Istanza di sospensione per questione pregiudiziale sullo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3)

Riccardo Lottini

Inquadramento

In deroga alla regola generale della cognizione incidentale del Giudice penale su qualsiasi questione che si renda necessaria ai fini della decisione, le parti possono chiedere – e il Giudice può disporre, anche d'ufficio - la sospensione del processo penale finché non venga definita, con sentenza irrevocabile, la questione pregiudiziale relativa allo stato di famiglia o alla cittadinanza.

Formula

ALL'ECC.MO TRIBUNALE DI ...

in composizione ...

ISTANZA DI SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PER QUESTIONE PREGIUDIZIALE SULLO STATO DELLE PERSONE/SULLA CITTADINANZA

(ex art. 3 c.p.p.)

Il sottoscritto Avv. ..., difensore del Sig. ..., nato a ..., il ..., imputato nel procedimento n. ... R.g.n.r. – n. ... R.G., pendente dinanzi a Codesto Ecc.mo Collegio/alla S.V. Ill.ma

PREMESSO

che è attualmente pendente dinanzi a (indicare l'autorità giurisdizionale civile o amministrativa) di ... il procedimento n. ... R.G. avente ad oggetto ... [1] ;

CONSIDERATO

che la risoluzione della predetta questione appare indispensabile ai fini della decisione sulla responsabilità penale dell'imputato, Sig. ..., per i seguenti motivi:

...;

chiede

a Codesto Ecc.mo Giudice/alla S.V. Ill.ma di voler disporre la sospensione del procedimento n. ... / ... R.g.n.r. – n. ... / ... R.G., in cui è imputato il Sig. ..., sino a che non sia pronunciata sentenza irrevocabile nel procedimento n. ... R.G.

Luogo e data ...

Avv. ...

Firma ...

1. Andrà a questo punto indicata la questione, vertente sullo stato di famiglia o di cittadinanza, che incide sulla decisione del Giudice penale.

Commento

Presupposti per la sospensione del processo ex art. 3 c.p.p.

Nel vigente codice di rito è stata introdotta la regola dell'autonoma cognizione del Giudice per quanto concerne le questioni strumentali rispetto alla decisione finale. A norma dell'art. 2 c.p.p., il Giudice penale risolve ogni questione civile, amministrativa o penale da cui dipende la propria decisione: si tratta di una cognizione che dispiega i propri effetti limitatamente al processo in corso, senza alcuna efficacia di giudicato.

La regola della cognitio incidenter tantum, tuttavia, patisce talune eccezioni, che sono rigorosamente previste dalla legge (“salvo che sia diversamente stabilito”): tra queste è opportuno menzionare la pregiudizialità costituzionale di cui all'art. 23, l. n. 87/1953, la pregiudiziale c.d. comunitaria, le questioni pregiudiziali sullo status e la cittadinanza (art. 3 c.p.p.) e le altre questioni pregiudiziali di cui all'art. 479 c.p.p.

L'art. 3 c.p.p., in particolare, segna i limiti della pregiudizialità civile e amministrativa in tema di status familiae e status civitatis: ciò avviene in maniera invero molto più circoscritta rispetto al passato, considerato che l'art. 19 del codice di rito abrogato devolveva obbligatoriamente al Giudice civile o amministrativo ogni questione concernente lo “stato della persona”.

Alla stregua dell'attuale disciplina, la sospensione del processo si configura come mera facoltà attribuita al Giudice quando sia pendente una controversia riguardante lo stato di famiglia o la cittadinanza: tali questioni, difatti, rivestono particolare rilevanza per l'ordinamento giuridico e sottendono peculiari esigenze di certezza.

Poiché tuttavia debbono essere parimenti garantite le esigenze di regolare svolgimento e di ragionevole durata del procedimento penale, la sospensione del processo si configura come un mezzo eccezionale, cui il Giudice deve fare ricorso solo quando la legge lo consenta (Cass. I, n. 38171/2006), e risulta pertanto ancorata a precisi presupposti.

In primo luogo, la questione deve attenere rigorosamente alle materie indicate (stato di famiglia o cittadinanza): ogni ulteriore questione pregiudiziale (ad esempio l'accertamento dello status di fallito) soggiacerà alla diversa disciplina dettata dall'art. 479 c.p.p.

In secondo luogo, la questione deve rivestire carattere pregiudiziale, ovvero deve profilarsi come antecedente logico necessario ai fini della decisione sul fatto-reato oggetto della decisione o su altro thema probandum devoluto alla cognizione del Giudice penale (come una circostanza o una condizione di punibilità, cfr. Baccari, La cognizione e la competenza del Giudice, in Trattato di procedura penale, diretto da Ubertis-Voena, II, Milano, 2011, 29), e deve risultare “seria”, ovvero deve presentare un grado di incertezza non pretestuosa rispetto ai contrapposti interessi delle parti processuali (cfr. Giarda, Sub art. 3, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 245), ovvero non “temeraria, artificiosa o manifestamente infondata” (cfr. Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., n. 250 del 24 ottobre 1998, 9).

Infine, la questione deve essere oggetto di un procedimento rispetto al quale sia già stata iniziata l'azione a norma delle leggi civili.

Il riferimento esclusivo alla legge civile non deve essere inteso nel senso di escludere la pregiudizialità amministrativa: come chiarito dalla Relazione al testo definitivo del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., n. 250 del 24 ottobre 1998, 165, i riferimenti al Giudice civile e alla legge civile valgono tradizionalmente, in materia di controversie sullo stato delle persone, ad indicare il Giudice e la legge non penale, cosicché pacificamente l'istituto deve ritenersi applicabile anche quando la cognizione della questione preliminare sia devoluta al Giudice amministrativo.

La sospensione del processo è disposta con ordinanza motivata (a pena di nullità, secondo quanto dispone l'art. 125, comma 3, c.p.p.), ricorribile per Cassazione: l'udienza si svolge nelle forme della camera di consiglio.

In dottrina si è riflettuto sull'ambito operativo della disciplina in rassegna (Giarda, op. ult. cit., 248-249): in particolare si discute se l'ordinanza di sospensione per pregiudizialità possa essere adottata in ogni stato e grado del procedimento o presupponga inesorabilmente l'avvenuto esercizio dell'azione penale.

Il dato letterale non è di particolare suffragio, posto che mentre il comma 1 dell'art. 3, facendo riferimento al “processo”, parrebbe circoscrivere l'operatività dell'istituto alla fase del dibattimento ed eventualmente all'udienza preliminare, il successivo comma 4, nel descrivere gli effetti preclusivi della sentenza irrevocabile del Giudice civile, precisa che la stessa esplica efficacia di giudicato nel “procedimento” (nel senso dell'adottabilità anche nella fase delle indagini preliminari sembrerebbe orientarsi peraltro, seppure incidentalmente, la stessa Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., n. 250 del 24 ottobre 1998, 9. La dottrina prevalente, tuttavia, ritiene non applicabile l'istituto nella fase delle indagini preliminari, potendo ogni questione relativa allo status o alla cittadinanza essere risolta incidentalmente dal Pubblico Ministero (cfr. per tali rilievi, Baccari, op. ult. cit., 35).

Va segnalato, inoltre, che recente giurisprudenza ha escluso che il potere di sospensione possa essere esercitato nel corso delle indagini preliminari (cfr. Cass. III, n. 3538/2015), seppur con riferimento al complementare istituto della sospensione per altra questione civile o amministrativa (art. 479 c.p.p.): occorre, tuttavia, rilevare come il dato letterale della disposizione in questione sia meno equivoco, facendo espressamente riferimento alla sospensione del “dibattimento” (e, nondimeno, la S.C. ha ritenuto applicabile l'istituto disciplinato dall'art. 479 c.p.p. tanto nel rito abbreviato, cfr. Cass. V, n. 13780/2002, in Cass. pen., 2003, 958, quanto nell'udienza preliminare, cfr. Cass. V, n. 43981/2009).

La dottrina, inoltre, ritiene inapplicabile la sospensione prevista dagli artt. 3 e 479 c.p.p. in Cassazione, in quanto difficilmente conciliabile con la competenza di legittimità (Marzaduri, Sub art. 479, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, Torino, 1991, 99).

Effetti sostanziali e processuali della sospensione

Pronunciata l'ordinanza ex art. 3 c.p.p., il processo può rimanere sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la questione.

Durante il periodo in cui il processo rimane sospeso a norma dell'art. 3 c.p.p., secondo quanto già prevedeva l'art. 19 dell'abrogato codice di rito, il Giudice potrà comunque compiere gli “atti urgenti”: tra questi va senz'altro annoverata l'acquisizione di prove non rinviabili di cui all'art. 467 c.p.p. La Relazione al progetto preliminare, loc. ult. cit., precisa che il tenore dell'art. 3, comma 3, va inteso non nel senso della “generica urgenza”, bensì nel pericolo nel ritardo che deriverebbe dal mancato compimento di determinati atti. L'unico limite che si riconosce alla suddetta previsione è dato dal compimento di quegli atti che coinvolgono proprio la questione pregiudiziale la cui soluzione è stata “deferita” al Giudice civile o amministrativo, poiché, se ciò avvenisse, il Giudice penale finirebbe per invadere una competenza che egli stesso ha ritenuto di riservare al Giudice non penale (cfr. Relazione al testo definitivo, loc. ult. cit.)

A norma dell'art. 159, comma 1, n. 2, c.p., il deferimento ad altro Giudice della questione pregiudiziale comporta la sospensione del corso della prescrizione “sino al giorno in cui viene decisa la questione”. Per un recente orientamento di segno contrario, che ritiene riferita la predetta disposizione esclusivamente alle pregiudiziali costituzionale e comunitaria, cfr. Cass. V, n. 48203/2017; Cass. V, n. 32815/2016.

Il decisum del Giudice civile o amministrativo esplica efficacia di giudicato nel procedimento penale sospeso ai sensi dell'art. 3, comma 4, c.p.p. La norma de qua pone il problema dei limiti soggettivi del giudicato civile nel processo penale. Ad opinione della dottrina (cfr. Giarda, op. ult. cit., 249), giusto il disposto dell'art. 193 c.p.p., a mente del quale “nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza”, la sostanziale identità di limiti probatori che accomuna giudizio civile e penale in materia di status e cittadinanza implica la necessaria identità dei soggetti che agiscono come parti effettive o potenziali nel processo civile e in quello penale. Ne discende, pertanto, che il giudicato civile sarebbe opponibile nell'ambito del processo penale soltanto nei confronti di quei soggetti che abbiano avuto la possibilità giuridica o di fatto di prendere parte al giudizio civile.

L'apprezzamento del Giudice penale non è precluso dal mancato esperimento della revocazione (art. 395 c.p.c.) avverso la sentenza civile, che aveva accertato una questione pregiudiziale (l'esistenza di un credito), pronunciata da un collegio il cui relatore ed estensore era risultato, con sentenza penale passata in giudicato, corrotto dalla parte vittoriosa: ciò in quanto la sentenza civile si limita ad accertare una situazione controversa iuxta alligata et probata, ma non sana le eventuali illiceità che ne abbiano condizionato l'esito (cfr. Cass. II, n. 35325/2007).

Sospensione del processo per altra questione preliminare

La disciplina in rassegna deve necessariamente essere posta in correlazione con quella contenuta nell'art. 479 c.p.p.: la disposizione de qua, confermando la scelta del legislatore del 1988 di ridurre gli spazi di pregiudizialità civile e amministrativa, privilegiando le esigenze di celerità e speditezza del processo penale, contempla un'ulteriore ipotesi di sospensione discrezionale del processo che opera per ogni altra questione diversa dagli status e dalla cittadinanza, purché correlata con l'oggetto del procedimento penale in quanto antecedente logico necessario ai fini della decisione. Anche in questo secondo ambito, la discrezionalità del Giudice è vincolata a precisi parametri: la questione civile o amministrativa pregiudiziale deve risultare di “particolare complessità”; la controversia deve essere fatta oggetto di un procedimento “già in corso” dinanzi al Giudice competente; la legge non deve porre limitazioni alla prova della posizione soggettiva.

Rimane dunque appannaggio della discrezionalità giudiziale la scelta se valutare incidenter la questione controversa, o deferirne la soluzione al Giudice competente (civile o amministrativo), che presenta sicuramente un più elevato grado di specializzazione rispetto alla materia in contesa (con ciò operando il legislatore una “strada mediana” rispetto alla pregiudizialità obbligatoria dell'abrogato codice di rito: cfr. Giarda, Sub art. 479 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 6232).

Quanto all'ambito applicativo, il tenore letterale dell'art. 479 c.p.p. vuole l'istituto relegato nella fase dibattimentale, ma, come si è evidenziato supra, la giurisprudenza lo ritiene estendibile sia all'udienza preliminare (soprattutto alla luce della rinnovata fisionomia che le è stata conferita dopo la c.d. riforma Carotti), sia al rito abbreviato (essendo la sospensione del processo destinata ad operare non tanto con riferimento all'acquisizione probatoria, quanto al momento della decisione: cfr. Cass. V, n. 13780/2002, cit.).

Identici sono la forma (ordinanza) e i rimedi (ricorso per Cassazione) con i quali il Giudice adotta il provvedimento.

Elemento di discrimine rispetto alla disciplina della sospensione del processo per le questioni pregiudiziali di status e cittadinanza è la previsione, contemplata dal comma 3 dell'art. 479 c.p.p., della facoltà per il Giudice di revocare, anche d'ufficio, l'ordinanza di sospensione quando, trascorso un anno, il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso: nel qual caso la questione controversa viene nuovamente attratta nella cognizione incidentale del Giudice penale, a norma dell'art. 2 c.p.p.

Inoltre, a differenza dell'art. 3, comma 4, c.p.p., la disciplina dettata per le altre questioni pregiudiziali non definisce espressamente l'efficacia vincolante del giudicato civile o amministrativo sul processo penale: ne consegue che la sentenza irrevocabile civile o amministrativa non esplica efficacia di giudicato e dovrà essere valutata a norma dell'art. 238-bis c.p.p. (cfr. Giarda, loc. ult. cit., 6235).

È approdo ormai pacifico che la sospensione del processo ex art. 479 c.p.p. non possa operare con riferimento alla pregiudiziale c.d. penale (cfr. Cass. V, n. 14972/1995; Cass. I, n. 20 gennaio 1998).

Casistica

In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, poiché l'obbligo, penalmente sanzionato, di corrispondere i mezzi vitali, prescindendo dalla filiazione naturale, discende ex lege dallo status dell'avente diritto, finché questo non muti, con efficacia ex nunc e non ex tunc, a seguito di sentenza passata in giudicato, la quale appare dunque inidonea a far venir meno l'elemento materiale del reato, l'eventuale controversia avente ad oggetto il disconoscimento di paternità non costituisce questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 3 c.p.p. e non legittima pertanto la sospensione del processo penale (cfr. Cass. VI, n. 27051/2008; in senso conforme Cass. VI, n. 41018/2005).

In tema di mancata corresponsione dell'assegno divorzile, ancorché imposto con sentenza non definitiva, punita dall'art. 12-sexies della l. n. 898/1970, non sussistono i presupposti per la sospensione del processo penale in attesa della definizione del processo civile, non solo e non tanto perché non si tratta di questione attinente allo status o alla cittadinanza ai sensi dell'art. 3 c.p.p., ma anche e soprattutto perché non vi è pregiudizialità con l'oggetto del processo penale, atteso che l'inadempimento, avendo riguardo all'assegno che può essere riconosciuto anche con sentenza non definitiva, costituisce un fatto storico in sé esaurito, sul quale non possono incidere le successive vicende del giudizio civile, in quanto l'eventuale revoca o modifica riguarderebbe soltanto l'efficacia futura del titolo (cfr. Cass. VI, n. 21873/2007).

Esula dalla materia delle “controversie sullo stato di famiglia o di cittadinanza” la sussistenza del diritto alla protezione sussidiaria ex art. 2, d.lgs. n. 251/2007, la quale pertanto rientra nella cognizione incidentale del Giudice penale ai sensi dell'art. 2 c.p.p.: ne consegue che il Tribunale di sorveglianza, investito della richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato, ha il potere-dovere di apprezzare, ai fini del mantenimento o meno della misura, l'esistenza di una condizione giuridica la cui verifica normalmente compete all'autorità amministrativa o giurisdizionale, e tale cognizione incidentale non è preclusa dal fatto che il soggetto detenuto sia titolare del potere di chiederne, in via ordinaria, l'accertamento (cfr. Cass. I, n. 49242/2017, in tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato ex art. 86, d.P.R. n. 309/1990; in senso conforme già Cass. I, n. 41368/2009).

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