Quesito in tema di accertamenti “personologici”InquadramentoIl testimone vulnerabile in conseguenza della minore età o di particolari condizioni personali, familiari e sociali può lecitamente offrire nel procedimento il proprio bagaglio di conoscenze in merito ai fatti oggetto di accertamento. Le sue dichiarazioni devono però essere raccolte con particolari modalità, al fine di tutelarne la personalità e al contempo di verificarne l'attendibilità e la credibilità. A tal fine, è opportuno che un esperto ne verifichi preliminarmente la capacità a rendere testimonianza e in genere la possibilità che il contenuto di quest'ultima sia, anche solo in parte, inciso da particolari situazioni o circostanze. Formulan..... /.... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... (OVVERO) TRIBUNALE PENALE DI.... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI ..... Accerti il consulente tecnico [1] (ovvero il perito [2] ), previo esame della documentazione agli atti (nonché della ulteriore documentazione che il medesimo consulente acquisirà con l'ausilio della Polizia Giudiziaria) e compiuti tutti gli accertamenti del caso (in particolare, incontri preliminari con i genitori e con ogni soggetto informato sui fatti per la ricerca anamnestica, sessione psico-diagnostica per la somministrazione dei test di personalità, colloquio clinico), – la capacità di.... [3] di rendere testimonianza; – la sussistenza, o meno, di situazioni familiari, personali, psicopatologiche tali da poter influire sulla deposizione stessa. Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia. [1]In caso di incarico conferito dal giudice per le indagini preliminari nell'ambito dell'incidente probatorio. [2]In caso di incarico conferito dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 360 c.p.p. [3]Soggetto minore di età ovvero maggiorenne in “condizione di particolare vulnerabilità”, ai sensi dell'art. 90-ter c.p.p. CommentoLe dichiarazioni del soggetto minorenne o comunque vulnerabile Il codice di procedura non dispone esplicitamente, in nessuna sua parte, un divieto di testimonianza o una presunzione di incapacità a testimoniare per i minorenni, né analoghe limitazioni sono previste per la fase delle indagini. Resta dunque una questione di merito verificare l'utilità concreta del possibile apporto conoscitivo da parte di un bambino in tenera età (certamente non di un neonato o un infante), e la stessa opportunità di procedere alla sua audizione. L'esame del minore può essere lecitamente escluso dalla attività di indagine e poi nella successiva fase processuale solo quando siano prevedibili danni, anche transeunti, alla sua salute, collegati all'assunzione dell'ufficio di testimone (non essendo sufficiente la previsione di un mero disagio) ovvero sia possibile affermare, in base al motivato parere di un professionista competente, che il bambino ha una personalità così fragile da poter essere qualificata in termini di infermità ai sensi dell'art. 195, comma 3, c.p.p. (Cass. III, n. 39766/2013 e Cass. III, n. 30964/2009). In assenza di disposizioni che limitino la capacità a testimoniare dei minorenni, anche durante le indagini preliminari, non sussistono impedimenti legali all'audizione di un possibile futuro testimone solo in conseguenza della sua giovane o giovanissima età (cfr., sulle capacità mnemoniche del testimone debole, Forza, La psicologia nel processo penale, Milano, 2018, 253 ss.). D'altronde, le scienze psichiatriche ci hanno da tempo insegnato, da un lato, come le dinamiche di elaborazione, fissazione e narrazione dei ricordi in soggetti ancora immaturi seguano percorsi non sempre coincidenti con le ordinarie modalità di memorizzazione ed esposizione e, dall'altro, come il dichiarante che sia stato persona offesa di un delitto, proprio in considerazione di queste sue condizioni psico-fisiche, può essere oggetto di una sorta di “vittimizzazione secondaria”, dipendente dall'impatto con l'austera e invasiva realtà procedimentale e dalla sofferenza di rivivere avvenimenti dolorosi (cfr. Cesari (cur.), Il minorenne fonte di prova nel processo penale, Milano, 2015, 13 ss. e 263 ss.). La rapida evoluzione normativa nazionale e sovranazionale in materia (in particolare, la l. n. 172/2012, il d.lgs. n. 212/2012 e il d.lgs. n. 24/2014) ha esteso e ampliato le tutele previste per la persona offesa minorenne ad ogni persona in “condizione di particolare vulnerabilità” (cfr. Algeri, Il testimone vulnerabile, Milano, 2017). Tale condizione che si desume, ai sensi dell'art. 90-quater c.p.p., “oltre che dall'età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede”, ovvero qualora, alternativamente, – il medesimo fatto • risulti “commesso con violenza alla persona o con odio razziale”; • sia “riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani; • si caratterizzi per finalità di discriminazione”; – “la persona offesa [sia] affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall'autore del reato”. Lo strumento più indicato per l'assunzione delle dichiarazioni, nonché per la valutazione personologica della capacità a testimoniare del dichiarante, è sicuramente l'incidente probatorio o quanto meno il ricorso alla procedura garantita di accertamenti tecnici ai sensi dell'art. 360 c.p.p. Gli inquirenti, auspicabilmente non a seguito di una valutazione superficiale, possono comunque optare, in considerazione delle peculiarità del caso concreto, per la diretta assunzione a sommarie informazioni del dichiarante. Secondo la suprema corte, ad esempio, in tema di reati sessuali in danno di minori di età, è vero che la legge non impone nella fase delle indagini preliminari alcun obbligo al pubblico ministero di affidare la consulenza personologica nelle forme dell'art. 360 c.p.p. ovvero di richiedere al giudice l'incidente probatorio, di modo che resta certamente ammissibile la procedura non garantita prevista dall'art. 359 c.p.p., tuttavia, il magistrato inquirente, alla luce del caso concreto, delle condizioni del bambino e della prevedibile durata delle indagini, deve pur sempre valutare se l'accertamento possa essere utilmente ripetuto dopo l'arco di tempo entro il quale è necessario tutelare la segretezza delle investigazioni (Cass. III, n. 3258/2012, che, in relazione alla contestazione di violenza sessuale commessa da un docente nei confronti di un alunno di cinque anni, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna basata sulle dichiarazioni della vittima non sentita in sede di incidente probatorio ed escussa in dibattimento a cinque anni dai fatti all'esito di un trattamento psicologico che aveva influito sulle sue capacità evocative). L'assunzione a sommarie informazioni D'altronde, la mancata assunzione delle dichiarazioni delle vittime minorenni di reati sessuali per il tramite dell'incidente probatorio non comporta, di per sé, l'assoluta impossibilità di affermare la loro attendibilità. Questa valutazione non può però prescindere dalle problematicità derivanti dalla distanza temporale tra il momento di verificazione dei fatti e quello in cui le persone offese vengono esaminate (Cass. III, n. 30865/2015). In ogni caso, il codice novellato risolve normativamente la questione (almeno in parte), prescrivendo, per alcune specifiche ipotesi di reato, precise modalità di espletamento dell'atto di indagine diretto a raccogliere il patrimonio conoscitivo del soggetto minore o vulnerabile del tutto peculiari. Secondo l'art. 362, comma 1-bis c.p.p., nei procedimenti per i delitti di – maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), – riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), – prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), – pornografia minorile, anche “virtuale” ex art. 600-quater.1 (art. 600-ter c.p.), – detenzione di materiale pedo-pornografico, anche “virtuale” ex art. 600-quater.1 (art. 600-quater c.p.), – iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.), – tratta di persone (art. 601 c.p.), – acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), – violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), – atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), – corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.), – violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.), – adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.), – atti persecutori (art. 612-bis c.p.), il pubblico ministero, “si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile”, quando deve assumere informazioni da persone minori o da “una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità”. In ogni caso, la persona offesa particolarmente vulnerabile richiesta di sommarie informazioni deve essere tutelata, sterilizzando completamente la possibilità di suoi contatti con l'indagato ed evitando di chiamarla più volte a rendere sommarie informazioni, se non in caso di assoluta necessità per le indagini. Il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha altresì previsto, al nuovo comma 1-quater dell'art. 362 c.p.p., che alla persona chiamata a rendere informazioni sia sempre dato avviso che, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, ha diritto di ottenere, ove ne faccia richiesta, che le dichiarazioni rese siano documentate mediante riproduzione fonografica. Una disposizione del tutto analoga disciplina il medesimo atto di indagine effettuato dalla polizia giudiziaria (art. 351, comma 1-ter, c.p.p.). L'unica precisazione ulteriore riguarda la nomina dell'esperto, che spetta comunque al pubblico ministero. Si dubita peraltro se questo “esperto in psicologia o in psichiatria infantile” debba ritenersi un ausiliario del pubblico ministero o della polizia giudiziaria o un consulente tecnico. Entrambe le soluzioni appaiono in astratto ritualmente percorribili dagli inquirenti, seppure con conseguenze tutt'altro che irrilevanti sulla procedura applicabile e sui futuri riflessi processuali (in particolare e tra l'altro, il consulente tecnico può essere chiamato in quanto tale a deporre in dibattimento, mentre l'ausiliario è incompatibile con l'ufficio di testimone). L'incidente probatorio “atipico” Accanto ai casi “classici”, di incidente probatorio funzionale all'assunzione di prove non differibili, l'art. 392, comma 1-bis c.p.p., prevede dunque un'altra serie di casi, espressamente sganciati da presupposti inerenti il rischio di inquinamento o dispersione delle fonti di prova, tutti relativi all'assunzione della testimonianza della persona offesa, minorenne o maggiorenne, che, alternativamente, – versi “in condizione di particolare vulnerabilità”; – sia vittima dei medesimi delitti indicati nel paragrafo precedente. Si tratta di una previsione manifestamente atipica rispetto alla genesi sistematica dell'istituto, dettata da evidenti finalità di tutela delle vittime. Infatti, seppure evidentemente è stato tenuto in considerazione dal legislatore anche l'obiettivo di ottenere una testimonianza affidabile (sia per le naturali labilità mnemoniche dei minori, sia per cristallizzare la prova prima che una eventuale psicoterapia, frequentissima in questi casi, ovvero altri agenti esterni distorcano o alterino il ricordo), altrettanta attenzione è stata prestata alla finalità di evitare che la persona offesa di reati particolarmente perturbanti sia sottoposta per almeno due volte al cosiddetto “stress giudiziario”, durante le indagini preliminari e durante il processo pubblico, diventando così vittima anche della procedura, oltre che del reato. In questi casi, l'incidente probatorio perde i suoi connotati di eccezionalità rispetto alla regola generale per cui la prova si forma solo in dibattimento e diviene lo strumento ordinario di assunzione di determinate prove dichiarative, al duplice fine di tutelare sia l'integrità psicologica della fonte sia la genuinità del suo apporto conoscitivo. Con interventi forse non perfettamente calibrati, la norma infatti è stata estesa oggettivamente e soggettivamente in maniera rilevante, aumentando il novero dei delitti che consentono l'incidente probatorio atipico e affiancando alla persona offesa minore degli anni diciotto anche il maggiorenne. Si noti però come questa indicazione sia tassativa: la possibilità di acquisire anticipatamente la testimonianza del minore non è stata estesa a tutti i fatti di reato che colpiscano il soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità, neppure in casi altrettanto traumatici (una strage di mafia, ad esempio, o un sanguinoso attentato terroristico consumati sotto i suoi occhi). Questa disparità di trattamento non è però costituzionalmente illegittima. Ciò non solo e non tanto perché si tratterebbe, ragionando altrimenti, di estendere una norma speciale, a fronte della regola generale per cui la prova è assunta ordinariamente in dibattimento, ma soprattutto perché questa scelta legislativa non è priva di giustificazione, trattandosi di reati rispetto ai quali si pone con maggiore intensità ed evidenza l'esigenza di proteggere la personalità della vittima, nell'ambito del suo coinvolgimento nel processo, insieme alla genuinità della prova. La norma speciale, dunque, non risulta riferita a un oggetto irragionevolmente più circoscritto di quanto imponga il principio costituzionale di eguaglianza, tenuto anche conto della possibilità di parametrare adeguate forme di tutela anche nell'istruzione dibattimentale (Corte cost., n. 529/2002). Dopo il completo svelamento del contenuto del fascicolo del pubblico ministero, il giudice nei casi di incidente probatorio atipico, quando debbano essere esaminati dei minorenni, nella medesima ordinanza che dispone questo incombente istruttorio, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'assunzione della prova, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendano necessario od opportuno. Al fine di evitare le conseguenze negative dell'esposizione personale nelle aule di giustizia e della necessaria rievocazione di fatti traumatici, l'udienza può essere tenuta anche in un luogo diverso dal tribunale, sia presso strutture specializzate di assistenza sia direttamente presso l'abitazione della persona interessata all'assunzione della prova. L'esame deve essere documentato per intero con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva, anche procedendo con le forme della perizia in caso di momentanea indisponibilità dei mezzi e del personale tecnico. La trascrizione della riproduzione è però disposta solo se richiesta dalle parti (art. 398, comma 5-bis, c.p.p.). Quando fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano maggiorenni in condizione di particolare vulnerabilità, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, le parti possono richiedere al giudice di estendere alle vittime maggiorenni le garanzie previste per i minori di età (art. 398, comma 5-ter c.p.p.). Inoltre, il giudice è tenuto in ogni caso ad assicurare, anche d'ufficio, che l'esame venga condotto tenendo conto della particolare vulnerabilità della persona offesa e se del caso dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l'adozione di modalità protette, quali l'impiego di un vetro specchio e di un impianto citofonico per separare fisicamente il dichiarante dai suoi esaminatori (art. 498, comma 4-quater c.p.p., richiamato dal precedente art. 398, comma 5-quater). Queste disposizioni rappresentano il travagliato esito finale, anche se ancora perfettibile, di un lungo percorso di adeguamento dell'ordinamento penale e processuale alla normativa pattizia (in particolare, la cosiddetta Convenzione di Lanzarote, ovvero la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, sottoscritta il 25 ottobre 2007) ed europea (in particolare, la citata direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), alla luce della nuova considerazione del ruolo della vittima nel diritto interno, internazionale e sovranazionale (Cfr. Lupària (cur.), Lo statuto europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell'Unione e buone pratiche nazionali, Padova, 2015; Aceto, Audizione del minore nel processo penale, Torino, 2016). D'altronde, già la nota sentenza Pupino aveva evidenziato come il diritto eurounitario imponesse che il giudice nazionale potesse autorizzare perlomeno bambini in età infantile, in ipotesi vittime di maltrattamenti, a rendere la loro deposizione secondo modalità tali da garantire loro un livello di tutela adeguato, ad esempio al di fuori dell'udienza e prima di quest'ultima (Corte di giustizia dell'Unione europea, sent. (Grande Corte), 16 giugno 2005, di enorme rilievo anche per le dirompenti affermazioni in tema di rapporti tra diritto interno e diritto comunitario/eurounitario. Cfr. Valentini, Diritto penale intertemporale. Logiche continentali ed ermeneutica europea, Milano, 2012). Con approccio necessariamente meno generalizzante, la Corte costituzionale aveva dal canto suo già dichiarato la illegittimità costituzionale della mancata previsione, anche per l'esame della persona offesa maggiorenne infermo di mente, della possibilità di richiedere le modalità protette dettate dall'art. 4984-ter, sulla base delle analoghe esigenze di tutela di simili personalità particolarmente fragili (Corte cost. n. 63/2004. Già la precedente sent. n. 283/1997, sulla base della medesima ratio decidendi aveva facoltizzato in casi analoghi il giudice a procedere egli stesso direttamente all'esame del teste, sulla base delle domande e delle contestazioni delle parti). Non solo l'audizione del bambino, o comunque del minore di età, impone dunque queste deroghe alla disciplina ordinaria, poiché il riconoscimento della doverosità di particolari garanzie processuali a qualunque persona particolarmente vulnerabile ne estende l'applicazione in favore di chiunque possa subire o vedere aggravato un proprio trauma preesistente dalla rievocazione in sede procedimentale del fatto lesivo. A tutela di queste “fonti deboli”, la legge postula la non rinviabilità dell'assunzione di questa tipologia di prove dichiarative, fondando nuovi e molto ampi perimetri applicativi dell'incidente probatorio. In questo modo, si evitano i rischi di dispersione degli elementi di prova e allo stesso tempo le conseguenze negative della “vittimizzazione secondaria” per la duplicazione, anche a notevole distanza di tempo, di audizioni della persona offesa (prima sentita dagli inquirenti durante le indagini preliminari e poi necessariamente esaminata durante il processo); pubblicità del giudizio ordinario (sostituita dall'audizione protetta, in ogni caso nell'ambito di un giudizio camerale); invasività della cross-examination (sostituita dal ruolo centrale del giudice, e del suo ausiliario, che pongono al dichiarante le domande indicate dalle parti); incertezze sull'effettivo “peso” istruttorio delle dichiarazioni (laddove le buone prassi consigliano il preventivo accertamento peritale della capacità a testimoniare del soggetto). In particolare, la necessaria assistenza di un esperto in psicologia è prevista, come accennato, durante la fase delle indagini preliminari (anche in caso di indagini difensive, ex art. 391-bis, comma 5-bis c.p.p.), ma non per il giudice. Nonostante la tradizionale qualità di peritus peritorum in capo a quest'ultimo, risulta difficile concludere che anche il magistrato più sensibile a livello personale e più preparato per esperienza e bagaglio culturale possa sostituirsi integralmente ad uno specialista del settore. La giurisprudenza, perciò, in un più ampio contesto che tiene conto della natura di fonte debole del dichiarante e delle contrapposte esigenze di garanzia dell'assunzione della prova in contraddittorio, ha stabilito in primo luogo che lo strumento canonico per ogni valutazione sulla capacità a testimoniare del minore vittima di abusi sessuali è la perizia personologica assunta in incidente probatorio, restando le consulenze tecniche eventualmente espletate senza contraddittorio dal pubblico ministero fornite di un mero valore endoprocessuale (Cass. III, n. 42024/2014, che ha negato la possibilità di recuperare le dichiarazioni del minore attraverso l'esame dibattimentale dell'ausiliario del pubblico ministero. Conforme Cass. III, n. 17339/2012, che richiede nel giudizio di appello la rinnovazione dell'istruttoria con perizia personologica per affermare l'attendibilità del minore in tenera età, vittima di abusi sessuali). Alternativa lecita per l'inquirente, lo si è già notato, sarebbe l'affidamento di una consulenza nelle forme dell'art. 360 c.p.p. (Cass. III, n. 3258/2012). In questo caso, però, resterebbe sempre necessaria la successiva, ulteriore audizione dibattimentale. La mancata assunzione delle testimonianze delle vittime per il tramite dell'incidente probatorio non comporta, di per sé, l'impossibilità di affermare la positiva attendibilità delle stesse, ma una simile valutazione non potrà non tenere conto delle problematicità connesse alla distanza temporale tra il momento di verificazione dei fatti e quello in cui le persone offese vengono esaminate; il che imporrà al giudice l'onere di una motivazione rafforzata che dia conto della inidoneità del distacco cronologico ad incidere sull'attendibilità delle dichiarazioni, precisando se non siano intervenuti fattori esterni di “disturbo” in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti (Cass. III, n. 30865/2015). Occorre però distinguere bene: la perizia personologica ha per oggetto esclusivamente l'accertamento personologico ed esaurisce la propria funzione nelle risposte ai quesiti circa la astratta credibilità della persona offesa e la sussistenza di eventuali indici di patito abuso sessuale, ma non costituisce in nessun modo prova per la ricostruzione del fatto (Cass. III, n. 36351/2015, che ha escluso la possibilità di utilizzare, anche nel giudizio abbreviato, le dichiarazioni rese al perito come fonte di prova per la ricostruzione del fatto, rammentando come l'art. 228, comma 3, c.p.p. ponga un divieto di utilizzabilità per qualsiasi altro fine diverso dal semplice accertamento peritale). A seguito della positiva conclusione degli accertamenti peritali che confortino l'ipotesi di capacità a testimoniare del minore, è pertanto indispensabile procedere alla conseguente ma distinta assunzione della prova testimoniale della persona offesa, sentita se del caso con le forme protette. La prassi registra positivamente, in particolare nel caso di minori specie se molto piccoli, modalità di assunzione della testimonianza con vetro a specchio e impianto citofonico (ovvero dei loro sostituti digitali che consentono comunque il collegamento audio video tra due stanze separate). Le dichiarazioni così rese saranno, all'esito della loro ponderazione secondo gli ordinari criteri, la fonte di prova diretta in merito ai fatti per cui si procede. Solitamente, proprio per evitare qualsiasi suggestione o inquinamento della memoria del dichiarante debole, il perito nei colloqui preliminari (“personologici”) si astiene da qualsiasi domanda, anche indiretta, in merito alla vicenda che ha coinvolto il minore. Questi incontri prodromici tra il minore e l'esperto, funzionali o meno anche alla correlata perizia sulla capacità, pur se svolti in assenza del consulente tecnico della difesa, non comportano alcuna inutilizzabilità delle distinte dichiarazioni poi rese dal soggetto debole (Cass. III, n. 10489/2014). |