Quesito in tema di accertamenti medici (malattia professionale)

Angelo Salerno

Inquadramento

La tutela penale della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, accanto al pericolo di incidenti avvenuti per causa traumatica (“infortunio sul lavoro”, caratterizzato da un evento scatenante improvviso e violento), prevede la responsabilità dei creditori di sicurezza anche per quelle patologie, contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose, che derivino da cause lente e diluite nel tempo.

Formula

N. ... / ... R.G.N.R.

PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ...

Accerti il consulente tecnico, esaminati gli atti del fascicolo, presa visione di ogni altra documentazione sanitaria ritenuta utile all'espletamento dell'incarico (rilasciando, sin d'ora, l'autorizzazione ad estrarne copia dalle strutture sanitarie che la detengono), visitata altresì la persona offesa ... e compiuti, se del caso e purché sotto il suo diretto controllo, tutti gli ulteriori necessari accertamenti ed esami, anche specialistici:

- la sussistenza e se del caso la natura e la verosimile data di maturazione della patologia lamentata da ...;

- quali siano le attuali condizioni di salute di ..., specificando se abbia riportato postumi invalidanti e penalmente rilevanti sotto il profilo medico-legale, a carattere permanente o temporaneo, e determinando, in caso positivo, la durata complessiva della malattia e l'incidenza percentuale sull'integrità fisio-psichica e sulla capacità lavorativa e di guadagno;

- l'eventuale esistenza di un nesso causale tra la suddetta malattia e l'attività professionale svolta, specificando l'esposizione a specifici fattori di rischio nel concreto contesto lavorativo (anche se per una parte soltanto dell'intera durata del rapporto di lavoro) [1];

- le cosiddette leggi di copertura, scientifiche o statistiche, in base alle quali il suddetto nesso causale è ritenuto esistente, specificando se tale giudizio è formulato in termini di certezza o di probabilità;

- se l'esposizione suddetta a determinati fattori di rischio abbia comunque prodotto un aggravamento della malattia o ne abbia ridotto il periodo di latenza;

- l'eventuale ricorrenza di uno o più elementi causali alternativi di innesco della malattia, in concreto ed in relazione alle peculiarità della singola vicenda [2].

Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia.

1. Il consulente medico legale verificherà, nella propria specifica ottica professionale e basandosi sulle emergenze investigative già agli atti, se siano state osservate le norme relative alla prevenzione delle tecnopatie da parte del datore di lavoro e degli altri creditori di sicurezza.

2. Secondo la regola generale dettata dall'art. 41 c.p., non incide sulla sussistenza del fatto tipico l'eventuale concorso di cause extraprofessionali (ad esempio, tabagismo in soggetto comunque esposto per anni all'amianto o ad idrocarburi policiclici aromatici e poi colpito da neoplasia polmonare), purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l'infermità.

Commento

Nozione di malattia nel diritto penale

La malattia del corpo o della mente, ai sensi della legge penale (a partire dall'art. 582 c.p., in tema di lesioni personali), è qualificata dalla tradizionale opinione come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, di modo che lo stato di malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto processo di alterazione (definizione tanto lata da poter agevolmente ricomprendere anche le escoriazioni e le ecchimosi. Cfr., VI, n. 10986/2010).

Un altro orientamento, più selettivo, esclude la rilevanza di quelle alterazioni di natura anatomica da cui non derivi una limitazione funzionale o un significativo processo patologico ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (Cass. IV, n. 22156/2016; Cass. V, n. 40428/2009). Sulla base di questi percorsi ermeneutici, più attenti alla casistica della concreta vicenda storica, si è affermato che può comportare una pericolosa alterazione delle funzioni organiche anche una crisi ipertensiva, desumibile dall'accertata frequenza delle pulsazioni e dalla prognosi di recupero (Cass. V, n. 54005/2017).

La giurisprudenza appare più rigorosa, in materia di lesioni personali, in relazione ai casi in cui manchi un'alterazione anatomica, escludendo, ad esempio, che rientri nella nozione di malattia, la mera agitazione psicomotoria (Cass. V, n. 37870/2022), sebbene tenda ad estendere invece tale nozione in tema di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, quali stato d'ansia, insonnia, disagio psicologico, disturbi del carattere ed alimentari (Cass. VI, n. 7969/2020).

La malattia professionale

Il testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, definisce la “salute” del lavoratore come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”, che consiste in primo luogo nell'assenza di malattia o d'infermità (art. 1, comma 1, lett. o, d.lgs. n. 81/2008).

La malattia professionale (o tecnopatia) può dunque essere definita come una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull'organismo. È la cosiddetta “causa diluita”, che si distingue dalla “causa violenta”, connotata da efficienza, rapidità ed esteriorità e concentrata nel tempo, alla base della nozione di infortunio sul lavoro.

La giurisprudenza (cfr. Cass. IV, n. 5273/2016) distingue talora tra:

- malattia professionale in senso stretto, che consiste in manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro e non è prodotta da agenti esterni;

- “malattia-infortunio”, intesa come sindrome morbosa insorta in esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica), evitabile con determinati accorgimenti.

La causa della malattia professionale deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l'infermità in modo esclusivo o prevalente: il testo unico fa infatti riferimento a malattie contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l'infermità. D'altronde, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali, qualora la rilevanza causale della condotta omissiva sull'evento patologico sia caratterizzata da una mera probabilità statistica, la ricostruzione del nesso eziologico impone la sicura esclusione di fattori causali alternativi, potendosi solo così attribuire ad un fattore causale statisticamente poco incidente il rango di elevata probabilità logica (Cass. IV, n. 13138/2016; Cass. IV, n. 18933/2014, ha precisato che, in tema di rapporto di causalità, l'individuazione della cosiddetta legge scientifica di copertura sul collegamento tra la condotta e l'evento presuppone una documentata analisi della letteratura scientifica universale in materia con l'ausilio di esperti qualificati e indipendenti, cosicché non è possibile escludere la sussistenza dell'effetto acceleratore sul mesotelioma di una prolungata esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell'insorgenza, seppur latente, della malattia, sulla semplice base dell'originale punto di vista elaborato dal Giudice di merito, non sorretto da basi scientifiche sufficientemente chiare e ponderate).

Al d.P.R. n. 336/1994 sono allegate le tabelle delle malattie professionali nell'industria (58 patologie; a mero titolo di esempio: “alveoliti allergiche estrinseche e fibrosi polmonari, sviluppate nell'ambito di lavorazioni che espongono all'inalazione di miceti, altre sostanze vegetali o animali, sostanze chimiche”) e nell'agricoltura (27 patologie; a mero titolo di esempio: “malattie causate da anchilostomiasi, a seguito di lavorazioni inerenti terreni argillosi o irrigui”). Tali malattie devono essere denunciate entro un determinato periodo dalla cessazione dell'attività rischiosa, fissato nelle tabelle stesse (cosiddetto “periodo massimo di indennizzabilità”). Il sistema tabellare solleva il lavoratore dall'onere di dimostrare l'origine professionale della malattia, una volta che abbia provato il suo impiego in una delle lavorazioni indicate in tabella o comunque l'esposizione a un rischio ambientale provocato da quella lavorazione e l'esistenza della malattia (cosiddetta “presunzione legale d'origine”, con inversione dell'onere della prova a carico dell'Ente, nell'ambito dei giudizi previdenziali). Il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del modello tabellare esclusivo, fondato su presunzioni iuris et de iure, sancendo la possibilità per il lavoratore di dimostrare che anche una malattia non tabellata di cui è portatore risulti comunque di origine professionale (Corte cost., n. 179/1988; Corte cost., n. 206/1988).

In sede penale, la prova del rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia appare particolarmente rigida.

In tema di prova scientifica del nesso causale, infatti, ai fini dell'assoluzione dell'imputato è sufficiente il solo serio dubbio, in seno alla comunità scientifica, sul rapporto eziologico tra la condotta e l'evento, mentre la condanna deve invece fondarsi su un sapere scientifico largamente accreditato tra gli studiosi, poiché la colpevolezza dell'imputato deve essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass. IV, n. 5505/2017, che, richiamando espressamente i limiti del sindacato di legittimità rispetto al sapere scientifico, ha ritenuto immune da censure la sentenza di assoluzione degli amministratori delegati e dei presidenti del consiglio d'amministrazione di una società dal reato di omicidio colposo ai danni di lavoratori esposti ad amianto, che aveva argomentato la mancanza di prova del nesso causale sulla duplice considerazione che gli imputati avevano assunto la carica a distanza di molti anni dalla cosiddetta “iniziazione” della malattia tumorale, e che costituiva ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica la sussistenza di un effetto acceleratore sul mesotelioma dell'esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell'“iniziazione”).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario