Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari (artt. 464-ter e 464-ter.1)

Ferraro Salvatore

Inquadramento

L'indagato, in caso di reati di minore gravità, già nel corso delle indagini preliminari ha la possibilità di chiedere al giudice di sospendere il procedimento penale e di essere messo alla prova (cd. probation). In tale ipotesi, tramite il necessario intervento dell'ufficio di esecuzione penale esterna (U.E.P.E.), viene individuato un articolato programma di trattamento, che comprende il compimento di attività obbligatoria e gratuita (quale l'esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività da svolgere presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato), di attività riparative dirette all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, di attività di risarcimento del danno (ove possibile), di mediazione con la vittima. L'esito positivo della messa alla prova determina l'estinzione del reato e la conseguente conclusione del procedimento con sentenza emessa ai sensi dell’art. 464 septies c.p.p. La Riforma Cartabia (art. 464-ter.1 c.p.p.) ha previsto la possibilità per il pubblico ministero di prendere l'iniziativa chiedendo la sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari, dettando la disciplina conseguente a tale richiesta.

Formula

AL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL TRIBUNALE DI....

ISTANZA DI SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI

(ARTT. 168-BIS c.p., 464-bis e ter c.p.p.)

Il sottoscritto Avv..... [1], con studio in.... via...., quale difensore di ufficio ovvero di fiducia come da atto di nomina già depositato in data.... ovvero come da atto di nomina allegato, di:

...., nato a...., il...., residente a.... in via...., con domicilio ivi dichiarato ovvero con domicilio eletto presso....;

indagato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.;

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)...., commesso in...., il....;

ovvero

per i reati previsti e puniti dagli artt.:

a).... c.p., commesso in...., il....;

b).... legge.... /...., commesso in...., il....;

c).... d.P.R..... /...., commesso in...., il....;

d).... d.lgs..... /...., commesso in...., il....;

PREMESSO

che per il reato per cui si procede è previsto l'esercizio dell'azione penale mediante decreto di citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica;

ovvero

che il/i reato/i per cui si procede è punito/sono puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria;

che l'indagato non è delinquente/contravventore abituale o professionale ai sensi degli artt. 102,103,104 e 105 c.p., né delinquente per tendenza ai sensi dell'art. 108 c.p.;

che l'indagato non ha mai beneficiato in precedenza della sospensione del procedimento con messa alla prova; [2]

che non sussistono fondate ragioni, in base ai parametri previsti dall'art. 133 c.p., per escludere che l'indagato si asterrà dal commettere ulteriori reati; [3]

che il domicilio indicato nel programma è tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa;

che l'indagato è pienamente disponibile ad affrontare un percorso di mediazione con la vittima del reato e a porre in essere condotte conciliative con la stessa nonché a svolgere programmi di giustizia riparativa; [4]

che sono state eliminate tutte le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato per cui si procede e, in particolare, è stato risarcito il danno cagionato alla persona offesa...., come da documentazione allegata;

ovvero

che l'indagato è pienamente disponibile ad eliminare tutte le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato per cui si procede e a risarcire il danno cagionato alla persona offesa...., nelle forme e nei termini che saranno ritenuti congrui dall'autorità giudiziaria; [5]

che è stato richiesto all'Ufficio di esecuzione penale esterna di.... uno specifico programma di trattamento;

ovvero

che l'Ufficio di esecuzione penale esterna di.... ha predisposto il programma di trattamento che si allega e che prevede [6] :

– attività di volontariato di rilievo sociale (specificare in breve);

– prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria (specificare in breve);

– prescrizioni relative alla dimora e alla libertà di movimento (specificare in breve);

– prescrizioni relative al divieto di frequentare determinati locali;

visti gli artt. 168-bis c.p., 464-bis e -ter c.p.p.,

CHIEDE

che il Tribunale adìto voglia disporre la sospensione del presente procedimento e la messa alla prova dell'indagato.....

Si allegano i seguenti documenti:

1)....;

2).....

Luogo e data....

Firma....

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

[1]La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere presentata direttamente dalla persona sottoposta ad indagini oppure dal suo difensore (di fiducia o di ufficio), purché munito di procura speciale ai sensi dell'art. 122 c.p. Nella procura speciale rilasciata al difensore deve essere espressamente indicato il potere di presentare istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova.

[2]In caso di esito positivo di una prima sospensione del procedimento con messa alla prova il beneficio non può essere concesso una seconda volta ex art. 168-bis, comma 4, c.p. Il divieto di una seconda concessione sussiste, ex art. 464-novies c.p.p., anche nel caso in cui vi sia stata una precedente ordinanza di ammissione e sia stata successivamente revocata (per grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, per il rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, per la commissione di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede) ovvero sia stato accertato, una volta decorso l'intero periodo di messa alla prova, l'esito negativo di quest'ultima con conseguente ripresa del procedimento.

[3]Specifica prognosi di recidivanza imposta dall'art. 464-quater, comma 3, c.p.p.

[4]Questa dichiarazione di disponibilità non ha ovviamente ragion d'essere per i reati privi di un soggetto passivo, rispetto ai quali non è agevole individuare il titolare del bene giuridico tutelato dalle fattispecie incriminatrici (ad esempio, i superstiti reati contro la moralità pubblica e il buoncostume).

[5]Anche in questo caso, è necessario che il reato abbia cagionato un effettivo danno a un soggetto determinato.

[6]Le previsioni sotto specificate sono alternative e comunque non necessariamente cumulative tra loro.

Commento

Presupposti oggettivi

La l. n. 67/2014 ha introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, ispirandosi alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale (previsto dall'art. 47 della l. n. 354/1975) e all'analogo istituto previsto nel processo minorile (artt. 28 e 29 d.P.R. n. 448/1988).

Nei procedimenti concernenti reati di minore gravità, il legislatore del 2014, pur mantenendo una minima afflittività del trattamento sanzionatorio, ha cercato di favorire, da un lato, la deflazione processuale e la de-carcerizzazione, dall'altro, il reinserimento sociale del reo.

L'art. 168-bis, comma 1, c.p. individua l'ambito applicativo della sospensione del procedimento con messa alla prova. Tale beneficio può essere richiesto se il procedimento ha ad oggetto reati (delitti e contravvenzioni) per i quali l'azione penale viene ordinariamente esercitata con il decreto di citazione a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica:

– o perché i reati sono sanzionati con la sola pena pecuniaria oppure con la pena detentiva (sola o congiunta alla pena pecuniaria) inferiore nel massimo edittale a 4 anni (art. 550, comma 1, c.p.p.);

– o perché, pur avendo una pena edittale più elevata, sono comunque reati a citazione diretta, in quanto inseriti nell'elenco previsto dall'art. 550, comma 2, c.p.p.

Va evidenziato che la recente Riforma Cartabia ha ampliato le ipotesi in cui è possibile ricorrere al presente istituto. In primo luogo, prevedendo la possibilità che la proposta di sospensione del procedimento con messa alla prova sia formulata dal pubblico ministero sia in fase processuale, come prevede il novellato art. 168-bis, comma 1, c.p. (art. 1, comma 1 lett. m), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021), sia in fase di indagini preliminari, come prevede l'art. 464-ter1 c.p.p. (introdotto dall'art. 29, comma 1 lett. b), del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). In secondo luogo, è stato modificato l'art. 550, comma 2, c.p.p. (art. 32, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021), ampliando l'elenco dei reati per i quali, a prescindere del limite edittale, è prevista la citazione diretta a giudizio, ovvero indicando le seguenti fattispecie:

– Artt. 336, 337, 337-bis, comma 1 e 2, 340, comma 3, 343, comma 2, 348, comma 3, 349, comma 2, 351, 372, 374-bis, 377, comma 3, 377-bis, 385, comma 2, con esclusione delle ipotesi in cui la violenza o la minaccia siano state commesse con armi o da più persone riunite, 390, 414, 415, 454, 460, 461, 467, 468, 493-ter, 495, 495-ter, 496, 497-bis, 497-ter, 527, comma 2, 556, 588, comma 2, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime, 590-bis, 611, 614, comma 4, 615, comma 1, 619, comma 2, 625, 635, comma 3, 640, comma 2, 642, comma 1 e 2, 646 e 648 c.p.;

– Art. 291-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al d.P.R. n. 43/1973;

– dagli artt. 4, comma 4, 10, comma 3, e 12, comma 5, della l. n. 110/1975;

– dagli artt. 82, comma 1, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. n. 309/1990;

– dagli artt. 75, comma 2, 75-bis e 76, commi 1, 5, 7 e 8, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011;

– dall'art. 55-quinquies, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001;

– dagli artt. 5, comma 8-bis, 10, comma 2-quater, 13, comma 13-bis, e 26-bis, comma 9, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al d.lgs. n. 286/1998;

– dagli artt. 5, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 74/2000.

Per individuare i reati per i quali è astrattamente applicabile la disciplina dell'istituto in oggetto il richiamo contenuto nell'art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Sul punto si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, risolvendo il contrasto giurisprudenziale (Cass. S.U., n. 36272/2016).

La Corte di Cassazione ha altresì precisato come, nel caso di procedimento penale avente ad oggetto più reati, di cui soltanto alcuni consentono l'accesso al beneficio della sospensione con messa alla prova, non è possibile la separazione dei procedimenti per consentire di accedere al beneficio in oggetto, perché l'istituto della messa alla prova tende alla eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo ed è incompatibile con una rieducazione parziale (Cass. II, n. 14112/2015).

Limiti soggettivi

La sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere richiesta dai delinquenti/contravventori abituali e/o professionali e dai delinquenti per tendenza, stante l'espresso divieto imposto dall'art. 168-bis, ultimo comma, c.p. Va precisato che, se anche il legislatore non avesse previsto espressamente questo limite soggettivo, in tali casi l'istanza non avrebbe comunque trovato accoglimento in ragione dell'obbligo di prognosi favorevole che verrà illustrata più avanti.

La messa alla prova può essere concessa solamente una volta. Il divieto di concessione del beneficio una seconda volta è sancito espressamente dall'art. 168-bis, comma 4, c.p. Tale divieto è ribadito dall'art. 464-novies c.p.p., che fissa il divieto di riproporre l'istanza nel caso in cui una precedente ordinanza di ammissione sia stata revocata (per grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, per il rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, per la commissione di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede) ovvero sia stato accertato, una volta decorso l'intero periodo di messa alla prova, l'esito negativo della messa alla prova con conseguente ripresa del procedimento.

Ulteriore requisito per la concessione del beneficio è fissato dall'art. 464-quater, comma 3, c.p.p. Detto articolo consente al giudice di disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova, soltanto qualora ritenga, in base ai parametri di cui all'art. 133 c.p., che l'indagato si asterrà dal commettere ulteriori reati (giudizio prognostico favorevole).

Il contenuto della messa alla prova: condotte conciliative, riparatorie, risarcitorie e restitutorie

Con la messa alla prova l'indagato si assume i seguenti impegni specifici:

a) il compimento di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno cagionato (art. 168-bis, comma 2, primo periodo c.p.);

b) l'affidamento al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro,

– attività di volontariato di rilievo sociale;

– prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria;

– prescrizioni relative alla dimora e alla libertà di movimento;

– prescrizioni relative al divieto di frequentare determinati locali (art. 168-bis, comma 2, secondo periodo c.p.);

c) la prestazione di lavoro di pubblica utilità, cioè una prestazione non retribuita in favore della collettività, presso enti pubblici o privati, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, e non superiore a un anno per i reati puniti con la sola pena pecuniaria e a due anni per i reati puniti con la pena detentiva, sola, congiunta o alternativa con la pena pecuniaria (art. 168-bis, comma 3 c.p.).

Sotto il primo profilo l'indagato innanzitutto si deve adoperare per elidere le conseguenze dannose o pericolose ancora sussistenti. Pertanto, in caso di reati permanenti o istantanei con effetti permanenti l'autore del reato deve interrompere la condotta illecita o deve intervenire per eliminare le conseguenze pregiudizievoli a carico della persona offesa. Si possono fare alcuni esempi: l'autore di un furto deve restituire il corpo del reato alla persona offesa; l'autore di emissioni illecite in atmosfera o di uno scarico abusivo deve bloccare la fonte inquinante; il molestatore a mezzo apparecchio telefonico deve interrompere la condotta illecita; l'autore di un danneggiamento deve provvedere alla riparazione del bene danneggiato; chi si appropria indebitamente di una bene lo deve restituire al proprietario.

Oltre a tali comportamenti di natura sostanziale l'indagato deve, altresì, accollarsi un ulteriore obbligo di natura morale, ovvero tenere, ex art. 464-bis, comma 4, lett. c) c.p.p., delle condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa e lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa (quest'ultimo inciso introdotto dall'art. 29, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021).

In merito al complesso di attività doverose imposte all'indagato che intenda fruire del beneficio in oggetto il giudice è chiamato a valutare (sia nella fase di ammissione, sia nella fase della verifica finale dei risultati della messa alla prova) la disponibilità e la serietà dell'istante nell'adoperarsi per elidere le conseguenze del reato e riconciliarsi con la persona offesa, tenendo conto delle concrete condizioni personali e patrimoniali dell'imputato. Pertanto, il giudice non deve considerare soltanto l'effettivo conseguimento dei risultati indicati né può vincolare il proprio giudizio al consenso della persona offesa dal reato (la quale potrebbe ritenere non sufficiente uno sforzo riparativo dell'indagato che il giudice invece valuti come oggettivamente congruo e adeguato). Infatti, il legislatore, all'art. 168-bis, comma 3 c.p., prevede che il lavoro sostitutivo debba conciliarsi con “le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute” dell'indagato, senza pregiudicarle (art. 168-bis, comma 3, c.p.). Il consenso della persona offesa è richiesto solamente per consentire la rateizzazione del pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.

Se la persona offesa è irreperibile o non individuata oppure rifiuta di prendere contatto con l'indagato o non accetta il risarcimento quantificato dal giudice, i comportamenti suddetti risultano inesigibili a carico dell'indagato.

Nel caso di reati formali o di mera condotta (quindi senza danno o pericolo di danno e “senza vittima”) è pacifico che gli obblighi risarcitori/restitutori/conciliativi sopra descritti non sussistono ai fini del riconoscimento del beneficio.

La procedura

L'art. 464-ter c.p.p. disciplina la sospensione del procedimento con messa alla prova richiesta dall'indagato nel corso delle indagini preliminari. L'istanza presuppone che l'indagato abbia ricevuto l'informazione di essere sottoposto ad un procedimento penale e sia a conoscenza dei reati iscritti a suo carico. Ciò avviene in modo compiuto quando l'indagato e il suo difensore hanno ricevuto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, con il quale pubblico ministero contesta all'indagato i fatti di reato per cui sta procedendo nei suoi confronti e deposita tutti gli atti di indagine svolti, con possibilità per l'indagato e il suo difensore di prenderne visione ed estrarne copia, così da poter decidere la migliore strategia difensiva. Ma la conoscenza degli atti del procedimento e dei reati iscritti a carico dell'indagato può avvenire anche in una fase antecedente all'emissione dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., ovvero nel caso di esecuzione di una misura cautelare personale (ex art. 293, comma 3, c.p.p. sono depositati nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta del pubblico ministero e gli atti di indagine su cui detta richiesta si fonda) o nel caso di riesame avverso un decreto di sequestro preventivo o probatorio (ex art. 324, comma 3, c.p.p. l'autorità giudiziaria procedente deve depositare nella cancelleria del Tribunale del Riesame gli atti su cui si basa il provvedimento oggetto di riesame).

Se l'istanza in oggetto viene presentata direttamente al giudice per le indagini preliminari, questi trasmette gli atti al pubblico ministero affinché esprima il consenso o il dissenso entro il termine di 5 giorni. Anche se non espressamente previsto dal legislatore, la richiesta può essere depositata anche presso l'ufficio del pubblico ministero, che, entro lo stesso termine, deve provvedere a trasmettere al giudice per le indagini preliminari gli atti del procedimento, unitamente al proprio consenso/dissenso.

In entrambi i casi la volontà del pubblico ministero deve essere manifestata in forma scritta e deve essere motivata. In caso di consenso il pubblico ministero deve provvedere anche alla formulazione dell'imputazione, qualora non vi abbia già provveduto precedentemente (art. 464-ter, comma 3, c.p.p.).

Nel caso in cui l'organo inquirente concordi con l'istanza difensiva, il giudice decide in merito alla richiesta di sospensione ai sensi dell'art. 464-quater c.p.p.

Se, invece, il pubblico ministero non esprime il consenso, il giudice per le indagini preliminari non può fare altro che rigettare l'istanza. In tal caso il provvedimento reiettivo del giudice non è impugnabile, ma l'indagato conserva la possibilità di rinnovare la richiesta al giudice del dibattimento, purché lo faccia prima dell'apertura del dibattimento (Cass. VI, n. 4171/2015). Se il giudice del dibattimento ritiene fondata la richiesta, provvede ai sensi dell'art. 464-quater c.p.p.

Il giudice per le indagini preliminari, ricevuta l'istanza e il consenso del pubblico ministero, se lo ritiene necessario ai fini della decisione, fissa un'udienza camerale ex art. 127 c.p.p. e ne dà avviso alle parti. Ai fini della decisione il giudice è chiamato a compiere una pluralità di valutazioni: sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto; sugli atti di indagine svolti, per verificare l'eventuale sussistenza di elementi di prova da cui desumere l'assenza di responsabilità dell'indagato; sull'ammissibilità dell'istanza (se presentata da parte dell'imputato o di un suo procuratore speciale, se è stato allegato il programma di trattamento ovvero se è stata presentata la relativa richiesta all'UEPE); sulla fondatezza del programma di trattamento. La Suprema Corte ha precisato che la richiesta di sospensione per messa alla prova è ritualmente proposta non solo quando sia accompagnata dal programma di trattamento, ma anche quando, non potutosi predisporre detto programma, sia stata comunque rivolta specifica istanza all'ufficio di esecuzione penale (Cass. III, n. 12721/2019; Cass. V, n. 31730/2015).

Il giudice, prima della decisione, può sentire le parti e la persona offesa. Nel caso in cui sia necessario verificare la volontarietà della richiesta, può fissare un'ulteriore udienza camerale per la comparizione dell'imputato. In relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'indagato il giudice può assumere ulteriori informazioni tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici ex art. 464-bis, comma 5, c.p.p., avvisando tempestivamente degli esiti il pubblico ministero e il difensore.

Il giudice, inoltre, deve valutare se l'indagato in futuro si asterrà dal commettere ulteriori reati (“prognosi di risocializzazione” favorevole) e se siano adeguate le condotte riparatorie, risarcitorie e di mediazione con la persona offesa.

Il giudice, se decide per l'accoglimento della domanda, emette ordinanza con cui dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova e fissa il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatorie e risarcitorie devono essere adempiuti.

Il procedimento non può essere sospeso per un periodo superiore a due anni, quando si procede per un reato per cui è prevista una pena detentiva (sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria), o a un anno, quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso.

Se nel corso della messa alla prova risulti necessario modificare il programma di trattamento elaborato ai sensi dell'art. 464-bis, comma 2, c.p.p., il giudice deve consultare le parti e acquisire il consenso dell'indagato, altrimenti il provvedimento di rettifica è illegittimo (Cass. V, n. 4761/2019; Cass. III, n. 5784/2017).

Il giudice, poi, è chiamato a valutare l'esito della messa alla prova, avvalendosi delle informazioni periodiche (circa l'attività trattamentale svolta e il comportamento dell'imputato), della relazione conclusiva dell'UEPE e delle eventuali memorie delle parti.

Per la valutazione finale della messa alla prova il giudice, a pena di nullità, deve fissare un'ulteriore udienza camerale (Cass. V, n. 57506/2017).

In caso di esito positivo della messa alla prova, si concretizza l'effetto estintivo del reato previsto dall'art. 168-ter c.p. Il giudice per le indagini preliminari, quindi, pronuncia sentenza ai sensi dell’art. 464 septies c.p.p.

In caso di esito negativo della messa alla prova, di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, di commissione (durante il periodo di prova) di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede, il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del procedimento e trasmette gli atti al pubblico ministero per la prosecuzione con le forme ordinarie. La Suprema Corte, però, in una recente pronuncia ha affermato il contrario, ovvero che è abnorme il provvedimento con cui il giudice, dopo aver disposto, nella fase delle indagini preliminari, la sospensione del procedimento con messa alla prova, una volta riconosciuto l'esito negativo della prova, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero anziché la prosecuzione del procedimento, perché l'imputazione formulata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 464-ter, comma 3, c.p.p. unitamente al consenso sulla richiesta, ha natura di esercizio dell'azione penale (Cass. IV, n. 32981/2021).

La Corte di Cassazione ha precisato che è legittima la revoca dell'ordinanza di sospensione fondata sull'inottemperanza alle sole prescrizioni relative ai profili risarcitori (Cass. VI, n. 7909/2018).

La Suprema Corte ha affermato, altresì, che il provvedimento di revoca ai sensi dell'art. 464-octies c.p.p. deve assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, sicché è affetto da nullità generale a regime intermedio ex art. 178, comma 1 lett. c), c.p.p. se adottato senza previa fissazione di udienza camerale partecipata, con avviso alle parti del relativo oggetto (Cass. VI, n. 45889/2019).

La c.d. Riforma Cartabia

La novella legislativa (art. 29, comma 1 lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha introdotto l'ipotesi in cui la sospensione del procedimento con messa alla prova venga proposta dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

Tale proposta origina ovviamente nel caso in cui il pubblico ministero, al termine delle indagini preliminari svolte, ritenga che il procedimento debba proseguire con l'emissione dell'avviso previsto dall'art. 415-bis c.p.p. In tal caso, nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, l'organo inquirente, nel proporre all'indagato la sospensione del procedimento con messa alla prova, deve indicare la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale. Ove lo ritenga necessario per formulare la proposta, il pubblico ministero può avvalersi dell'ufficio di esecuzione penale esterna.

In merito a detta proposta, entro il termine di venti giorni, la persona sottoposta ad indagini può aderire con dichiarazione resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale, depositata presso la segreteria del pubblico ministero. Quando la persona sottoposta ad indagini aderisce alla proposta, allora il pubblico ministero formula l'imputazione (in realtà lo ha giù fatto nell'avviso di fine indagini) e trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari, dando avviso alla persona offesa dal reato della facoltà di depositare entro dieci giorni memorie presso la cancelleria del giudice.

In merito alla proposta concordata dalle parti, il giudice per le indagini preliminari, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p. e quando ritiene che la proposta del pubblico ministero (cui ha aderito l'imputato) sia conforme ai requisiti indicati dall'art. 464-quater, comma 3, primo periodo, c.p.p., richiede all'ufficio di esecuzione penale esterna di elaborare il programma di trattamento d'intesa con l'imputato. Entro 90 giorni l'U.E.P.E. trasmette al giudice il programma di trattamento elaborato d'intesa con l'imputato.

Solo nel caso in cui il giudice lo ritenga necessario ai fini della decisione, viene fissata udienza ai sensi dell'art. 127 c.p.p. Inoltre, se il giudice ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta, dispone la comparizione dell'imputato all'udienza fissata.

In merito alla proposta il giudice, una volta valutata l'idoneità del programma trattamentale elaborato ai sensi del comma 5 dell'art. 464-ter1 c.p.p., eventualmente integrato o modificato con il consenso dell'imputato nel corso dell'udienza camerale suddetta, dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova.

In caso di esito positivo della messa alla prova, si concretizza l'effetto estintivo del reato previsto dall'art. 168-ter c.p. Il giudice per le indagini preliminari, quindi, deve restituire gli atti al pubblico ministero affinché formuli richiesta di archiviazione.

Nel caso in cui, invece, il giudice non accolga la proposta di sospensione (per mancanza dei presupposti o per inidoneità del programma trattamentale), allora dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero per la prosecuzione del procedimento con le forme ordinarie.

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