Eccezione di difetto di giurisdizione (art. 20)InquadramentoIn ogni stato e grado del procedimento, il Giudice penale è tenuto a verificare, anche d'ufficio, che i fatti che costituiscono l'oggetto del procedimento ricadano nella propria giurisdizione, e, nel caso in cui la potestas iudicandi sia stata devoluta ad un Giudice speciale, ovvero vi sia difetto assoluto di giurisdizione, dichiarare tale difetto con ordinanza (nel corso delle indagini preliminari) o con sentenza (dopo la chiusura delle indagini). FormulaALL'ECC.MO TRIBUNALE DI ... in composizione ... ECCEZIONE DI DIFETTO ASSOLUTO/RELATIVO DI GIURISDIZIONE (art. 20 c.p.p.) Il sottoscritto Avv. ..., nella propria qualità di difensore di fiducia del Sig. ..., nato a ..., il ..., imputato nel procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G. premesso che l'imputato, Sig. ..., è immune dalla giurisdizione italiana in quanto ... /che per i fatti oggetto del presente procedimento sussiste la giurisdizione del Giudice penale militare, in quanto trattasi di reato militare/di reato comune richiamato dal codice penale militare e commesso da un appartenente alle Forze Armate chiede a Codesto Ecc.mo Collegio/alla S.V. Ill.ma di voler dichiarare il proprio difetto di giurisdizione e ordinare la trasmissione degli atti alla competente Autorità. Luogo e data ... Firma Avv. ... CommentoInquadramento dell'istitut o Il potere giurisdizionale, termine con il quale si individua quella funzione dello Stato che consiste “nell'applicare la legge al caso concreto con forza cogente” non è unitario, bensì risulta frazionato in più organi, ciascuno dei quali dotato di indipendenza e imparzialità (cfr. P. Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2017, 74). A norma dell'art. 3 c.p.p., la giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario (ovvero da giudici ordinari, cfr. art. 102 Cost.), secondo le norme del codice di procedura penale: essa segna dunque, in materia penale, i limiti di attribuzione del potere giurisdizionale rispetto ai Giudici penali speciali (Corte costituzionale e Tribunali militari in tempo di pace), agli altri Giudici speciali (amministrativo e tributario), e rispetto agli organi amministrativi o legislativi. Sono giudici ordinari in primo grado il Tribunale, in composizione monocratica o collegiale, la Corte d'Assise, il Giudice di Pace, il Tribunale per i minorenni; in grado di appello, il Tribunale monocratico, la Corte d'appello, la Corte di Assise di Appello; la Sezione della Corte d'appello per i minorenni; in sede di legittimità, la Corte di Cassazione. Sono giudici penali speciali la Corte costituzionale, in composizione integrata (art. 135, comma 7, Cost.), che ha cognizione sui delitti di alto tradimento e di attentato alla Costituzione commessi dal Presidente della Repubblica (art. 90 Cost.), ed i Tribunali militari in tempo di pace, che sono invece competenti a conoscere dei reati militari commessi da appartenenti alle forze armate (art. 103, comma 3, c.p.p.). Sono reati militari (art. 37 c.p.m.p.), quelli contemplati esclusivamente dalla legge militare, nonché quei reati che, pur previsti con identica struttura dalla legge penale comune, sono puniti da una specifica disposizione della legge militare. A norma dell'art. 16 c.p.p., in presenza di connessione tra procedimenti (art. 12 c.p.p.), se alcuni appartengono alla competenza di un Giudice ordinario ed altri a quella della Corte costituzionale, è per tutti competente quest'ultima; fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quanto il reato comune è più grave di quello militare (art. 16, comma 3, c.p.p.): in tal caso la competenza spetta, per tutti i reati, al Giudice ordinario. In quanto Giudice anche della propria competenza, il Giudice penale ha il potere-dovere di verificare se i fatti oggetto dell'imputazione (o dell'addebito provvisorio in fase di indagine), rientrino nell'ambito della propria giurisdizione ovvero esorbitino dalla sfera cognitiva assegnatagli dall'ordinamento. Si tratta di una verifica che precede logicamente ogni altro tipo di indagine e che ha carattere dinamico, dovendo il difetto di giurisdizione, ai sensi dell'art. 20 c.p.p., essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (cfr. Cass. I, n. 32372/2017), qualora, nel corso del processo, i presupposti fattuali e normativi subiscano mutamenti rispetto all'accusa originaria (Cass. I, n. 23371/2015). Ambito applicativo Si ha dunque un “difetto di giurisdizione” quando il Giudice penale ordinario è chiamato a conoscere di fatti spettanti alla cognizione di un Giudice speciale (difetto in senso debole o relativo), oppure quando esercita una potestà riservata ad un altro potere dello Stato, ovvero non consentita a pubblici poteri (difetto assoluto di giurisdizione, art. 606, comma 1, lett. a). La distinzione non appare di secondario rilievo: mentre infatti nelle ipotesi “deboli” o “relative” il vizio risulta sanabile, cosicché il difetto non può più essere rilevato quando l'individuazione della giurisdizione dipenda da un accertamento di fatto, in ordine al quale si sia irreversibilmente formato il giudicato (cfr. Cass. I, n. 665/2000, in Cass. pen., 2003, n. 925, con nota di Chinnici), il provvedimento pronunciato in difetto assoluto di giurisdizione deve considerarsi giuridicamente inesistente, e dunque assolutamente inidoneo a raggiungere una qualsivoglia stabilità. Si discute se la disciplina racchiusa nell'art. 20 c.p.p. si applichi in tutte le predette ipotesi di difetto di giurisdizione (Tranchina, I soggetti, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, I, Milano, 2011, 108), ovvero sia limitata al difetto in senso debole (Cordero, Procedura penale, Milano, 2012, 160). La disposizione de qua è comunque senz'altro applicabile dal Giudice penale speciale, atteso che le norme del codice di procedura penale si applicano, ove compatibili, anche dinanzi al Tribunale militare (art. 261, c.p.m.p.) e al Giudice delle leggi (art. 9, comma 4, l. cost. n. 1/1989). Come si è accennato, a norma dell'art. 20 c.p.p., il difetto di giurisdizione è rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. Tale regola incontra però il limite, parimenti ricordato supra, della formazione del giudicato sulle quaestiones facti da cui dipende la sussistenza o l'insussistenza della giurisdizione. La S.C. ha inoltre precisato che tale limite opera anche nell'eventuale giudizio di rinvio (Cass. I, n. 13669/1998): ciò in quanto la giurisdizione è presupposto implicito della competenza e l'attribuzione di quest'ultima è vincolante per il Giudice ad quem. A norma dell'art. 25 c.p.p., la vincolatività della decisione della Corte di Cassazione sulla giurisdizione (ovvero sulla competenza), è destinata a cedere quando risultino nuovi fatti che comportano una diversa qualificazione giuridica da cui derivi la modifica della giurisdizione. Nel corso delle indagini preliminari, il difetto di giurisdizione deve essere rilevato in conformità a quanto l'art. 22, commi 1 e 2, prevede in materia di incompetenza. La decisione è assunta allo stato degli atti ed esplica i propri effetti limitatamente al provvedimento richiesto: il Giudice provvede con ordinanza non impugnabile con la quale dispone la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. Si discute se quest'ultimo soggetto, in presenza di un difetto relativo di giurisdizione, possa autonomamente delibare la carenza di attribuzione del Giudice ordinario e trasmettere gli atti all'autorità competente (cfr. Macchia, Sub art. 20 c.p.p., in Commentario del nuovo codice di procedura penale, diretto da Amodio-Dominioni, I, Milano, 1989, 120), oppure debba comunque formulare la richiesta di archiviazione, analogamente alle ipotesi di difetto assoluto (cfr. Tranchina, op. ult. cit., 109). Altra questione controversa in dottrina è se l'ordinanza che dichiara il difetto di giurisdizione precluda o meno al Pubblico Ministero lo svolgimento di ulteriori indagini (sul punto amplius Cassibba, Sub art. 20c.p.p., in Codice di Procedura Penale Commentato, Milano, 2010, 392). La S.C. ha invece chiarito che il provvedimento di sequestro adottato dal Giudice privo di giurisdizione non è idoneo a dispiegare alcun tipo di efficacia, ancorché provvisoria, non trovando in queste ipotesi applicazione analogica il disposto di cui all'art. 27 c.p.p. in materia di incompetenza (Cass. I, n. 23372/2015). Nelle fasi successive alla chiusura delle indagini preliminari, il difetto di giurisdizione è dichiarato con sentenza. Il Giudice ordinerà, se del caso, la trasmissione degli atti all'autorità competente: il discrimine è dato dalla natura del difetto di giurisdizione: nelle ipotesi di difetto assoluto, la pronuncia sarà limitata alla declaratoria della carenza di attribuzione, atteso che non vi è alcun Giudice penale legittimato alla cognitio causae (così Tranchina, op. ult. cit., 109). Casistica Nell'ipotesi di connessione tra reato comune e reato militare, la potestas iudicandi spetta al Giudice ordinario anche per il reato militare, ma soltanto a condizione che il reato comune sia da considerarsi di maggiore gravità alla stregua dei criteri di cui all'art. 16, comma 3, c.p.p. (cfr. Cass. I, n. 5680/2014; in senso conforme, Cass. I, n. 44514/2012), mentre negli altri casi le sfere di giurisdizione, ordinaria e militare, rimangono separate (Cass. I, n. 50012/2009). In materia di truffa (artt. 640 c.p. e 234 c.p.m.p.), per qualificare la condotta dell'imputato come reato militare, con conseguente giurisdizione del Giudice speciale, occorre che tanto il soggetto attivo quanto quello passivo presentino la qualità di militare: la norma del codice penale militare di pace prevede infatti che il danno sia arrecato “ad altro militare” (comma 1) ovvero all'“amministrazione militare” (ipotesi aggravata di cui al comma 2): ne consegue che sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario quando il fatto sia stato commesso in danno dell'INPDAP (oggi INPS), in quanto ente del tutto estraneo all'amministrazione militare, ed essendo irrilevante il fatto che le somme confluite nell'ente siano versate dal Ministero della Difesa (cfr. Cass. II, n. 20136/2018). In tema di immunità funzionale o ratione materiae dell'individuo-organo dello Stato straniero dalla giurisdizione penale, per gli atti eseguiti iure imperii nell'esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti, deve ritenersi che tale immunità trovi un limite nelle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, ossia in quei crimini che risultano lesivi dei diritti inviolabili di libertà e dignità della persona umana (Cass. I, n. 25972/2008). Relativamente al delitto di procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari, sussiste la giurisdizione del Giudice italiano nell'ipotesi in cui i migranti, provenienti dall'estero a bordo di navi “madre”, siano abbandonati in acque internazionali, su natanti inadeguati a raggiungere la costa, con lo scopo di provocare l'intervento dei soccorritori che li condurranno in territorio italiano, poiché la condotta di questi ultimi, che operano sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, è riconducibile alla figura dell'autore mediato di cui all'art. 48 c.p., in quanto conseguente allo stato di pericolo volutamente provocato dai trafficanti, e si lega senza soluzione di continuità alle azioni poste in essere in ambito extraterritoriale (Cass. I, n. 20503/2015). In tal senso già Cass. I, n. 18354/2014, ibidem, per cui la giurisdizione italiana sussiste anche quando il trasporto illecito di migranti sia avvenuto a bordo di un'imbarcazione priva di bandiera e sia stato accertato in acque extraterritoriali ma, successivamente, nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati quale evento del reato l'ingresso e lo sbarco di cittadini extracomunitari in virtù dell'intervento dei soccorritori, quale esito previsto e voluto quale conseguenza delle condizioni del natante, dell'eccessivo carico e delle condizioni del mare. |