Avviso al Pubblico Ministero di espletamento di atti irripetibili in caso di accesso ai luoghi (art. 391-decies)InquadramentoTra gli atti che possono essere compiuti nell'ambito delle investigazioni difensive ed in occasione dell'accesso ai luoghi sono compendiati quelli di natura tecnica, più o meno invasivi e implicanti forme diverse di esperienza tecnico-scientifica a seconda che si tratti di accertamenti o, più semplicemente, di rilievi. L'art. 391-decies c.p.p. calibra diversamente le facoltà partecipative del Pubblico Ministero a seconda della tipologia di atto che la difesa ha programmato e tutte le volte in cui esso presenti il requisito dell'irripetibilità. Infatti, la legge di riforma non prevede forme di comunicazione destinate all'ufficio di procura allorquando si tratti di atti diversi da quelli qualificabili come “accertamenti irripetibili”, avviso la cui opportunità è comunque indiscutibile. FormulaPROCURA DELLA REPUBBLICA TRIBUNALE DI.... proc. pen. n..... AVVISO RELATIVO AL COMPIMENTO DI ATTO NON RIPETIBILE (ART. 391-DECIES, comma 3, c.p.p.) L'Avv..... con studio in...., via...., n..... difensore di fiducia [1] di...., imputato [2].... nell'ambito del procedimento penale n....., PREMESSO a) che in relazione al predetto procedimento deve procedere al compimento dei seguenti atti:....; b) che essi, per le caratteristiche dell'attività da espletare e per la natura dell'oggetto di essa, presentano carattere di non ripetibilità. Tanto premesso, al fine di consentire di presenziare al compimento dell'atto, con la presente avvisa il Sig. Pubblico Ministero che il giorno.... alle ore.... in...., via...., n..... presso....; procederà al sopra descritto atto, avente carattere di irripetibilità. Luogo e data.... Firma Avv..... [1]Ovvero, trattandosi di colloquio, “sostituto del difensore”. [2]Ovvero, in fase di indagini preliminari, “persona sottoposta alle indagini”. CommentoGli atti irripetibili Nell'ambito di un quadro legislativo complessivamente proteso verso la tendenziale assimilazione degli atti delle investigazioni difensive agli atti del Pubblico Ministero, è stata ammessa la possibilità che i soggetti dell'investigazione privata compiano atti di natura irripetibile, relativamente ai quali è stata espressamente prevista la possibilità di inserimento nel fascicolo del dibattimento formato ai sensi dell'art. 431 c.p.p. Attraverso la modifica di questo articolo, per effetto della quale il meccanismo di acquisizione ab initio degli atti irripetibili al fascicolo per il dibattimento è stato esteso agli atti compiuti dal difensore, il legislatore ha inteso superare le rigide preclusioni di ordine formale connesse all'indiscussa natura eccezionale della disposizione, connotazione che impediva di ricorrere all'analogia al fine di integrare un'elencazione rigidamente tassativa. In generale, è noto che nozione di irripetibilità costituisce una delle chiavi di volta dell'attuale modello processuale, che sul principio di separazione tra procedimento e processo ha generosamente e incautamente fondato i propri destini disegnando un sistema in cui il crisma dell'accusatorietà è dato dall'autonomia gnoseologica del giudizio rispetto alle attività che lo precedono. Nonostante la centralità del concetto, il legislatore si è astenuto dall'offrire qualsiasi precisazione definitoria, facendo sì che la relativa categoria assumesse confini fluidi. Eppure, già in sede di analisi della legge di delega non si era mancato di osservare che l'obiettivo perseguito dalla direttiva n. 57, quello, cioè, di predeterminare gli atti aventi una destinazione dibattimentale, sarebbe potuto risultare facilmente eludibile a causa della mancata precisazione, in sede di legislazione delegata, delle nozioni di atto non ripetibile e non rinviabile, nozioni alle quali fa riferimento, direttamente rispetto alla prima, mediante il richiamo all'incidente probatorio rispetto alla seconda, la direttiva medesima. La rinuncia a definire quella nozione, lasciando aperti spazi notevoli all'incertezza e alla prassi applicativa rispetto ad un punto nodale di tutto il sistema, si è sommata alla mancanza di una tassativa elencazione di atti da considerare ex lege irripetibili. Gli atti investigativi difensivi e l'irripetibilità Detto questo sul piano generale, in relazione agli atti investigativi difensivi le problematiche connesse e conseguenti alla mancanza di una definizione normativa dotata di portata generale si sommano al dato, anche esso di carattere strettamente normativo, che la disciplina di siffatta tipologia di atti è soltanto enucleabile, in via indiretta, mediante la combinazione sistematica delle norme contenute negli artt. 391-sexies, 391-septies e 391-decies c.p.p. La prima delle disposizioni appena citate, come è noto, disciplina il c.d. “accesso ai luoghi” e prevede che il difensore, il sostituto e gli ausiliari indicati nell'art. 391-bis c.p.p. possono effettuare un accesso finalizzato a prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o, ancora, per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi. La possibilità di compiere, in occasione dell'accesso ai luoghi, atti non ripetibili emerge da una disposizione che, apparentemente, è deputata a disciplinare l'utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive. I riferimenti contenuti nell'art. 391-decies c.p.p., infatti, autorizzano interventi molto più penetranti ed incisivi rispetto a quelli prospettati dalla norma generale, spingendosi fino all'accertamento di natura tecnica. La disposizione stabilisce che, fuori del caso in cui è applicabile l'art. 234 c.p.p., la documentazione degli atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi, qualora sia stata presentata nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, deve essere inserita nel fascicolo per il dibattimento. La particolare natura degli atti in discorso ha indotto il legislatore a prevedere meccanismi a struttura variabile finalizzati a consentire l'instaurazione di una peculiare forma di contraddittorio con il Pubblico Ministero ed a correlare ad essi modalità acquisitive in gran parte sganciate dal requisito della frammentarietà. Il Pubblico Ministero, infatti, dispone, rispetto alle attività non riconducibili alla categoria dell'accertamento tecnico compiute in occasione dell'accesso ai luoghi, della facoltà di assistere al compimento dell'atto, sia personalmente che mediante il conferimento di una specifica delega alla polizia giudiziaria. Non è, tuttavia, previsto, in relazione a questa tipologia di atti, l'obbligo del difensore di dare preventivamente avviso al Pubblico Ministero, di talché non è chiaro il meccanismo che potrebbe portare l'organo dell'accusa a partecipare ad un'attività il cui espletamento non deve essergli nemmeno comunicato. D'altra parte, non è compendiata, relativamente a siffatta tipologia di atti, una facoltà partecipativa delle parti private, per cui queste, non avendo diritto di partecipare all'atto, né di conoscerne il risultato, non avrebbero altra possibilità che quella, offerta dall'analisi del sistema, di inviare al Pubblico Ministero una richiesta di partecipazione al compimento dell'atto, avendone avuto in qualche modo conoscenza. Quando l'atto difensivo consiste in un accertamento tecnico non ripetibile, la geometria del sistema partecipativo cambia, poiché il difensore ha l'obbligo di dare avviso dell'espletamento dell'attività tecnica al Pubblico Ministero, il quale può esercitare le facoltà previste dall'art. 360 c.p.p., sebbene soltanto nella misura in cui esse siano compatibili con la peculiare provenienza dell'atto. Un aspetto di paradossalità della sistematica normativa, prontamente evidenziato dalla dottrina, è rinvenibile nella circostanza che anche l'obbligo di informativa previsto dalla norma è riferito soltanto al Pubblico Ministero, trascurandosi di considerare che siffatta disciplina è suscettibile di condurre all'estromissione dal contraddittorio della persona sottoposta alle indagini tutte le volte in cui l'atto investigativo sia compiuto dalla persona offesa. Per ovviare ad un inconveniente suscettibile di vanificare gli effetti dell'atto, ovvero, al contrario, di generare risultanze suscettibili di utilizzazione nei confronti di persone rimaste del tutto estranee al processo produttivo di esse, parte della dottrina ritiene implicito nella disciplina dell'istituto che quando l'accertamento irripetibile venga svolto dal consulente tecnico della persona offesa dal reato, il difensore di costei deve avvisare sia il Pubblico Ministero sia l'indagato e il suo difensore, i quali possono nominare un consulente tecnico, partecipare agli accertamenti, formulare osservazioni e riserve. Sotto il profilo deontologico, l'art. 15 delle “Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive”, deliberate dall'Unione delle Camere penali italiane il 19 aprile 2001, dispone che, allo scopo di assicurare l'instaurazione del contraddittorio con tutti i soggetti interessati al compimento dell'atto, quando i soggetti della difesa intendono compiere accertamenti tecnici irripetibili, a cura del difensore e del sostituto è dato avviso senza ritardo a tutti coloro nei confronti dei quali l'atto può avere effetto e dei quali si abbia conoscenza. La destinazione della documentazione relativa ad attività irripetibili compiute dalla difesa è diversa a seconda della tipologia dell'atto posto in essere e si pone, in generale, in contraddizione con il principio di disponibilità dei risultati delle investigazioni difensive. Trattandosi di accertamento tecnico, invero, il relativo verbale deve essere sempre – a prescindere, cioè, dall'effettiva partecipazione del Pubblico Ministero al compimento dell'atto – inserito sia nel fascicolo del difensore che in quello del Pubblico Ministero, per poi confluire nel fascicolo per il dibattimento fin dal momento della sua formazione. In tutti gli altri casi, invece, la fuoriuscita delle risultanze dell'atto dalla sfera di disponibilità esclusiva dell'ufficio difensivo è subordinata all'esercizio, da parte del Pubblico Ministero, della facoltà di assistere al compimento dell'atto, di talché, la difesa è esposta, in questa evenienza, all'obbligo di offrire al procedimento il risultato probatorio conseguito sebbene sfavorevole al proprio assistito. Atti, accertamenti e rilievi La nozione di atto processuale è, come sappiamo, molto ampia, potendosi ad essa ricondurre qualsiasi comportamento umano produttivo di conseguenze giuridiche in relazione ad un definito rapporto processuale. Se la nota dell'irripetibilità può essere indistintamente correlata alla categoria generale dell'atto a valenza probatoria, vale la pena di evidenziare come essa costituisca il terreno privilegiato sul quale fare valere la distinzione tra accertamenti e rilievi. Si tratta, indubbiamente, di concetti legati a quello di atto da una relazione di genere a specie ma, alla stessa stregua di quanto già verificatosi in relazione alla categoria generale, il legislatore utilizza le relative nozioni in diverse disposizioni concernenti l'attività della polizia giudiziaria, del Pubblico Ministero e del difensore – senza tuttavia nulla chiarire sulla natura delle attività alle quali ci si intende riferire. A proposito dell'attività della polizia giudiziaria, infatti, l'art. 348, comma 4, c.p.p. prevede che, per il compimento di atti finalizzati all'assicurazione delle fonti di prova, essa possa avvalersi di persone idonee laddove siano richieste “specifiche competenze tecniche”. L'art. 349, comma 2, c.p.p., stabilisce, più in particolare, che per l'identificazione della persona sottoposta alle indagini, la polizia giudiziaria può procedere anche eseguendo, ove occorra, “rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti”. L'art. 354 c.p.p., a sua volta, dispone che, nel curare che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere – ricorrendo una situazione d'urgenza in concomitanza con il mancato intervento ovvero la mancata assunzione della direzione delle indagini da parte del Pubblico Ministero – ai necessari “accertamenti e rilievi” sullo stato dei luoghi e delle cose ovvero sulle persone. In relazione, invece, all'attività del Pubblico Ministero, l'art. 359 c.p.p. riconosce all'inquirente pubblico la facoltà di nominare ed avvalersi di consulenti “quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze”, mentre l'art. 360 c.p.p. assicura l'instaurazione di una forma di contraddittorio anticipato quando gli “accertamenti previsti dall'articolo 359” (non anche i rilievi, quindi) riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione. Per quel che concerne l'attività investigativa difensiva, infine, abbiamo visto come i meccanismi acquisitivi e le garanzie partecipative siano diversamente calibrate a seconda della riconduzione dell'attività alla categoria generale dell'atto ovvero a quella particolare di accertamento. La distinzione, inutile dirlo, riveste un significativo rilievo, oltre che sotto il profilo teorico, sul piano pratico, dal momento che la riconducibilità dell'atto all'una anziché all'altra categoria, come abbiamo appena visto, fa sorgere, ricorrendo il requisito dell'irripetibilità, l'obbligo di attivazione di procedimenti acquisitivi diversamente strutturati anche sotto il profilo delle garanzie partecipative. La giurisprudenza, per esempio, ha più volte puntualizzato che, in tema di accertamenti urgenti sulle cose, i semplici rilievi, quantunque funzionali all'effettuazione di accertamenti tecnici, non sono identificabili con questi ultimi, per cui, pur essendo essi irripetibili, la loro effettuazione non deve avvenire con l'osservanza delle forme stabilite dall'art. 360 c.p.p., essendo quest'ultime riservate soltanto agli accertamenti veri e propri, se e in quanto qualificabili come irripetibili. Posto, quindi, che nessuna forma di assistenza difensiva è prevista per i semplici rilievi tecnici e per gli accertamenti tecnici ripetibili – considerato, altresì, che si verifica una divaricazione dell'operatività degli strumenti partecipativi del Pubblico Ministero all'atto difensivo – diviene essenziale l'individuazione degli elementi caratterizzanti le due categorie concettuali. Orbene, non sembrano potersi individuare criteri più affidabili di quelli elaborati, soprattutto in relazione all'attività d'indagine della polizia giudiziaria, dalla Corte di Cassazione, la quale ha assunto, nel silenzio del legislatore e pervenendo a risultati che hanno incontrato il consenso sostanzialmente unanime della dottrina, l'onere di delineare le caratteristiche di ciascuno degli istituti in discorso. Fermo restando che è contrassegnato da un'innegabile difficoltà qualsiasi tentativo di tracciare una precisa linea di confine, sul piano generale si è riconosciuto che il concetto di accertamento non comprende la constatazione o la raccolta dei dati materiali pertinenti al reato o alla sua prova – questi costituirebbero, secondo la Corte, dei semplici rilievi – ma riguarda piuttosto lo studio e la elaborazione critica dei medesimi. L'attività di individuazione e rilevamento di dati si risolve, quindi, in una operazione di natura prevalentemente materiale che può essere compiuta da soggetti diversi – il più delle volte dalla polizia giudiziaria – ma che, non per questo, può ritenersi processualmente innocua poiché su di essa, tutte le volte in cui il dato assume rilievo ai fini dell'accertamento, può innestarsi – e, di regola, si innesta – una successiva operazione di carattere marcatamente elaborativo. È naturale, dunque, che s'instauri una relazione funzionale tra il rilievo e l'accertamento, un rapporto talmente significativo sul piano processuale che il primo non può che costituire la premessa logico-funzionale del secondo e, per questo motivo, diviene evocabile, anche rispetto al rilievo, l'applicazione di standards garantistici ragguardevoli. Detto questo, deve precisarsi che l'attività di “rilievo” deve essere tenuta distinta, sebbene ad esso assimilata dalla giurisprudenza sul piano delle conseguenze di ordine procedimentale, anche dal “mero accertamento”, quest'ultimo consistente in una attività di elaborazione dei dati non richiedente particolari cognizioni tecnico-scientifiche. Nell'ambito della categoria appena richiamata si delinea, quindi, il sottoinsieme costituito dall'“accertamento tecnico”, ossia l'operazione presupponente un'attività di carattere valutativo su base tecnico-scientifica, in altri termini una elaborazione che richiede particolari caratteristiche legate alla comprovata e titolata conoscenza di una materia e che, pertanto, non può che essere demandata ai consulenti tecnici. |