Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306)

Costantino De Robbio

Inquadramento

Con questo atto il destinatario di una misura cautelare custodiale, direttamente o tramite il difensore di fiducia o quello di ufficio, può chiedere al giudice di dichiarare estinta la misura.

L'estinzione della misura si verifica in uno dei casi previsti dagli artt. 300,301,302 e 303 c.p.p.: per effetto di un decreto di archiviazione o di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere o di assoluzione nel procedimento in cui la misura è stata emessa (art. 300 c.p.p.).

Si verifica altresì l'estinzione delle misure disposte per esigenze probatorie alla scadenza del termine assegnato dal giudice per il compimento degli atti istruttori (art. 301 c.p.p.).

Anche l'omesso interrogatorio nel termine previsto (cinque giorni per la custodia in carcere, dieci giorni per la misura degli arresti domiciliari) determina l'estinzione della misura ex art. 302 c.p.p.

Infine, anche se il codice parla di perdita di efficacia, si determina l'estinzione della misura cautelare allo scadere dei termini previsti dall'art. 303 c.p.p.

In tutte queste ipotesi il giudice dichiara l'estinzione anche di ufficio, ma l'atto può essere sollecitato da richiesta di parte, mediante apposita richiesta di declaratoria di estinzione.

Formula

AL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI DEL

TRIBUNALE DI....

(OPPURE INDICARE ALTRO UFFICIO COMPETENTE)

RICHIESTA DI SCARCERAZIONE PER ESTINZIONE DELLA MISURA CUSTODIALE

Il sottoscritto...., nato a.... il...., codice fiscale...., recapito telefonico.... (casa/ufficio), recapito cellulare (....), email.... @...., residente a....,

OPPURE

Il sottoscritto Avv..... nella qualità di difensore di fiducia/di ufficio di....

PREMESSO CHE

con ordinanza emessa in data.... il Giudice delle Indagini Preliminari (oppure il Tribunale di.... in composizione monocratica nella persona del) Dott./Dott.ssa.... ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere (o degli arresti domiciliari) nei confronti di...., indagato/imputato nel presente procedimento;

rilevato che

(indicare le ragioni poste a base della richiesta)

CHIEDE

Al Giudice di dichiarare estinta la misura cautelare e conseguentemente ordinare la immediata liberazione dell'istante se non detenuto per altro.

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2)....;

3).....

Luogo e data....

Firma....

(È autentica)

(Firma....)

Commento

Le misure cautelari personali sono provvedimenti del giudice – in forma di ordinanza – con cui si comprime la libertà dell'indagato al fine di proteggere (cautelare) il procedimento penale nella fase di accertamento che precede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Il primo requisito per l'applicazione di una misura cautelare personale è costituito dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (accertamento interinale sulla fondatezza della ricostruzione accusatoria).

La verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è finalizzata ad evitare l'applicazione di misure cautelari basate su fatti che non potranno essere utilizzati per la decisione, per ridurre al minimo il rischio di assoluzioni dopo la carcerazione preventiva.

Il secondo requisito è la verifica delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione del delitto, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio).

Ratio è la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento della verità processuale dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni.

Le esigenze cautelari devono essere attuali: la situazione di pericolo deve essere il più possibile riferibile al momento dell'intervento del giudice.

La misura cautelare può perdere efficacia in relazione a determinati eventi del procedimento penale nel cui ambito è stata emanata: in questi casi essa si estingue non per determinazione del giudice che l'ha emessa ma per fattori esogeni.

Anche in questi casi, tuttavia, essa rimane in vigore fino al momento in cui non interviene un provvedimento del giudice: tuttavia, tale provvedimento, a differenza di quello di revoca, non ha effetto costitutivo ma meramente dichiarativo di un effetto che si è già verificato.

A ciò va aggiunto che il provvedimento che dichiara l'estinzione non è espressione di potere discrezionale: una volta constatata la sussistenza dei suoi presupposti, il giudice è obbligato alla sua emanazione.

L'eventuale protrazione della custodia cautelare in un momento successivo al verificarsi dei presupposti per la perdita di efficacia della misura è da ritenersi illegittima, e dà titolo per la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi dell'art. 314 c.p.p.

La principale causa di estinzione della misura cautelare è costituita dal decorrere dei termini massimi previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale: nessuna misura cautelare può durare indefinitamente, e la privazione della libertà personale incontra un limite temporale fisiologico trascorso il quale il diritto costituzionalmente protetto dell'indagato prevale ipso jure sulle esigenze cautelari, laddove l'accertamento della sua responsabilità penale sia ancora in corso.

L'altro evento fisiologico che provoca l'estinzione della misura cautelare è costituito dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, e dal conseguente ordine di esecuzione della pena, con il quale il Pubblico Ministero dispone la carcerazione dell'imputato condannato e, se questi è già detenuto, lo notifica con conseguente trasformazione del titolo custodiale.

Accanto a queste che possono definirsi come cause fisiologiche di estinzione della misura cautelare, il legislatore ha previsto alcune cause di perdita di efficacia anticipata, “eventi traumatici” che rendono la misura in corso immediatamente priva di titolo:

a) il venir meno della possibilità che l'imputato sconti una pena per il reato per cui si procede, per effetto della pronuncia di determinate sentenze;

b) il decorrere del termine speciale per le misure cautelari disposte per esigenze probatorie;

c) l'omesso interrogatorio di garanzia.

A queste cause di estinzione il d.lgs. n. 150/2022, come modificato dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 (c.d. riforma Cartabia) ha aggiunto due ulteriori ipotesi:

d) estinzione per concessione con sentenza di condanna o applicazione della pena della pena pecuniaria sostitutiva o della sanzione domiciliare sostitutiva (art. 300 comma 4-bis c.p.p.);

e) estinzione per pronuncia di sentenza nei confronti dell'irreperibile (art. 420-quater c.p.p.).

L'estinzione per effetto della pronuncia di determinate sentenze

L'art. 300 c.p.p. disciplina le cause di estinzione della misura cautelare in relazione al venir meno della possibilità che l'imputato sconti una pena per il reato per cui si procede.

Ancora una volta viene ribadito il principio cardine del sistema cautelare: la compressione del diritto protetto dall'art. 13 della Costituzione ha un senso solo se e fintanto che può essere considerata anticipazione di una pena che deve essere effettiva e non meramente astratta.

Non appena viene meno la possibilità di scontare la pena, anche la misura perde immediatamente i suoi effetti.

Tale circostanza può determinarsi:

1. per effetto di un provvedimento che ponga termine al procedimento penale nel cui ambito era stata emanata la misura cautelare;

2. perché la pena irrogata al termine del procedimento è dichiarata estinta, sospesa, o è stata già scontata.

La rubrica della norma parla erroneamente di estinzione “per effetto di determinate sentenze”, anche se tra i provvedimenti menzionati è ricompreso il decreto di archiviazione: è tuttavia corretto il collegamento che il legislatore evidenzia tra l'estinzione della misura e la pronuncia del provvedimento del giudice del merito da cui discende l'impossibilità di eseguire la pena.

I provvedimenti che provocano l'immediata perdita di efficacia della misura sono innanzitutto tutti quelli che determinano il venir meno del procedimento penale nel cui ambito la misura era stata emanata: il già menzionato decreto di archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere, la sentenza di proscioglimento e la sentenza di assoluzione.

In tutti questi casi la pronuncia del giudice attesta – anche se non necessariamente in maniera definitiva – l'impossibilità di pervenire ad una pronuncia di condanna, o per mancanza di presupposti formali (estinzione del reato, improcedibilità, e così via) o per l'insostenibilità della ricostruzione accusatoria, con la conseguenza che viene meno il presupposto fondamentale per il mantenimento dell'indagato/imputato in stato di custodia cautelare, dato dalla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e del collegamento necessario e imprescindibile con l'irrogazione di una futura pena.

Anche la sentenza di condanna può tuttavia portare alla perdita di efficacia della misura cautelare, nei casi in cui il giudice dichiara estinta la pena o la sospende condizionalmente: anche in queste ipotesi, come detto, nonostante l'accertamento della responsabilità penale si introduce nel processo un elemento che rende impossibile eseguire in concreto la pena.

Infine, nel caso di condanna ad una pena già interamente scontata sotto forma di custodia cautelare, la sentenza di condanna determina la perdita di efficacia della misura stessa: una volta precisato, ancorché con sentenza non ancora passata in giudicato, il quantum della pena da espiare, è evidente che la misura cautelare – che come si è detto in precedenza funge anche da anticipazione della pena stessa ed è calcolato come “presofferto” – non può avere durata superiore alla pena stessa.

In merito è importante rilevare che, nel caso in cui il destinatario della misura cautelare è stato contestualmente detenuto in custodia cautelare e in esecuzione pena per un preesistente titolo, deve tenersi conto, nel computo di detta durata, del periodo in cui il soggetto è stato detenuto anche per il titolo preesistente ai fini della determinazione del periodo massimo oltre il quale la misura perde efficacia ai sensi dell'art. 300, comma 4 c.p.p.

Anche in questo caso infatti si determina un superamento dei termini massimi di custodia cautelare ai sensi dell'art. 297, comma 5, c.p.p., dovendo gli stessi essere computati per l'intervenuta affermazione di responsabilità, non più con riguardo a quelli, astratti, di cui all'art. 303 c.p.p., ma in relazione alla pena in concreto inflitta.

La norma pone poi delicate questioni di applicazione allorquando la pena sia determinata, come spesso accade, con riferimento non ad un solo reato ma a più reati per i quali è stato riconosciuto il vincolo della continuazione.

Può infatti accadere che si riuniscano nel calcolo della pena reati per i quali era stata disposta la misura cautelare e reati per i quali non era stata disposta (soprattutto quando il riconoscimento della continuazione avviene in sede esecutiva tra procedimenti originariamente diversi, ai sensi dell'art. 671 c.p.p.).

In casi siffatti, è auspicabile che la motivazione della sentenza contenga la motivazione analitica della determinazione della pena, con specificazione della pena base e dell'aumento per ciascuno dei reati applicati in continuazione.

È infatti il giudice di merito a dover determinare il quantum della pena per ciascuno dei reati giudicati, e nessun'altra autorità giudiziaria può sostituirsi a tale calcolo, nemmeno il giudice dell'esecuzione al fine di determinare la perdita di efficacia della misura cautelare per uno dei reati ai sensi dell'art. 300, comma 4 c.p.p.

L'estinzione per esigenze probatorie

Quando l'intervento del giudice cautelare avviene a protezione di una specifica esigenza probatoria (lett. a) dell'art. 274 c.p.p.) la limitazione della libertà dell'indagato/imputato è strettamente connessa all'acquisizione o alla genuinità di una prova che deve essere individuata ed indicata, sicché la protezione si estende, anche temporalmente, finché perdura la fase di acquisizione della prova stessa.

È pertanto evidente il motivo per cui, solo per questo caso, è previsto un termine di scadenza della misura cautelare in relazione alla prevedibile durata delle indagini da compire.

Alla scadenza del termine, si determina dunque l'estinzione della misura cautelare.

Tale termine, di regola pari a trenta giorni (tranne che nei casi in cui si proceda per reati particolarmente gravi), può essere rinnovato dal giudice con ordinanza, su richiesta del Pubblico Ministero, per ulteriori trenta giorni.

La rinnovazione può essere disposta per due volte, sicché il termine complessivo della misura cautelare disposta per esigenze probatorie può estendersi a novanta giorni.

La Corte Costituzionale ha da tempo chiarito che, prima di decidere sulla richiesta di rinnovazione, il giudice deve sentire il difensore dell'indagato, aprendo un vero contraddittorio.

Tale procedura va osservata anche nel caso in cui, prima della scadenza del termine il giudice ritenga di disporre, permanendo le medesime esigenze di cautela, una misura meno gravosa di quella originaria.

Anche in queste ipotesi il giudice dovrà dunque sentire il difensore, non potendo decidere de plano sulla richiesta del Pubblico Ministero.

L'estinzione per mancato espletamento dell'interrogatorio di garanzia

L'ultima ipotesi di estinzione della misura cautelare è quella conseguente al mancato interrogatorio dell'indagato nei termini (cinque giorni per le misure custodiali, dieci giorni per le altre) previsti dall'art. 294 c.p.p.

L'art. 302 c.p.p. assolve allo scopo di fornire il precetto che prescrive di interrogare immediatamente la persona a cui è stata tolta o compressa la libertà personale per sentire la sua versione dei fatti ed eventualmente rideterminarsi di sanzione.

Al contempo, come per il caso di estinzione per scadenza del termine disciplinato dall'art. 301 c.p.p., è offerta al giudice e alle parti la possibilità di superare le conseguenze dell'estinzione con una procedura “riparativa”, per evitare che le esigenze cautelari siano frustrate per motivi meramente formali.

Dopo il decreto di liberazione, il giudice potrà disporre nuovamente la misura cautelare, dopo aver interrogato l'indagato e valutato se ritiene ancora permanenti le esigenze cautelari ed i gravi indizi di colpevolezza.

Dunque le fasi del procedimenti di applicazione della misura sono in questo invertite: prima si interroga l'indagato (del resto, essendo egli già stato sottoposto alla misura poi estinta, non sussiste più alcuna ragione che imponga di agire “a sorpresa” in suo danno) e successivamente il giudice valuta gli elementi a sostegno della richiesta e decide con ordinanza.

L'art. 306: il decreto di immediata liberazione

La perdita di efficacia della misura cautelare si verifica immediatamente non appena ricorra una delle circostanze disciplinate dagli artt. 300-303 c.p.p.

Tuttavia, occorre un provvedimento del giudice per ripristinare lo status libertatis del soggetto gravato da misura cautelare.

Questo provvedimento ha la forma di un vero e proprio decreto di liberazione, che deve essere con urgenza trasmesso al direttore dell'istituto penitenziario nel caso di custodia cautelare in carcere, e notificato tramite polizia giudiziaria negli altri casi.

Al giudice competono inoltre i provvedimenti amministrativi conseguenti alla liberazione, previsti dagli artt. 97 e 98 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

Non occorre acquisire il parere del pubblico ministero: l'art. 306 c.p.p. non prevede alcun intervento in questa fase del magistrato inquirente, a differenza di quanto era invece previsto dal codice vigente prima del 1989.

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