Richiesta dell'indagato di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari (art. 447, comma 1)InquadramentoL'indagato, durante la fase delle indagini preliminari o dopo aver ricevuto dal pubblico ministero la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, prima che il pubblico ministero eserciti l'azione penale (con la richiesta di rinvio a giudizio, con la richiesta di giudizio immediato, con il decreto di citazione a giudizio, con la richiesta di emissione di decreto penale), ha la facoltà di presentare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di applicazione della pena (cd. istanza di patteggiamento). Tale richiesta, se incontra il consenso del pubblico ministero, determina la conclusione della fase delle indagini preliminari e, se accolta dal giudice che pronuncia sentenza, porta alla definizione del giudizio di primo grado. FormulaAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL TRIBUNALE DI.... [1] RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLA PENA NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI (ARTT. 444 E 447, COMMA 1, C.P.P.) Il sottoscritto Avv..... [2], con studio in.... via...., quale difensore di ufficio/fiducia come da atto di nomina già depositato in data.... ovvero come da atto di nomina allegato, di: ...., nato a...., il...., residente a.... in via...., con domicilio ivi dichiarato ovvero con domicilio eletto presso....; indagato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.; per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)...., commesso in...., il....; ovvero per i reati previsti e puniti dagli artt.: a).... c.p., commesso in...., il....; b).... legge.... /...., commesso in...., il....; c).... d.P.R..... /...., commesso in...., il....; d).... d.lgs..... /...., commesso in...., il....; difensore munito di procura speciale, già depositata agli atti del procedimento in data.... ovvero come da atto allegato alla presente richiesta; avendo ricevuto in data.... la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari; visti gli artt. 444 e 447 c.p.p., CHIEDE nei confronti dell'indagato.... e per il reato/i reati sopra specificato/i l'applicazione della pena di.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda, così determinata [3]: previo riconoscimento della circostanza/delle circostanze [4] di cui all'art. /agli artt....., prevalenti sulle/equivalenti alle aggravanti contestate pena base [5]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... € di multa/ammenda; ridotta/aumentata ex art. [6]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda; aumentata ex art. 99, comma...., c.p.[7]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda; aumentata ex art. 81, comma 1 ovvero comma 2, c.p.[8]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda; ridotta per il rito [9]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda, pena finale [10]. Con il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena [11], subordinando la richiesta alla concessione di tale beneficio [12]. In merito alle pene accessorie [13] previste dall'art..... chiede che le stesse non vengano applicate, considerato che.... OVVERO In merito alle pene accessorie previste dall'art..... chiede che le stesse vengano applicate per la durata di..... In merito ai beni in sequestro [14] chiede il dissequestro e la restituzione all'avente diritto, rilevando che.... OVVERO In merito ai beni in sequestro chiede che venga disposta la confisca (facoltativa) sui seguenti beni opp. per il seguente importo:..... Si allega: 1) avviso di conclusione delle indagini preliminari; 2) procura speciale; ovvero 3) atto di nomina a difensore di fiducia, con allegata la procura speciale. Luogo e data.... Firma.... V°, il pubblico ministero presta il consenso. Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1] L'art. 51, comma 3, c.p.p. prevede che le funzioni del pubblico ministero sono attribuite all'ufficio presso il giudice competente secondo le norme del codice di rito. Pertanto, la conoscenza dell'ufficio del pubblico ministero che sta procedendo nei confronti dell'indagato consente di individuare in modo inequivoco il giudice per le indagini preliminari competente, ovvero quello del medesimo circondario a cui appartiene il pubblico ministero che sta procedendo. [2] La richiesta di patteggiamento può essere presentata direttamente dalla persona sottoposta ad indagini oppure a mezzo procuratore speciale e la sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore (art. 446, comma 3, c.p.p., così come modificato dall'art. 25, comma 1 lett. c), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). Nella procura speciale rilasciata al difensore deve essere espressamente indicato il potere di presentare istanza di patteggiamento. Ai fini della validità della richiesta non è indispensabile la forma scritta; tuttavia, anche qualora sia manifestata oralmente, come nel caso dell'udienza di convalida di arresto, la richiesta e il consenso vengono comunque riportati nel verbale d'udienza redatto dal cancelliere del giudice per le indagini preliminari. [3] Nella dosimetria della pena di cui si chiede l'applicazione occorre seguire questo ordine: a) pena base; b) aumenti o diminuzioni per le circostanze del reato (prima le circostanze speciali, poi quelle comuni); b) eventuale aumento per la recidiva (se non subvalente rispetto alle attenuanti, v. infra); c) aumento per il concorso formale dei reati o per la continuazione fra i reati; d) riduzione per il rito. [4] Ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), dopo il d.l. n. 92/2008 conv. in l. n. 125/2008, che ha introdotto il comma 3 di detto articolo, non è sufficiente la sola incensuratezza dell'imputato, occorrendo ulteriori elementi o circostanze che, non essendo già contemplate quali attenuanti (speciali o comuni), giustifichino comunque l'attenuazione del trattamento sanzionatorio, come, per esempio, la condotta processuale del reo (confessione spontanea, collaborazione prestata nel corso delle indagini), il comportamento successivo alla commissione del reato (parziale riparazione o risarcimento del danno), le condizioni di vita del reo (giovane età, situazione di emarginazione sociale, arretratezza culturale). [5] La pena base è da individuare fra il minimo e il massimo edittale della pena prevista dal legislatore per la fattispecie contestata, tenendo conto dei criteri fissati dall'art. 133 c.p. [6] In caso di una sola circostanza, attenuante o aggravante, si deve effettuare l'aumento o la diminuzione prevista dal legislatore. Se concorrono più attenuanti o più aggravanti, andranno effettuate tante diminuzioni o tanti aumenti quante sono le circostanze (ogni diminuzione/aumento va operato sulla quantità di pena risultante dalla precedente diminuzione/aumento). Se concorrono sia circostanze attenuanti sia circostanze aggravanti, si deve effettuare il cd. giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p., che si può tradurre in un'equivalenza delle circostanze, o in una prevalenza/subvalenza delle une rispetto alle altre. Nel primo caso (equivalenza) le circostanze attenuanti e aggravanti si elidono a vicenda; di conseguenza, non verrà operata alcuna riduzione o aumento di pena (è come se non vi fosse alcuna circostanza). Nel secondo caso (subvalenza/prevalenza) sono le circostanze di un tipo a prevalere sulle altre, eliminandole sotto il profilo sanzionatorio. Pertanto, la pena base verrà soltanto ridotta o aumentata a seconda che a prevalere siano le attenuanti o le aggravanti. Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, ovvero con aumento della pena superiore ad 1/3, l'art. 63, comma 4 c.p. prevede che si applichi la pena stabilità per la circostanza più grave. In riferimento ad alcune fattispecie criminose il legislatore esclude la circostanza aggravante dal giudizio di bilanciamento (v. art. 628, comma 4 c.p.; art. 186, comma 2-septies c.d.s.). In tale ipotesi, si opererà prima l'aumento per l'aggravante e poi la riduzione per l'attenuante. [7] In caso di contestazione della recidiva, qualora sussistano una o più attenuanti, l'art. 69, comma 4 c.p. consente la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva solo nel caso di recidiva semplice (comma 1) e di recidiva specifica e/o infraquinquennale (comma 2 e 3). In caso di recidiva reiterata (comma 4) è possibile soltanto l'equivalenza delle circostanze. [8] Nel caso di più reati in contestazione vi sono due possibilità: a) se i reati sono stati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale ex art. 81, comma 1, c.p.) oppure con più azioni od omissioni, ma in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (continuazione ex art. 81, comma 2, c.p.), deve essere individuata la fattispecie più grave, per poi calcolare l'aumento per l'altro reato o gli aumenti per gli altri reati; b) se non sussiste né un concorso formale né la continuazione, si ha un concorso materiale di reati e il cumulo delle pene secondo le regole disposte dagli artt. 71 e ss. c.p.p. Nel caso dell'art. 81, commi 1 e 2, c.p. per l'individuazione della fattispecie più grave si deve tenere conto dei limiti edittali dei reati (compiendo una valutazione in astratto delle fattispecie, così come precisato dalla giurisprudenza), seguendo i criteri fissati dall'art. 16, comma 3, c.p.p.: i delitti sono più gravi delle contravvenzioni; fra i delitti e le contravvenzioni è più grave il reato con il massimo della pena più elevato; a parità di massimo edittale della pena, è più grave il reato con il minimo edittale più alto; si tiene conto della pena pecuniaria solo in caso di parità delle pene detentive. [9] La riduzione per il rito è fino ad 1/3. A differenza del rito abbreviato, in cui la riduzione è fissa (di 1/3), nel caso del patteggiamento la riduzione può avvenire anche in misura inferiore a 1/3. Per effetto della decurtazione la pena non può mai risultare inferiore ai limiti di legge fissati dagli artt. 23 ss. c.p. [10] La pena finale non può superare i 5 anni di pena detentiva (solo o congiunta alla pena pecuniaria). In caso di pena pari o inferiore a 2 anni di pena detentiva la sentenza di patteggiamento garantisce all'imputato i benefici di cui all'art. 445 c.p.p. [11] Il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere richiesto al giudice non solo nel caso di imputato incensurato, ma anche nel caso di soggetto già precedentemente condannato, senza o con sospensione condizionale della pena. In questo secondo caso, ovvero in caso di soggetto che ha già beneficato una volta della sospensione condizionale della pena, il giudice può concedere per la seconda volta il beneficio in oggetto, sempre che la pena che verrà applicata, sommandosi alla precedente già sospesa, non vada a superare il limite di 2 anni fissato dal legislatore. In tale ipotesi, comunque, il giudice, nel concedere per la seconda volta la sospensione condizionale della pena (art. 165, comma 2 c.p.), deve subordinare il riconoscimento del beneficio in oggetto all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165, comma 1 c.p. (obbligo di restituzione, obbligo di pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa). [12] Se l'istante subordina la richiesta di patteggiamento alla sospensione condizionale della pena, vincola la propria richiesta al riconoscimento da parte del giudice del beneficio de quo. In tal caso il giudice o accoglie l'istanza, applicando anche la sospensione condizionale della pena, o rigetta l'istanza. La richiesta del beneficio della pena sospesa, comunque, può essere formulata senza condizionare l'istanza di patteggiamento. In tale ipotesi il giudice può accogliere la richiesta di applicazione della pena anche senza riconoscere il beneficio in oggetto. [13] La Riforma Cartabia (art. 25, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha modificato l'art. 444, comma 1, c.p.p. prevedendo che le parti, in caso di patteggiamento con pena superiore a due anni, possano accordarsi anche in materia di pene accessorie, ovvero formulando al giudice richiesta di non applicazione delle stesse o di applicazione per una durata determinata. [14] Sui beni sottoposti a sequestro (probatorio o preventivo) nel corso delle indagini preliminari l'indagato ha diritto alla restituzione, a meno che non sia prevista la confisca obbligatoria o, in caso di confisca facoltativa, il giudice non decida di disporla. Va aggiunto che la Riforma Cartabia, nei casi del cd. patteggiamento allargato, ha previsto, altresì, che la confisca facoltativa possa essere oggetto dell'accordo tra le parti, consentendo di chiedere al giudice di non disporla o di disporla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato. CommentoLa richiesta di definizione immediata del procedimento allo stato degli atti di indagine svolti (la sussistenza di evidenza probatoria; l'indagato rinuncia a difendersi) La richiesta di applicazione della pena ex art. 447, comma 1 c.p.p. può essere presentata nel corso delle indagini preliminari in qualsiasi momento. La norma non subordina l'esercizio di tale facoltà a condizioni o a termini, purché vi sia ancora la pendenza delle indagini preliminari. Nel caso in cui il pubblico ministero abbia già esercitato l'azione penale, potrà comunque essere presentata istanza di patteggiamento in base ad altre disposizioni del codice di rito (richiesta al giudice dell'udienza preliminare nel caso di richiesta di rinvio a giudizio, al giudice del dibattimento nel caso di citazione diretta a giudizio o di giudizio direttissimo, al giudice per le indagini preliminari nel caso di opposizione a decreto penale o di richiesta di giudizio immediato). L'istanza presuppone che l'indagato abbia ricevuto l'informazione di essere sottoposto ad un procedimento penale e sia a conoscenza dei reati iscritti a suo carico. Ciò avviene compiutamente quando l'indagato e il suo difensore hanno ricevuto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, con il quale pubblico ministero contesta all'indagato i fatti di reato per cui sta procedendo nei suoi confronti e deposita tutti gli atti di indagine svolti, con possibilità per l'indagato e il suo difensore di prenderne visione ed estrarne copia. Ma la conoscenza degli atti del procedimento e dei reati iscritti a carico dell'indagato può avvenire anche in una fase antecedente all'emissione dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., ovvero nel caso di esecuzione di una misura cautelare personale (ex art. 293, comma 3, c.p.p. sono depositati nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta del pubblico ministero e gli atti di indagine su cui detta richiesta si fonda) o nel caso di riesame avverso un decreto di sequestro preventivo o probatorio (ex art. 324, comma 3, c.p.p. l'autorità giudiziaria procedente deve depositare nella cancelleria del Tribunale del Riesame gli atti su cui si basa il provvedimento oggetto di riesame) oppure nel caso di richiesta di incidente probatorio (in tal caso la discovery può essere parziale, ovvero limitata ai soli atti di indagine necessari per l'accoglimento dell'istanza; ma nel caso si proceda per uno dei reato previsti dall'art. 392, comma 1-bis, c.p.p., la discovery è obbligatoriamente totale ai sensi dell'art. 393, comma 2-bis, c.p.p.). Con la richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari l'indagato rinuncia allo svolgimento di qualsiasi attività difensiva (comprese le eccezioni di nullità relative ad atti di indagine) e chiede al giudice di definire la propria posizione allo stato degli atti svolti dal pubblico ministero, con una sentenza che applichi una pena concordata con l'organo inquirente. La scelta di un'immediata definizione del procedimento penale (senza attendere l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero) origina chiaramente da una situazione di “evidenza probatoria” (Paolozzi, I meccanismi di semplificazione del giudizio di primo grado, in Gaito, I giudizi semplificati, Padova, 1989, 44; Cenci, Giustizia negoziata, volontà delle parti e possibilità di ripensamenti, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1993, 1426; Lupo, Il giudizio abbreviato e l'applicazione della pena negoziata, in Gaito, I giudizi semplificati, Padova, 1989, 62) che, oltre al vantaggio di concordare con l'organo dell'accusa la pena che verrà applicata, consente all'indagato di evitare lo strepitus fori (nel caso di procedimenti penali con citazione diretta a giudizio) e la costituzione di parte civile della persona offesa dal reato. La mancanza di una formale contestazione dell'accusa nel momento in cui viene presentata l'istanza di applicazione della pena La norma in esame consente la presentazione della richiesta di applicazione della pena anche prima che il pubblico ministero abbia proceduto alla formale contestazione dell'accusa. In tal caso spetta all'indagato indicare, oltre alla pena, il fatto-reato cui la stessa si riferisce, al fine di consentire al pubblico ministero di esprimere anche su di esso il proprio parere e al giudice di controllare la corretta definizione dell'imputazione (Cass. VI, n. 9389/1992). In tale ipotesi il pubblico ministero, nel prestare il consenso alla richiesta di patteggiamento, deve comunque formulare l'imputazione, in modo che tale atto valga quale esercizio dell'azione penale. Si tratta di un'ipotesi particolare di esercizio dell'azione penale ex art. 405 c.p.p., in quanto l'iniziativa della contestazione non è del pubblico ministero, ma dell'indagato che presenta l'istanza di patteggiamento. L'ufficio giudiziario in cui può essere depositata la richiesta La richiesta di applicazione della pena che l'indagato presenta nel corso delle indagini preliminari può essere depositata o presso l'ufficio del pubblico ministero procedente o presso l'ufficio del giudice per le indagini preliminari. Nel primo caso, se il pubblico ministero non presta il consenso, la richiesta rimane depositata agli atti del procedimento e l'organo inquirente non procede ad alcuna trasmissione dell'istanza al giudice per le indagini preliminari. Il dissenso del pubblico ministero non preclude all'indagato la possibilità di presentare una nuova istanza di patteggiamento, rettificando la prima richiesta sulla base delle indicazioni fornite dal pubblico ministero nella motivazione del dissenso. Se, invece, viene prestato il consenso dal pubblico ministero, questi trasmette la richiesta con il proprio consenso nonché tutti gli atti del procedimento al giudice per le indagini preliminari. Se la richiesta, invece, è depositata direttamente al giudice per le indagini preliminari, questi, ex art. 447, comma 3 c.p.p., la trasmette al pubblico ministero, fissando con decreto un termine per esprimere il consenso o il dissenso. La revocabilità e la modificabilità della richiesta In tema di revocabilità e modificabilità della richiesta è necessario distinguere due ipotesi: la fase antecedente e la fase successiva al consenso prestato dal pubblico ministero. Antecedentemente al consenso del pubblico ministero l'indagato può revocare o modificare in qualsiasi momento la sua richiesta. Solo quando la richiesta è depositata presso il giudice per le indagini preliminari non è consentita la revoca o la modifica per l'espressa previsione dell'art. 447, comma 3, c.p.p., il quale stabilisce che il giudice fissi con decreto un termine all'altra parte per esprimere il consenso o il dissenso. Tale ipotesi di irrevocabilità ed immodificabilità della richiesta ha lo scopo di assicurare il corretto svolgimento della fase incidentale successiva alla presentazione della richiesta unilaterale di applicazione pena (Gaito, Solo revocabile o anche invalida la richiesta di «patteggiamento» viziata da errore?, in Dir. pen. e proc., 1996, 9, 1146; Dalia, Ferraioli, Corso di diritto processuale penale, Padova, 2001, 606; Pignatelli, 20). Quando, invece, il pubblico ministero ha già prestato il consenso, la richiesta di patteggiamento diventa irrevocabile (Cass. I, n. 48900/2015; Cass. I, n. 1066/2008). La richiesta di applicazione della pena costituisce, infatti, un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell'altra parte, non può essere né revocato, né modificato unilateralmente ed è sottoposto solo al controllo giudiziale (Cass. V, 12195/2019; Cass. I, n. 48900/2015; Cass. III, n. 4199/2012). L'irrevocabilità della richiesta discende dagli effetti processuali che determina l'accordo raggiunto con il pubblico ministero, in quanto il consenso dell'organo inquirente determina effetti irreversibili, ovvero la cessazione dell'attività investigativa e l'esercizio dell'azione penale (Cass. VI, n. 5521/1996). Con il consenso del pubblico ministero, infatti, il procedimento giunge ad un epilogo anticipato che, con l'esercizio dell'azione penale e la conseguente assunzione da parte dell'indagato della qualità di imputato, non consente il ritorno alla fase delle indagini preliminari (Cass. V, n. 19123/2004). Pertanto, quando le parti hanno prestato il proprio consenso al patteggiamento, non possono più revocarlo, come si desume anche dal già citato art. 447, comma 3, c.p.p., il quale stabilisce, da un lato, che, prima della scadenza del termine fissato all'altra parte per esprimere il consenso o il dissenso, non è consentita la revoca e dall'altro che, una volta che l'altra parte abbia dato il proprio consenso, il giudice deve fissare l'udienza per la decisione. Nel corso dell'udienza ex art. 447 c.p.p. sono previste solo le ulteriori attività processuali, ma non la revoca del consenso, in quanto, essendosi formato l'accordo sulla pena da applicare, il consenso non può essere revocato ad nutum. Se, intervenuta l'accettazione, le parti potessero revocare il consenso, la disposizione di cui al comma 3 dell'art. 447 c.p.p. sarebbe priva di utilità. Diversa è invece l'ipotesi in cui intervenga una legge più favorevole per l'imputato. In tal caso, la sopravvenienza di una disposizione più favorevole non consente al giudice di ridurre la pena conformemente al più mite trattamento sanzionatorio, ma legittima le parti a revocare il consenso o a riformulare l'istanza di applicazione della pena secondo le nuove disposizioni di legge approvate (Cass. IV, n. 15231/2015; Cass. IV, n. 11209/2012). Nel caso in cui dovesse intervenire la revoca della richiesta successivamente al consenso dell'altra parte, il giudice deve comunque pronunciare la sentenza di patteggiamento. Se il giudice per le indagini preliminari decide, invece, di restituire gli atti al pubblico ministero, il provvedimento adottato non è soltanto abnorme, ma illegittimo per violazione della legge processuale: il pubblico ministero, in tal caso, deve emettere il decreto di citazione a giudizio e far valere al giudice del dibattimento l'accordo raggiunto, chiedendo l'emissione di una sentenza di patteggiamento (Cass. IV, n. 29965/2007). L'irrevocabilità della richiesta di patteggiamento impedisce un uso strumentale di questo istituto, che la difesa potrebbe utilizzare per costringere il pubblico ministero ad una discovery anticipata degli atti di indagine svolti. La fissazione dell'udienza da parte del giudice per le indagini preliminari e l'inammissibilità della costituzione di parte civile della persona offesa dal reato Nel caso di richiesta di patteggiamento presentata o congiuntamente dalle parti o da una parte con il consenso già prestato dall'altra il giudice emette un decreto con cui fissa l'udienza per la decisione. È opinione consolidata che il procedimento descritto dall'art. 447 c.p.p. debba svolgersi secondo le forme previste per il rito camerale (art. 127 c.p.p.). Va aggiunto che la Riforma Cartabia (art. 25, comma 1 lett. d), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha integrato l'art. 447, comma 1, c.p.p. prevedendo che nel decreto di fissazione dell'udienza l'indagato sia informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, prevista dall'art. 129-bis c.p.p. Anche se l'articolo in oggetto prevede che il giudice per le indagini preliminari, se necessario, assegna un termine al richiedente per la notificazione all'altra parte, solitamente è il giudice, che fissando l'udienza per la decisione sulla richiesta di patteggiamento, provvede alla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza ad entrambe le parti (difesa e pubblico ministero), Pertanto, anche se si è perfezionato l'accordo fra le parti, il giudice non può provvedere immediatamente, emettendo de plano una sentenza ex art. 444 c.p.p., ma deve fissare un'udienza e notiziare le parti, notificando loro l'avviso di fissazione dell'udienza in cui si pronuncerà sull'istanza di applicazione pena. Se il giudice per le indagini preliminari pronuncia la sentenza di patteggiamento omettendo di fissare l'udienza camerale, l'imputato non ha interesse a presentare ricorso per cassazione se la pena applicata corrisponde esattamente a quella indicata nella richiesta (Cass. III, n. 19744/2011). Tuttavia, recentemente la Corte di Cassazione ha riconosciuto in tale ipotesi il diritto dell'imputato ad impugnare la sentenza del G.I.P. con ricorso per cassazione qualora venga rappresentato uno specifico interesse al contraddittorio davanti al giudice di merito, ovvero al fine di argomentare le proprie richieste di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p. (Cass. VI, n. 23049/2017). La mancanza della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza o di un atto equipollente comporta la nullità della sentenza per violazione dell'art. 178, lett. b) e c), c.p.p., deducibile nei termini dell'art. 182, comma 2 c.p.p. (Cass. IV, n. 2519/1997). In caso di imputato assistito da due difensori di fiducia, l'omesso avviso ad uno dei due difensori della data dell'udienza non viene considerato causa di nullità, sempre che almeno uno di loro sia presente all'udienza fissata per la decisione. Ex art. 127 c.p.p. la comunicazione o la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza deve avvenire almeno dieci giorni prima dell'udienza. Le parti possono presentare memorie nella cancelleria del giudice fino a cinque giorni prima dell'udienza. L'art. 447, comma 1 c.p.p. stabilisce il termine entro il quale il pubblico ministero, qualora non vi abbia già provveduto, deve depositare il proprio fascicolo nella cancelleria del giudice: almeno tre giorni prima dell'udienza. Nel corso dell'udienza camerale per la decisione sull'applicazione della pena le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno escluso la possibilità per la persona offesa di costituirsi parte civile (Cass. S.U., n. 47803/2008). Pertanto, la persona offesa non ha diritto ad essere avvisata dell'udienza fissata per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, tanto che la mancata comparizione e la decisione emanata senza la sua presenza non comportano alcuna violazione processuale (Cass. V, n. 30941/2016). Inoltre, è illegittima la condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice nonostante tale divieto (Cass. III, 14008/2017). La partecipazione del pubblico ministero, del difensore e dell'imputato all'udienza camerale ex art. 447 c.p.p. è facoltativa. Pertanto, in caso di richiesta di patteggiamento con imputato detenuto che non abbia formulato espressa istanza di essere sentito dal giudice, non deve essere tradotto in udienza e l'omessa traduzione non è causa di nullità della sentenza. Nel caso previsto dall'art. 446, comma 5, c.p.p. (applicabile anche all'art. 447 c.p.p.) il giudice può disporre la comparizione dell'imputato quando ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso. La c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) La recente novella legislativa è intervenuta sul rito alternativo del cd. patteggiamento introducendo delle integrazioni allo scopo evidente di agevolarne l'applicazione. In primo luogo, nei casi di patteggiamento con pena superiore a due anni, è stata prevista la possibilità per le parti di inserire nell'accordo da presentare al giudice anche le pene accessorie e la confisca facoltativa (art. 25, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). Prima della riforma, le parti non potevano concordare alcunché in merito ai suddetti istituti, che erano rimessi alla discrezione del giudice. L'unica possibilità per le parti era formulare le proprie richieste al giudice indipendentemente dall'accorgo negoziale raggiunto con la controparte sulla pena. Dopo la novella, invece, l'indagato/imputato e il pubblico ministero possono concordare anche se e quali pene accessorie applicare nonché la loro durata. Inoltre, le parti possono concordare che non venga ordinata la confisca facoltativa o che la stessa venga disposta su specifici beni o per un importo determinato. In tali ipotesi, se il giudice non concorda con le parti sulle richieste in tema di pene accessorie e confisca facoltativa, deve rigettare l'istanza di patteggiamento. In secondo luogo, sempre allo scopo di favorire l'acceso a questo rito premiale, è stato modificato il comma 1-bis dell'art. 445 c.p.p., sugli effetti della sentenza di patteggiamento. Oltre che nei giudizi civili e amministrativi, è stato previsto che la sentenza di patteggiamento non abbia efficacia e non possa essere utilizzata a fini di prova anche nei giudizi tributari e disciplinari nonché nei giudizi relativi all'accertamento della responsabilità contabile (art. 25, comma 1 lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). |