Opposizione alla revoca dell'ammissioneInquadramentoLo strumento previsto con l'opposizione alla revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in materia penale ha sempre avuto un vulnus giurisdizionale a cui ha dovuto porre riparo la giurisprudenza che col tempo ha progressivamente esteso lo strumento dell'opposizione ex art. 99 T.U. Spese di Giustizia, previsto per il diniego di ammissione, anche a tutte le ipotesi di revoca della stessa. La maggior parte dei problemi che giustificano la revoca deriva da motivi afferenti al reddito del richiedente, e questo spiega il litisconsorzio necessario con l'Agenzia delle Entrate. Accade spesso che motivi di diniego d'ammissione vengano rilevati dal Giudice soltanto in sede di liquidazione dei compensi richiesta dal difensore alla fine del procedimento penale. Il che si traduce spesso in un decreto di diniego di liquidazione anziché di revoca dell'ammissione, come dovrebbe essere [art. 112, comma 1, lett. d) T.U. Spese di Giustizia]. Da qui, la connessione fra l'argomento dell'opposizione alla revoca dell'ammissione e quello dell'opposizione al diniego di liquidazione (v. formula in argomento). FormulaEcc.mo Presidente del ... PROCURA SPECIALE ... RICORSO (artt. 99, T.U. Spese di Giustizia e 14, d.lgs. n. 150/2011) nel procedimento penale sub R.G. ... promosso contro il Sig. ..., nato il ... a ..., residente in ... alla via ..., C.F. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ..., C.F. ..., PEC ..., giusta procura speciale in calce al presente ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio di questi in ... , AVVERSO il decreto del ... n. ... d.d. ... del cui deposito è stato dato avviso in data ..., con cui viene revocata l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in data ... , CONTRO l'Agenzia delle Entrate, Dir. Prov.le di ... [1] , in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, con sede in ... . *** IN FATTO ... ; IN DIRITTO ... . *** Tutto ciò premesso, il Sig. ..., ut supra rappresentato e difeso, RICORRE affinché l'adito Ecc.mo Presidente del ... voglia fissare l'udienza di comparizione delle parti ai sensi dell'art. 281-undecies, comma 2, c.p.c. assegnando al ricorrente termine per citare l'Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale di ... in persona del Direttore pro tempore con sede in ..., a comparire innanzi al Presidente del ..., nella sua nota sede posta in ..., all'udienza all'uopo fissata, invitando la stessa a costituirsi nel termine di 10 (dieci) giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini, implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e così, in sua rituale presenza, ovvero dichiarata contumacia, sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI vorrà l'Ill.mo Presidente del ... revocare l'impugnato decreto, e per conseguenza ammettere il ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, con decorrenza dal ..., data di presentazione dell'istanza (art. 109 T.U.S.G.), nonché riconoscere la rimborsabilità a spese dello Stato anche delle spese del presente ricorso (procedura derivata e accidentale connessa al processo penale in cui il beneficio è stato richiesto: art. 75, comma 1, T.U.S.G.), da quantificare con separata nota di riservato deposito. Il ricorrente ... invita il convenuto ... a costituirsi ai sensi, nelle forme e nel termine stabiliti dall'art. 281-undecies c.p.c., e a comparire dinanzi al Giudice designato all'udienza fissata ai sensi del medesimo art. 281-undecies c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il termine previsto dall'art. 281-undecies c.p.c. implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 281-undecies c.p.c. In via istruttoria: (indicazione specifica dei mezzi di prova) Si dimettono i seguenti documenti: 1) Decreto di revoca impugnato, col relativo avviso di deposito; 2) Copia dell'istanza di ammissione rigettata completa di allegati; 3) Documentazione delle spese anticipate dopo la reiezione dell'istanza. Ai fini del versamento del contributo unificato d'iscrizione a ruolo, si dichiara che il presente procedimento ha valore indeterminabile, è di volontaria giurisdizione e ha natura di rito semplificato di cognizione di cui al d.p.r. n. 115/2002, si dichiara che il valore della controversia è pari ad Euro ... . Le comunicazioni di cancelleria relative al presente procedimento potranno essere effettuate al n. fax ... ovvero alla casella PEC ... . Con osservanza. Luogo e data ... Firma Avv. ... Il ricorso, ai sensi dell'art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c., richiamato dall'art. 281-undecies c.p.c., deve contenere tra l'altro l'esposizione in modo chiaro e specifico (così come espressamente previsto dalla Riforma Cartabia) dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. 1. Solo nell'ipotesi in cui la revoca fosse avvenuta per motivi estranei al reddito della parte ammessa, sarà opportuno convenire in giudizio il Ministero della Giustizia anziché l'Agenzia delle Entrate. CommentoI presupposti della revoca L'art. 112 del T.U. Spese di Giustizia, in tema di revoca del decreto di ammissione, - Il magistrato, con decreto motivato, revoca l'ammissione: 1) se, nei termini previsti dall'art. 79, comma 1, lettera d), l'interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito, e dunque, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione; 2) se, a seguito della comunicazione prevista dall'art. 79, comma 1, lettera d), cioè quella relativa alla variazione del reddito, le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da escludere l'ammissione; 3) se, nei termini previsti dall'art. 94, comma 3, e dunque entro venti giorni dalla data di presentazione dell'istanza per il cittadino di Stati non appartenente all'Unione europea che sia detenuto, internato per l'esecuzione di una misura di sicurezza, in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero sia custodito in un luogo di cura, non venga prodotta, dal difensore o da un componente della famiglia dell'interessato, la certificazione dell'autorità consolare; 4) d'ufficio o su richiesta dell'ufficio finanziario competente presentata in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, se risulta provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92; 5) anche se all'esito delle integrazioni richieste ai sensi dell'art. 96, commi 2 e 3 e dunque se vi sono fondati motivi per ritenere che l'interessato non versa nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92, tenuto conto (delle risultanze del casellario giudiziale) del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte. A tale fine, prima di provvedere, il magistrato può trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche. Inoltre, la giurisprudenza e la sistemica hanno individuato due ulteriori casistiche come di seguito richiamate: 6) nel caso in cui l'assistito nomini un secondo difensore (art. 91, comma 2, T.U.S.G.) al di fuori dei casi richiamati e consentiti all'interno dell'art. 100 T.U. Spese di Giustizia; 7) rilevazione tardiva di sussistenza di condanna che importi la presunzione di abbienza (art. 76, comma 4-bis, T.U. Spese di Giustizia). L'ipotesi sub 1) costituisce la conseguenza amministrativa dell'inadempienza: In base all'ipotesi di cui al punto 1), di recente, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito come ai sensi dell'art. 112, lett. a) del d.P.R. n. 115/2002, la mancata comunicazione delle variazioni di reddito comporta in sé e per sé la revoca del beneficio, a prescindere dalla circostanza che la variazione risulti non determinativa del superamento del limite reddituale comportante l'ammissione (Cass. civ. VI, n. 9727/2022). Infatti, quanto richiamato dal punto 1) è un vero e proprio obbligo a cui è sottoposta la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato che, com'è noto deve includere – a pena d'inammissibilità [art. 79, comma 1, lett. d) T.U. Spese di Giustizia] – l'impegno a comunicare le variazioni di reddito rilevanti ai fini dell'ammissione. In caso contrario, il richiedente commetterebbe la fattispecie di reato di cui all'art. 95 T.U. Spese di Giustizia, con consequenziale, in caso di condanna, revoca con effetto retroattivo. Va aggiunto, in specie, che il reato di cui al d.P.R. n. 115/2002, art. 95, è figura speciale del delitto di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) e, come quello, ha natura di reato di pura condotta, sicché il relativo perfezionamento prescinde dal conseguimento di un eventuale ingiusto profitto che, anzi, qui costituisce un aggravante. Consegue che il dolo del delitto in questione, essendo anch'esso costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, non può essere escluso nel caso in cui è stato anche motivatamente escluso un errore sull'identificazione dei redditi da inserire nella dichiarazione. Il reato di pericolo in esame, si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l'ammissione al beneficio. (Cass. IV, n. 418/2021). La responsabilità per il reato in esame non deriva quindi dalla riconosciuta e dichiarata consapevolezza delle conseguenze anche penali della falsità eventualmente contenute nella dichiarazione resa ai fini della ammissione al beneficio, bensì dalla violazione del d.lgs. n. 115/2002, art. 95, che riconduce la sanzione penale alla falsità totale e parziale, nonché alle omissioni della dichiarazione sostitutiva della certificazione, non potendo neppure di regola assumere rilievo la deduzione di una ignoranza incolpevole, ai sensi dell'art. 47 c.p., in quanto gli artt. 76 e 79 T.u., che disciplinano la materia dl patrocinio a spese dello stato e che vengono richiamati dall'art. 95 stessa legge, non costituiscono norme extra penali, in quanto non possono ritenersi del tutto estranee al settore di appartenenza, o destinate a regolare rapporti avulsi dalla disciplina penalistica, inserendosi al contrario nello stesso contesto normativo ove è collocata la norma incriminatrice e segnando appunto il confine delle condizioni di reddito oltre le quali, la manifestazione del richiedente è suscettibile di sanzione penale (Cass. IV, n. 14011/2015, Cass. VI, n. 263013/2015). È stato altresì affermato che la responsabilità per il reato in esame non deriva dalla riconosciuta e dichiarata consapevolezza delle conseguenze anche penali della falsità eventualmente contenute nella dichiarazione resa ai fini della ammissione al beneficio, bensì dalla violazione del d.lgs. n. 115/2002, art. 95, che riconduce la sanzione penale alla falsità totale e parziale, nonchè alle omissioni della dichiarazione sostitutiva della certificazione, non potendo neppure di regola assumere rilievo la deduzione di una ignoranza incolpevole, ai sensi dell'art. 47 c.p., in quanto gli artt. 76 e 79 T.U., che disciplinano la materia dl patrocinio a spese dello stato e che vengono richiamati dall'art. 95 stessa legge, non costituiscono norme extra penali, in quanto non possono ritenersi del tutto estranee al settore di appartenenza, o destinate a regolare rapporti avulsi dalla disciplina penalistica, inserendosi al contrario nello stesso contesto normativo ove è collocata la norma incriminatrice e segnando appunto il confine delle condizioni di reddito oltre le quali, la manifestazione del richiedente è suscettibile di sanzione penale (Cass. IV, n. 14011/2015, Bucca, 263013; Cass. VI, 31 marzo 2015, Ceppaglia, Rv. 263808). Nondimeno la stessa manifestazione di volontà deve risultare sorretta dal dolo generico rigorosamente provato che esclude la responsabilità per un difetto di controllo da considerarsi condotta colposa (Cass. I, n. 272192/2018 Zappia; Cass. n. 271051/2017, Bonofiglio; Cass. n. 271949/2017, Avagliano). Invero se da un lato l'agente non può invocare, per escludere la colpa, la ignoranza sui presupposti di fatto che integrano la disciplina del patrocinio a spese dello Stato con riferimento ai soggetti e all'oggetto della dichiarazione di scienza da allegare alla richiesta di ammissione, dall'altro l'errore può assumere rilievo allorquando orienti la dichiarazione in una prospettiva di falsa rappresentazione della realtà, soprattutto quando la stessa si fondi su documenti fiscali allo stesso non riferibili. È bene precisare come, la Cassazione ha sottolineato che quando il Giudice che deve provvedere, a seguito delle verifiche degli uffici finanziari, anche ai sensi dell'art. 96, comma 2, d.P.R. cit., ritenga sussistenti gli estremi del reato di cui all'art. 95 cit., dovrà trasmettere gli atti al Pubblico Ministero, ma non potrà laddove non vi sia superamento della soglia stabilita dall'art. 76, negare la provvidenza (Cass. IV, n. 28249/2022). Il caso di cui sub 2): attiene alla casistica fisiologica di cui alla variazione rilevante del reddito che, in seguito a opportuna e debita comunicazione, determinerà la relativa revoca irretroattiva del beneficio, così da vedere riconosciuto all'istante quanto dovuto fino a quel momento. Tale calcolo decorre a far data dalla ricezione della comunicazione da parte del Giudice agli effetti, peraltro, di quanto prescritto dall'art. 114 T.U. Spese dello Stato. L'ipotesi sub 3) è molto delicata e frequente: Per i cittadini non appartenenti all'Unione Europea è prevista e va presentata, per i redditi prodotti all'estero, a pena d'inammissibilità, la certificazione della competente autorità consolare che attesti la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'istanza di ammissione al beneficio - d.P.R. n. 115/2002, art. 79, comma 2. In tal senso, va sottolineato come detta certificazione debba essere prodotta dal richiedente all'atto della proposizione della domanda, o in alternativa, successivamente, entro il termine di 20 giorni dalla presentazione della stessa. Da ultimo è bene precisare che secondo il d.P.R. n. 115/2002, art. 94, commi 2 e 3, in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell'art. 79, commi 2 e 3, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione. Tenuto conto delle peculiarità che il procedimento penale presenta nelle sue fasi d'avvio, spesso di natura cautelare, e della tempistica che lo caratterizza, il concetto di impossibilità può anche riferirsi in termini meno assoluti, nel senso da ricomprendervi i casi in cui il richiedente si sia utilmente e tempestivamente attivato per ottenere le previste certificazioni; non potendosi certamente farglisi carico di inadempienze o lungaggini burocratiche che riguardino uffici appartenenti a Paesi esteri. Attesa, quindi, l'impossibilità di produrre tempestivamente le predette certificazioni, del tutto legittimamente, i ricorrenti potranno allegare alle richieste di gratuito patrocinio dichiarazioni sostitutive delle certificazioni stesse, nel rispetto di quanto dispone il d.P.R. n. 115/2002, art. 94, comma 2, il quale consente, con riguardo alla ammissibilità di tale domanda proposta da cittadino extracomunitario, che costui, ove non sia nelle condizioni di produrre la certificazione consolare di cui al d.P.R. n. 115/2002, art. 79, comma 2, possa sopperirvi con apposita autocertificazione sostitutiva di tale certificazione. L'ipotesi sub 4): la cui revoca avviene su istanza dell'Agenzia delle Entrate, è disciplinata assieme a quella sub 5) che in questo caso è disposta d'ufficio dal Giudice che procede, nella lett. d) del comma 1 dell'art. 112, T.U. Spese di Giustizia recante due ipotesi distinte di revoca, fondate sulla stessa ragione: la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito per poter beneficiare del p.s.S. In questi casi la revoca è la conseguenza di informazioni sopravvenute sul tenore di vita dell'ammesso al beneficio, acquisite ex art. 96 T.U. Spese di Giustizia (Cass. IV, n. 42651/2005) o desunte dai precedenti penali dell'interessato dopo l'acquisizione di un certificato del casellario giudiziale aggiornato. Vale la pena sottolineare che nessun rilievo può essere attribuito alla percezione di proventi illeciti da reato commesso a fini di lucro se questo non è accertato con sentenza definitiva, e a maggior ragione se la condanna penale non ancora passata in giudicato definisce proprio il processo penale nel quale il beneficio è stato richiesto, diversamente essendone vulnerata la presunzione di non colpevolezza (Cass. IV, n. 18591/2013; contra, in dottrina, Corbetta, Modifiche al T.U. in materia di Spese di Giustizia, in “Decreto sicurezza”: tutte le novità, Milano, 2008, 291). L'ipotesi sub 5): esige “un passo indietro”. Originariamente, il Testo Unico prevedeva che tale revoca potesse essere adottata dal Giudice solo su richiesta dell'ufficio finanziario competente (Cass. S.U., n. 36168/2004). Ebbene, data la natura compilatoria del T.U. n. 115/2002, il Supremo Collegio, ha ritenuto di dover effettuare un'interpretazione della normativa nel senso dell'abrogazione dei rimedi previsti avverso la revoca d'ufficio fosse gravemente pregiudizievole per le (già riconosciute) garanzie difensive dell'interessato e, come tale - oltre che difficilmente compatibile con i principi di cui agli artt. 3 e 24 cost. - certamente non autorizzata dal legislatore delegante. Su tale assetto era intervenuta la l. n. 168/2005 di conversione del d.l. n. 115/2005, che ha previsto espressamente la possibilità della revoca d'ufficio da parte del magistrato (art. 112, comma 1, lett. d) nelle ipotesi di mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92, con conseguente applicabilità del medesimo sistema impugnatorio, ivi compresa la ricorribilità per cassazione per violazione di legge anche in relazione a tale provvedimento (Cass. IV, n. 11771/2016, dep. 2017, Doratiotto Rv. 269672). Inoltre, è bene precisare il Giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi, di natura oggettiva, quali l'entità dell'incremento reddituale, la prossimità del nuovo importo alla soglia-limite e il numero delle annualità interessate al fine di stabilire se la variazione debba portare alla revoca dell'ammissione al beneficio di cui all'art. 112, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 così da considerare tali variazioni reddituali di entità tale da "escludere l'ammissione" (Cass. IV, n. 39028/2022). L'ipotesi elencata sub 6): riguarda il caso in cui l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia esclusa quando il richiedente sia assistito da più di un difensore, sancito dall'art. 91, lett. b) del d.P.R. n. 115/2002 per il processo penale che, in quanto generale, opera anche nel processo civile, trovando fondamento nell'esigenza di assicurare, anche ai non abbienti, l'effettiva possibilità di esercitare il diritto di azione e difesa in giudizio, la quale è soddisfatta quando sia garantito il livello essenziale di difesa, dovendosi contemperare l'interesse individuale della parte ammessa al beneficio con quello collettivo al contenimento della spesa occorrente per l'assicurazione di quest'ultimo a tutti gli aventi diritto (Cass. civ. VI, n. 5639/2022). Tale ipotesi, pur essendo quoad effectum assimilabile ai casi di revoca con efficacia non retroattiva [come, ad esempio, l'ipotesi sub 2)], non è tuttavia riconducibile a questioni reddituali. Peraltro, le ragioni di possibile opposizione a una revoca in caso di pluralità di difensori sono veramente rare (si pensi al caso di una revoca erronea nonostante la ricorrenza dell'ipotesi degli atti processuali “a distanza” cui all'art. 100 T.U. Spese di Giustizia, oppure al caso di implicita revoca erroneamente disposta ex tunc, in forma di diniego di liquidazione – ipotesi già commentata nella formula in argomento, cui pertanto si rinvia – a fronte di una nomina di secondo difensore sopravvenuta a processo inoltrato, per cui il primo difensore può pretendere il pagamento dei compensi spettantigli per l'attività defensionale svolta finché era l'unico). Nel caso dell'ipotesi di cui al sub 7): è prevista una vera e propria presunzione di superamento dei redditi in base alla quale il gratuito patrocinio dovrà essere revocato al soggetto beneficiario. Ebbene, tale presunzione di superamento del reddito - prevista dal d.P.R. n. 115/2002, art. 76, comma 4-bis, secondo la giurisprudenza, anche nel caso di soggetti già condannati per gravissimi reati in relazione ai quali si ritiene, alla luce di massime di esperienza, che l'autore abbia beneficiato di redditi illeciti – questa presunzione ha natura relativa e non assoluta. Ne consegue che, alla luce della sentenza della Corte cost. n. 139/2010, è ammessa la prova contraria e spetta, pertanto, al richiedente dimostrare la sussistenza dello stato di non abbienza, non già con una semplice autocertificazione, ma con l'adeguata allegazione di concreti elementi di fatto dai quali possa desumersi in modo chiaro e univoco la propria effettiva situazione economica, che il Giudice deve rigorosamente vagliare (ex plurimisCass. IV, n. 30055/2022; Cass. IV, n. 21230/2012, Villano, Rv. 252962-01). Il procedimento di opposizione In tema di procedimento, va innanzitutto premesso che con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022 (cosiddetta riforma Cartabia) e la l. 197/2022, è stato introdotto il c.d. il rito semplificato di cognizione, regolato dagli artt. 281-decies e ss. c.p.c., abrogando il procedimento sommario di cognizione, regolato dall'art. 702-bis e ss. c.p.c. L'art. 99 T.U. Spese di Giustizia prevede che "il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.” Rinviando così al d.lgs. n. 150/2011. Nello specifico, va precisato come il d.lgs. n. 149/2022, ha modificato gli artt. 14 e 15-bis del d.lgs. n. 150/2011, sostituendo, in entrambi i casi, la parola “sommario” con la parola “semplificato”, così da rinviare al nuovo procedimento semplificato di cognizione. È un nuovo procedimento introdotto, dunque, contestualmente all'eliminazione dal codice di rito del processo sommario di cognizione, di cui dovrebbe recuperare (come anche specificato nella relazione introduttiva alla riforma) le principali caratteristiche tipiche “di concentrazione e snellezza”. Ebbene, nel caso che ci occupa, agli effetti della riforma Cartabia, il ricorso proposto in tema di Gratuito Patrocinio non trova più fondamento negli artt. 702-bis e ss., bensì nel nuovo rito semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss. Il decreto di revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato è impugnabile mediante l'opposizione di cui al d.p.r. n. 115/2002, art. 170 che dà luogo ad un giudizio civile contenzioso di natura patrimoniale, nel quale è parte il Ministero della Giustizia. Tale disposizione configura un rimedio di carattere generale esperibile contro tutti i decreti in materia di liquidazione, anche quando si tratti di decreti che rifiutino la liquidazione. Avverso l'ordinanza che definisce l'opposizione è ammesso un unico rimedio impugnatorio, ossia il solo ricorso per Cassazione e non anche dell'appello, che dunque sarà, nel caso, inammissibile. In tal senso, infatti, il mezzo di impugnazione avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili è l'opposizione, ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, art. 170 al presidente del tribunale o della Corte d'appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di revoca, avendo tale opposizione, nel contesto del testo unico in tema di spese di giustizia, natura di rimedio di carattere generale, mentre l'impugnazione del decreto di revoca con ricorso diretto per cassazione può aversi nel solo caso, contemplato dall'art. 113 stesso d.P.R., in cui questo sia stato pronunciato sulla richiesta di revoca dell'ufficio finanziario, ai sensi dell'art. 112, comma 1, lett. d) corrispondente all'art. 127, comma 3 (Cass. I, n. 13833/2008; Cass. I, n. 12744/2011; Cass. I, n. 13807/2011; Cass. I, n. 21400/2011; Cass. 6-2, n. 26966/2011; Cass. I, n. 12719/2012). Infatti, va sottolineato come, poiché la situazione che viene a determinarsi a seguito della revoca è analoga a quella scaturente dall'originario diniego di ammissione al beneficio, il provvedimento è impugnabile con le stesse modalità previste per il caso di reiezione della domanda. In tal senso si è espressa la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 36168/2004, Pangallo, Rv. 228667), secondo cui il provvedimento di revoca ex officio dell'ammissione al patrocino disposto a norma del d.P.R. n. 115/2002, art. 112, a cui è equiparabile il provvedimento disposto su istanza della parte interessata, è impugnabile negli stessi termini e con i medesimi rimedi stabiliti dal precedente art. 99 relativo al rigetto dell'istanza di ammissione. Anche la successiva giurisprudenza ha confermato che, avverso il provvedimento di revoca dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non è esperibile il ricorso per Cassazione, bensì il ricorso in opposizione innanzi al presidente dell'ufficio giudiziario cui appartiene il Giudice che ha disposto il rigetto, con la conseguenza che il ricorso per Cassazione eventualmente proposto deve essere convertito in opposizione (Sez. 4, Ord. n. 3305/2021, dep. 2022, Picariello, Rv. 282573; Sez. 4, Ord. n. 34764/2012, Cavallo, Rv. 253514). Da segnalare un importantissimo arresto giurisprudenziale (Cass. IV, n. 11771/2016) secondo cui il fatto che l'art. 113 preveda il ricorso per cassazione come unico rimedio avverso il decreto di revoca nell'ipotesi sub 4), di revoca adottata su richiesta dell'ufficio finanziario, non impedisce di attivare, in alternativa, l'opposizione ex art. 99 T.U. Spese di Giustizia: il che è sommamente opportuno per evitare le strettoie dei motivi deducibili in cassazione per violazione di legge (sul punto, si rinvia al commento della formula riguardante il “Ricorso per cassazione ex art. 113, d.P.R. n. 115/2002”). Le caratteristiche dell'opposizione sono uguali a quelle già trattate supra, al paragrafo 312, al quale si rinvia, evidenziando – per ciò che concerne la legittimazione passiva – che anche nell'opposizione alla revoca sarà necessario convenire in giudizio l'Agenzia delle Entrate, dal momento che tutte le ipotesi di revoca elencate sopra – al di fuori di quella sub 6) – attengono pur sempre alle condizioni di reddito rilevanti per l'ammissione al p.s.S. L'opposizione al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione, inoltre, si svolgono, non tra le parti del processo "principale", ma tra colui che aveva chiesto l'ammissione al patrocinio e l'Amministrazione statale: solitamente il Ministero della giustizia, soggetto passivo del rapporto debitorio scaturente dall'ammissione al beneficio, a meno che la revoca dell'ammissione al patrocinio sia chiesta dall'ufficio finanziario ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, art. 127, comma 3, a seguito della verifica dell'esattezza dell'ammontare dei redditi dichiarati (fattispecie nella quale non può dubitarsi che l'Agenzia delle entrate sia parte necessaria del procedimento: Cass. II, n. 21700/2015; Cass. 6-1, n. 22148/2016). Vi è quindi diversità dei soggetti interessati a contraddire sulla revoca dell'ammissione al patrocinio rispetto a quelli che sono parti della causa cui il beneficio dell'ammissione si riferisce. Per l'ipotesi trattata sub 6) invece, nella quale la revoca avviene per ragioni non attinenti al reddito della parte ammessa al beneficio, sarebbe più sensato convenire in giudizio il Ministero della Giustizia, quale soggetto inciso dall'obbligazione di pagamento che deriverebbe da un annullamento del decreto di revoca. Peraltro, il procedimento di opposizione di cui all'art. 170 del d.P.R. 115/2002 deve svolgersi necessariamente in contraddittorio con il ministero della Giustizia, che è il solo titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento. Ciò rimane vero anche nell'ipotesi in cui l'opposizione, come nella specie, abbia a oggetto la revoca del beneficio disposta su richiesta dell'Agenzia delle entrate, la cui presenza in giudizio si giustifica in funzione della esatta determinazione dei redditi (Cass. civ. II, n. 9384/2020). È bene precisare inoltre che, la legittimazione del difensore in proprio è limitata soltanto alla controversia in tema di liquidazione di compensi ma non è configurabile anche con riferimento all'opposizione avverso il decreto di rigetto dell'istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio. In tali casi, infatti, detta legittimazione è riconoscibile al solo interessato, ovvero propriamente alla parte che si vuole avvalere del gratuito patrocinio o che vi è stata ammessa ma il cui beneficio sia stato poi revocato. Tanto si desume, sul piano dell'ermeneutica letterale e sistematica, dal raffronto tra il d.P.R. n. 115/2002, artt. 93 e 99 laddove, nel primo, la legittimazione della presentazione dell'istanza è attribuita all'interessato e al difensore, mentre, nel secondo, essa è conferita al solo interessato e tale differenziazione trova rispondenza anche nel contenuto degli artt. 112 e 113 dello stesso d.P.R. proprio in materia di revoca del decreto di ammissione al gratuito patrocinio. Il difensore può agire esclusivamente ove il menzionato beneficio non sia venuto meno, per ottenere la liquidazione del compenso eventualmente ad esso spettante ma non può proporre opposizione, in via diretta ed esclusiva, avverso il decreto di revoca, essendo carente di legittimazione ad agire (Cass. civ. II, n. 21438/2022). Quanto alla legittimazione attiva, va segnalato un pericoloso orientamento giurisprudenziale (Cass. IV, n. 8909/2011) secondo il quale il difensore non è legittimato a proporre personalmente ricorso avverso il decreto di revoca, in quanto interessato sarebbe solo il cliente/assistito beneficiato dall'ammissione. Tale orientamento non pare condivisibile, considerato che al difensore competono gli stessi diritti spettanti all'imputato (art. 99 c.p.p.). Tuttavia, considerato che vittima di una revoca ingiusta può essere anche una parte privata diversa dall'imputato, e tenuto conto che del decreto di revoca è prevista la comunicazione al solo interessato e non al suo difensore (art. 112, comma 4, T.U. Spese di Giustizia), alla luce di tale non condivisibile orientamento giurisprudenziale sarà opportuno che l'avvocato si faccia rilasciare procura speciale dall'assistito/cliente per presentare opposizione. Il regime delle spese di lite Il regime delle spese di lite dell'opposizione alla reiezione dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – opposizione che, come si è appena osservato sopra, ha natura civile – è più favorevole di quello ordinario del processo civile, basato sul principio di soccombenza. Pertanto, in considerazione del fatto che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato copre ogni fase e grado del processo e «tutte le procedure, derivate e accidentali, comunque connesse» (art. 75, comma 1, T.U. Spese di Giustizia) l'accoglimento dell'opposizione – che costituisce per l'appunto una procedura accidentale connessa al procedimento penale nel quale l'ammissione è stata revocata – comporta l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e quindi permette all'avvocato del ricorrente di chiedere compensi e rimborso spese a carico dello Stato anche della fase di opposizione al diniego (arg. da Cass. S.U., n. 25931/2008). L'ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse. La disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico. Tale previsione, comporta in maniera diretta l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato permettendo all'avvocato del ricorrente di chiedere compensi e rimborso spese a carico dello Stato anche relative alla fase di opposizione al diniego che dovranno essere corrisposte dal Ministero della Giustizia e non dall'Agenzia delle Entrate seppure quale litisconsorte necessario. (in tal senso, Cass. S.U., n. 19161/2009). In ogni caso, il Giudice competente può provvedere anche alla liquidazione dei compensi dovuti per le fasi o i gradi anteriori del processo, se il provvedimento di ammissione al patrocinio è intervenuto dopo la loro definizione. Appare assorbente, dunque, ritenere come il difensore potrà indicare nella nota spese nei confronti del Giudice del processo penale ai fini della liquidazione ex art. 83, T.U. Spese di Giustizia anche i compensi e le spese (si pensi ad es. al contributo unificato, e ai diritti di copia conforme e di notifica) riferibili al procedimento di opposizione di cui all'art. 99 T.U. Spese di Giustizia. Invero, tanto la cognizione dei giudici penali sull'opposizione, quanto l'accessorietà della medesima al procedimento penale nel quale era stato emesso il decreto reiettivo impugnato, consentono di ritenere più corretta l'applicazione della decurtazione dei compensi nel limite di 1/3 previsto in materia penale dall'art. 106-bis, T.U. Spese di Giustizia. Va precisato, peraltro, che in caso di accoglimento del ricorso di opposizione di cui all'art. 99 T.U. Spese di Giustizia, a norma dell'art. 109, T.U. Spese di Giustizia, gli effetti decorrono dalla data in cui l'istanza è stata presentata o è pervenuta all'ufficio del magistrato o dal primo atto in cui interviene il difensore, se l'interessato fa riserva di presentare l'istanza e questa è presentata entro i venti giorni successivi. Quanto sopra richiamato comporta l'effetto della retroattività degli effetti che permetterà quindi all'avvocato di chiedere il rimborso delle spese che – nelle more del procedimento di opposizione – avesse dovuto anticipare nel procedimento penale nel quale il beneficio era stato rifiutato (ad es. diritti di copia). Invece, qualora una prima istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia stata rigettata o dichiarata inammissibile per un fatto imputabile al richiedente (come nel caso di specie, essendo il diniego dipeso, dapprima, dalla mancata allegazione del documento d'identità e, poi, dalla carenza della documentazione fiscale attestante la situazione reddituale del ricorrente), l'accoglimento della successiva istanza, in difetto di impugnativa del diniego, non può retroagire alla precedente (Cass. civ. VI, n. 35028/2022). Da ultimo, sarebbe invece corretto fare applicazione della regola dettata dall'art. 75 cit. — e quindi considerare comunque dovute a carico dello Stato le spese di opposizione — ogniqualvolta il diniego di liquidazione sia stato adottato impropriamente, in casi in cui si sarebbe dovuto piuttosto emettere un decreto di revoca dell'ammissione, per motivi attinenti il soggetto ammesso e rilevati tardivamente o sopravvenuti. |