Nomina di consulente tecnico (art. 233)InquadramentoDurante tutto il corso del procedimento, le parti possono avvalersi di esperti forniti di particolari competenze tecnico-scientifiche (i consulenti tecnici), in molteplici sedi investigative o istruttorie. La qualità di ausiliario deve essere formalizzata all'autorità giudiziaria ogni qualvolta occorra veicolare all'esterno il contributo apportato alla difesa dal proprio consulente tecnico. FormulaALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... (OVVERO) AL TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE.... SEZIONE UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE NOMINA DI CONSULENTE TECNICO DI PARTE [1] * * * Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di.... 1....., nato a.... il....; 2....., nata a.... il....; indagato (ovvero imputato) [2] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.).... per i reati previsti e puniti dagli artt. a).... c.p. b)...., l. n..... /.... c)...., d.P.R. n..... d)...., d.lgs. n..... PREMESSO che (riassumere sinteticamente il particolare momento procedimentale, per quanto possa rivestire rilievo) [3] ; NOMINA il.... [4] consulente tecnico di parte nell'ambito del presente procedimento. Si allegano i seguenti documenti. 1)....; 2)..... Luogo e data.... Firma.... Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1]La dichiarazione di nomina può essere presentata oralmente in sede di conferimento dell'incarico al consulente tecnico del pubblico ministero o al perito del giudice (con successivo inserimento della dichiarazione da parte dell'ausiliario del magistrato direttamente nel corpo del relativo verbale) ovvero in forma scritta, presentando o trasmettendo l'atto difensivo all'autorità giudiziaria con forme rituali. [2]Tutte le parti private hanno comunque la facoltà di nominare propri consulenti tecnici, al pari della parte pubblica. [3]Specificare, ad esempio, che il pubblico ministero ha disposto accertamenti tecnici non ripetibili, fissando per il conferimento dell'incarico una certa data ovvero che il giudice ha stabilito per una determinata udienza la nomina di un perito. [4]Indicare il nominativo del consulente anteponendo l'eventuale titolo accademico o di altro tipo (“dott.”, “prof.”, “ing.”, “arch.”, “p.i.”, etc.). CommentoIl consulente tecnico nelle varie fasi procedimentali È possibile, e anzi frequente nella prassi, che il difensore abbia necessità di avvalersi di particolari competenze specialistiche in materie extra-giuridiche (a mero titolo di esempio, statica, urbanistica, tossicologia, balistica, chimica, biologia, medicina, etc.) per la più completa ricostruzione delle vicende oggetto di imputazione. Ricorre quindi con una certa frequenza la necessità di farsi assistere nell'attività difensiva durante l'intero arco procedimentale da un competente ausiliario, il consulente tecnico (anche l'esperto che assiste il pubblico ministero, in ossequio al principio di parità delle parti, assume la denominazione di consulente tecnico, mentre l'ausiliario del giudice è denominato “perito”; l'esatto contrario, come si vede, della terminologia adottata dall'ordinamento processuale civile). Uno specifico ruolo, per quanto subordinato, del consulente tecnico della difesa è previsto in primo luogo, “quando sono necessarie specifiche competenze”, nell'ambito delle investigazioni difensive (art. 327-bis, comma 3, c.p.p.). D'altronde, sempre durante le indagini preliminari ovvero in sede di udienza preliminare, l'assistenza e il consiglio di un esperto possono essere opportuni, e spesso indispensabili, per fronteggiare adeguatamente, durante il loro espletamento o successivamente, quelle attività investigative del pubblico ministero che presentino connotazioni tecnico-scientifiche (accertamenti ripetibili o non ripetibili ai sensi degli artt. 359-360 c.p.p.; incidente probatorio; accertamenti urgenti della polizia giudiziaria ex art. 354 c.p.p., etc.). Il consulente tecnico in dibattimento La consulenza tecnica ha poi una specifica disciplina di dettaglio per la sede dibattimentale, alla quale deve essere evidentemente equiparata l'assunzione di prove con incidente probatorio (cfr. Conte-Gemelli-Licata, Le prove penali, Milano, 2011). Una volta approdati alla fase processuale, invero, l'istruttoria può utilmente avvalersi, oltre che dell'opera di un perito (nominato dal giudice e indipendente e imparziale rispetto alle prospettazioni delle parti), anche dei contributi offerti dai consulenti tecnici del pubblico ministero e dei difensori, estendendo alle questioni tecnico-scientifiche il contraddittorio nella formazione della prova. La consulenza tecnica nella fase del giudizio può dunque essere – endoperitale, ovvero fisiologicamente legata a una perizia disposta dal giudice, ab origine oppure in prosecuzione di accertamenti compiuti durante la precedente fase investigativa; – extraperitale, ovvero indipendente rispetto all'espletamento di accertamenti peritali (che magari potranno essere successivamente disposti, anche in conseguenza dell'audizione dei consulenti tecnici delle parti). Consulenza tecnica “endoperitale” Il giudice può disporre una perizia, quando occorra “svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche” (art. 220 c.p.p., che esclude altresì la ammissibilità di perizie dirette a stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche). Una volta disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private (queste ultime anche a spese dello Stato, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio dei non abbienti) hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello dei periti (art. 225 c.p.p.). In particolare, come evidenziato dalla Corte di Cassazione (Cass. II, n. 19134/2022), nella formazione della prova scientifica il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione, con la conseguenza che i tecnici di parte: a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell'incarico e alla formulazione del quesito; b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche; c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell'incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata “reattiva”, in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d'ufficio. Non possono essere nominati consulenti tecnici – il minorenne, l'interdetto, l'inabilitato e chi sia affetto da infermità di mente; – chi sia interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero interdetto o sospeso dall'esercizio di una professione o di un'arte; – chi sia sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione; – chi non possa essere assunto come testimone o abbia la facoltà di astenersi dal testimoniare o sia chiamato a prestare ufficio di testimone o di interprete. Il giudice formula quindi i quesiti al proprio perito, dopo averlo sentito sul punto unitamente ai consulenti tecnici, al pubblico ministero e ai difensori presenti. Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti, anche avvalendosi di ausiliari di sua fiducia, prendendo se del caso visione, previa autorizzazione del giudice, degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti suscettibili di acquisizione al fascicolo per il dibattimento (art. 228, comma 3 c.p.p.: “Qualora, ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito richieda notizie all'imputato, alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell'accertamento peritale”). Secondo l'interpretazione preferibile, quella che concerne le notizie chieste dal perito all'imputato al fine dello svolgimento del suo incarico è un'inutilizzabilità che mira a tutelare l'esigenza che il perito sia messo nelle condizioni di svolgere nella maniera migliore e più completa il proprio compito e quindi di fare in modo che l'imputato fornisca al perito, senza reticenze e falsità, tutte le notizie che questi gli chieda, senza timore che queste informazioni possano poi essere utilizzate per scopi diversi e in particolare al fine dell'accertamento della sua responsabilità. Questa finalità verrebbe frustrata se invece si ammettesse che le notizie fornite potessero essere utilizzate per la prova della responsabilità del fatto, sia pure in casi limitati, come nel corso delle indagini preliminari o nel caso di scelta del rito abbreviato. La norma pone dunque un divieto assoluto di utilizzare, in qualsiasi fase del procedimento al di fuori dell'accertamento peritale, le notizie fornite dall'imputato al perito; il divieto si riferisce anche alle dichiarazioni acquisite dal consulente tecnico del pubblico ministero (Cass. IV, n. 5610/2013). Il perito può altresì assistere all'esame delle parti e all'assunzione di prove. Al momento della nomina, egli indica il giorno, l'ora e il luogo in cui inizierà le operazioni peritali e il giudice ne fa dare atto nel verbale. In seguito, la eventuale continuazione delle operazioni peritali è comunicata senza formalità alle sole parti presenti (artt. 228-229 c.p.p.). Secondo l'art. 230 c.p.p., i consulenti tecnici possono quindi assistere al conferimento dell'incarico al perito e presentare al giudice in proposito richieste, osservazioni e riserve, delle quali deve farsi menzione nel verbale. Essi, soprattutto, possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione. La disposizione non esaurisce l'ambito di operatività consentito al consulente di parte: costui legittimamente può svolgere, al di fuori delle vere e proprie operazioni peritali, degli accertamenti suoi propri. Essi costituiscono attività integrativa di indagine, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.p. Il consulente potrà riferire al giudice di queste sue attività anche mediante memoria scritta, non priva di valore probatorio e utilizzabile ai fini della decisione (Cass. IV, n. 14863/2004). In ogni caso, la nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali. È altresì rituale una nomina successiva all'esaurimento delle operazioni peritali. In questo caso, i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni del perito e degli altri consulenti di parte e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia. Durante l'istruttoria dibattimentale, seppure non è rinvenibile nel sistema alcun obbligo in tal senso, non sussiste in astratto un ostacolo normativo all'espletamento di un confronto, tra periti e consulenti, dato che l'art. 211 c.p.p. non limita questo mezzo di prova a categorie di soggetti predeterminati (e l'art. 501, comma 1, c.p.p. assimila la posizione dei periti e dei consulenti a quella dei testimoni. Cfr. Cass. I, n. 34947/2006). Le buone prassi prevedono anzi la fissazione di un'udienza dedicata all'audizione di tutti i portatori di conoscenze extragiuridiche (perito e consulenti di parte), anche con parziale inversione del consueto ordine di assunzione delle prove previo consenso di tutte le parti ex art. 496, comma 2, c.p.p. Non è però data ai consulenti tecnici la facoltà di diretto controesame dei periti, che si risolverebbe di fatto in una forma eterodossa di controesame dei dichiaranti tra di loro: resta perciò affidata al pubblico ministero o al difensore l'eventuale esposizione dei motivi di dissenso dalle conclusioni dell'ausiliario del giudice durante la sua escussione (Cass. II, n. 6381/2005). Consulenza tecnica “extraperitale” Anche quando non sia stata disposta perizia, le parti possono nominare propri consulenti tecnici, in numero non superiore a due, facoltizzati ad esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie (art. 233 c.p.p.). La norma, inserita nel libro terzo del codice relativo alle prove, regola in primo luogo le nomine effettuate o formalizzate durante la fase più propriamente processuale. Nulla esclude, d'altronde, e anzi è ciò che avviene di solito, che il pubblico ministero o il difensore conferiscano un incarico attinente ad attività schiettamente dibattimentali o comunque da espletare successivamente all'esercizio dell'azione penale anche ad esperti già onerati di particolari compiti nel corso delle indagini (in particolare, ma non solo, proprio come consulenti tecnici, exartt. 359 ss. e 391-bis ss. c.p.p. Secondo Cass. III, n. 21939/2016, non è, ad esempio, precluso allo psicologo-psicoterapeuta, che abbia avuto in cura la minore persona offesa nel procedimento, essere nominato consulente tecnico della medesima persona offesa, esulando tale ipotesi dalle cause tassative di incompatibilità di cui all'art. 225, comma 3, e non avendo valore cogente le raccomandazioni di segno contrario prescritte dalla Carta di Noto). D'altronde, è pur sempre possibile che, dopo la nomina di uno o più consulenti tecnici (ed anzi proprio in conseguenza delle loro prospettazioni), il giudice ritenga poi opportuno procedere a perizia. In questo caso, ai consulenti tecnici già nominati sono riconosciuti i diritti e le facoltà e sono imposte le cause di incompatibilità descritte nel paragrafo precedente (art. 233, commi 2-3 c.p.p.). Valore probatorio delle dichiarazioni e degli elaborati dei consulenti tecnici Nell'ambito dell'istruzione dibattimentale, le dichiarazioni rese dai consulenti tecnici di parte, indipendentemente dallo svolgimento del proprio incarico in ambito peritale ovvero extraperitale, hanno il medesimo valore probatorio delle dichiarazioni testimoniali, in conseguenza della già accennata sostanziale qualità di testimone riconosciuta, ex art. 501, comma 1, c.p.p., ai consulenti tecnici ammessi su richiesta di parte (Cass. III, n. 8377/2008). La suddetta assimilazione, peraltro, importa formalmente altresì che la regola stabilita dall'art. 149 disp. att. c.p.p., per la quale il teste prima del suo esame deve essere posto in condizione di non assistere all'attività istruttoria dibattimentale, si applica anche nei confronti del consulente tecnico (Cass. III, n. 10808/2014). La prassi d'altronde ben conosce plurime eccezioni a questo assunto, ogni qualvolta il mandato del consulente non possa espletarsi appieno che anche mediante l'assistenza allo svolgimento dell'attività istruttoria. I pareri espressi dai consulenti di parte a mezzo di memoria scritta possono pertanto essere letti in udienza e utilizzati ai fini della decisione anche in mancanza del previo esame del consulente, solo qualora le parti non ne abbiano contestato il contenuto e il giudice abbia ritenuto superfluo di disporre sostitutivamente una perizia (Cass. III, n. 21018/2014, che ha precisato come non osti alla produzione e all'apprezzamento del contenuto dell'atto la circostanza che la memoria riporti, per estratto o per intero, atti di indagine contenuti nel fascicolo di parte e non acquisiti in sede di giudizio, potendo il giudice non tenere in considerazione le valutazioni tecniche che si fondano su atti inutilizzabili ai fini della decisione). La Corte di Cassazione ha altresì affermato che è legittima l'acquisizione dei documenti allegati dal perito o dal consulente tecnico alle relazioni rispettivamente predisposte, dei quali, anche se non autonomamente prodotti, è consentita l'utilizzazione, conservando in ogni caso gli stessi la natura di prova documentale (Cass. III, n. 8557/2022). In sede di giudizio abbreviato, il difensore, a norma degli artt. 233 e 121 c.p.p., può depositare memorie e allegare consulenze tecniche di parte, anche se vi è già stata l'ammissione del rito alternativo. L'omessa valutazione di questi atti non è causa di nullità della sentenza, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione (Cass. VI, n. 44419/2015, che ha censurato l'omessa motivazione relativamente ai rilievi sulle modalità di assunzione della testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, contenuti in una consulenza psicologica che la difesa aveva chiesto di produrre dopo l'instaurazione del rito abbreviato). La consulenza tecnica non può però essere introdotta e acquisita nel giudizio di appello, come memoria ex art. 121 c.p.p., e non può essere utilizzata dal giudice ai fini della decisione se le parti si oppongono alla sua utilizzazione (Cass. I, n. 43021/2012). |