Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e 391-nonies)InquadramentoLa nomina del difensore di fiducia costituisce l'atto che instaura il rapporto difensivo tra il soggetto del procedimento e il professionista. Essa presenta connotazioni diverse a seconda che il soggetto che conferisce l'incarico sia l'imputato (o la persona sottoposta alle indagini) ovvero una diversa parte privata o, infine, la persona offesa dal reato. Diversificati sono, altresì, gli effetti della nomina a seconda della provenienza di essa. In ogni caso, trattandosi di investigazioni di carattere preventivo, occorre che il mandato difensivo sia conferito con atto scritto munito di sottoscrizione autenticata. Mancato le coordinate desumili da un procedimento pendente, occorre altresì l'indicazione dei fatti ai quali il mandato stesso si riferisce. FormulaMANDATO AD ATTIVITÀ INVESTIGATIVA PREVENTIVA Il Sig. ... nato a ... il ..., residente in ..., via ..., n. ..., premesso: - che, in data ... ha subito un sequestro penale 1 di ... ad opera della Polizia Giudiziaria 2 di ...; - che, sebbene non risultino iscrizioni a proprio carico presso la procura della Repubblica di ..., ritiene probabile che si instauri un procedimento penale a suo carico per i fatti che appresso si descrivono: ...; - che intende far svolgere attività investigativa per ricercare e individuare elementi di prova a proprio favore nelle forme e per le finalità di cui agli artt. 391-bis e ss. c.p.p., per l'eventualità che il su indicato procedimento si instauri. Tutto ciò premesso NOMINA suo difensore l'Avv. ... con studio in ..., via ..., n. ... conferendogli il mandato di svolgere attività investigativa preventiva ai sensi dell'art. 391-nonies c.p.p. in merito ai fatti sopra indicati avvalendosi, qualora lo ritenga opportuno, di sostituti, investigatori privati e consulenti tecnici. Luogo e data ... Firma ... Visto per autentica della firma ... Luogo e data ... (Firma Avv. ... ) Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1] 1. Ovvero “preventivo”. [2] 2. Ovvero del “Pubblico Ministero”. CommentoL'indagine preventiva. Nozione L'attività investigativa preventiva è, sul piano empirico, costituita dalla medesima attività prevista dall'art. 327-bis c.p.p., posta in essere, però, per l'eventualità che si instauri un procedimento penale. Si tratta, dunque, di un'attività correttamente definita “pre-procedimentale”, ovvero “preparatoria”, in quanto finalizzata a ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito ma destinati ad essere utilizzati soltanto nell'eventualità che si instauri un procedimento penale. Orbene, la disposizione è chiara nel qualificare come preventiva esclusivamente l'attività d'indagine strumentale alla tutela di una posizione ancora priva di rilevanza nell'ambito di un procedimento penale. Rileva, dunque, non soltanto il caso in cui alcuna iscrizione sul registro ex art. 335 c.p.p. sia stata effettuata in relazione al fatto al quale si riferisce l'investigazione, ma anche l'ipotesi di iscrizione di una notizia criminis soggettivamente non qualificata, ovvero, il caso in cui l'attività d'indagine sia compiuta su mandato di una persona diversa da quella il cui nominativo sia stato iscritto nel registro medesimo. Allo stesso modo, dovrebbe essere qualificata come preventiva l'attività investigativa compiuta dalla persona offesa dal reato al fine non soltanto di provocare l'avvio di un procedimento o la riapertura di un procedimento penale già archiviato, o, ancora, l'emissione di un provvedimento di revoca della sentenza di non luogo a procedere, ma anche per fare emergere siffatta qualità nell'ambito di un procedimento pendente. Allo stesso modo, il connotato di straordinarietà del mezzo di impugnazione costituito dalla revisione permette di ritenere che costituisce attività d'indagine preventiva anche la sequenza di atti posta in essere dal difensore del condannato con sentenza passata in giudicato e finalizzata ad acquisire nuovi elementi di prova da porre a sostegno della relativa richiesta. Merita di essere evidenziato, d'altra parte, che l'art. 2 delle “Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive” deliberate dall'Unione delle Camere penali italiane il 19 aprile 2001, prevede che le disposizioni sull'attività investigativa preventiva si intendano applicabili anche per le ipotesi poco sopra considerate, nonché in vista di una richiesta di revisione. I soggetti legittimati Il tema della legittimazione al compimento di atti d'investigazione difensiva preventiva si salda, fino ad essere assorbito, con quello della titolarità del potere d'indagine privata. Come si è già avuto modo di dire, è opinione generalmente condivisa quella secondo cui il “difensore”, al quale si riferisce l'art. 327-bis c.p.p., non è soltanto quello della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato e del condannato, ma anche quello delle altre parti del processo penale. Inoltre, l'elasticità che caratterizza l'espressione “assistito”, contenuta nell'art. 327-bis c.p.p., permette di configurare senza sforzi esegetici di rilievo una legittimazione al compimento di atti investigativi in capo alla persona offesa dal reato. In assenza di specificazioni normative riferibili al sottosistema investigativo di cui si discute, ed anzi, alla luce del raccordo espressamente operato con la norma generale appena richiamata, non v'è motivo di dubitare circa il conferimento di un potere d'investigazione preventiva anche a figure diverse dalla potenziale persona sottoposta alle indagini, quali la persona offesa dal reato e, persino, la persona da esso danneggiata. A ragionare diversamente, si finirebbe con lo svilire inutilmente l'interesse investigativo – e, quindi, il diritto di difesa – di quanti assumerebbero specifiche posizioni nell'ambito del procedimento penale che dovesse eventualmente instaurarsi, pregiudicandone addirittura l'avvio tutte le volte in cui l'attività vietata fosse finalizzata ad acquisire elementi a suffragio dei fatti da esporre in una eventuale denuncia o querela, ovvero la riattivazione nei casi in cui gli elementi acquisiti dovessero costituire il substrato probatorio posto a corredo di sollecitazioni finalizzate a provocare richieste exartt. 414 e 434 c.p.p. Il mandato difensivo La circostanza dell'assenza di un procedimento penale che coinvolga la persona interessata ha fatto sì che il legislatore predisponesse una specifica disciplina del mandato difensivo, disponendo che esso, oltre a risultare da atto scritto, deve essere rilasciato con sottoscrizione autenticata – dal difensore stesso ovvero da taluno dei soggetti individuati dall'art. 39 disp. att. c.p.p. – e deve contenere la nomina del difensore e l'indicazione dei fatti ai quali si riferisce, oltre che la dichiarazione tesa a conferire il potere di compiere investigazioni difensive di carattere preventivo. Attraverso la previsione predetta il legislatore ha inteso imporre uno spessore contenutistico abbastanza marcato, al fine di delineare l'oggetto ed i confini di un'attività d'indagine che, non esistendo ancora una notizia di reato con la quale relazionarsi nel contesto di un procedimento in corso, rischierebbe di divenire incontrollabile se non ancorata ad uno specifico fatto storico. L'esigenza di circoscrivere i poteri cognitivi del difensore deve essere, in ogni caso, calibrata rispetto all'esigenza di evitare che l'enunciazione del fatto a cui il mandato difensivo si riferisce finisca con l'assumere i contorni di un addebito ipotetico e provvisorio, essendo talmente precisa e dettagliata da trasformarsi, allorquando l'incarico provenga dalla potenziale persona sottoposta alle indagini ed in caso di deposito presso un ufficio giudiziario, in una sorta di autodenuncia. Ora, se è vero, per un verso, che la norma, esigendo una mera indicazione dei fatti, allude ad un'attività enunciativa dalla portata meno pregnante rispetto a quella tipica della descrizione, per altro verso, l'indicazione del fatto di riferimento non può essere talmente generica e indefinita dal vanificare la funzione delimitativa che la norma le assegna, non fosse altro che per il fatto che sulla coincidenza di essa con la descrizione contenuta nell'eventuale atto del Pubblico Ministero contenente un addebito provvisorio – verificabile sulla base di un raffronto che presuppone, quantomeno, l'individuazione di un nucleo essenziale comune ad entrambi gli enunciati – si giocherà la partita dell'utilizzabilità procedimentale degli atti d'indagine preventivamente compiuti. In assenza di qualsiasi specificazione normativa, l'art. 2, comma 2 delle “Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive” deliberate dall'Unione delle Camere penali italiane il 19 aprile 2001, prevede che l'indicazione, nel mandato rilasciato dalla persona sottoposta alle indagini, dei fatti ai quali le investigazioni preventive si riferiscono sia sintetica e, essendo funzionale all'individuazione dell'oggetto di esse, non deve contenere riferimenti ad ipotesi di reato. Nel caso in cui, invece, il mandato sia rilasciato dalla potenziale persona offesa dal reato, l'art. 2, comma 3 delle “Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive” consente che il mandato contenga una descrizione analitica del fatto e la formulazione ipotetica di un possibile addebito. Le attività espletabili Le attività investigative che il difensore ed i suoi ausiliari possono compiere in via preventiva sono individuabili facendo riferimento, innanzitutto, al rinvio che l'art. 391-nonies c.p.p. opera all'art. 327-bis c.p.p. Si tratta, dunque, di attività coincidenti con quelle espletabili nell'ambito delle investigazioni difensive procedimentali e ciò sia sotto il profilo finalistico, sia sul piano dei requisiti di struttura e di forma. Proprio sul versante dei requisiti formali, infatti, la Suprema Corte ha avuto modo di puntualizzare che la facoltà del difensore di svolgere attività investigative per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito al fine di promuovere il giudizio di revisione – si tratta, come detto, di attività investigativa di carattere preventivo – deve essere esercitata nel rispetto delle forme stabilite dagli agli artt. 391-bis e ss. c.p.p., con la conseguenza che sono inutilizzabili le prove “nuove” raccolte senza rispettare le norme che regolamentano le indagini difensive. Se, però, siffatte attività coincidono con quelle compendiate dalla disposizione generale, rispetto allo speciale settore oggetto di analisi vige una regola delimitativa di carattere negativo, per la quale è precluso il compimento degli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria. Il difensore non può, dunque, nell'ambito delle investigazioni preventive, chiedere l'autorizzazione di cui all'art. 233, comma 1-bis, c.p.p., attivare i meccanismi sostitutivi delle attività acquisitive di elementi dichiarativi previsti dall'art. 391-bis, commi 10 e 11, c.p.p., rivolgere istanza al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 391-quater, comma 3, c.p.p., chiedere di essere autorizzato ad accedere ai luoghi privati o non aperti al pubblico ex art. 391-septies c.p.p., effettuare accertamenti tecnici irripetibili a norma dell'art. 391-decies, comma 3, c.p.p. Inoltre, il carattere generale ed assoluto della preclusione esclude la possibilità di relazionarsi con l'autorità giudiziaria procedente al fine di ottenere i provvedimenti di cui all'art. 391-bis, commi 5 e 7, c.p.p. La ratio della previsione a carattere preclusivo – ritenuta pienamente condivisibile da chi considera inammissibile l'utilizzo, mediante ricorso all'autorità giudiziaria, delle opzioni concesse al difensore nel corso del procedimento – viene individuata nel fatto che manca, relativamente a questa peculiare tipologia di investigazioni, un'autorità alla quale fare riferimento ed a cui rivolgersi. la giurisprudenza, occupandosi del profilo sanzionatorio, ha chiarito che è da considerarsi abnorme il decreto con il quale il Giudice autorizzi, in sede di investigazione difensiva preventiva, il compimento di un atto necessitante del provvedimento assentivo, poiché nell'ambito di siffatta categoria di investigazioni non è consentito al difensore lo svolgimento di atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, categoria generale nel cui ambito si collocano sia Pubblico Ministero che del Giudice. |