Istanza di riapertura delle indagini (art. 414)

Ferraro Salvatore

Inquadramento

Dopo il provvedimento di archiviazione il pubblico ministero può presentare al giudice per le indagini preliminari istanza di riapertura delle indagini, rappresentando l'esigenza di svolgere ulteriori investigazioni in merito ai medesimi fatti oggetto del procedimento archiviato, purché sia ragionevolmente prevedibile l'individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possano determinare l'esercizio dell'azione penale. L'iniziativa della richiesta può essere direttamente del pubblico ministero oppure della persona offesa. In questo secondo caso, la vittima del reato deve presentare l'istanza di riapertura al pubblico ministero, che è l'unico soggetto legittimato ai sensi dell'art. 414 c.p.p. Se il giudice per le indagini preliminari accoglie la richiesta, il pubblico ministero provvede all'iscrizione di un nuovo procedimento penale.

Formula

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI....

(Dott.....)

RICHIESTA DI RIAPERTURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI

(ART. 414 C.P.P.)

Il sottoscritto Avv..... [1], con studio in.... via...., quale difensore, come da atto di nomina già depositato in data.... ovvero come da atto di nomina allegato, di:

...., nato a...., il...., residente a.... in via....;

rilevato che in data.... il giudice per le indagini preliminari ha emesso decreto/ordinanza di archiviazione del procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., iscritto nei confronti di.... per il seguente reato / per i seguenti reati:

art. (artt.)...., commesso in...., il....;

con la seguente motivazione.... (esplicitare i motivi del provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari);

rilevato che nel procedimento penale in oggetto il proprio assistito,...., è persona offesa dal reato;

rilevato che, dopo il provvedimento di archiviazione suddetto, è sorta la necessità di compiere nuove attività di indagine in merito ai medesimi fatti oggetto del procedimento sopra indicato, come risulta dagli atti allegati; in particolare, emerge la necessità di.... (indicare i singoli atti investigativi per il cui svolgimento viene chiesta la riapertura delle indagini);

ritenuto che le ulteriori investigazioni richieste risultino rilevanti ai fini di una completa ricostruzione della vicenda e che il loro espletamento verosimilmente potrebbe portare ad una diversa valutazione in merito alla sussistenza del reato e alla responsabilità dell'indagato, potendo determinare l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero;

visto l'art. 414 c.p.p.,

CHIEDE

che il pubblico ministero formuli al giudice per le indagini preliminari richiesta di riapertura delle indagini al fine di svolgere le nuove investigazioni sopra indicate.

Si allega:

1)....;

2)....;

3).....

Luogo e data....

Firma....

[1]La richiesta di riapertura delle indagini preliminari può essere presentata direttamente dalla persona offesa o dal suo difensore.

Commento

Il provvedimento di archiviazione e la sua efficacia preclusiva

Il provvedimento di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari ha un'efficacia preclusiva limitata. La chiusura del procedimento con archiviazione, infatti, impedisce l'apertura di un nuovo procedimento per il medesimo fatto e nei confronti dello stesso indagato; tuttavia, non impedisce che il medesimo procedimento, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 414 c.p.p., possa essere riaperto e, conseguentemente, dopo l'integrazione di indagine, possa giungere ad una conclusione diversa dalla precedente.

L'istituto della riapertura delle indagini realizza un contemperamento di interessi: da un lato, tutelare l'interesse pubblico all'accertamento dei reati, limitando la rigidità della disciplina codicistica in merito ai termini di svolgimento delle indagini preliminari; dall'altro, evitare ulteriori limitazioni dei diritti fondamentali dell'indagato ad opera di interventi arbitrari del pubblico ministero nel caso di una prima attività di indagine conclusasi con l'archiviazione (Carli, Preclusione e riapertura delle indagini preliminari nell'art. 414 c.p.p., in Giur. it., 1993, II, 637).

Pertanto, la diversità dei fatti, anche se connessi a quelli oggetto del procedimento archiviato, consente l'apertura di un nuovo procedimento. Se, invece, si tratta dei medesimi fatti, non è consentita l'apertura di un nuovo procedimento, ma necessariamente la riapertura di quello già archiviato, ovvero l'intervento del giudice che valuti e controlli la necessità di svolgere ulteriori indagini (dopo una prima attività investigativa improduttiva), a garanzia dei diritti dell'indagato (evitando la prosecuzione delle indagini in violazione delle rigide disposizioni normative in materia di termini).

In difetto dell'autorizzazione alla riapertura delle indagini gli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione sono inutilizzabili (così come precisato dall'art. 414, comma 2-bis, c.p.p., introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 – Riforma Cartabia) ed è precluso l'esercizio dell'azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero (Cass. S.U., n. 33885/2010). L'inutilizzabilità permane e non è sanata anche nel caso in cui l'imputato, in sede processuale, dovesse scegliere il rito abbreviato (Cass. V, n. 11942/2017).

In caso di reato permanente l'archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni e, quindi, l'esercizio dell'azione penale, in relazione a fatti e comportamenti atti a dimostrare la consumazione dell'illecito limitatamente ai segmenti temporali successivi all'archiviazione. Ne consegue che la sanzione di inutilizzabilità derivante dalla violazione dell'art. 414 c.p.p. colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso fatto oggetto dell'indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione e non anche fatti diversi o successivi, benché collegati con i fatti oggetto della precedente indagine (Cass. V, n. 43663/2015).

Pertanto, in caso di reato permanente l'archiviazione non preclude lo svolgimento di nuove indagini sullo stesso illecito se riferite ai comportamenti successivi a quelli oggetto del provvedimento di archiviazione (Cass. II, n. 14777/2017).

Il soggetto legittimato a richiedere la riapertura delle indagini preliminari

L'art. 414 c.p.p. individua nel solo pubblico ministero il soggetto legittimato a formulare al giudice la richiesta di riapertura delle indagini preliminari.

L'iniziativa dell'organo inquirente può sorgere in modo autonomo all'esito di atti investigativi svolti in altri procedimenti penali, da cui emergano elementi di prova anche in merito al procedimento oggetto di archiviazione, imponendo la riapertura dello stesso al fine di compiere ulteriori atti di indagine.

Parimenti anche la persona offesa può prendere l'iniziativa della riapertura delle indagini, nel caso in cui, dopo il provvedimento di archiviazione, abbia raccolto nuovi elementi di prova sui medesimi fatti archiviati, mediante l'acquisizione di nuovi documenti, l'assunzione di nuove dichiarazioni testimoniali o l'acquisizione di atti di indagine di altri procedimenti (anche di altri uffici di procura). Tuttavia, la persona offesa, non essendo legittimata a presentare l'istanza direttamente al giudice, deve necessariamente rivolgersi al pubblico ministero affinché valuti la fondatezza della richiesta e rivolga l'istanza di riapertura delle indagini preliminari al giudice. Si tratta, pertanto, di un doppio controllo dell'autorità giudiziaria sull'istanza di riapertura avanzata dalla vittima del reato: prima il pubblico ministero, poi il giudice per le indagini preliminari.

L'istanza di riapertura delle indagini della persona offesa (rivolta al pubblico ministero) non è disciplinata dal codice di rito, ma è evincibile dai diritti e dalle facoltà riconosciute in generale alla vittima del reato dall'art. 90 c.p.p.

Nel caso in cui il pubblico ministero ritenga di non dover formulare la richiesta di riapertura delle indagini al giudice, alla persona offesa non rimane altra possibilità che quella di riproporre una nuova istanza (evidentemente fondata su presupposti ed argomentazioni diverse dalla precedente, per non incorrere in una seconda bocciatura), non essendo previsto alcuno strumento processuale per contrastare la decisione del pubblico ministero.

I presupposti per la riapertura delle indagini

Il legislatore, nel disciplinare la riapertura delle indagini, ha individuato nella “esigenza di nuove investigazioni” la condizione per formulare la richiesta e il criterio di valutazione del giudice chiamato a decidere sull'istanza.

La giustificazione della riapertura della fase investigativa non può risiedere semplicemente in una mera rilettura del quadro probatorio già raccolto o in una rivisitazione delle considerazioni in punto di diritto che avevano fondato il precedente provvedimento di archiviazione. Altrimenti la riapertura delle indagini si risolverebbe in una illegittima rimessione in termini a favore del pubblico ministero.

Occorre necessariamente l'elemento di “novità”, ovverosia l'esistenza di nuovi spunti investigativi, che legittimino la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari perché potenzialmente idonei, per rilevanza e pregnanza, a far pervenire il procedimento ad una conclusione diversa dall'archiviazione (Cass. S.U., n. 9/2000).

La Riforma Cartabia (art. 22, comma 1 lett. h), del d.lgs. n. 150/2022, attuativo della legge-delega n. 134/2021), allo scopo di limitare ulteriormente le ipotesi di riapertura delle indagini preliminari, ha previsto espressamente il criterio a cui il giudice si deve attenere nel decidere sull'istanza presentata ai sensi dell'art. 414 c.p.p., pur formulandolo nell'ipotesi negativa del rigetto (“La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile...”). La novella stabilisce che la riapertura delle indagini può essere disposta solo se le nuove fonti di prova individuate dal pubblico ministero siano in grado, o da sole o congiuntamente a quelle già acquisite, di determinare l'esercizio dell'azione penale. Pertanto, ai fini dell'accoglimento dell'istanza della riapertura delle indagini occorre un giudizio prognostico positivo sull'esercizio dell'azione penale. Sul punto va aggiunto, altresì, che, essendo stato modificato contemporaneamente anche il criterio che governa l'esercizio dell'azione penale (art. 408 c.p.p.), occorre, quindi, che la valutazione sulle nuove fonti di prova, per autorizzare la riapertura delle indagini, porti a formulare una ragionevole previsione di condanna in sede di giudizio.

Il provvedimento di riapertura e la prosecuzione del procedimento

Il giudice provvede sull'istanza di riapertura del pubblico ministero con decreto motivato e in assenza di contradditorio con le parti.

Sia il provvedimento di riapertura delle indagini (Cass. V, n. 30620/2008) sia il provvedimento di rigetto (Cass. IV, n. 16270/2022; Cass. V, n. 14991/2012) sono inoppugnabili per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.

In difetto della richiesta del pubblico ministero, il provvedimento di riapertura disposto d'iniziativa dal giudice per le indagini preliminari è abnorme (Cass. II, n. 6047/2016). Invece, l'eventuale carenza di legittimazione del pubblico ministero è stata ritenuta irrilevante dalla Corte di Cassazione (Cass. I, n. 11997/2013 – nel caso concreto l'istanza di riapertura delle indagini era stata avanzata dalla procura distrettuale per un reato di competenza della procura circondariale).

In caso di provvedimento autorizzativo, il pubblico ministero provvede al compimento degli ulteriori atti di indagine, eseguendo una nuova iscrizione del procedimento ai sensi dell'art. 335 c.p.p., con conseguente decorrenza dei termini ordinari per il completamento della fase delle indagini preliminari.

Diversa dalla fattispecie fin qui descritta è l'ipotesi in cui l'esigenza di eseguire nuove indagini sia sorta prima del provvedimento di archiviazione del giudice (ma ovviamente dopo che il pubblico ministero abbia richiesto l'archiviazione al giudice, trasmettendogli il fascicolo). In questo caso, in mancanza del provvedimento di archiviazione, se è ancora pendente il termine di legge per la fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero può semplicemente revocare motivatamente la propria istanza definitoria del procedimento e chiedere al giudice la restituzione degli atti per poter procedere al completamento delle investigazioni. Nel caso in cui, invece, sia nel frattempo trascorso il termine per lo svolgimento delle indagini preliminari, il pubblico ministero non può fare altro che chiedere al giudice di rigettare la propria richiesta di archiviazione e di assegnarli un termine per lo svolgimento di ulteriori indagini ex art. 409 c.p.p.

Casi in cui non è necessaria la riapertura delle indagini

Nel procedimento a carico di persona ignota non occorre l'autorizzazione del giudice alla riapertura delle indagini dopo che è stata disposta l'archiviazione motivata dall'impossibilità di identificare l'autore del reato (Cass. I, n. 42518/2022). Infatti, la disciplina prevista dell'art. 414 c.p.p. è finalizzata a garantire la posizione della persona già individuata e sottoposta ad indagini, consentendo la riapertura del procedimento solo dopo il vaglio positivo del giudice sull'integrazione probatoria prospettata dall'organo dell'accusa. Nel procedimento a carico di ignoti l'archiviazione ha la semplice funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza alcuna preclusione allo svolgimento di ulteriori, successive attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale (Cass. S.U., n. 13040/2006). Pertanto, il pubblico ministero può correttamente riaprire le indagini e passare il fascicolo da ignoti a noti, non occorrendo il vaglio autorizzativo del giudice per le indagini preliminari (Cass. II, n. 42655/2015).

Un'ulteriore ipotesi in cui non occorre il provvedimento di riapertura delle indagini è quello dell'archiviazione disposta per carenza della condizione di procedibilità (mancanza di querela, istanza, richiesta o autorizzazione a procedere). In tali ipotesi, infatti, la sopravvenienza della condizione di procedibilità legittima il pubblico ministero all'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e nei confronti della stessa persona per espressa previsione del legislatore all'art. 345 c.p.p.

La giurisprudenza ha esteso la portata della norma in questione anche all'ipotesi in cui si accerti, dopo l'archiviazione per difetto di querela, che quest'ultima non è più necessaria, poiché il reato è divenuto procedibile d'ufficio per il verificarsi di un evento aggravatore. La Suprema Corte ha puntualizzato che in questo caso la sopravvenienza della circostanza aggravante deve indurre anche a dubitare che ci si trovi al cospetto del medesimo fatto oggetto dell'originaria (e archiviata) notitia criminis, non fosse altro perché l'evento aggravatore determina un diverso regime di procedibilità (Cass. IV, n. 12801/2007).

Recentemente la Corte di Cassazione (Cass. V, n. 23682/2021) ha precisato che in tema di reato abituale, l'archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni e l'esercizio dell'azione penale in merito al medesimo illecito con riferimento a fatti e comportamenti realizzati in un momento successivo (fattispecie in tema di atti persecutori).

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