Eccezione di incompetenza per materia (art. 21)

Lottini Riccardo

Inquadramento

L'incompetenza per materia per difetto e l'incompetenza funzionale del Giudice possono essere rilevate in ogni stato e grado del procedimento; l'incompetenza per materia per eccesso deve essere invece rilevata entro la conclusione dell'udienza preliminare e riproposta, ove non accolta (oppure formulata per la prima volta se si tratta di rito che omette l'udienza preliminare), subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti (art. 491, comma 1, c.p.p.).

Formula

ALL'ECC.MO TRIBUNALE DI.... IN COMPOSIZIONE....

ECCEZIONE DI INCOMPETENZA PER MATERIA

(ARTT. 21 E 23 C.P.P.)

Il sottoscritto Avv....., nella propria qualità di difensore di fiducia del Sig....., nato a...., il...., imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R. – n..... /.... R.G.

PREMESSO

che all'imputato, Sig....., è contestato il reato di cui all'art....., aggravato ai sensi dell'art..... [1];

che ai sensi degli artt. 4 e ss. c.p.p./ai sensi dell'art. 4, d.lgs. 274/2000, la competenza per materia per tale reato è devoluta alla Corte di Assise/al Giudice di Pace [2];

che pertanto erroneamente il giudizio veniva instaurato dinanzi a Codesto Ecc.mo Giudice, essendo per contro competente la Corte di Assise di.... /il Giudice di Pace di....;

CHIEDE

a Codesto Ecc.mo Collegio/alla S.V. Ill.ma, di voler dichiarare con sentenza la propria incompetenza e di ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso la Corte di Assise di.... /il Giudice di Pace di.... [3].

Luogo e data....

Firma Avv.....

[1]A norma dell'art. 4 c.p.p., per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato, senza tener conto della continuazione (art. 81 c.p.) e della recidiva (art. 99), nonché delle circostanze del reato, fatta eccezione per le circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

[2]In estrema sintesi, il Tribunale (in composizione monocratica o collegiale), gode di una competenza per materia residuale rispetto a quella che viene definita, sulla scorta di criteri quantitativi (limiti edittali di pena) e qualitativi (tipologia di reato) alla Corte di Assise e al Giudice di Pace, rispettivamente in base agli artt. 5 c.p.p. e 4 del d.lgs. n. 274/2000. Si ricordi, inoltre, che il Tribunale per i minorenni è inderogabilmente competente per i reati commessi da minori degli anni diciotto.

[3]Cfr. Corte cost., n. 76/1993, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevedeva che il Giudice ordinasse la trasmissione degli atti direttamente al Giudice competente.

Commento

Rilevabilità dell'incompetenza per materia

La competenza del Giudice penale ordinario, ovvero quella porzione della funzione giurisdizionale in materia penale che allo stesso è devoluta, è individuata per approssimazioni successive che tengono conto dei criteri di materia, territorio, funzione e dell'eventuale connessione fra procedimenti (cfr. Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2017, 77).

La competenza per materia è ripartita fra i giudici ordinari a norma degli artt. 4, 5 e 6 del codice di rito, nonché in base all'art. 4 del d.lgs. n. 274/2000 che disciplina le attribuzioni del Giudice di pace.

Occorre ricordare che il tribunale per i minorenni ha competenza esclusiva su tutti i reati commessi dai minori degli anni 18, anche se eventualmente connessi con altri per cui sarebbe competente un diverso Giudice.

Il codice di rito modula un differenziato regime di rilevabilità a seconda del criterio di riparto della competenza.

L'incompetenza per materia è, di regola, rilevata, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (art. 21, comma 1, c.p.p.); l'incompetenza per territorio, invece, deve essere eccepita o rilevata d'ufficio prima della conclusione dell'udienza preliminare, ovvero, se questa manchi, entro il termine di cui all'art. 491, comma 1, c.p.p. Entro tale termine deve inoltre essere riproposta l'eccezione di incompetenza territoriale già formulata nel corso dell'udienza preliminare.

L'incompetenza per materia, tuttavia, segue parimenti il predetto regime decadenziale quando derivi da connessione (art. 21, comma 3), ovvero quando il reato appartenga alla competenza di un Giudice inferiore (art. 23, comma 2).

Ne consegue che, in tali ipotesi, l'incompetenza per materia dovrà essere dedotta o riproposta, in udienza preliminare, prima della sua conclusione; in dibattimento, subito dopo l'accertamento della costituzione delle parti (cfr. ex plurimis, Cass. II, n. 2662/2013; contra, Cass. I, n. 40879/2012).

In argomento, è stato precisato che l'accertamento per la prima volta della costituzione delle parti determina, nel giudizio, il momento oltre il quale le questioni di competenza territoriale non possono più essere rilevate, neppure se i presupposti per porre le stesse emergono nel corso del dibattimento, fatta eccezione per il solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa (Cass. II, n. 24736/2010).

Sulla scorta di tale differenziato regime di rilevabilità, la dottrina (Cordero, Procedura Penale, Milano, 2012, 162), distingue tra incompetenza per difetto (che si ha quando il reato appartiene alla cognizione di un Giudice superiore, ed è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d'ufficio), ed incompetenza per eccesso, che sconta i termini decadenziali sopra richiamati.

L'incompetenza per materia per difetto può essere dunque eccepita, per la prima volta, anche nel giudizio di legittimità, purché si fondi su elementi certi ed inequivocabili, che prescindono da ogni accertamento in fatto (Cass. II, n. 13938/2014), e sempre che il ricorrente adempia all'obbligo di specificità nella deduzione dei motivi e non fondi le proprie doglianze su elementi di fatto mai introdotti dinanzi al Giudice del merito, ovvero sui quali sia necessario procedere a valutazioni o ad accertamenti comunque inammissibili nel giudizio di legittimità (Cass. II, n. 13096/2014).

L'inammissibilità del ricorso, in quanto manifestamente infondato, preclude peraltro alla Cassazione la possibilità di rilevare ex officio l'incompetenza per materia (Cass. S.U., n. 4419/2015; in senso conforme Cass. IV, n. 22162/2008).

Nel giudizio di rinvio, secondo quanto previsto dall'art. 627, comma 1, c.p.p., non è ammessa discussione sulla competenza attribuita al Giudice ad quem con la sentenza di annullamento, salvo quanto previsto dall'art. 25 c.p.p., ovvero salvo che risultino nuovi fatti che comportano una diversa qualificazione giuridica del reato o una modificazione della giurisdizione o della competenza.

L'incompetenza per materia, oltre che come vizio originario dell'imputazione, può palesarsi quale conseguenza di vicende che connotano il successivo svolgimento del procedimento, con particolare riferimento a nuove contestazioni (cfr. artt. 516 e ss. c.p.p.), o ad una diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del Giudice (art. 521 c.p.p.).

Declaratoria d'incompetenza: effetti e rimedi

Alla declaratoria dell'incompetenza per materia consegue indefettibilmente, secondo quanto prevede l'art. 22, comma 2, c.p.p., per la fase che va dalla chiusura delle indagini al dibattimento, l'obbligo per il Giudice di disporre la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero istituito presso l'organo giudicante che ritiene fornito di competenza.

A tal riguardo occorre rammentare che la Corte costituzionale, con le sentenze nn. 76/1993 e 214/1996, ha censurato i differenti epiloghi originariamente contemplati dagli artt. 23 e 24 c.p.p., rispettivamente per il dibattimento e per il giudizio di appello: le disposizioni de quibus prevedevano, infatti, che gli atti fossero trasmessi direttamente al Giudice ritenuto competente, anziché al Pubblico Ministero.

In tale sede, la Consulta ha precisato che le norme censurate risultavano particolarmente lesive del diritto di difesa, precludendo all'imputato, in una situazione profondamente diversa insorta per effetto di un errore commesso da altri nell'individuazione della competenza per materia, la possibilità di richiedere il giudizio abbreviato.

Tali principi non trovano tuttavia applicazione nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.: recentemente le Sezioni Unite hanno difatti stabilito che il tribunale distrettuale che dichiari la propria incompetenza in favore della Corte di assise del medesimo distretto deve trasmettere gli atti direttamente a tale Giudice, non sussistendo, in tali ipotesi, la necessità della regressione del procedimento, avendo le parti già potuto liberamente esercitare i propri diritti dinanzi al Giudice naturale, e palesandosi la ripetizione dell'udienza preliminare come un adempimento in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo (Cass. S.U., n. 39746/2017; la S.C., in tale sede, ha ritenuto sovrapponibile all'incompetenza per materia quanto già la Corte costituzionale, con sentenza n. 104/2001, aveva affermato con riferimento all'incompetenza per territorio).

Peraltro, la S.C. ha anche precisato che l'erronea statuizione circa la trasmissione degli atti non attinge il contenuto decisorio del provvedimento, ma concerne esclusivamente una disposizione strumentale, pertanto è rimediabile attraverso la procedura di rettificazione degli errori non comportanti annullamento prevista dall'art. 619 c.p.p. (Cass. IV, n. 1526/2013).

Come si è accennato, a norma dell'art. 24 c.p.p., nel giudizio di appello, quando il Giudice del gravame riconosca che il Giudice di primo grado era incompetente per difetto, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Giudice di primo grado ritenuto competente.

La S.C. ha peraltro precisato che, quando per effetto della riqualificazione giuridica il fatto risulti appartenere alla competenza di un Giudice inferiore, il Giudice di appello conserva comunque la cognizione della causa, poiché negli “altri casi” di cui all'art. 24, comma 2, c.p.p., deve essere ricondotta l'eccezione di incompetenza per materia per eccesso non tempestivamente eccepita a norma dell'art. 23, comma 2, c.p.p.; inoltre, quando la derubricazione del reato in appello comporti la competenza per materia del Giudice di pace, il Giudice del gravame è competente a decidere anche al di fuori delle ipotesi che, a norma dell'art. 6 del d.lgs. n. 274/2000, importano la connessione fra procedimenti (Cass. III, n. 21257/2014).

Come già si accennava supra, la decisione della Cassazione sulla competenza è vincolante per il Giudice ad quem, salvo che risultino nuovi fatti che comportano una diversa qualificazione giuridica del reato o una modificazione della giurisdizione o della competenza (art. 25 c.p.p.).

Le sentenze sulla competenza che possono dar luogo al conflitto di cui al Capo V del Titolo I (artt. 28 e ss.) non sono ricorribili per Cassazione, stante l'art. 568, comma 2, c.p.p.: le Sezioni Unite hanno chiarito che tale norma deve ritenersi munita di portata precettiva generale, in quanto tale valevole per tutti i provvedimenti declinatori della competenza, ove suscettibili di dar luogo ad un conflitto, a prescindere dalla forma che gli stessi rivestono (Cass. S.U., n. 42030/2014).

In tale sede il Collegio Esteso ha confermato l'inoppugnabilità dell'ordinanza declinatoria emessa dal G.I.P., ritenutosi incompetente sulla richiesta di sequestro preventivo, a meno che si tratti di provvedimento abnorme: ne consegue che il P.M. non potrà avvalersi né dello strumento della impugnazione, né di quello del conflitto di competenza “in caso analogo”, posto che l'art. 28 c.p.p. ha evitato di includere nella nozione di conflitto i casi di contrasto tra Pubblico Ministero e Giudice, innovando rispetto al sistema previgente. Nell'ipotesi di cui all'art. 22, commi 1 e 2, il P.M. ha dunque esclusivamente il potere di rimettere gli atti all'omologo ufficio ritenuto competente.

A norma dell'art. 26 c.p.p., l'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove già acquisite. In tema di incompetenza per materia, la disposizione de qua prevede che le dichiarazioni rese al Giudice incompetente, se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell'udienza preliminare e ai fini delle contestazioni a norma degli artt. 500 e 503 c.p.p.

In materia cautelare, il Giudice che si ritenga incompetente non può provvedere sulla richiesta di applicazione della misura a meno che non sussista il requisito dell'urgenza previsto dall'art. 291, comma 2, c.p.p. A norma dell'art. 27 c.p.p., le misure cautelari disposte dal Giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiari incompetente per qualsiasi motivo, cessano di avere effetto se, entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti, il Giudice competente non provvede.

In argomento, la S.C. ha chiarito che non è impugnabile da parte del P.M. il provvedimento con il quale il G.I.P., ritenutosi incompetente, non abbia provveduto sulla domanda cautelare ritenendo insussistenti le ragioni di urgenza (Cass. I, n. 46588/2016).

Incompetenza funzionale

Al regime della incompetenza per materia per difetto è assimilata l'incompetenza c.d. funzionale, che concerne l'attribuzione in capo al Giudice del compito di svolgere determinati procedimenti ovvero determinate fasi, gradi o atti del procedimento (cfr. Tonini, op. ult. cit., 83).

Seppur non espressamente disciplinata, le regole concernenti la competenza funzionale sono ricavabili dall'impianto codicistico e seguono la scansione delle fasi procedimentali (si pensi alle numerose attribuzioni del Giudice per le indagini preliminari, ma anche alla devoluzione della cognizione ai giudici di appello sui gravami proposti avverso le sentenze del Tribunale e della Corte di Assiste).

L'incompetenza funzionale equivale pertanto al disconoscimento delle attribuzioni del Giudice in relazione allo sviluppo del processo, e riflette i propri effetti direttamente sull'idoneità specifica dell'organo all'adozione di un determinato provvedimento (così Cass. S.U., 20 luglio 1994).

La mancata osservanza delle norme che attribuiscono la competenza funzionale è dunque rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d'ufficio (cfr. ex plurimis, Cass. IV, n. 44189/2012), e il Giudice che la accerti deve disporre la trasmissione degli atti, secondo quanto ordinariamente previsto per l'incompetenza per materia, non al Giudice competente ma al Pubblico Ministero istituito presso tale Giudice.

In tal senso si è pronunciata la S.C. con riferimento all'incompetenza, qualificata come funzionale, derivante dalla mancata osservanza dell'attribuzione della cognizione al Giudice distrettuale in relazione agli artt. 51, comma 3-bis e 328, comma 1-bis, c.p.p. (cfr. Cass. IV, n. 1526/2013); la stessa deve essere individuata esclusivamente alla stregua della notizia di reato iscritta ai sensi dell'art. 335 c.p.p. (Cass. III, n. 13222/2016).

Le Sezioni Unite, in consonanza con il principio per cui “Giudice che procede” deve ritenersi l'organo che ha la materiale disponibilità degli atti, hanno stabilito che spetta al G.I.P. la competenza a decidere sulla richiesta di patteggiamento conseguente al decreto di giudizio immediato (Cass. S.U., n. 3088/2016, in Cass. pen., 2006, 4, 1333), in quanto è solo a seguito dell'inutile spirare del termine di 15 giorni previsto dall'art. 458 c.p.p. che il fascicolo viene trasmesso al Giudice del dibattimento.

È parimenti funzionale ed inderogabile la competenza del G.I.P. che ha emesso il decreto penale di condanna a celebrare il rito abbreviato chiesto con l'opposizione (Cass. I, n. 31345/2008).

La S.C. ha inoltre chiarito che, prima del dibattimento, competente ad adottare i provvedimenti che incidono sulla libertà personale e sui diritti soggettivi dei detenuti, ovvero dei soggetti in custodia cautelare, con particolare riferimento al diritto a mantenere relazioni sociali e familiari attraverso i colloqui in carcere, è il Giudice per le indagini preliminari (Cass. II, n. 43693/2016).

In materia di misure precautelari, le Sezioni Unite hanno chiarito che l'ordinanza coercitiva emessa dal G.I.P., ai sensi dell'art. 391, comma 5, c.p.p., in sede di convalida del fermo o dell'arresto disposto dall'ufficio del P.M. operante presso un diverso tribunale, perde efficacia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, comma 2, e 27 c.p.p., ove non sia seguita dalla tempestiva adozione di un nuovo titolo coercitivo da parte del Giudice competente (Cass. S.U., 14 luglio 1999), mentre rimane controversa la necessità di una formale declaratoria d'incompetenza (in senso contrario Cass. I, n. 37552/2004).

In tema di misure cautelari reali, la S.C. ha stabilito che deve qualificarsi come funzionale e non territoriale la competenza del Tribunale circondariale a conoscere delle impugnazioni cautelari, con la conseguenza che l'incompetenza del Giudice erroneamente adito può essere rilevata, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Cass. III, n. 19104/2008).

Riti speciali

Nel rito abbreviato, non si applica all'incompetenza per materia (né, deve ritenersi, all'incompetenza funzionale) il limite di deducibilità di cui al comma 6-bis dell'art. 438 (richiamato dagli artt. 452 e 458 c.p.p., che tuttavia prevede espressamente per l'imputato di formulare l'eccezione di incompetenza territoriale nella richiesta di rito speciale), introdotto dalla l. n. 103/2017 (c.d. riforma Orlando), a mente del quale la richiesta di procedere con il rito speciale preclude ogni questione sulla competenza per territorio.

In tema di patteggiamento, poiché la decisione del Giudice che ratifica l'accordo corrisponde all'interesse che le parti hanno ritenuto di soddisfare con la richiesta di applicazione della pena, l'ammissibilità del ricorso per Cassazione avverso detta decisione, con cui si lamenti unicamente l'incompetenza funzionale del Giudice ad emetterla, è subordinata alla specifica indicazione dell'utilità concreta perseguita con l'impugnazione, a nulla rilevando la rilevabilità d'ufficio del difetto (Cass. S.U., n. 4419/2005).

In tema di giudizio immediato, l'instaurazione del rito speciale per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p.) integra un'ipotesi di nullità assoluta, in quanto, oltre a precludere all'imputato il diritto a ricevere la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., determina un indebito mutamento del Giudice naturale all'esito del giudizio abbreviato (Cass. IV, n. 3805/2014).

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