Richiesta di copie (art. 116)InquadramentoDurante il procedimento e dopo la sua definizione, qualunque soggetto privato vi abbia interesse (in primo luogo, indagato/imputato e persona offesa) può prendere visione degli atti non coperti da segreto investigativo e ottenere il rilascio a proprie spese di copie. FormulaALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... OVVERO AL TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE [1] ISTANZA DI VISIONE E DI RILASCIO DI COPIA DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO [2] *** Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di.... 1....., nato a.... il....; 2....., nata a.... il....; indagato/imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.).... per i reati previsti e puniti dagli artt. a).... c.p. b)...., l..... /.... c)...., d.P.R..... d)...., d.lgs..... PREMESSO (Esporre, se del caso, le ragioni che fondano la richiesta) [3] CHIEDE di poter avere visione completa degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (ovvero del fascicolo del dibattimento). (ovvero il rilascio di copia integrale degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero/nel fascicolo del dibattimento). (ovvero il rilascio di copia degli atti contrassegnati dai numeri di affoliazione.... per un totale di n..... fogli). Le suddette copie potranno essere trasmesse per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata del sottoscritto difensore.... [4]. Si allegano i seguenti documenti: 1.....; 2.....; 3..... [5]. Luogo e data.... Firma.... Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1]Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il Giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il Giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza (art. 116, comma 2, c.p.p.). [2]La richiesta deve essere accompagnata dall'attestazione - mediante apposizione della marca da bollo - dell'avvenuto versamento dei diritti di cancelleria in base al numero di pagine richieste e alla eventuale urgenza (ovvero con consegna entro due giorni dalla richiesta, con contestuale aumento del triplo di quanto dovuto). [3]La richiesta può essere presentata, senza bisogno di addurre particolari giustificazioni, dalle parti del procedimento (indagato e persona offesa, sino all'esercizio dell'azione penale; imputato, persona offesa, parte civile costituita, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria nella fase processuale). [4]Il rilascio di copie di atti del procedimento, nei casi previsti dalla legge, può avvenire mediante la trasmissione a distanza con mezzi tecnici idonei, previo accertamento della legittimazione del richiedente. In tal caso l'ufficio presso il quale l'atto si trova attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale (art. 42 disp. att. c.p.p.). [5]All'istanza presentata personalmente dall'interessato occorre allegare fotocopia non autenticata del documento d'identità (se si tratta di cittadino straniero anche fotocopia del permesso di soggiorno). In caso di richiesta proveniente dal difensore, deve essere allegata la procura speciale in originale o in copia, qualora non già presente agli atti. CommentoSegreto investigativo e divieti di pubblicazione A fronte della naturale pubblicità del processo dibattimentale, garanzia per il cittadino e per la collettività, la fase delle indagini resta ancora per buona parte caratterizzata dalla segretezza. Si parla dunque correntemente di “segreto investigativo” (anche se la tradizione orale usa ancora correntemente la vecchia dizione di “segreto istruttorio”, legata alla ancora più opaca disciplina del codice previgente). Secondo l'art. 329, comma 1, c.p.p., gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'indagato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari (quando, al più tardi, avviene la cosiddetta discovery totale, ovvero la completa ostensibilità del contenuto del fascicolo, a seguito della notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p.). Si discute dunque in primo luogo se restino coperti dal segreto, oltre agli “atti di indagine” intesi in senso formale, anche i comportamenti e le attività in senso ampio degli inquirenti e se il medesimo divieto si estenda anche ad atti di altri soggetti processuali (le parti private, il Giudice, etc.). La prassi è usualmente molto rigida. D'altronde, è difficile che un atto di un soggetto diverso dagli inquirenti non faccia comunque riferimento ad atti propri di questi ultimi (che devono restare segreti) e gli atti in senso formale non sono a ben vedere che la cristallizzazione in un verbale di una precedente concreta attività investigativa. L'art. 2, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 216/2017 ha puntualizzato espressamente, mediante interpolazione del citato comma 1 dell'art. 329 c.p.p., che il segreto si estende anche alle “richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e [agli] atti del Giudice che provvedono su tali richieste”. In ogni caso, l'art. 114, comma 1, c.p.p. ribadisce che è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (Cass. I, n. 43479/2013, nega però il rilievo della pubblicazione di una brevissima frase, riportata tra virgolette, dell'interrogatorio dell'indagato). Non rientrano però nel suddetto divieto di pubblicazione (cioè di divulgazione all'esterno) i documenti di origine extraprocessuale acquisiti al procedimento, ma non formati dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria (Cass. I, n. 21290/2017, relativa alla pubblicazione di una denuncia presentata agli inquirenti). Durante le indagini preliminari dunque, salvo eccezioni, la segretezza e il divieto di pubblicazione si estendono non solo all'atto nella sua interezza e nella sua estrinseca consistenza, ma anche nel suo nucleo conoscitivo più intimo e sostanziale, il contenuto. Il segreto, anche durante la fase delle indagini, non è però assoluto. Quando l'indagato abbia avuto conoscenza di alcuni atti (ad esempio, perché posti a fondamento di una misura cautelare a lui applicata ovvero perché prodotti unitamente alla richiesta di incidente probatorio), questi atti non sono più coperti dal segreto. Ne resta tuttavia vietata la pubblicazione, anche parziale, fino a che non siano concluse le indagini preliminari (se il procedimento è stato definito con archiviazione) ovvero fino al termine dell'udienza preliminare (o quando comunque è stata esercitata l'azione penale con le altre diverse modalità previste dal codice: citazione diretta a giudizio, richiesta di decreto penale di condanna, etc.). Risulta viceversa possibile in questo caso la pubblicazione del contenuto degli atti ancora segreti (art. 114, commi 2-7, c.p.p.). L'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 216/2017, novellando l'art. 114, comma 2, c.p.p., ha previsto che, onde consentire il massimo dispiegarsi del diritto all'informazione, al suddetto divieto di pubblicazione faccia eccezione l'ordinanza applicativa di una misura cautelare (norma in vigore a far data dal 26 gennaio 2019, ai sensi del successivo art. 9, comma 2). Non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento fino alla sentenza di primo grado, e degli atti del fascicolo del pubblico ministero fino alla eventuale sentenza in grado di appello. Possono però essere pubblicati gli atti utilizzati in udienza per le contestazioni ai dichiaranti durante il loro esame (artt. 500 e 503 c.p.p.). È sempre vietata la pubblicazione: – delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni, nonché di quegli elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni (il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne o direttamente il minorenne che abbia compiuto i sedici anni possono però consentire alla pubblicazione); – dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero a un altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta. Occorre, riassumendo, distinguere sempre tra l'obbligo del segreto intraprocessuale e il divieto di pubblicazione, e di conseguenza tra atti coperti da segreto e atti non pubblicabili, poiché, mentre il segreto opera all'interno del procedimento, il divieto di pubblicazione riguarda la divulgazione tramite la stampa e gli altri mezzi di comunicazione sociale (Cass. I, n. 32846/2014). Il rilascio di copie Durante il procedimento e dopo la sua definizione, qualunque soggetto privato vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie (leggibili e comprensibili), estratti o certificati di singoli atti non coperti da segreto. Il rilascio non caduca il divieto di pubblicazione. Sulla richiesta provvedono, con decreto non impugnabile, il pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari, il tribunale durante la fase processuale e il Giudice per le indagini preliminari dopo la richiesta di archiviazione (art. 116 c.p.p.). Questa autorizzazione non è richiesta nei casi in cui è riconosciuto espressamente al richiedente il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati di atti. Ad esempio, il difensore o la parte che ne facciano espressa richiesta possono sempre prendere visione e di estrarre copia: – dei verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali egli poteva assistere, dal momento del loro deposito in segreteria (art. 366 c.p.p.); – degli atti trasmessi dal pubblico ministero al tribunale del riesame in caso di impugnazione del decreto di sequestro preventivo (art. 324, commi 3-6, c.p.p.); – dell'ordinanza cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti allegati a quest'ultima (art. 293, comma 3, c.p.p.); – dell'elenco delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche rilevanti a fini di prova, potendo altresì ascoltare le registrazioni e prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, dal momento del loro deposito in segreteria (art. 268-bis, comma 2, c.p.p.); – dell'intero fascicolo del pubblico ministero, dopo l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis, comma 2, c.p.p.) o l'avviso di richiesta di archiviazione (art. 408 c.p.p.). Salvo coloro che sono stati ammessi al gratuito patrocinio, il rilascio di copie è subordinato al versamento dei diritti di copia e di certificato previsti dal testo unico sulle spese di giustizia, mediante apposizione di una marca da bollo. Gli importi fissati per i diritti di copia penalizzano il rilascio in formato cartaceo, incentivando l'estrazione di copia su supporto digitale (spesso in maniera maldestra, visto il mancato adeguamento alla costante evoluzione tecnologica del settore). Secretazione e desecretazione Il pubblico ministero può ampliare il regime di non conoscibilità, integrale o parziale, degli esiti dell'attività investigativa, mediante il cosiddetto potere di secretazione. Ai sensi dell'art. 329, comma 3, c.p.p., anche quando il segreto è caduto, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, egli può disporre con decreto motivato: – l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; – il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni. Molto più importante il potere di secretazione riconosciuto sulle fonti orali dall'art. 391-quinquies c.p.p. al pubblico ministero. Costui, per specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, può, con decreto motivato, vietare per non più di due mesi alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza, previo avviso delle responsabilità penali conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie. Anche al fine – sottinteso, ma evidente – di sterilizzare eventuali indagini difensive (oltre che di garantire l'efficacia delle proprie investigazioni e la stessa tutela di interessi della persona offesa e dell'indagato), è pertanto attribuito agli inquirenti un potere limitato alle sole dichiarazioni rese da persone informate sui fatti, ma di portata ancora maggiore rispetto al segreto investigativo propriamente detto, perché non direttamente correlato a singoli atti di indagine ma all'intero patrimonio conoscitivo del dichiarante. La disposizione risulta peraltro eccezionale, rispetto alla logica del sistema, poiché consente una pesante interferenza del pubblico ministero in diritti primari altrui (diritto di difesa dell'indagato in primo luogo, ma anche diritto di critica e di cronaca) direttamente e senza l'autorizzazione preventiva o lo scrutinio successivo del Giudice per le indagini preliminari. Allo stesso modo (ma con possibilità di presentare opposizione al Giudice per le indagini preliminari), il pubblico ministero, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che siano ritardati, per non oltre trenta giorni il formale deposito in segreteria degli atti compiuti da lui stesso o dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore aveva diritto di assistere (sommarie informazioni dell'indagato, perquisizioni, sequestri, ispezioni, interrogatorio, confronto) e la conseguente facoltà di estrarne copia da parte del difensore (art. 366, comma 2, c.p.p.). Per quel che riguarda le comunicazioni relative alle iscrizioni nel registro delle notizie di reato, se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero, quando è presentata richiesta di conoscere l'eventuale iscrizione di un nominativo, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle relative iscrizioni, per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile (art. 335, comma 3-bis, c.p.p.). L'istante si vedrà dunque rispondere con la formula “Non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione”. Il regime di non conoscibilità degli atti di indagine prevede altre deroghe di segno diametralmente contrario quando, a prescindere dalla preventiva conoscenza che ne possa avere avuto l'indagato, la pubblicazione di singoli atti, anche parziale, risulti necessaria per la prosecuzione delle indagini (ad esempio, un'immagine registrata da una videocamera di sicurezza che inquadri un pericoloso latitante, di cui si ritenga opportuno diffondere le fattezze). In tal caso, il pubblico ministero ne consente la pubblicazione, con decreto motivato, e gli atti pubblicati sono poi formalmente depositati presso la sua segreteria (art. 329, comma 2, c.p.p.). |