Eccezione sulla violazione delle disposizioni in tema di citazione diretta a giudizio (art. 33-sexies)

Angelo Salerno

Inquadramento

Il legislatore ha tipizzato le modalità di esercizio dell'azione penale, individuando i casi in cui è necessaria l'udienza preliminare prima dell'approdo dell'imputato alla fase dibattimentale e quelli in cui il Pubblico Ministero cita direttamente l'imputato per l'udienza indicata dal tribunale. Può accadere che il Pubblico Ministero presenti richiesta di rinvio a giudizio quando avrebbe invece dovuto emettere un decreto di citazione diretta. In tal caso durante l'udienza preliminare il Giudice, su eccezione di parte ovvero di ufficio, ove ritenga che per il reato contestato il Pubblico Ministero avrebbe dovuto citare direttamente l'imputato a giudizio, pronuncia ordinanza di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per l'emissione del decreto di citazione a norma dell'art. 552 c.p.p., dandone lettura in udienza e depositandola immediatamente in cancelleria con diritto per le parti di ottenerne copia.

Formula

TRIBUNALE DI ...

Ufficio del Giudice dell'udienza preliminare

Eccezione sulla violazione delle disposizioni in tema di citazione diretta a giudizio

(art. 33-sexies c.p.p.)

Il sottoscritto Avv. ..., con studio in ..., via ..., difensore di fiducia/ufficio di

1. ..., nato a ... il ...;

imputato nel procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R.,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ...;

osservato che il Pubblico Ministero ha esercitato l'azione penale mediante deposito in data ... della richiesta di rinvio a giudizio;

considerato che a mente dell'art. 550, comma 1 (oppure) 550, comma 2, c.p.p. l'azione penale doveva essere esercitata con citazione diretta a giudizio tramite il decreto di cui all'art. 552 c.p.p.;

visto l'art. 33-sexies c.p.p.

CHIEDE

che il Giudice, rilevata l'inosservanza delle disposizioni dettate in tema di citazione diretta a giudizio, voglia pronunciare ordinanza di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio a norma dell'art. 552 c.p.p. 

Luogo e data ...

Firma ...

Commento

Premessa

A mente dell'art. 60 c.p.p. l'assunzione della qualità di imputato avviene con l'attribuzione del reato in uno degli atti tipici mediante il quale il Pubblico Ministero esercita l'azione penale (richiesta di rinvio a giudizio, richiesta di giudizio immediato, richiesta di decreto penale di condanna, richiesta di applicazione della pena a norma dell'art. 447, comma 1, c.p.p., decreto di citazione diretta a giudizio, decreto di presentazione per il giudizio direttissimo, proposta di sospensione del procedimento con messa alla prova).

In disparte i procedimenti speciali disciplinati dal Libro VI del codice di rito, l'esercizio dell'azione penale nelle vie ordinarie per i reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica (art. 33-ter c.p.p.) avviene, in alternativa, con la presentazione nella cancelleria del Giudice dell'udienza preliminare della richiesta di rinvio a giudizio secondo la disciplina dettata dagli artt. 416 e 417 c.p.p. ovvero mediante decreto di citazione diretta a giudizio secondo la disciplina contenuta negli artt. 550 e 552 c.p.p.

Nel primo caso l'approdo dell'imputato alla fase dibattimentale è preceduto dalla celebrazione dell'udienza preliminare ed è mediato dal decreto che dispone il giudizio emesso dal Giudice dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 429 c.p.p.; nel secondo caso la fase dell'udienza preliminare è assente e manca, dunque, un vaglio giudiziale intermedio sulla serietà dell'azione penale esercitata dal Pubblico Ministero che cita l'imputato per l'udienza dibattimentale comunicatagli dal tribunale.

Laddove il Pubblico Ministero stia procedendo per un reato attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale (art. 33-bis c.p.p.) l'esercizio dell'azione penale in via ordinaria viene effettuato invece solo tramite presentazione della richiesta di rinvio a giudizio.

La risoluzione dell'alternativa appena prospettata è effettuabile tramite i criteri contenuti nell'art. 550 c.p.p. che individua i casi di citazione diretta a giudizio.

Il comma 1 contiene un doppio criterio di ordine generale che si basa sulla natura contravvenzionale del reato (tutte le contravvenzioni) e sulla quantità di pena prevista (i soli delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta all'anzidetta pena detentiva). Per la determinazione della pena si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato, eventualmente aumentata in ragione della ricorrenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale – ossia che determinano un aumento superiore al terzo – e di circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato, e senza tenere conto della recidiva e degli aumenti previsti in materia di continuazione dall'art. 81 cpv. c.p. (art. 550, comma 1, ultimo periodo in relaz. all'art. 4 c.p.p.).

Il comma 2 contiene invece un criterio che prescinde totalmente dal tipo di pena previsto in astratto ma che si basa esclusivamente sulla tipologia di reato per cui il Pubblico Ministero sta procedendo. La disposizione in commento è stata interessata dalla Riforma Cartabia, d.lgs. n. 150/2022, che ha esteso il novero delle fattispecie per le quali è oggi prevista la citazione diretta a giudizio, in attuazione del criterio di delega contenuto nella l. n. 134/2021, che consentiva di introdurvi nuove fattispecie purché punite fino a sei anni di reclusione nel massimo edittale, al fine di ampliare l'ambito operativo della messa alla prova, purché si trattasse di reati compatibili con l'istituto (art. 1, comma 22, lett. a).

Nel caso in cui tra i reati per i quali il Pubblico Ministero stia procedendo ve ne sia almeno che richiede la celebrazione dell'udienza preliminare, il Pubblico Ministero esercita l'azione penale presentando richiesta di rinvio a giudizio per tutti i reati (art. 551 c.p.p.).

L'errata presentazione della richiesta di rinvio a giudizio. L'art. 33- sexies c.p.p.

Può accadere che il Pubblico Ministero presenti la richiesta di rinvio a giudizio quando invece, secondo le direttrici contenute nell'art. 550 c.p.p., avrebbe dovuto esercitare l'azione penale con la citazione diretta a giudizio dell'imputato.

La regola di risoluzione non è dettata nel titolo IX del Libro V dedicato all'udienza preliminare, ma nel capo VI-bis del Libro I riservato ai Soggetti, inserito a seguito della soppressione delle preture e all'istituzione del Giudice unico con il d.lgs. n. 51/1998 e contenente la disciplina da seguire in caso di inosservanza delle nuove disposizioni normative relative al riparto delle attribuzioni tra Giudice collegiale e Giudice monocratico.

In tal caso se nel corso dell'udienza preliminare il Giudice, autonomamente ovvero su eccezione di parte, ritiene che per il reato deve procedersi con citazione diretta, pronuncia ordinanza di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per l'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio a norma dell'art. 552 c.p.p. Il successivo decreto di citazione a giudizio non dovrà essere preceduto dall'emissione di un nuovo avviso di conclusione delle indagini preliminari, perché l'avviso ex art. 415-bis c.p.p., essendo finalizzato a introdurre un contraddittorio anticipato, è adempimento che conserva la sua ragion d'essere laddove il Pubblico Ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale, e non quando tale esercizio è imposto dal Giudice a seguito di un contradditorio già assicurato all'imputato (Cass. III, n. 43809/2014, Gabbana e altri, in cui si osserva in motivazione che peraltro la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero disposta dal Giudice dell'udienza preliminare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 33-sexies c.p.p. costituisce la fisiologica e corretta prosecuzione della medesima ed unica azione penale già esercitata con l'iniziale richiesta di rinvio a giudizio a sua volta già preceduta dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari).

La giurisprudenza di legittimità ha ben messo in evidenza che l'ambito di operatività dell'art. 33-sexies c.p.p. è riservato alle sole ipotesi in cui il Giudice, pur condividendo la qualificazione giuridica del fatto data dal Pubblico Ministero, rilevi che per il reato contestato l'azione penale debba essere esercitata attraverso il decreto di citazione diretta a giudizio (Cass. II, n. 20165/2018). Ritenere, diversamente, che il Giudice possa disporre la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per l'emissione del decreto di citazione diretta quando via sia divergenza sulla qualificazione giuridica del fatto, determinerebbe risultati paradossali che, in concreto, condurrebbero ad una stasi del procedimento: il Pubblico Ministero, essendogli pacificamente preclusa la possibilità di sollevare un conflitto, dovrebbe attenersi all'ordinanza restitutoria ex art. 33-sexies c.p.p. ed esercitare l'azione penale per il reato come diversamente qualificato dal Giudice con decreto di citazione diretta; se tuttavia venisse sollevata l'eccezione di cui all'art. 550, comma 3, c.p.p. e il Giudice del dibattimento ritenesse non corretta la qualificazione del fatto per come operata dal Giudice dell'udienza preliminare (e, dunque, convenisse sull'esattezza dell'originaria imputazione formulata dal p.m.), disporrebbe nuovamente la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per la mancata celebrazione dell'udienza preliminare, con conseguente impossibilità per lo stesso di far valere il proprio originario convincimento innanzi al Giudice monocratico e inevitabile stallo del procedimento.

Né il Pubblico Ministero, dinanzi ad un'ordinanza ex art. 33-sexies c.p.p. non condivisa e a seguito dell'inevitabile e doveroso decreto di citazione diretta, potrebbe insistere dinanzi al Giudice dibattimentale sulla originaria imputazione attraverso una sua modifica ai sensi dell'art. 516 c.p.p., perché in tal caso una simile iniziativa confliggerebbe con il disposto di cui all'art. 521-bis c.p.p. secondo cui il Giudice del dibattimento dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero quando a seguito delle contestazioni previste dagli artt. 516, commi 1-bis e 1-ter, 517, comma 1-bis e 518 c.p.p. il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale per cui è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, con conseguente potenziale creazione di una situazione di stallo processuale non altrimenti risolvibile (Cass. I, n. 30062/2020; Cass. V, n. 10531/2018).

L'ordinanza di trasmissione ex art. 33-sexies c.p.p. non può essere adottata de plano e al di fuori del contraddittorio (Cass. II, n. 2479/2017, che ha qualificato abnorme l'ordinanza con cui il Giudice, investito di una richiesta di rinvio a giudizio per il delitto di cui all'art. 648-bis c.p., riqualificato il fatto come ricettazione ex art. 648 c.p., dispose la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero perché procedesse con citazione diretta a giudizio).

Quanto all'aspetto temporale, la mancanza di una specifica previsione normativa – a differenza, ad esempio, di quanto previsto per le altre ipotesi contemplate nel capo VI-bis del Libro I – induce a ritenere che la questione possa essere eccepita dalla parte prima del termine della discussione e rilevata dal Giudice anche dopo il termine della discussione e prima della decisione.

Nel caso in cui ai sensi dell'art. 551 c.p.p. il Pubblico Ministero abbia esercitato l'azione penale con presentazione di richiesta di rinvio a giudizio anche per reati che prevedono la citazione diretta a norma degli artt. 550 e 552 c.p.p., l'eventuale sentenza di non luogo a procedere per il reato per il quale è necessaria l'udienza preliminare determina l'insorgenza in via processuale di una situazione analoga a quella presa in esame dall'art. 33-sexies c.p.p.: in tal caso, dunque, la sentenza di non luogo a procedere sarà accompagnata da un'ordinanza di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per l'emissione di decreto di citazione a giudizio.

Nel caso in cui l'eccezione non venga sollevata né il Giudice l'abbia rilevata di ufficio, l'eventuale sentenza pronunciata in un procedimento nel quale l'azione penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio con successiva celebrazione dell'udienza preliminare in ordine a un reato per il quale avrebbe invece dovuto procedersi con citazione diretta a giudizio non è affetta da alcuna nullità, stante il principio generale di tassatività delle nullità (Cass. IV, n. 36881/2009), né, a ben vedere, si realizza mediante il filtro della udienza preliminare una menomazione del diritto di difesa che giustifichi l'intervento in termini annullatori del Giudice di legittimità (Cass. IV, n. 25828/2018).

Dal punto di vista operativo, il Giudice dà immediata lettura in udienza dell'ordinanza di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero, lettura che equivale a notificazione per le parti presenti (art. 33-sexies, comma 2 e 424, comma 2, c.p.p.) in osservanza del più generale principio fissato dall'art. 148, comma 5, c.p.p. in tema di notificazioni, secondo cui la lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal Giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni purché ne sia fatta menzione nel verbale. L'ordinanza è poi immediatamente depositata in cancelleria, con diritto per le parti di ottenerne copia (artt. 33-sexies, comma 2 e 424, comma 3, c.p.p.).

Successivamente alla ricezione da parte degli atti dal Giudice dell'udienza preliminare e all'emissione del decreto di citazione a giudizio, il Pubblico Ministero forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al Giudice con il decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione, fermo restando che a mente dell'art. 554, richiamato unitamente all'art. 553 dal comma 2 dell'art. 33-sexies c.p.p., sino alla sua trasmissione sussiste la competenza del Giudice per le indagini preliminari per l'assunzione degli atti urgenti a norma dell'art. 467 (prove non rinviabili nei casi in cui sarebbe possibile ricorrere alle forme dell'incidente probatorio) e per la decisione su richieste di misure cautelari.

Effetti della sorte della connessione tra reati sulla composizione del Giudice e sulla traslatio iudicii

Le Sezioni unite si sono occupate degli effetti della connessione sull'attribuzione monocratica o collegiale, sotto il duplice profilo del momento in cui essi si determinano (se al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero dell'emissione del decreto che dispone il giudizio) e di cosa accada qualora per effetto della sentenza di proscioglimento del Giudice dell'udienza preliminare per il reato che fa scattare la competenza collegiale residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio (Cass. S.U., n. 48590/2019).

Quanto al primo aspetto, è stato affermato che il principio della perpetuatio iurisdictionis, applicato alle diverse fattispecie della competenza per connessione e del riparto di attribuzione tra Giudice collegiale e monocratico, non è di ostacolo alla verifica della correttezza dell'imputazione, formulata dal Pubblico Ministero, in sede di udienza preliminare, cosicché l'imputazione deve ritenersi cristallizzata solo al momento del passaggio dall'udienza preliminare al dibattimento con l'ulteriore conseguenza che le modifiche che intervengano all'esito dell'udienza preliminare producono effetto sulla determinazione dell'individuazione del Giudice - monocratico o collegiale - dinanzi al quale si dovrà celebrare il giudizio.

Quanto al secondo aspetto le Sezioni Unite hanno risolto la questione se, venuta meno la connessione, il Giudice possa disporre il rinvio a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica anche nel caso cui residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio ovvero debba restituire gli atti al Pubblico Ministero al fine di consentirgli di esercitare l'azione penale mediante la citazione diretta a giudizio. Prendendo le mosse dall'interpretazione sistematica degli artt. 33-sexies, quinquies e septies c.p.p., la Corte ha ricordato che una volta che il procedimento è pervenuto alla fase dibattimentale, gli eventuali errori concernenti l'attribuzione al Giudice monocratico o collegiale trovano di regola soluzione mediante la mera trasmissione orizzontale dall'uno all'altro Giudice, senza che occorra la regressione del procedimento. La necessità della restituzione degli atti al Pubblico Ministero sorge nei soli casi in cui l'erronea individuazione del Giudice cui spetta la cognizione del processo abbia comportato anche l'omissione dell'udienza preliminare, nel qual caso si determina una violazione dei diritti della difesa che può essere sanata esclusivamente mediante la regressione degli atti al Pubblico Ministero affinché eserciti correttamente l'azione penale. Venuta dunque meno la connessione, qualora residuino reati per i quali è previsto il decreto di citazione a giudizio, il Giudice dell'udienza preliminare deve disporre il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

L'errata emissione del decreto di citazione diretta a giudizio. L'art. 550, comma 3, c.p.p.

Per completezza va fatto un accenno al caso di errato esercizio dell'azione penale mediante le forme della citazione diretta a giudizio in un caso non consentito, ipotesi speculare a quella sin qui trattata ed emendabile solamente su eccezione di parte. In questa ipotesi – in cui si determina una nullità a regime intermedio (Cass. V, n. 9875/2014) - è previsto che se per il reato per cui il Pubblico Ministero ha emesso il decreto di cui all'art. 552 c.p.p. è invece prevista l'udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti, il Giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero perché proceda a norma degli artt. 416 e 417 c.p.p. (art. 550, comma 3, c.p.p.). Alla luce dell'introduzione, per i procedimenti introdotti con citazione diretta a giudizio, dell'udienza predibattimentale, di cui all'art. 554-bis c.p.p., per effetto del d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, è questo il momento in cui la relativa eccezione deve essere oggi proposta.

Ricevuti gli atti, il Pubblico Ministero non è tenuto a rinnovare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (Cass. V, n. 10005/2007).

Parimenti, se non a fortiori, deve essere considerato affetto da abnormità il provvedimento del Giudice del dibattimento che disponga la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero perché ritenga contestato (non formalmente, ma) “in fatto” un reato per il quale è richiesta l'udienza preliminare e questa non sia stata celebrata, determinandosi anche in tal caso una indebita regressione del processo perché al Pubblico Ministero verrebbe così preclusa la possibilità di insistere sulla originaria imputazione: il rifiuto del Giudice di celebrare l'udienza gli impedirebbe infatti anche il successivo ricorso a contestazione suppletive come disciplinate dall'art. 521-bis c.p.p. (Cass. V, n. 55515/2017).

La Suprema Corte (Cass. II, n. 9876/2021) ha recentemente precisato che il rinvio previsto dall'art. 550 c.p.p. alla pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni è "fisso" in quanto, stante l'inderogabilità del principio tempus regit actum in ambito processuale, va riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non già a quella di diritto sostanziale concretamente applicabile all'imputato, sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali del tempo.

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