Dichiarazione di nomina del consulente tecnico (art. 327-bis)InquadramentoTra i soggetti di cui il difensore può avvalersi per lo svolgimento delle investigazioni difensive l'art. 327-bis c.p.p. indica il consulente tecnico, il quale, sulla base dei quesiti posti dal titolare della funzione investigativa, coopera con il difensore nello svolgimento di attività che richiedono specifiche competenze di carattere tecnico-scientifico. FormulaTRIBUNALE DI [1] DICHIARAZIONE DI NOMINA DEL CONSULENTE TECNICO L'Avv....., con studio in...., via...., n....., nella qualità di difensore di...., imputato [2] di.... nell'ambito del procedimento penale n....., NOMINA quale consulente tecnico in relazione alla perizia disposta dal Giudice [3] in data...., il Dott....., con studio in...., via...., n...... Luogo e data.... Firma Avv..... [1]Ovvero, se il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminare o dell'udienza preliminare: “Pubblico Ministero presso il Tribunale di.... ” o “Sig. Giudice per le indagini preliminari” o, ancora, “Sig. Giudice per l'udienza preliminare”. [2]O “persona sottoposta alle indagini” o, altresì. “persona offesa dal reato”. [3]Ovvero, dal “Pubblico Ministero”. CommentoLe investigazioni difensive L'art. 327-bis, comma 1, c.p.p., come è noto, stabilisce che, fin dal momento dell'incarico professionale – risultante, precisa la norma, da atto scritto – il difensore ha la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito. La norma fissa, dunque, un principio di carattere generale dal quale è possibile fare emergere un vero e proprio diritto della parte privata di svolgere investigazioni a tutela della propria posizione processuale. Allo stesso modo, l'art. 327-bis c.p.p. prevede che l'attività di ricerca e individuazione di elementi di prova a favore dell'assistito venga esercitata dal difensore – fin dal momento dell'incarico professionale risultante, precisa la norma, da atto scritto – ovvero su suo incarico, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici. La catalogazione contenuta nella disposizione induce ad escludere, da un lato, che le investigazioni difensive possano essere svolte direttamente dalla persona alla quale l'attività difensiva si riferisce, dall'altro, la configurabilità di un autonomo potere investigativo del sostituto, dell'investigatore privato ovvero del consulente tecnico, sulla base di un incarico direttamente conferito dall'assistito. La possibilità di avvalersi di collaboratori nell'espletamento dell'attività investigativa assume un ruolo centrale nell'organizzazione di essa, poiché consente al difensore di modulare l'intervento di soggetti variamente specializzati a seconda delle necessità e delle caratteristiche della specifica investigazione. La finalità perseguita dal legislatore è, senza dubbio, quella di fornire alla difesa un ausilio che sopperisca, almeno in parte, alla disparità operativa con l'accusa, la quale, come è noto, ha a disposizione ben altri mezzi, poteri e strutture, anche se dall'art. 327-bis, comma 1, c.p.p. emerge, comunque, la posizione di “supremazia” del difensore nell'ambito dell'ufficio difensivo, nel senso che egli è il solo titolare del “diritto di investigazione”, anche qualora ritenga opportuno avvalersi dell'opera di sostituti, investigatori privati o consulenti tecnici, delegando loro le investigazioni. È chiaro che il difensore, quale titolare della funzione investigativa, deve, in sede di conferimento dell'incarico, definire i limiti di esso, secondo una connotazione che se, da un lato, non può sostanzialmente comprimere le iniziative degli ausiliari entro margini ristrettissimi, dall'altro non può lasciare una sorta di delega in bianco, dell'esercizio della quale il difensore sarebbe comunque responsabile. Il consulente tecnico Il consulente tecnico è un ausiliario della parte al quale si fa ricorso allorquando le attività da svolgere richiedono competenze specifiche di natura tecnica. Come già da tempo la Corte costituzionale ha chiarito con riferimento alla posizione dell'imputato, invero, il consulente tecnico appartiene all'ufficio della difesa ed integra la difesa tecnica mediante l'apporto delle sue conoscenze scientifiche in discipline diverse da quelle giuridiche. La disciplina della perizia, ed in particolare gli artt. 225 e 233 c.p.p., consentono come è noto di distinguere la consulenza tecnica peritale dalla consulenza extra peritale, quest'ultima costituente il vero campo di sperimentazione delle investigazioni difensive di natura tecnico-scientifica. Quando non è stata disposta perizia è il consulente tecnico che gestisce in prima persona, senza uno specifico quesito cui attenersi se non quello posto dal difensore, di talché l'accertamento tecnico ravvisa i propri limiti ed il proprio perimetro operativo nel costante e diretto rapporto con la parte, la quale orienta il consulente nella direzione che ritiene opportuna. È ovvio che il consulente tecnico extraperitale possa di sua iniziativa svolgere le indagini e gli accertamenti che gli vengono consentiti dalla oggettiva disponibilità, ad opera della parte che lo abbia nominato, delle persone, delle cose o dei luoghi assunti come oggetto della consulenza. Una volta terminata la propria attività, i consulenti tecnici extraperitali possono esporre al Giudice il proprio parere. A tal proposito, è stato osservato che l'inciso finale dell'art. 233, comma 1, c.p.p. consente agli esperti di prescindere, nella presentazione dei propri elaborati, dal tramite della parte o del difensore, come altrimenti prescritto dall'art. 121 c.p.p., fermo restando che i consulenti del difensore possono optare per una presentazione diretta delle proprie conclusioni al Pubblico Ministero. |