Decreto di dilazione del colloquio con il difensore

Costantino De Robbio

Inquadramento

Con questo provvedimento il Giudice può privare l'indagato/imputato della possibilità di conferire con il proprio difensore immediatamente dopo l'inizio di esecuzione di una misura cautelare custodiale.

Trattandosi di una limitazione del diritto costituzionalmente garantito di ciascun indagato/imputato di essere assistito da difesa tecnica in ogni stato e grado del procedimento penale, il provvedimento ha carattere eccezionale ed è limitato nel tempo a cinque giorni.

Inoltre, in seguito all'entrata in vigore della l. n. 103/2017, esso è oggi applicabile ai soli procedimenti concernenti la criminalità organizzata ed è dunque stato abolito per i delitti comuni.

Il provvedimento è emesso inaudita altera parte su richiesta del Pubblico Ministero.

Per la sua adozione occorre motivare in merito alla sussistenza di un pericolo per le esigenze cautelari sottese alla misura costituito proprio dal contatto tra indagato e difensore o più in generale tra l'indagato e qualsiasi altra persona: è sufficiente individuare il pericolo, più che nella persona del legale, in qualsiasi contatto con terzi e nella conseguente necessità di isolamento assoluto, per quanto temporaneo, del soggetto detenuto.

Formula

TRIBUNALE PENALE DI ...

UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

DECRETO DI DILAZIONE DI COLLOQUIO CON IL DIFENSORE

ar t. 104 c.p.p.

Il Giudice

Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di:

1. ..., nato il ... a ..., residente in ..., difeso di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...;

2. ..., nata il ... a ..., residente in ..., difesa di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...;

per il reato previsto e punito dall'art. ...,

per i reati previsti e puniti dagli artt. ....

In ... Commesso/Accertato in ..., il ....

premesso che in data ... è stata emessa la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'indagato;

che si procede per uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis (o comma 3-quater) c.p.p.;

che sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela per differire il colloquio tra l'indagato ed il suo difensore, in particolare perché ... (specificare le ragioni);

Per Questi Motivi

Dispone la dilazione dei colloqui tra l'indagato ... ed il suo difensore Avv. ... fino a tutto il ....

Si comunichi.

Luogo e data ...

Il Giudice per le indagini preliminari ...

Firma ...

Commento

Dopo l'emissione da parte del Giudice, l'ordinanza cautelare deve essere affidata agli organi competenti per il compimento di quegli atti che la rendono produttiva di effetti nel mondo giuridico e materiale, e che costituiscono la fase esecutiva del procedimento cautelare.

Questa fase presenta numerose analogie con quella prevista per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali disciplinata dal libro X del codice di procedura penale: identica è la funzione, di garantire effettività al provvedimento dell'autorità giudiziaria, e analoghi sono gli organi coinvolti e le procedure da seguire nell'uno e nell'altro caso.

Con la trasmissione dell'ordinanza al Pubblico Ministero inizia la fase esecutiva vera e propria.

L'inizio dell'efficacia delle misure cautelari coincide con la notificazione dell'atto che contiene le prescrizioni al suo destinatario, dunque l'esecuzione della misura cautelare consiste essenzialmente nella notificazione dell'atto da parte del Pubblico Ministero, che si serve all'uopo della Polizia Giudiziaria.

Fa eccezione la custodia cautelare in carcere, il cui nucleo centrale non consiste in una prescrizione limitativa della libertà personale ma nella sua totale privazione, attraverso la restrizione del destinatario in un istituto di custodia.

In questo caso dunque, l'esecuzione della misura cautelare consiste, oltre che nella notificazione dell'ordinanza, nell'accompagnamento in un istituto di custodia.

Dal momento della consegna della copia al destinatario si produce un ulteriore fondamentale effetto tipico della fase esecutiva: l'instaurazione del contraddittorio.

Se normalmente per tutta la fase precedente all'emissione della misura l'indagine preliminare è svolta all'insaputa dell'indagato, e la salvaguardia della correttezza dell'azione del Pubblico Ministero è affidata esclusivamente al controllo – riservato ai soli atti fondamentali quali sequestri e intercettazioni – del Giudice per le indagini preliminari, dal momento dell'inizio dell'efficacia della misura cautelare personale entra necessariamente in gioco la controparte processuale dell'accusa: pertanto, l'ordinanza deve essere notificata anche al difensore laddove già nominato in atti.

In caso non sia presente una nomina di difensore di fiducia o di ufficio, la polizia giudiziaria delegata per l'esecuzione dovrà contestualmente alla consegna di copia dell'atto avvertire il destinatario della facoltà di nominare un difensore di fiducia di avvisarlo di quanto avvenuto.

La mancanza di tale avviso non determina nullità nei soli casi in cui l'indagato abbia comunque nominato il difensore, essendo stato in ogni caso raggiunto il risultato voluto dalla norma: in tal senso la conclusione cui è giunta la giurisprudenza di legittimità deve ritenersi mera applicazione del principio generale previsto dall'art. 183, comma 1, lett. b), c.p.p.

Nel caso in cui l'interessato non si avvalga della facoltà di nomina del difensore di fiducia, sarà avvisato il difensore di ufficio che deve essere stato previamente designato dal Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 97 c.p.p.

La presenza del difensore sin dal primo momento dell'esecuzione della misura cautelare è dunque imprescindibile; al fine di dare concretezza all'esercizio del diritto di difesa è poi previsto che il legale ed il suo assistito abbiano possibilità di conferire immediatamente, per poter predisporre un'adeguata strategia difensiva ancora prima del contatto tra il soggetto in stato di custodia e l'autorità giudiziaria.

Si tratta di una deroga al principio che limita l'accesso al luogo di custodia a terzi, al pari di quella prevista – per ragioni umanitarie – per i familiari, ed è dunque rigorosamente limitata al titolare della funzione difensiva: non è estensibile ad esempio al consulente tecnico eventualmente nominato, anche se ovviamente non è illegittima una specifica autorizzazione rilasciata in tal senso dall'autorità giudiziaria su istanza dell'interessato o dello stesso difensore.

È tuttavia prevista, per “specifiche ed eccezionali ragioni di cautela”, la possibilità di impedire i colloqui del soggetto raggiunto da misura cautelare custodiale e difensore per un tempo non superiore a cinque giorni.

Le ragioni di cautela devono essere individuate dal Giudice, che ha in tal senso ampia discrezionalità: è ad esempio legittimo il differimento del colloquio con il difensore, in un procedimento con più indagati, motivato dalla necessità di escludere che i soggetti in attesa di essere interrogati possano concordare, attraverso i rispettivi difensori, le dichiarazioni da rendere al Giudice.

In merito la Corte di Cassazione ha chiarito che “il provvedimento con il quale venga differito il diritto dell'indagato sottoposto a custodia cautelare di conferire con il proprio difensore può correttamente basarsi anche sulla ritenuta gravità dei fatti riguardanti una pluralità di indagati, unitamente all'esigenza di evitare la possibilità di preordinate e comuni tesi difensive di comodo” (Cass. VI., n. 2941/2009).

Più di recente è però stato specificato che “non è configurabile la nullità dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per il mancato svolgimento del colloquio del detenuto con il difensore per gli ostacoli frapposti da un operatore penitenziario - nella specie correlati ad esigenze sanitarie da Covid-19 - in quanto tali condotte, pur potendo essere denunciate alla direzione della Casa Circondariale, non determinano la violazione dei diritti della difesa, configurabile solo nel caso in cui il colloquio sia stato ingiustificatamente negato dall'autorità giudiziaria in seguito ad espressa richiesta difensiva (Cass. VI, n. 40294/2021).

Il relativo decreto di differimento è emesso dal Giudice su richiesta del Pubblico Ministero; i due provvedimenti sono generalmente contestuali rispettivamente all'ordinanza di applicazione ed alla richiesta di misura cautelare.

Il Pubblico Ministero non può sostituirsi al Giudice in questa delicata decisione, che rappresenta una forte compressione del diritto di difesa: un eventuale decreto del P.M. di tale tenore sarebbe viziato da nullità, e determinerebbe la nullità anche dell'interrogatorio di garanzia.

Per altro verso, il Giudice non può disporre il differimento di ufficio, in assenza di esplicita richiesta dell'organo inquirente (Cass. VI, n. 39941/2009).

Se emesso dall'autorità competente (il Giudice che ha emesso la misura) l'atto non è tuttavia autonomamente impugnabile né può essere oggetto di riesame, ma può costituire oggetto di sindacato incidentale nell'ulteriore corso del procedimento (Cass. VI, n. 44932/2012).

Il decreto di differimento, un tempo previsto per tutti i tipi di reati, è stato fortemente limitato dalla cosiddetta "riforma Orlando" del 2017 ai soli reati previsti dall'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.: è oggi dunque possibile differire il colloquio con l'indagato nei soli casi di procedimenti penali concernenti la criminalità organizzata.

Va però ancora rilevato che “non ricorre alcuna nullità, per violazione del diritto all'assistenza difensiva, nel caso di illegittimo differimento dei colloqui con il difensore (consentiti, comunque, prima dell'interrogatorio di garanzia) qualora l'indagato abbia rinunciato all'interrogatorio, con ciò palesando di non voler esercitare la facoltà allo stesso riconosciuta normativamente” (Cass. II, n. 18566/2020).

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