Ordinanza applicativa della custodia in carcere o in luogo di curaInquadramentoCon questo provvedimento il Giudice può privare l'indagato/imputato della libertà personale e farlo portare in un istituto di custodia, anticipando gli effetti della pena detentiva applicata in caso di condanna all'esito del processo. Il provvedimento è emesso inaudita altera parte, su richiesta del Pubblico Ministero. Per la sua adozione occorre motivare in merito alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato per un reato punito con pena non inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione e di almeno una delle tre esigenze cautelari tipizzate dall'art. 274 c.p.p.: a) inquinamento probatorio; b) pericolo di fuga; c) pericolo di reiterazione dei delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. La custodia in carcere può essere adottata solo se ogni altra misura risulti inadeguata: deve dunque essere specificata la ragione per cui si ritiene che le esigenze cautelari non siano adeguatamente tutelate con l'adozione degli arresti domiciliari o altra misura non custodiale. Il Giudice deve infine dare conto del fatto che, in caso di condanna, la pena sarà superiore al limite di tre anni di reclusione (art. 275, comma 2-bis, c.p.p.). Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità mentale tale da compromettere la sua capacità di intendere e di volere il Giudice adotterà, in luogo della custodia in carcere, la custodia in luogo di cura (art. 286 c.p.p.). FormulaTRIBUNALE PENALE DI ... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI ORDINANZA APPLICATIVA DELLA CUSTODIA IN CARCERE O IN LUOGO DI CURA – artt. 285-286 c.p.p. – Il Giudice Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1. ..., nato il ... a ..., residente in ..., difeso di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; 2. ..., nata il ... a ..., residente in ..., difesa di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; per il reato previsto e punito dall'art. ..., per i reati previsti e puniti dagli artt. .... In ... Commesso/Accertato in ..., il .... Ritenuto che sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato per cui si procede, in particolare (indicare gli elementi indiziari, tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto - art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p.), che sussiste altresì l'esigenza (indicare una delle esigenze cautelari dell'art. 274 c.p.p.); che in relazione agli elevati limiti edittali previsti per i delitti contestati (o perché l'indagato ha già goduto in passato del beneficio), può escludersi che in caso di condanna l'indagato possa beneficiare della sospensione condizionale della pena o essere condannato a pena inferiore a tre anni di reclusione; che (indicare perché ogni altra misura è inadeguata alla tutela delle esigenze cautelari) l'unica misura cautelare idonea alla protezione delle esigenze cautelari sopra menzionate è quella della custodia in carcere. oppure rilevato che l'indagato si trova in stato di infermità mentale che ne esclude/diminuisce grandemente la capacità di intendere e di volere, Per Questi Motivi Dispone a carico di ... la misura della custodia cautelare in carcere (oppure il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero). Ordina agli ufficiali ed agenti di P.G. di procedere all'immediata cattura dello stesso e di condurlo presso la Casa Circondariale ritenuta opportuna ove rimarrà a disposizione dell'A.G. Visto l'art. 92 disp. att. c.p.p., manda alla Cancelleria di trasmettere immediatamente la presente ordinanza al Pubblico Ministero che ne curerà l'esecuzione. Manda, altresì, alla Cancelleria di effettuare tempestivamente, e comunque prima dell'interrogatorio di garanzia, ai difensori l'avviso di deposito di cui all'art. 293 c.p.p. Luogo e data ... Il Giudice per le indagini preliminari ... Firma ... CommentoLe misure cautelari personali sono provvedimenti del Giudice – in forma di ordinanza – con cui si comprime la libertà dell'indagato al fine di proteggere (cautelare) il procedimento penale nella fase di accertamento che precede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Di fatto, coincidono con la pena detentiva. Per evitare che l'indagato sconti la pena in un momento in cui non è ancora stata accertata la sua responsabilità per il reato di cui è accusato (abuso della carcerazione preventiva), alcune recenti riforme (l. n. 117/2014 e l. n. 47/2015) hanno inciso notevolmente su questo istituto secondo le seguenti direttive: a) accentuata la analisi del merito della vicenda: oggi è richiesta al Giudice della cautela una prognosi dell'esito del processo, per evitare l'adozione di misure ogni volta che è prevedibile che l'indagato, anche se condannato, non sconti una pena detentiva (sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p., sospensione dell'esecuzione ex art. 656 c.p.p.). b) La custodia in carcere come extrema ratio: il Giudice che adotta la misura cautelare ex art. 285 c.p.p. dovrà spiegare perché ha ritenuto insufficiente ogni altra misura coercitiva e/o interdittiva ed in particolare perché non ritiene sufficiente l'adozione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. c) Plasticità delle misure cautelari: possono essere combinate più misure cautelari (sia coercitive che interdittive). d) Rafforzato l'obbligo di motivazione. Il primo requisito per l'applicazione di una misura cautelare personale è costituito dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (accertamento interinale sulla fondatezza della ricostruzione accusatoria). Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire da sole elemento idoneo all'adozione di una misura cautelare, anche in assenza di riscontri estrinseci, quando siano ritenute dal Giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo (Così Cass. II, n. 26764/2013). La verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è finalizzata ad evitare l'applicazione di misure cautelari basate su fatti che non potranno essere utilizzati per la decisione, per ridurre al minimo il rischio di assoluzioni dopo la carcerazione preventiva. Il secondo requisito è la verifica delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione del delitto, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio). Ratio è la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento della verità processuale dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni. Le esigenze cautelari devono essere attuali: la situazione di pericolo deve essere il più possibile riferibile al momento dell'intervento del Giudice. In merito l'arresto giurisprudenziale più significativo è Cass. S.U., n. 40538/2009, che ha precisato che “in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al "tempo trascorso dalla commissione del reato" di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p., impone al Giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari”. Pericolo di inquinamento probatorio: la necessità di intervenire deve essere dovuta ad esigenze “specifiche ed inderogabili”. Non può essere desunto dalla mancata confessione o dall'esercizio della facoltà di non rispondere. Solo per questo caso è previsto un termine di scadenza della misura cautelare in relazione alla prevedibile durata delle indagini da compire. Pericolo di fuga. Condotte sintomatiche: l'acquisto di biglietti aerei per una località estera, il trasferimento di fondi in un conto corrente sito al di fuori del territorio nazionale, la preparazione di valigie o di operazioni di trasloco. Valgono anche motivazioni basate sul tenore di vita del soggetto, sulla mancanza di stabili legami in territorio nazionale o di fissa dimora, o viceversa l'accertata esistenza di legami con paesi esteri o con coindagati di nazionalità straniera in grado di reperire una dimora ed una sistemazione nel loro paese, nonché lo stato di disoccupazione e i precedenti penali. Dopo le modifiche apportate alla norma in esame dalla l. n. 47/2015, la gravità della sanzione a cui l'indagato è esposto non potrà più essere unico criterio di valutazione per la sussistenza dell'esigenza cautelare in esame. Pericolo di reiterazione: deve risultare sia da “specifiche modalità e circostanze del fatto” che dalla “personalità della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato”. Questa esigenza cautelare deve poi essere riferita ad una delle quattro categorie di reati seguenti: a) gravi delitti con uso di armi; b) gravi delitti con uso di mezzi di violenza personale; c) delitti di criminalità organizzata; d) delitti della stessa specie di quello per cui si procede. La custodia in carcere consiste nell'affidamento coatto del destinatario ad un istituto penitenziario nel quale egli permane in regime di vera e propria reclusione, in tutto analogo a quello che sconterà in caso di condanna. Il cuore del provvedimento del Giudice è costituito dall'ordine di cattura: l'autorità giudiziaria dispone che l'indagato sia rintracciato e condotto, anche contro la sua volontà, in un istituto di custodia (casa circondariale). Il primo elemento che determina la scelta della misura da adottare è la richiesta del Pubblico Ministero. Al magistrato inquirente è infatti devoluto non solo il potere di iniziativa, ma anche quello di determinare la misura cautelare che il Giudice dovrà emettere: egli non potrà limitarsi a richiedere l'adozione di “una” misura cautelare, ma dovrà specificare quale tipo di ordinanza richiede al Giudice. Al Giudice è invece riservato il ruolo di valutazione della fondatezza della domanda cautelare, nell'ambito del “recinto” fissato dal magistrato inquirente. La prima conseguenza di questa potestà assegnata alla procura di fissare il thema decidendum dell'intervento del Giudice è data dal fatto che non sono legittime ordinanze con cui si imponga una misura cautelare più grave di quella richiesta. Può dunque dirsi che il Giudice è libero di adottare la misura nell'ambito del petitum che è determinato dalla domanda cautelare. L'ordinanza applicativa di una misura più grave di quella richiesta è affetta da nullità assoluta ed insanabile, e non può essere emendata nemmeno con l'annullamento da parte del Tribunale del Riesame che eventualmente riporti l'equilibrio violato tra chiesto e pronunciato (Cass. III, n. 28443/2014). Nell'ambito del petitum, il Giudice sceglie la misura avendo come obiettivo il massimo risultato (principio di adeguatezza) con il minimo sacrificio della libertà del destinatario (proporzionalità). La custodia cautelare in carcere potrà essere adottata solo quando tutte le altre misure coercitive e interdittive, anche applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Oggi la legge consente dunque al Giudice non solo di scegliere tra i vari modelli di misura cautelare disegnati dal codice ma di disegnare modelli nuovi, adattandoli al caso concreto. Questa discrezionalità incontra dei limiti. Il primo è dettato dall'art. 275, comma 1: nel giudizio di idoneità “il Giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna” misura cautelare. Un secondo parametro è pure ricavabile dalla stessa norma (art. 275, comma 1, c.p.p.) che impone al Giudice di scegliere “in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”. È importante considerare anche ciò che questa norma non dice: il riferimento esclusivo alle esigenze cautelari implica che il Giudice non deve scegliere le misure in base alla gravità del reato né alla gravità degli indizi di colpevolezza. L'unico parametro corretto di riferimento è dunque costituito dalla gravità delle esigenze cautelari: maggiore sarà il pericolo per queste ultime, più incisiva dovrà essere la risposta del Giudice. È però vero che il criterio ora analizzato dovrà tenere conto del principio enunciato nel comma 2 dell'art. 275 c.p.p., ove si legge che “ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata”. Ulteriore elemento da valutare nella scelta della misura è poi quello imposto dal comma 2-bis dell'art. 275 c.p.p., secondo cui non può essere applicata la misura della custodia in carcere o degli arresti domiciliari se il Giudice ritiene che in caso di futura condanna la pena sarà sospesa condizionalmente ai sensi dell'art. 163 c.p. Al comma 2-bis è poi stato aggiunto nel 2014 un ulteriore periodo in conseguenza del quale “non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il Giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni”. La norma subisce però numerose deroghe, ipotesi in cui potrà essere applicata la custodia in carcere anche se il reato per cui si procede prevede limiti edittali inferiori a tre anni di reclusione: 1. La violazione delle prescrizioni inerenti la misura cautelare degli arresti domiciliari (art. 275, comma 1-ter, c.p.p. e 280, comma 3, c.p.p.). 2. I delitti di cui agli artt. 423-bis, 572,612-bis e 624-bis c.p., e tutte le ipotesi previste dall'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario: 3. I casi previsti dall'art. 275, comma 3, c.p.p. 4. Il caso in cui gli arresti domiciliari non possono essere disposti per mancanza di un domicilio idoneo. Nel caso di condanna a pena inferiore a tre anni, il Giudice non è tenuto a scarcerare l'imputato soggetto a custodia cautelare in carcere, perché il divieto dell'art. 275, comma 2-bis, c.p.p. vale solo per il momento di applicazione della misura ma non anche per le vicende successive. Può sostituire o revocare la misura, però, per una rivalutazione delle esigenze cautelari (Cass. VI, n. 1798/2014; Cass. IV, n. 13025/2015). Il legislatore ha previsto in alcuni casi l'obbligo del Giudice, una volta accertati i presupposti di adozione di una misura cautelare, di ricorrere alla custodia in carcere: un elenco di ipotesi delittuose di particolare allarme sociale per le quali vi è una presunzione di inadeguatezza di ogni misura cautelare diversa dalla custodia in carcere. Nell'attuale e finora ultima formulazione derivante dalle menzionate modifiche apportate dalla l. n. 47/2015, l'obbligatorietà della custodia in carcere si modella secondo i principi che seguono: a) gli unici delitti per i quali deve essere applicata la misura cautelare massima sono quelli previsti dagli artt. 270 c.p. (associazione sovversiva), 270-bis c.p. (associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordinamento costituzionale) e 416-bis c.p. (associazione per delinquere di stampo mafioso); anche in questi casi è fatta salva la possibilità per il Giudice di rigettare la misura per mancanza di esigenze cautelari; b) è stata introdotta una seconda categoria di delitti, di particolare allarme sociale ma in misura “minore” rispetto a quelli enunciati nel periodo precedente: per questi reati deve essere applicata la misura cautelare della custodia in carcere, fatta eccezione per i casi in cui il Giudice non ritenga sussistenti le esigenze cautelari (caso identico al precedente) e per quelli in cui, “in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”. Nei casi previsti dal terzo periodo si deve dunque partire dal carcere, salvo ripiegare su misure minori, negli altri casi si deve partire dalle misure minori, salvo ricorrere al carcere se queste si rivelano insufficienti. Aspetti procedimentali Il Pubblico Ministero non deve motivare la richiesta, ma è tenuto all'allegazione degli elementi su cui la richiesta si fonda. La selezione degli atti non potrà andare a detrimento delle esigenze difensive: l'allegazione degli atti a favore del destinatario della misura deve essere completa. Sono utilizzabili in sede cautelare: - le sentenze anche se non ancora passate in giudicato; - il dispositivo di sentenza resa in altro processo, anche senza motivazione; - le dichiarazioni rese da soggetti escussi a sommarie informazioni, anche se non sottoscritte dagli interessati; - le prove acquisite illegittimamente o senza l'osservanza delle prescrizioni formali; - per le intercettazioni, basta depositare i brogliacci. In caso di incompetenza il Giudice emette la misura e si dichiara incompetente; segue procedura di conferma da parte del Giudice competente entro venti giorni (art. 27 c.p.p.). Motivazione: secondo le prescrizioni dettate dall'art. 292 c.p.p., l'ordinanza di applicazione di una misura cautelare deve dunque contenere innanzitutto una descrizione sommaria del fatto con “l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate”. Il secondo elemento è costituito dalla “esposizione e l'autonoma valutazione (inciso aggiunto dalla l. n. 47/2015) delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del delitto”. Uno specifico passaggio della motivazione dell'ordinanza riguarda la confutazione degli argomenti a favore dell'indagato, se questi siano stati forniti dalla difesa. In seguito alla riforma delle intercettazioni del 2017, è stato aggiunto un nuovo comma all'art. 292 c.p.p. (comma 2-ter) che impone al Giudice che emette un'ordinanza di custodia cautelare di limitare i richiami ai brani delle intercettazioni, che non potranno più essere riprodotti integralmente ma solo “nelle parti essenziali” ed esclusivamente quando “è necessario”. La fase esecutiva. L'organo che cura l'esecuzione della misura cautelare è il Pubblico Ministero. Da questo momento si determina l'instaurazione del contraddittorio. Due ulteriori adempimenti chiudono la fase esecutiva. 1. L'avviso di deposito, notificazione al difensore dell'avvenuto deposito in cancelleria dell'ordinanza, della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti ad essa allegati. Mediante questo atto dunque il Giudice mette a disposizione della difesa gli atti su cui si basa l'accusa nei confronti del suo assistito, attuando una completa discovery degli elementi presenti nel fascicolo cautelare. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è stato aggiunto l'ulteriore obbligo di avvisare il soggetto attinto dalla misura cautelare della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 2. L'interrogatorio del destinatario della misura, che deve avvenire, ex art. 294 c.p.p. “immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia cautelare”; per le misure diverse da quelle custodiali, il termine è di dieci giorni (art. 294, comma 1-bis). L'obbligo di interrogare il destinatario della misura cautelare non sussiste nei casi di: a) Impedimento della persona da interrogare; b) Misura cautelare applicata dopo l'apertura del dibattimento; c) Precedente interrogatorio espletato in fase di convalida dell'arresto o del fermo; d) Misura cautelare applicata dal Tribunale per il Riesame o dalla Cassazione; e) Il ripristino della misura cautelare; f) L'aggravamento della misura; g) La rinnovazione della misura ai sensi dell'art. 27 c.p.p.; h) La rinnovazione della misura ex art. 302 c.p.p. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è ora prevista la possibilità sia per la parte che per il difensore che ne facciano richiesta di partecipare all'interrogatorio a distanza, su autorizzazione del Giudice. Dell'atto è inoltre prevista riproduzione con mezzi di riproduzione audio-visiva e (solo laddove ciò non sia possibile) fonografica. La collocazione di questa previsione nella norma generale prevista per gli adempimenti esecutivi di tutte le misure cautelari induce a ritenere che essa sia applicabile anche alle misure cautelari non detentive, a differenza di quanto previsto dall'art. 141-bis disp. att. c.p.p. che limitava tale obbligo ai soli interrogatori di soggetti in stato di detenzione. |