Richiesta di applicazione di misura cautelare personale (art. 273)InquadramentoCon questo provvedimento il Pubblico Ministero chiede al Giudice l'adozione di una delle misure cautelari, coercitive o interdittive, previste dagli artt. da 281 a 290 del codice di procedura penale, ovvero di limitare la libertà personale dell'indagato (nel caso delle misure coercitive) o inibirgli l'esercizio di una determinata attività o funzione (se si tratta di misure interdittive) per proteggere l'indagine e la collettività da uno dei pericoli indicati dall'art. 274 c.p.p. (c.d. “esigenze cautelari”). Per la sua adozione il giudice dovrà motivare in merito alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato per un reato punito con pena non inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione e di almeno una delle tre esigenze cautelari tipizzate dall'art. 274 c.p.p.: a) inquinamento probatorio; b) pericolo di fuga; c) pericolo di reiterazione dei delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. La custodia in carcere può essere adottata solo se ogni altra misura risulti inadeguata: deve dunque essere specificata la ragione per cui si ritiene che le esigenze cautelari non siano adeguatamente tutelate con l'adozione degli arresti domiciliari o altra misura non custodiale. Il giudice dovrà infine dare conto del fatto che, in caso di condanna, la pena sarà superiore al limite di tre anni di reclusione (articolo 275 comma 2-bis c.p.p.). La richiesta è indirizzata direttamente al giudice ed è adottata senza contraddittorio, anche se nel caso delle misure interdittive questi è obbligato, prima dell'adozione, ad interrogare il destinatario della stessa. FormulaPROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PENALE RICHIESTA DI APPLICAZIONE DI UNA MISURA CAUTELARE PERSONALE (ART. 273 C.P.P.) IL PUBBLICO MINISTERO Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1....., nato il.... a...., residente in...., difeso di ufficio/fiducia dall'avv..... del Foro di....; 2....., nata il.... a...., residente in...., difesa di ufficio/fiducia dall'avv..... del Foro di....; per il reato previsto e punito dall'art..... per i reati previsti e puniti dagli artt..... In.... Commesso/Accertato in...., il..... Ritenuto che sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato per cui si procede, in particolare (indicare gli elementi indiziari, tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto - art. 292 comma 2 lettera c) c.p.p.) che sussiste altresì l'esigenza (indicare una delle esigenze cautelari dell'art. 274 c.p.p.); che in relazione agli elevati limiti edittali previsti per i delitti contestati (o perché l'indagato ha già goduto in passato del beneficio), può escludersi che in caso di condanna l'indagato possa beneficiare della sospensione condizionale della pena o essere condannato a pena inferiore a tre anni di reclusione; che (indicare perché ogni altra misura è inadeguata alla tutela delle esigenze cautelari) l'unica misura cautelare idonea alla protezione delle esigenze cautelari sopra menzionate è quella della (indicare la misura cautelare richiesta, motivando sul perché le misure meno gravi sono insufficienti ai fini voluti). CHIEDE che il Giudice voglia disporre a carico di.... la misura cautelare (indicare la misura richiesta). MANDA alla Segreteria per gli adempimenti di competenza ed in particolare per l'immediata trasmissione al Giudice per le indagini preliminari in sede il fascicolo del P.M. Luogo e data.... Il Pubblico Ministero Firma.... CommentoLe misure cautelari personali sono provvedimenti del giudice – in forma di ordinanza – con cui si comprime la libertà dell'indagato al fine di proteggere (cautelare) il procedimento penale nella fase di accertamento che precede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Di fatto, coincidono con la pena detentiva. Il principio fondamentale che informa il procedimento cautelare è dato dalla sua caratteristica di essere ad impulso di parte. L'incipit della norma sul “procedimento applicativo” delle misure cautelari personali (art. 291 del codice di procedura penale) non potrebbe essere più chiaro, quando statuisce che “le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero”: non esiste alcuna possibilità per il giudice di imporre una misura cautelare ex officio. La norma menzionata ha tuttavia un significato che va al di là della mera regola sul potere di impulso, poiché implica il rispetto generale di un principio definibile principio della domanda cautelare, secondo il quale la richiesta avanzata dal magistrato inquirente determina il thema decidendum del procedimento cautelare. L'applicazione della misura cautelare risponde infatti ad un'istanza tipica della funzione inquirente, ed è di massima asservita alle esigenze delle indagini preliminari, plasticamente espresse dall'articolo 274 del codice di procedura penale: è consentito applicare la misura se le indagini preliminari sono in pericolo, o se vi è il rischio che l'esito delle indagini sia frustrato dalla fuga del soggetto nei cui confronti esse si svolgono, o se infine il tempo tecnico per il proficuo svolgimento delle stesse va a detrimento della collettività perché nelle more il reo continua a delinquere. Si tratta di interventi previsti in linea di massima a tutela delle indagini in corso, la cui necessità non può che essere valutata in primo luogo dal soggetto che ha la titolarità delle medesime, cioè il Pubblico Ministero. Nella richiesta di misura cautelare non occorre formulare un vero e proprio capo di imputazione: la giurisprudenza ha esplicitamente affermato tale principio con riferimento all'ordinanza cautelare del giudice, ma è evidente che le medesime conclusioni devono essere applicate anche alla richiesta di applicazione della misura cautelare avanzata dal pubblico ministero. Laddove l'art. 292 del codice di procedura penale indica come elementi necessari per l'ordinanza del giudice tra gli altri “l'esposizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate”, l'art. 291 del codice di procedura penale si limita a richiedere che la domanda cautelare del Pubblico Ministero sia accompagnata dall'indicazione degli “elementi su cui la richiesta si fonda”: è dunque possibile e legittimo che il Pubblico Ministero depositi una richiesta del tutto priva di indicazione delle norme violate e di un'imputazione più o meno formale, lasciando al giudice il compito di enucleare le norme di legge violate ed indicare sommariamente il fatto da cui tali violazioni sono evincibili. Non sorprende dunque che, pur nel principio della domanda cautelare oggetto di attenzione in questo paragrafo, al giudice sia lasciata la possibilità di applicare una misura cautelare anche per imputazioni non specificamente individuate dal richiedente, purché dal tenore della richiesta o degli atti ad essa allegati possa evincersi la non estraneità della norma di legge che si individua violata al contesto della domanda cautelare. Al Pubblico Ministero spetta il compito di individuare il fatto su cui il giudice dovrà pronunciarsi, mentre quest'ultimo sarà libero di dare al fatto la qualificazione giuridica che ritiene più consona. La richiesta di misura cautelare non deve essere motivata. L'unico, imprescindibile contributo richiesto al pubblico ministero in relazione all'ordinanza cautelare da lui stesso sollecitata è l'allegazione degli elementi su cui la richiesta si fonda. Se dunque è teoricamente possibile immaginare che l'onere motivazionale sia scaricato interamente sul magistrato giudicante chiamato all'emissione della misura cautelare, in ogni caso è il pubblico ministero a dover fornire al giudice gli elementi su cui fondare la sua decisione. Per fare ciò, egli è tenuto formalmente a presentarli alla sua attenzione mediante deposito dell'intero fascicolo delle indagini preliminari o – laddove ciò non sia possibile o opportuno in relazione ad esigenze di segretezza dell'indagine – con la formazione di un apposito fascicolo cautelare contenente copia degli atti selezionati da trasmettere nella cancelleria del magistrato investito della domanda cautelare. È il Pubblico Ministero a scegliere quali atti allegare alla richiesta, in aderenza al principio accusatorio di cui si è detto: la sufficienza del compendio allegato alla richiesta a dimostrare la fondatezza della sua domanda cautelare è un suo preciso onere, che il Giudice non potrà colmare d'ufficio né richiedendo al Pubblico Ministero un'integrazione degli atti. Per evitare che l'indagato sconti la pena in un momento in cui non è ancora stata accertata la sua responsabilità per il reato di cui è accusato (abuso della carcerazione preventiva), alcune recenti riforme (l. n. 117/2014 e l. n. 47/2015) hanno inciso notevolmente sulla disciplina delle misure cautelari secondo le seguenti direttive: a) accentuata la analisi del merito della vicenda: oggi è richiesta al giudice della cautela una prognosi dell'esito del processo, per evitare l'adozione di misure ogni volta che è prevedibile che l'indagato, anche se condannato, non sconti una pena detentiva (sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p., sospensione dell'esecuzione ex art. 656 c.p.p.). b) La custodia in carcere come extrema ratio: il giudice che adotta la misura cautelare ex art. 285 c.p.p. dovrà spiegare perché ha ritenuto insufficiente ogni altra misura coercitiva e/o interdittiva ed in particolare perché non ritiene sufficiente l'adozione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. c) Plasticità delle misure cautelari: possono essere combinate più misure cautelari (sia coercitive che interdittive). d) Rafforzato l'obbligo di motivazione. Il primo requisito per l'applicazione di una misura cautelare personale è costituito dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (accertamento interinale sulla fondatezza della ricostruzione accusatoria). Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire da sole elemento idoneo all'adozione di una misura cautelare, anche in assenza di riscontri estrinseci, quando siano ritenute dal giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo (così Cass. II, n. 26764/2013). La verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è finalizzata ad evitare l'applicazione di misure cautelari basate su fatti che non potranno essere utilizzati per la decisione, per ridurre al minimo il rischio di assoluzioni dopo la carcerazione preventiva. Il secondo requisito è la verifica delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione del delitto, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio). Ratio è la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento della verità processuale dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni. Le esigenze cautelari devono essere attuali: la situazione di pericolo deve essere il più possibile riferibile al momento dell'intervento del giudice. In merito l'arresto giurisprudenziale più significativo è Cass. S.U., n. 40538/2009, che ha precisato che “in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all'art. 292, comma 2, lett. c) c.p.p., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari”. Pericolo di inquinamento probatorio: la necessità di intervenire deve essere dovuta ad esigenze “specifiche ed inderogabili”. Non può essere desunto dalla mancata confessione o dall'esercizio della facoltà di non rispondere. Solo per questo caso è previsto un termine di scadenza della misura cautelare in relazione alla prevedibile durata delle indagini da compire. Pericolo di fuga. Condotte sintomatiche: l'acquisto di biglietti aerei per una località estera, il trasferimento di fondi in un conto corrente sito al di fuori del territorio nazionale, la preparazione di valigie o di operazioni di trasloco. Valgono anche motivazioni basate sul tenore di vita del soggetto, sulla mancanza di stabili legami in territorio nazionale o di fissa dimora, o viceversa l'accertata esistenza di legami con paesi esteri o con coindagati di nazionalità straniera in grado di reperire una dimora ed una sistemazione nel loro paese, nonché lo stato di disoccupazione e i precedenti penali. Anche il pregresso stato di latitanza può essere preso in considerazione per la sussistenza del pericolo di fuga (Cass. I, n. 41344/2022). Dopo le modifiche apportate alla norma in esame dalla l. n. 47/2015, la gravità della sanzione a cui l'indagato è esposto non potrà più essere unico criterio di valutazione per la sussistenza dell'esigenza cautelare in esame Pericolo di reiterazione: deve risultare sia da “specifiche modalità e circostanze del fatto” che dalla “personalità della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato”. Questa esigenza cautelare deve poi essere riferita ad una delle quattro categorie di reati seguenti: a) gravi delitti con uso di armi; b) gravi delitti con uso di mezzi di violenza personale; c) delitti di criminalità organizzata; d) delitti della stessa specie di quello per cui si procede. |