Quesito in tema di accertamenti medici (lesioni)

Angelo Salerno

Inquadramento

La tutela della incolumità fisica dei consociati postula la rilevanza penale di ogni condotta da cui derivi una alterazione anatomica o funzionale dell'organismo (“malattia del corpo e della mente”). Le rilevanti conseguenze sanzionatorie, e prima ancora procedimentali, che derivano dalla maggiore o minore consistenza della lesione inferta con dolo o con colpa, rendono necessario procedere per tempo e compiutamente ai necessari accertamenti medico legali.

Formula

N..... /.... R.G.N.R.

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI....

Accerti il consulente, esaminati gli atti del fascicolo, la ulteriore documentazione medica eventualmente esibita dalla persona offesa...., presa visione di ogni altra documentazione sanitaria ritenuta utile all'espletamento dell'incarico (rilasciando, sin d'ora, l'autorizzazione ad estrarne copia), visitata altresì la suddetta persona offesa e compiuti, se del caso e purché sotto il suo diretto controllo, tutti gli ulteriori necessari accertamenti ed esami, anche specialistici,

– origine, natura e durata delle lesioni riportate da.... a seguito dei fatti per cui si procede, riferendo in dettaglio per iscritto circa la compatibilità delle stesse con la dinamica risultante dagli atti;

– se dal fatto sia derivata una malattia che abbia messo in pericolo la vita della persona offesa;

– se dal fatto sia derivata una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

– se il fatto abbia prodotto l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;

– se dal fatto sia derivata

•  una malattia certamente o probabilmente insanabile;

•  la perdita di un senso;

•  la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile;

•  la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare;

•  una permanente e grave difficoltà della favella;

•  la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;

– l'eventuale sussistenza di postumi penalmente rilevanti sotto il profilo medico-legale.

Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario ai fini dell'accertamento dei fatti.

Commento

Lesione e malattia

La “lesione” non è un evento a sé stante: nella locuzione usata dal codice, anche nel corpo della disposizione incriminatrice, essa sta indicare soltanto il nomen iuris del reato; unico evento dei delitti di lesioni, dolose e colpose, di qualsivoglia natura è una “malattia del corpo o della mente” (Mantovani, Diritto penale. Parte speciale. Delitti contro la persona, Padova, 1995). Nel caso in cui l'aggressione fisica non sia stata in concreto idonea a cagionare tali conseguenze patologiche, sarà viceversa integrato, in presenza del dolo di legge, il diverso delitto di percosse (art. 581 c.p.).

La condotta è solitamente violenta, ma può essere pacificamente priva di tale connotato, anche in caso di reato doloso (ad esempio, contagio volontario di una malattia venerea o del virus Hiv tramite rapporto sessuale consensuale, tacendo al partner di essere affetto dalla patologia).

Molto dibattuta, invece, è la nozione di malattia.

Secondo l'interpretazione assolutamente monolitica datane dalla giurisprudenza, la malattia del corpo o della mente, ai sensi della legge penale, è qualificata come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, di modo che lo stato di malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto processo di alterazione (definizione tanto lata da poter agevolmente, e tradizionalmente, ricomprendere anche le escoriazioni, le contusioni e le ecchimosi. Cfr. Cass. VI, n. 10986/2010). Resta però esclusa la rilevanza di quelle alterazioni di natura anatomica da cui non derivi una limitazione funzionale o un significativo processo patologico ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (Cass. IV, n. 22156/2016; Cass. V, n. 40428/2009). Sulla base di questi percorsi ermeneutici, più attenti alla casistica della concreta vicenda storica, si è affermato che può comportare una pericolosa alterazione delle funzioni organiche anche una crisi ipertensiva, desumibile dall'accertata frequenza delle pulsazioni e dalla prognosi di recupero (Cass. V, n. 54005/2017).

Il concetto clinico di malattia richiede dunque il concorso del requisito essenziale di

– una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica in senso stretto;

– un fatto morboso in evoluzione, a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte.

Ne deriva che non costituiscono malattia, e quindi non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche, a cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità.

La dottrina assolutamente prevalente contesta vibratamente questa posizione esegetica, facendo leva anche su buoni argomenti di tipo medico-legale (in particolare, sottolineando come, tecnicamente, la malattia non sia uno stato ma un processo patologico, ciò di cui peraltro appare ben consapevole il legislatore nel disciplinare il computo della durata della malattia).

La durata della malattia, ad ogni modo, è parametrata sulla incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni, sino alla data della perfetta guarigione clinica, comprensiva dunque dei periodi di convalescenza e necessario riposo, debitamente documentabile tramite accertamenti medico-legali (Cass. V, n. 4014/2015).

Classificazione delle lesioni dolose sulla base della loro gravità

Le lesioni sono declinate secondo la nota quadripartizione:

– lesioni lievissime ex art. 582, comma 2 c.p. (malattia di durata non superiore a venti giorni, in assenza delle circostanze aggravanti previste dagli artt. 576-577 – ad eccezione dei fatti commessi contro l'ascendente o il discendente, il coniuge, anche legalmente separato o divorziato, l'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, il convivente, il coniuge, l'altra parte dell'unione civile, il fratello o la sorella, il padre, la madre o il figlio adottivi, un affine in linea retta – e 583 c.p.), procedibili a querela;

– lesioni lievi ex art. 582, comma 1, c.p. (malattia di durata tra i venti e i quaranta giorni, in assenza delle circostanze aggravanti previste dall'art. 583 c.p.), soggette alla medesima forbice edittale delle lesioni lievissime, ma procedibili d'ufficio;

– lesioni gravi ex art. 583, comma 1, c.p., quando dal fatto sono derivati, alternativamente,

○ una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa (pericolo configurabile quando esiste, in un momento qualunque del corso del processo morboso, la probabilità della morte dell'offeso, desunta, secondo l'id quod plerumque accidit, attraverso un giudizio obiettivo, non fondato su mere congetture, ma su una seria e grave constatazione del perturbamento prodotto nelle grandi funzioni organiche del soggetto e in base a tutti i sintomi che accompagnano la malattia, di modo che non sono di per sé sufficienti la natura e la sede della lesione e il timore di gravi complicazioni, né la prognosi riservata. Cfr. Cass. V, n. 2816/2013, che ha ritenuto sussistere tale pericolo a seguito del ricovero della vittima nel reparto di rianimazione dell'ospedale in stato di shock emorragico per una coltellata inferta in prossimità di un organo vitale).

○ una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

○ l'indebolimento permanente di un senso o di un organo (rilevando anche una menomazione, anche minima purché apprezzabile, della potenzialità funzionale, ridotta rispetto allo stato anteriore, di un organo, inteso in senso atecnico. Cfr. Cass. V, n. 4177/2014, in tema di avulsione traumatica di un incisivo superiore, con indebolimento permanente dell'organo della masticazione e Cass. V, n. 34012/2013, relativa alla riduzione permanente del flusso aereo di una narice a seguito di lesioni al cranio e al volto);

– lesioni gravissime ex art. 583, comma 2, c.p., quando dal fatto sono derivati, alternativamente,

•  una malattia certamente o probabilmente insanabile;

•  la perdita di un senso;

•  la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile;

•  la perdita dell'uso di un organo (secondo Cass. V, n. 47099/2013, integra l'aggravante la totale perdita della milza, poiché che le numerose funzioni da essa assolte non possono ritenersi supplite, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi);

•  la perdita della capacità di procreare;

•  una permanente e grave difficoltà della favella (apprezzabile e permanente impedimento a una compiuta espressione vocale);

Le lesioni consistenti nella deformazione del viso (intesa quale alterazione anatomica che modifichi profondamente la simmetria dei lineamenti, anche se possano recuperarsi le fattezze naturali con un intervento di chirurgia plastica. Non incidono eventuali conseguenze su altre parti della cute nel resto del corpo) e nello sfregio permanente del viso (qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un giudizio ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità, non sindacabile in sede di legittimità. Cfr. Cass. V, n. 22685/2017; Cass. V, n. 32984/2014), prima previste quali forme di lesioni gravissime, ai sensi del n. 4) del comma 2 dell'art. 583 c.p., sono confluite nel nuovo art. 583-quinquies c.p., quali eventi del delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, introdotto con l. n. 69/2019, c.d. Codice rosso.

Classificazione delle lesioni colpose sulla base della loro gravità

Le lesioni colpose seguono questa medesima categorizzazione, anche se scompare di fatto la distinzione tra lesioni lievi e lievissime.

Le sole lesioni colpose gravi o gravissime, conseguenti alla violazione della disciplina della circolazione stradale, devono essere ricondotte alla fattispecie di lesioni stradali di cui all'art. 590-bis c.p., laddove al contrario le lesioni lievi/lievissime, seppure commesse per inosservanza delle norme del codice della strada, restano di competenza del giudice di pace, ex art. 590, comma 1, c.p.

Del pari, il carattere di gravità delle lesioni importa la procedibilità di ufficio per i fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

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