Ricorso per cassazione contro la declaratoria di inammissibilità della ricusazione (art. 41)

Riccardo Lottini

Inquadramento

Ricorso per cassazione avverso l'ordinanza pronunciata de plano dalla Corte di appello con cui è stata dichiarata inammissibile la dichiarazione di ricusazione, inammissibilità che viene dichiarata quando la dichiarazione non proviene da soggetto legittimato, non è stata presentata nei termini previsti dall'art. 38 oppure senza il rispetto delle forme e modalità di presentazioni previste dal codice di rito.

Formula

ALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

Ricorso per cassazione contro la declaratoria di inammissibilità della ricusazione

(art. 41 c.p.p.)

Il sottoscritto Avv. ... 1, iscritto nell'albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle Magistrature superiori (iscrizione del ... ), nella sua qualità di difensore del Sig. ..., nato a ... il ..., imputato nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G. per la violazione degli articoli ...;

premesso

La Corte di Appello di ..., a seguito di dichiarazione presentata dallo scrivente legale nell'interesse del proprio assistito, con cui si chiedeva la ricusazione del Dott./Cons. ... perché in altro procedimento aveva espresso la propria valutazione sul medesimo fatto riguardante l'imputato, pronunciava de plano ordinanza n. ... del ... con cui riteneva inammissibile detta dichiarazione (all. n. 1).

La Corte di appello spiegava che la dichiarazione doveva ritenersi tardiva, perché era stata presentata al di fuori dei termini di cui all'art. 38, comma 1, c.p.p., in quanto lo scrivente difensore aveva in prima battuto depositato, ai sensi dell'art. 121 c.p.p., memoria con cui faceva presente al Collegio giudicante la situazione, chiedendo ad uno dei suoi componenti, il Dott./Cons. ... che dichiarasse la propria astensione al Presidente del Tribunale.

Solo successivamente, all'udienza di rinvio, quando il magistrato interessato aveva dichiarato di non volersi astenere, era stata presentata dichiarazione di ricusazione, ma oramai al di fuori dei termini di legge.

Inoltre l'inammissibilità, secondo il provvedimento della Corte di appello di ..., deriverebbe anche dalla circostanza che alla dichiarazione non è stata allegata la sentenza che conterrebbe la valutazione causa della ricusazione.

L'ordinanza è ingiusta, lo scrivente difensore ricorre per cassazione nei confronti della medesima ai sensi dell'art. 41 c.p.p. per i seguenti

MOTIVI

1) Nel caso in cui la dichiarazione di ricusazione segua una precedente sollecitazione di astensione, il termine per la dichiarazione di ricusazione decorre da quando il Giudice dichiara di non volersi astenere.

L'ordinanza impugnata non coglie nel segno nella parte in cui ritiene tardiva la dichiarazione di ricusazione che sia stata pronunciata solo dopo che il Giudice, sollecitato ad astenersi, abbia espresso la sua volontà contraria.

Come, infatti, spiega una recente decisione della Corte di Cassazione non è tardiva l'istanza che segua una precedente richiesta di ricusazione, in quanto ... (indicare le ragioni che portano a ritenere non tardiva la dichiarazione di ricusazione presentata solo dopo la manifestazione della volontà di non astenersi con indicazione delle decisioni della giurisprudenza di legittimità che dicono questo).

2) Non può considerarsi motivo di inammissibilità la mancata allegazione di documentazione già presenti in atti.

L'ordinanza che ha dichiarato l'inammissibilità non può condividersi neppure nella parte in cui ha ritenuto che l'illegittimità della dichiarazione di ricusazione derivi anche dalla circostanza che non è stata allegata la sentenza che conteneva la valutazione che giustificava la ricusazione.

In realtà la sentenza era già in atti, precisamente presente nel fascicolo del dibattimento formato ai sensi dell'art. 431 c.p.p., in quanto inserita in udienza preliminare a seguito di accordo tra lo scrivente difensore e il P.M. (all. nn. 2 e 3).

La giurisprudenza più recente, infatti, spiega che non è causa di inammissibilità la mancata allegazione di documenti che sono già presenti in atti, in quanto ... (spiegare quali sono gli argomenti a sostegno di tale tesi e quali sono le decisioni della Suprema Corte che affermano tale indirizzo).

pqm

Il sottoscritto Avv. ..., iscritto nell'albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle Magistrature superiori (iscrizione del ... ), nella sua qualità di difensore del Sig. ...,

chiede

a Codesta Ecc.ma Corte di Cassazione, in accoglimento dei due motivi di ricorso, che voglia annullare l'ordinanza impugnata e disporre la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di ... affinché proceda nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p. e si pronunci nel merito della dichiarazione di ricusazione.

Con ogni ossequio.

Luogo e data ...

Firma ...

Si allega:

1. ordinanza della Corte di Appello di ... del ... (cioè il provvedimento oggetto di impugnazione);

2. la sentenza pronunciata da ..., il giorno ... (il provvedimento che contiene la valutazione che giustifica la ricusazione);

3. verbale dell'udienza preliminare da cui risulta la produzione della sentenza.

 

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

[1] 1. Il ricorso può essere proposto anche dal P.M.

Commento

La ricusazione del Giudice : i presupposti

La ricusazione è lo strumento con il quale una delle parti processuali tende ad escludere un magistrato dalle sue funzioni in un determinato processo, in quanto si trova in una delle situazioni di cui all'art. 37 c.p.p. Riguarda il Giudice inteso come persona fisica e non come organo giudicante (Cass. IV, 30 aprile 1993) ed è destinata ad operare nell'ambito del giudizio di cognizione e, seppure in termini più ristretti, in quello di prevenzione (Cass. I, n. 43081/2016; Cass. VI, n. 15979/2016; contraCass. VI, n. 22960/2008), non essendo invece ipotizzabile la ricusazione del Giudice dell'esecuzione (Cass. I, n. 42834/2017).

I motivi di astensione sono indicati dall'art. 37 c.p.p.

La prima tipologia di ipotesi, quelle contemplate dalla lett. a), sono individuate attraverso la tecnica del rinvio alle situazioni nelle quali ricorre l'obbligo di astensione, ad eccezione, delle “altre gravi ragioni di convenienza” che, per la loro genericità, si sarebbero prestate a possibili strumentalizzazioni.

Ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. a), il Giudice può dunque essere ricusato dalle parti: a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private ovvero il difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge e dei figli; b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private, ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di queste parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge; c) se ha dato consigli ho ha manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dall'esercizio delle funzioni giudiziarie; d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private; e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata; f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge ha svolto funzioni di P.M.; g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli artt. 34 e 35.

Nelle decisioni in cui la giurisprudenza è stata chiamata ad applicare la disposizione ha avuto modo di precisare che affinché l'inimicizia possa considerarsi causa di ricusazione non deve riguardare il difensore e il Giudice, ma questi e una delle parti (Cass. II, n. 43884/2014) e trovare origine da rapporti personali estranei al processo e ancorati su circostanze oggettive (Cass. V, n. 5602/2013).

La seconda tipologia ipotesi di ricusazione, pervista dall'art. 37, comma 1, lett. b), sussiste tutte le volte in cui il Giudice, nell'esercizio delle sue funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, abbia manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione.

Si tratta di una ipotesi che si distingue da quella contemplata dall'art. 36, lett. c), perché quest'ultima, oltre a configurarsi qualora il parere venga espresso al di fuori dell'esercizio delle funzioni, contempla l'espressione “oggetto del procedimento” che ha un contenuto più ampio rispetto a quella di “fatti oggetto dell'imputazione” adottata dall'art. 37, lett. b), ricomprendendo la prima qualsiasi esternazione sul procedimento nel suo complesso (Cass. II, n. 20923/2005).

L'art 37, comma 1, lett. b) richiede che la manifestazione del proprio convincimento nell'esercizio delle proprie funzioni debba essere “indebita”.

Viene considerata tale dalla giurisprudenza l'anticipazione dell'opinione di colpevolezza o innocenza dell'imputato senza che ne esista la necessità ai fini della decisione interlocutoria e incidentale eventualmente adottata, in quanto non imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali (Cass. V, n. 17774/2014) oppure perché la manifestazione avviene al di fuori di ogni collegamento con l'esercizio delle funzioni espletate nella specifica fase procedimentale (Cass. VI, n. 43965/2015).

Di contro non può parlarsi di “manifestazione indebita” quella che viene esternata in relazione a funzioni legittimamente esercitate dal Giudice nella fase del procedimento, come sono le pronunce de libertate e il generale esercizio del potere cautelare da parte del Giudice (Cass. VI, n. 16453/2015; Cass. VI, n. 11/2015).

È stato anche messo in evidenza come non costituisca causa di ricusazione l'applicazione nel corso del procedimento di una misura cautelare reale (Cass. VI, n. 7082/2010) oppure aver fatto parte del Tribunale del riesame che ha confermato il provvedimento applicativo della misura cautelare reale (Cass. I, n. 58024/2017), sulla base del rilievo che in detti procedimento non si discute della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma del diverso concetto del fumus del reato.

Le ipotesi di ricusazione previste dall'art. 37 devono considerarsi tassative e non suscettibili di interpretazione analogica, in quanto le norme che prevedono le cause di ricusazione sono eccezionali e, come tali, di stretta interpretazione, sia perché determinano limiti all'esercizio del potere giurisdizionale ed alla capacità del Giudice, sia perché consentono un'ingerenza delle parti nella materia dell'ordinamento giudiziario, che attiene al rapporto di diritto pubblico fra Stato e Giudice (Cass. V, n. 11980/2017; v. anche Cass. V, n. 6245/2015).

La categoria delle ipotesi di ricusazione è stata però ampliata dalla Corte costituzionale che ha ritenuto illegittima la disposizione nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato il Giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto (Corte cost., n. 283/2000).

Sulla scorta di tale decisione del Giudice delle leggi, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno spiegato come sussista una causa di ricusazione nei confronti del magistrato chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato che abbia già pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente eventuale nel reato, allorquando dalla motivazioni di essa risultino espresse valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del soggetto sottoposto a giudizio (Cass. S.U., n. 36847/2014 che ha precisato che se la pronuncia riguarda però una fattispecie plurisoggettiva necessaria – il caso di specie riguardava un reato associativo – allora la pronuncia della sentenza di patteggiamento configura una ipotesi di incompatibilità e quindi di ricusazione per così dire automatica; sulla possibilità di ricusazione del Giudice che si sia pronunciato con riferimento a fattispecie a concorso necessario v. Corte cost., n. 371/1996).

La Suprema Corte ha avuto modo di spiegare che, in tema di reato associativo ex art. 74, d.P.R. n. 309/1990, non può partecipare al giudizio nei confronti di un imputato, il Giudice che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l'aggravante del numero degli associati, prevista dal comma 2 dello stesso art. 74, nei confronti di un coimputato del medesimo reato (Cass. III, n. 17142/2018).

Non può invece considerarsi legittima causa di ricusazione, l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui all'art. 464-quater c.p.p., che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase processuale che non implica alcuna valutazione nel merito dell'accusa, ma esclusivamente una delibazione sull'inesistenza di cause di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p. nonché una verifica dell'inidoneità del programma di trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva (Cass. III, n. 14750/2016).

La Corte di Cassazione ha anche precisato che non sussiste alcuna valida causa di ricusazione del Giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in precedente procedimento nei confronti di alcuni coimputati e che successivamente concorra a pronunciare in separato processo altra sentenza nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato associativo, qualora la posizione di quest'ultimo, e, dunque, la sua responsabilità penale, non sia stata oggetto di valutazione di merito nel precedente processo (Cass. VI, n. 39367/2017).

Soggetti legittimati a proporre l'istanza e termini di proposizione

L'istanza è un atto che può essere presentato dal P.M. o dall'interessato, personalmente o attraverso un suo procuratore speciale. In questo caso la procura speciale deve contenere, a pena inammissibilità, i motivi della ricusazione.

La disposizione (art. 38, comma 4, c.p.p.) stabilisce che la dichiarazione possa provenire anche dal difensore dell'interessato. La giurisprudenza precisa che lo stesso deve comunque avere uno specifico mandato, anche se non è necessaria una vera e propria procura speciale, ma non sufficiente un generico mandato defensionale (Cass. V, n. 37468/2014; Cass. I, n. 24099/2009; si ritiene sufficiente anche un generico riferimento alle cause di ricusazione Cass. III, n. 12983/2014).

La Corte di Cassazione spiega però che, con riferimento all'imputato latitante, la dichiarazione di ricusazione può essere presentata direttamente dal difensore anche in assenza di uno specifico mandato, poiché la disposizione contenuta nell'art. 165, comma 3, c.p.p., secondo la quale l'imputato latitante o evaso è rappresentato ad ogni effetto dal proprio difensore, si riferisce, allo scopo di assicurare il più ampio esercizio del diritto di difesa, anche ai diritti ed alle facoltà che la disciplina processuale riserva personalmente all'imputato non latitante o evaso (Cass. IV, n. 43872/2017; Cass. I, n. 18908/2001).

La persona offesa, invece, stando alla giurisprudenza, non può presentare istanza di ricusazione (Cass. VI, n. 48949/2008; Cass. II, n. 36579/2008).

I commi 1 e 2 dell'art. 38 c.p.p. indicano i termini entro i quali la dichiarazione di ricusazione deve essere proposta, spiegando, al comma 1, che nell'udienza preliminare la stessa possa essere presentata fino a quando non si siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine per la proposizione delle eccezioni preliminari di cui all'art. 491 c.p.p.; in tutti gli altri casi, prima del compimento dell'atto da parte del Giudice.

Il comma 2 stabilisce che se la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini sopra indicati, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se però la causa è sorta o è divenuta nota durante l'udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell'udienza.

Per quanto riguarda i termini di cui al comma 1, recentemente la Corte di Cassazione ha avuto modo di spiegare che non può considerarsi tardiva la dichiarazione di ricusazione del Giudice quando la stessa sia stata preceduta da un formale invito ad astenersi rivolto allo stesso Giudice, il quale si sia riservato di decidere, rinviando quindi il processo ad altra udienza in apertura della quale, a fronte dello scioglimento della riserva in termini negativi, la dichiarazione anzidetta sia stata presentata (Cass. III, n. 38692/2017; v. in passato Cass. VI, n. 49080/2013 e Cass. V, n. 33422/2008 che invece ritenevano che i termini per l'astensione e la ricusazione decorressero autonomamente).

La dichiarazione può essere presentata fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. Se ci sono le parti civili, il momento conclusivo coincide con l'ammissione delle stesse, e deve dunque considerarsi tempestiva la dichiarazione intervenuta precedentemente a tale incombente (Cass. V, n. 13380/2014). Così come deve considerarsi tempestiva la dichiarazione presentata nell'udienza di rinvio, disposta per difetto di notifica dell'atto introduttivo ad una parte processuale, senza che nella prima udienza fosse stata dichiarata l'apertura del dibattimento (Cass. V, n. 3066/2016).

Appare utile sottolineare come, qualora il procedimento non abbia superato i termini di cui all'art. 38, comma 1, c.p.p., la presentazione della dichiarazione prima di tali momenti deve considerarsi tempestiva anche se la conoscenza della causa di ricusazione risalga a un periodo superiore ai tre giorni precedenti (Cass. V, n. 8131/2014 che ha spiegato come il termine di tre giorni riguardi solamente le ipotesi di cui al comma 2; v. anche Cass. III, n. 4649/2015).

Per quanto riguarda la disposizione dell'art. 38, comma 2, c.p.p., con il termine udienza si deve intendere non tutto il “dibattimento”, bensì “l'unità quotidiana di lavoro” (Cass. VI, n. 17170/2017; Cass. V, n. 16159/2016).

Qualora la causa di ricusazione sorga durante l'udienza, la giurisprudenza, comprendendo che il difensore o la parte da questo assistita, non possa lasciare l'udienza per preparare e presentare l'istanza di ricusazione, tenendo anche presente che spesso la cancelleria dove presentarla si trova a distanza dalla sede del magistrato da ricusare, è pacifica nel ritenere che la dichiarazione è tempestiva se il soggetto legittimato abbia formulato riserva in udienza e presentato la dichiarazione nei tre giorni successivi (Cass. III, n. 45544/2017; Cass. V, n. 44058/2017; Cass. III, n. 7977/2017; Cass. III, n. 12983/2014).

Il termine di tre giorni dall'udienza vale anche nel caso in cui l'imputato sia assente, non potendo questi invocare la mancata presenza per guadagnare più tempo per la presentazione della dichiarazione di ricusazione. In questi casi l'immediata conoscenza della causa di ricusazione viene presunta, in virtù del rapporto che lega il difensore all'imputato e alla presunzione che tra gli stessi vi sia una continua e diretta comunicazione di tutti gli elementi rilevanti per l'esercizio delle facoltà difensive (Cass. V, n. 37468/2014; Cass. III, n. 12983/2014; ciò vale solo se il difensore è presente alla stessa, non invece qualora sia assente per legittimo impedimento Cass. VI, n. 41110/2013).

Qualora, invece, la causa sorga fuori dall'udienza i tre giorni, decorrono da quando vi è la prova della effettiva personale e integrale conoscenza, senza possibilità di ricorrere a presunzioni di conoscenza (come quando la causa sorga in udienza), in quanto in questo caso sarebbe difficile la verifica del rispetto dell'ordinaria diligenza da parte dell'interessato (Cass. VI, n. 19533/2014; Cass. VI, n. 1110/2013).

Forme e modi di presentazione della dichiarazione di ricusazione

La dichiarazione di ricusazione ha carattere rigorosamente formale, oltre che per i termini, anche per le modalità di presentazione. La stessa deve essere redatta per iscritto, a pena di inammissibilità, depositata nella cancelleria del Giudice competente a decidere e corredata dei documenti diretti a comprovarne i contenuti. Se mancano i documenti a sostegno dei motivi addotti, la dichiarazione deve considerarsi inammissibile (Cass. I, n. 7890/2015; Cass. VI, n. 4856/2014), a meno che non si tratti di documenti che già si trovano all'interno del fascicolo processuale (Cass. IV, n. 38609/2017; Cass. I, n. 42150/2012; v. però Cass. VI, n. 4856/2014 in cui l'inammissibilità è stata dichiarata nonostante i documenti cui si faceva riferimento fossero già in atti).

Copia della dichiarazione deve anche essere depositata nella cancelleria dell'ufficio cui è addetto il Giudice ricusato. In passato alcune isolate sentenze hanno ritenuto che la mancata attestazione di detto deposito fosse requisito di ammissibilità della dichiarazione (Cass. V, n. 42889/2010; più di recente in senso contrario Cass. II, n. 31212/2014).

È sicuramente inammissibile la presentazione della dichiarazione per il mezzo del servizio postale (così Cass. II, n. 3043/2017; Cass. VI, n. 1748/2014).

Giudice chiamato a decidere e conseguenze della presentazione dell'istanza di ricusazione

Competente a decidere sull'istanza di ricusazione è la Corte di appello, se la dichiarazione riguarda un magistrato del Tribunale, della Corte di assise, della Corte di assise di appello (art. 40, comma 1, c.p.p.), ma anche se riguarda il Giudice di pace (art. 10, comma 2, d.lgs. n. 274/2000) o un magistrato del tribunale di sorveglianza (Cass. I, n. 37523/2010).

Qualunque sezione della stessa può essere chiamata a decidere, anche civile (Cass. VI, n. 43786/2014; Cass. VI, n. 44713/2013).

Se la ricusazione riguarda un magistrato della Corte di appello, la decisione spetta sempre a una sezione della Corte di appello, purché diversa da quella a cui appartiene il Giudice ricusato (art. 40, comma 1, ultimo periodo c.p.p.).

Se il magistrato interessato dall'istanza è della Corte di Cassazione, decide una sezione della Corte stessa, purché diversa rispetto a quella cui appartiene (art. 40, comma 2, c.p.p.).

Non è possibile la ricusazione dei giudici chiamati a pronunciarsi sulla ricusazione (art. 40, comma 3, c.p.p.).

La dichiarazione può portare a due esiti.

In primo luogo, se la stessa è presentata da soggetto non legittimato, senza l'osservanza dei termini o delle forme previsti dall'art. 38 c.p.p., oppure i motivi sono manifestamente infondati, il Giudice chiamato a decidere emette ordinanza di inammissibilità pronunciata de plano, senza particolari formalità (v. Cass. IV, n. 42024/2017; Cass. III, n. 6211/2014; Cass. III, n. 19964/2007 in caso di motivi manifestamente infondati; v. anche Cass. I, n. 18435/2013 che spiega che se la Corte non fissa udienza, ma erroneamente chiede parere al Procuratore generale, il parere deve comunque essere portato a conoscenza del ricusante altrimenti si determina l'illegittimità della decisione per violazione del contraddittorio).

In secondo luogo, se invece non vi sono condizioni di inammissibilità, la Corte decide nel merito con le forme previste dall'art. 127 c.p.p. dopo aver assunto, se necessario le opportune informazioni. In questo caso la partecipazione deve essere consentita a tutte le parti processuali che sono sentite se presenti (Cass. I, n. 8212/2010; non ha diritto di partecipare e di ricevere l'avviso di fissazione dell'udienza il Giudice ricusato: così Cass. III, n. 37118/2017).

Fin dal momento della sua presentazione, la dichiarazione di ricusazione impedisce al Giudice ricusato di pronunciare o concorre a pronunciare sentenza, fino a che non intervenga l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione (art. 40, comma 2, c.p.p.). La Corte chiamata a decidere sulla ricusazione, se non ritiene inammissibile la dichiarazione di ricusazione può ordinare che il Giudice sospenda temporaneamente ogni attività o si limiti al compimento degli atti urgenti (art. 41, comma 2, c.p.p.).

Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di precisare che se il Giudice, in pendenza della decisione di ricusazione, pronuncia (o concorre a pronunciare) sentenza, al di là degli eventuali rilievi deontologici, tale decisione conserva validità se la ricusazione è dichiarata inammissibile o rigettata, mentre è viziata da nullità assoluta se la ricusazione viene accolta (Cass. S.U., n. 23122/2011).

In caso di accoglimento della ricusazione il Giudice ricusato non può compiere più alcun atto del procedimento (pena nullità assoluta degli atti eventualmente compiuti, per difetto di capacità ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. a) e 179: Cass. VI, n. 34560/2014). Il provvedimento di accoglimento dichiara anche se, e in quale parte, gli atti compiuti precedentemente dal Giudice conservano efficacia (v. art. 42).

In assenza di una espressa dichiarazione di conservazione di efficacia degli atti, quelli compiuti in precedenza e non menzionati perdono efficacia (Cass. VI, n. 10160/2015; Cass. S.U., n. 13626/2010), a meno che non si tratti di atti che non hanno natura probatoria (Cass. V, n. 34811/2016 che ha precisato che non perde efficacia il provvedimento di sospensione della custodia cautelare).

Il provvedimento di accoglimento, nella parte in cui si pronuncia sulla conservazione degli effetti dell'atto, non è soggetto a impugnazione, tuttavia il nuovo Giudice designato, nel contraddittorio delle parti, può individuare ulteriori atti inutilizzabili (Cass. VI, n. 4694/2017).

Il Giudice ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio secondo le leggi di ordinamento giudiziario (art. 43, comma 1), sempre che sia possibile altrimenti viene rimesso il procedimento al Giudice ugualmente competente per materia individuato ai sensi dell'art. 11 c.p.p. (art. 43, comma 2, c.p.p.).

In caso di declaratoria di inammissibilità o di rigetto, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento di una somma alla cassa delle ammende che va da Euro 258 a Euro 1549 (art. 44 c.p.p.). La giurisprudenza spiega come la sanzione è emanata nell'esercizio di un potere disciplinare del Giudice nei confronti della parte che viola il dovere di non intralciare l'organizzazione giudiziaria e trova fondamento nella necessità di evitare la proliferazione di ricusazioni infondate proposte a scopo defatigatorio (v. negli esatti termini Cass. III, n. 4651/2016).

La reiterata proposizione da parte dell'imputato di dichiarazioni di ricusazione di tutti o taluni componenti dei collegi giudicanti designati alla trattazione dei procedimenti che lo riguardano, sulla base di deduzioni sempre analoghe, integra una condotta di abuso del processo, in quanto volta ad ottenere non garanzie effettive, ovvero migliori possibilità di difesa, ma esclusivamente la paralisi della funzione processuale (Cass. VI, n. 11414/2018).

La dichiarazione di ricusazione si considera come non proposta se nelle more il Giudice ricusa dichiara di astenersi (v. art. 39 c.p.p.).

I rimedi contro i provvedimenti in materia di ricusazione. In particolare il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che dichiara inammissibile la dichiarazione

Come già visto, l'ordinanza di accoglimento della dichiarazione di ricusazione, nella parte in cui indica gli atti che mantengono efficacia, non può essere impugnata, così come è inoppugnabile l'ordinanza pronunciata dalla Corte di Cassazione quando è chiamata a decidere sulla ricusazione di componenti di altra sezione, anche quella che dichiara l'inammissibilità (Cass. VI, n. 11414/2018; quando la Cassazione non è Giudice dell'impugnazione, può pronunciare ordinanza de plano: Cass. III, n. 46032/2008).

Negli altri casi, invece, è ammesso il ricorso per cassazione, sia nei confronti dell'ordinanza che rigetta sia quella che accoglie l'istanza pronunciata a seguito di procedimento camerale ai sensi dell'art. 127 c.p.p. (v. art. 127, comma 7, c.p.p.). Il rigetto della dichiarazione di ricusazione può essere impugnato solo da chi abbia presentato la dichiarazione, non da coloro che hanno comunque partecipato all'udienza (Cass. VI, n. 24087/2016).

L'art. 41, comma 1, ultimo periodo precede che può presentarsi ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza, pronunciata de plano, che dichiara l'inammissibilità della dichiarazione.

Occorre ricordare che la Riforma Cartabia ha modificato la disciplina del deposito delle impugnazioni. Quando entrerà a pieno regime, cioè trascorsi 15 giorni dall'emanazione dei decreti attuativi, il deposito dovrà avvenire con le modalità telematiche indicate dall'art. 111-bis c.p.p., norma non ancora entrata in vigore. Attualmente, non più possibile con il deposito c.d. fuori sede (l'art. 582, comma 2, c.p.p. è stato abrogato e l'abrogazione è già operativa), neppure con raccomandata o telegramma, il deposito può avvenire presso la cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento oppure, ai sensi dell'art. 87-bis con invio di PEC alla cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento, all'indirizzo individuato dal Direttore dei sistemi informativi automatizzati.

La Corte di Cassazione quando si pronuncia sul ricorso contro l'ordinanza di inammissibilità deve decidere in camera di consiglio ai sensi dell'art. 611 c.p.p. (v. Cass. III, n. 46032/2008).

La Suprema Corte ha avuto modo di spiegare che è illegittima l'ordinanza di inammissibilità adottata all'esito di procedura camerale de plano ai sensi dell'art. 41 c.p., quando i motivi addotti concernono questioni controverse nella giurisprudenza, poiché tale circostanza ne esclude la manifesta infondatezza (Cass. III, n. 18147/2015; Cass. I, n. 1634/2014 in applicazione di detto principio, la Corte, in entrambe le occasioni, ha ritenuto necessaria l'instaurazione del procedimento camerale partecipato, ai fini della valutazione di ammissibilità della dichiarazione di ricusazione dei componenti di un collegio, incaricato della trattazione di impugnazione avverso misura di prevenzione).

Il ricorso per cassazione non sospende gli effetti dei provvedimenti che si pronunciano in merito alla ricusazione, anche quello di accoglimento, a meno che il Giudice che l'ha emessa non disponga diversamente (Cass. III, n. 12987/2015).

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