ella circostanza che la vittima aveva dichiarato di essere alla sua prima esperienza con l'eroina). |