Dichiarazione di domicilio e comunicazione all'autorità procedente (artt. 161 e 162)InquadramentoL'indagato e la persona offesa priva di difensore possono comunicare all'autorità procedente un luogo fisico (abitazione o luogo di lavoro) presso il quale dovranno essere effettuate nei loro confronti tutte le successive notificazioni di atti di uno specifico procedimento penale. FormulaALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... [1] DICHIARAZIONE DI DOMICILIO [2] *** Il sottoscritto...., nato a.... il...., C.F....., recapito telefonico.... (casa/ufficio), recapito cellulare (....), e-mail.... @...., residente a...., nella qualità di indagato (ovvero nella qualità di persona offesa) [3] nel procedimento penale n..... /.... NR, pendente presso codesta procura della Repubblica (P.M., Dott.....); DICHIARA formalmente il proprio domicilio, nell'ambito del suddetto procedimento [4], presso (ovvero formalmente di modificare il domicilio precedentemente dichiarato/eletto, nell'ambito del suddetto procedimento, dichiarando nuovo domicilio presso) – la propria abitazione di residenza (ovvero presso il proprio domicilio), in via.... n....., piano.... interno...., campanello...., frazione di...., Comune di.... (....). OVVERO – l'esercizio pubblico ad insegna.... (ovvero presso l'opificio/laboratorio/stabilimento....) (ovvero presso lo studio professionale....) (ovvero presso l'ufficio pubblico....) in via.... n....., piano.... stanza n....., frazione di...., Comune di.... (....), luogo in cui l'imputato esercita abitualmente l'attività lavorativa, nella qualità di.... [5]. Luogo e data.... Firma.... È autentica la firma che precede.... Firma........ [6] Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1]L'atto può essere indirizzato anche al tribunale (in particolare, durante la fase processuale). [2]La dichiarazione di domicilio, quando non raccolta a verbale dagli inquirenti, può essere trasmessa all'autorità giudiziaria direttamente dall'interessato, anche senza il patrocinio di un legale. [3]La persona offesa che abbia nominato un difensore è però domiciliata ex lege presso quest'ultimo (art. 33 disp. att. c.p.p.). [4]La determinazione del domicilio dichiarato è valida per ogni stato e grado del procedimento, tranne che in caso di detenzione dell'indagato/imputato e per i procedimenti davanti alla Corte di Cassazione, quando l'imputato non sia assistito dal difensore di fiducia (art. 164 c.p.p.). [5]È assolutamente opportuno inserire quante più informazioni possibili, dal momento che se la dichiarazione di domicilio è formulata in modo insufficiente o inidoneo, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore (art. 161, comma 4, c.p.p.). [6]Quando il domicilio dichiarato o il suo successivo mutamento sono comunicati dall'imputato all'autorità che procede mediante telegramma o lettera raccomandata, la sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio o da persona autorizzata a norma di legge o dal difensore (art. 162, comma 1, c.p.p.). CommentoIdentificazione dell'indagato Nel primo atto in cui è presente l'indagato, l'autorità giudiziaria, anche nel caso di delega alla polizia giudiziaria, lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità (contravvenzione ex art. 651 c.p.) o le dà false (delitti di cui agli artt. 495-496 c.p.). Nel caso, tutt'altro che raro, in cui risulti impossibile attribuire all'indagato delle esatte generalità, purché sia certa l'identità fisica tra la persona controllata dagli investigatori e l'autore, almeno presunto, del fatto, l'autorità procedente non trova limitazioni di sorta al compimento dei necessari atti di indagine. Eventuali errori o inesattezze nelle generalità attribuite all'indagato possono essere rettificate, anche da parte del Giudice dell'esecuzione, mediante la procedura di correzione di errore materiale (art. 66 c.p.p.). Se, al contrario, risulta un vero e proprio errore di persona (ad esempio, si è proceduto nei confronti di Mario Rossi nato nel 1980 invece che dell'autore del fatto, suo omonimo, nato nel 1970), il pubblico ministero provvede allo stralcio degli atti con richiesta di archiviazione per l'uno e prosecuzione del procedimento per l'altro. Nella eventuale fase processuale erroneamente intrapresa, in ogni suo stato e grado, il Giudice, in analoghi frangenti, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza immediata di proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p. L'incertezza o l'erronea identificazione dell'autore del reato non vanno dunque confuse con la semplice incertezza o falsità delle sue generalità. Sarebbero diversi anche i successivi sviluppi dibattimentali: nella prima ipotesi, quando il soggetto indagato non corrisponda, certamente o probabilmente, alla persona dell'autore del reato, quali che siano le generalità con cui essa è indicata agli atti del processo, sarà adottata la formula assolutoria “per non aver commesso il fatto”, mentre nella seconda ipotesi, l'eventuale archiviazione o proscioglimento “per essere ignoto l'autore del reato” non pregiudicherebbe ulteriori indagini del pubblico ministero, né l'eventuale inizio dell'azione penale contro il medesimo soggetto, già identificato con certezza, una volta compiutamente generalizzato (Cass. V, n. 45513/2014). Per esercitare ritualmente l'azione penale, dunque, nei confronti di una persona di cui non si dispongano le reali generalità, occorre procedere alla sua esatta identificazione (Cass. V, n. 32082/2014). Soprattutto nei confronti di stranieri extracomunitari di cui, anche per mancanza di collaborazione, si ignora persino il reale Stato di provenienza, si reputa comunemente sufficiente a questi fini, nella concreta impossibilità di pervenire altrimenti a risultati più approfonditi, l'assegnazione da parte della amministrazione del Codice Unico di Identificazione – CUI, sigla alfanumerica abbinata in maniera rigidamente biunivoca a un singolo soggetto, all'esito della sua identificazione antropometrica. In caso, invece, non di incertezza sulle vere generalità, ma di semplice inesattezza lessicale del nome o dell'erronea indicazione della data di nascita dell'imputato (per refuso tipografico o per altro motivo), quando ne sia certa l'identità, sarebbe abnorme, per l'anomala regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il Giudice del dibattimento dichiarasse la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo nel contempo la restituzione degli atti al pubblico ministero. In queste ipotesi, il Giudice deve soltanto adottare i conseguenziali provvedimenti correttivi nelle forme previste dall'art. 130 c.p.p., ordinando anche la rinnovazione della citazione ove appaia probabile che l'interessato non ne abbia avuto conoscenza (Cass. II, n. 50679/2014). In ogni caso, in qualsiasi fase delle indagini o del processo, quando risulta che l'indagato o l'imputato è stato segnalato, anche sotto diverso nome, all'autorità giudiziaria quale autore di un reato commesso prima o dopo quello per il quale si procede, occorre provvedere a comunicare quanto di interesse ai fini dell'applicazione della legge penale all'autorità giudiziaria competente (art. 66-bis c.p.p.). Invito alla dichiarazione o elezione di domicilio Quando procede alla identificazione dell'indagato, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni. L'invito deve essere preceduto (artt. 66,161 e 349, comma 3, c.p.p.): – dall'ammonimento circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false; – dall'avvertimento che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini; – egli ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto; – in mancanza di questa comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Analoghe incombenze spettano al pubblico ministero exartt. 66 e 161 c.p.p. Quando l'invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato direttamente nel corpo dell'informazione di garanzia o comunque con il primo atto notificato per disposizione dell'autorità giudiziaria, l'indagato è altresì avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui quello stesso atto gli è stato notificato. Secondo l'art. 21 disp. att. c.p.p., l'indagato, al primo atto a cui è presente, è altresì invitato dall'autorità giudiziaria a dichiarare, oltre alle generalità complete, tutto quanto vale ad identificarlo compiutamente e in particolare: – se ha un soprannome o uno pseudonimo, – se ha beni patrimoniali, – quali sono le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale, – se è sottoposto ad altri processi penali, – se ha riportato condanne nello Stato o all'estero, – se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità, – se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche. Tutte le successive notificazioni possono essere eseguite mediante consegna al difensore, ex art. 161, comma 4, c.p.p., ogni qualvolta – divenga impossibile la notificazione nel domicilio dove è stato già notificato un atto del pubblico ministero contenente l'invito a eleggere o dichiarare domicilio; – la dichiarazione o l'elezione di domicilio manchino o siano insufficienti o inidonee • ab origine (ad esempio, è stata indicata la via e il civico, ma sull'esterno dell'edificio non appaia alcun segno evidente – targa, nominativo sul citofono o sul campanello, etc. – che lo ricolleghi all'indagato); • in via sopravvenuta (ad esempio, l'indagato semplicemente ha traslocato, senza adempiere al proprio onere di comunicazione all'autorità procedente). È opportuno distinguere sin d'ora tra – dichiarazione di domicilio (che postula la diretta riferibilità all'indagato dei luoghi da lui indicati, a titolo di residenza, abitazione o posto di lavoro); – elezione di domicilio (che richiede invece la nomina di un terzo domiciliatario). Nell'ipotesi di riunione di due procedimenti penali, la dichiarazione effettuata in uno dei procedimenti estende i suoi effetti anche all'altro, in virtù del principio di economia processuale (Cass. II, n. 7188/2015). Non sono invece consentite, alla luce della medesima esigenza di speditezza, parcellizzazioni degli effetti della dichiarazione/elezione di domicilio effettuate nell'ambito di uno stesso procedimento, a nulla rilevando l'espressa volontà dell'indagato di limitarne gli effetti esclusivamente ai fini di uno specifico segmento procedimentale (ad esempio, l'ammissione al gratuito patrocinio: cfr. Cass. V, n. 26695/2016). Ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto (ed anche la originaria dichiarazione, quando non discenda da una richiesta degli inquirenti ma dipenda da un autonomo impulso dell'indagato che sappia o ipotizzi della pendenza di un procedimento a suo carico), deve essere comunicato dall'indagato all'autorità che procede: – con dichiarazione raccolta a verbale dal magistrato o dalla polizia giudiziaria (ad esempio, presentandosi spontaneamente a tal fine presso un commissariato o una stazione dei carabinieri); – mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da altro soggetto autorizzato o dal difensore; – con dichiarazione depositata nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l'imputato si trova (che provvede a trasmetterlo immediatamente all'autorità competente). Finché l'autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o la comunicazione, sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato o eletto (art. 162 c.p.p.). Anche in considerazione delle modifiche legislative in tema di processi a carico di soggetti irreperibili e alla conseguente abrogazione dell'istituto della contumacia (artt. 420-bis ss. c.p.p.), gli incombenti relativi alla identificazione dell'indagato e soprattutto alla dichiarazione o elezione di domicilio appaiono fondamentali per la possibilità di un successivo, proficuo sviluppo del procedimento. È assolutamente indispensabile che la polizia giudiziaria presti attenzione particolare a questi atti, la cui mancanza o inidoneità pregiudica ogni futura instaurazione di un corretto rapporto processuale per tutti gli indagati di difficile o impossibile reperibilità, che pure siano già stati fisicamente controllati dagli operanti (stranieri in transito, italiani trasferitisi all'estero, persone senza fissa dimora, soggetti che si siano poi dati alla latitanza o comunque resi irreperibili, anche involontariamente, etc.). Indagato non presente sul territorio nazionale La dichiarazione di domicilio, al pari dell'elezione, può avere per oggetto solo un luogo o una persona presenti sul territorio italiano. Peraltro, se risulta dagli atti una precisa notizia del luogo di residenza o di dimora all'estero dell'indagato, il pubblico ministero invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente – l'indicazione della autorità che procede, – il titolo del reato, – la data e il luogo in cui il reato è stato commesso, – l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Quando invece, pur risultando la dimora all'estero dell'indagato, non si hanno notizie sufficienti in merito al preciso indirizzo, il pubblico ministero, prima di pronunciare decreto di irreperibilità, dispone le ricerche anche fuori del territorio dello Stato, nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali (art. 169 c.p.p.). Modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia (l. n. 134/2021) La legge delega al Governo per l'efficienza del processo penale, all'art. 1, comma 6. lett. a), prevede, in materia di notificazioni, che l'indagato/imputato in stato di libertà, fin dal primo contatto con l'autorità procedente indichi anche i propri recapiti telefonici e telematici di cui ha la disponibilità; inoltre, la stessa legge prevede che, a modifica dell'art. 161 c.p.p., l'imputato non detenuto o internato abbia la facoltà di dichiarare domicilio ai fini delle notificazioni anche presso un proprio idoneo recapito telematico. La Riforma Cartabia prescrive, altresì, che tutte le notificazioni dell'indagato/imputato non detenuto successive alla prima, diverse da quelle con le quali lo stesso è citato in giudizio, siano eseguite mediante consegna al difensore, prevedendo che, nel primo atto notificato, l'indagato/imputato sia avvisato che le successive notifiche (diverse da quelle con le quali lo stesso è citato in giudizio) saranno effettuate al difensore. |