Sentenza di applicazione della pena su richiestaInquadramentoSe il Giudice non deve pronunciare il proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e accoglie l'istanza di patteggiamento formulata dalle parti, emette sentenza di applicazione della pena, che definisce il giudizio di primo grado. La sentenza così pronunciata è equiparata ex lege ad una pronuncia di condanna e produce gli effetti favorevoli indicati dall'art. 445 c.p.p. FormulaREPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE PENALE DI ... SEZIONE ... in composizione monocratica (dott. ... ) in composizione collegiale [1] ovvero UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE PRESSO IL TRIBUNALE DI ... ovvero UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL TRIBUNALE DI ... SENTENZA DI APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI (artt. 444 e 448 c.p.p.) Il Giudice, Dott. ..., all'udienza [2] del ..., su richiesta delle parti, ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura integrale [3], la seguente SENTENZA nei confronti di: ..., nato il ... a ..., residente a ..., con domicilio dichiarato in ... via ... ovvero con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. ..., sito in ... via ...; libero presente/dichiarato assente; difeso di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; IMPUTATO a) per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché .... Commesso in ..., il .... b) per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché .... Commesso in ..., il .... Con l'intervento del difensore dell'imputato, che si riporta alla richiesta di applicazione della pena depositata in data ..., e del Pubblico Ministero, che conferma il consenso già prestato; ovvero Con l'intervento del difensore dell'imputato, in qualità di procuratore speciale, come da atto depositato, e del Pubblico Ministero, i quali congiuntamente richiedono l'applicazione della pena. MOTIVAZIONE All'odierna udienza l'imputato personalmente/il difensore dell'imputato, in qualità di procuratore speciale (come da procura speciale depositata in atti), ha formulato richiesta di applicazione della pena di mesi/giorni ... di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda, così determinata: previo riconoscimento della circostanza/delle circostanze [4] di cui all'art./agli artt. ..., prevalenti sulle/equivalenti alle aggravanti contestate pena base [5]: ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda; ridotta/aumentata ex art. [6]: ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda; aumentata ex art. 99, comma ..., c.p.[7]: ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda; aumentata ex art. 81, comma 1 o comma 2, c.p.[8]: ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda; ridotta per il rito [9]: ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda, pena finale [10]; sostituita la pena detentiva, ex art. 53, l. n. 689/1981, con: la pena pecuniaria [11] di ... Euro di multa/ammenda; ovvero la semidetenzione [12] per il periodo di ... mesi/giorni; la libertà controllata [13] per il periodo di ... mesi/giorni; con il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena [14], subordinando la richiesta alla concessione di tale beneficio [15]. Il Pubblico Ministero ha espresso il consenso. Non si deve procedere al proscioglimento dell'imputato ex art. 129 c.p.p., in quanto dagli atti di indagine contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero (cfr., in particolare, ... ) emergono seri elementi di colpevolezza a carico dell'imputato. Si possono concedere le circostanze attenuanti di cui all'art. .... PER QUESTI MOTIVI il Giudice, su richiesta della parte e con il consenso del Pubblico Ministero ovvero su richiesta delle parti, visti gli artt. 444 e ss. c.p.p. APPLICA nei confronti di ..., in ordine al reato/ai reati a lui contestato/i, la pena di: mesi/giorni ... di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda; così determinata, previa applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. ... prevalente/equivalente alla/e aggravante/i contestata/e, uniti i reati dal vincolo della continuazione nonché previa applicazione della diminuente per il rito. Visto l'art. 163 c.p. applica all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Visto l'art. ... applica all'imputato la sanzione amministrativa accessoria di .... Visto l'art. ... dispone la sostituzione della pena di mesi/giorni ... con la sanzione del ... per il periodo complessivo di ... con le seguenti modalità .... Visto l'art. ... applica le seguenti pene accessorie ... [16]. In merito ai beni in sequestro [17] , visti gli artt. 240 c.p. e ... dispone la confisca e la distruzione. ovvero visto l'art. 262/321 c.p.p. dispone il dissequestro e la restituzione all'avente diritto. Così deciso, in ... il .... Il Giudice ... 1. Il tribunale collegiale può pronunciare sentenza di patteggiamento in ipotesi del tutto limitate: a) rito direttissimo; b) rimessione in termini; c) precedente dissenso del Pubblico Ministero o rigetto del G.I.P.\G.U.P. 2. L'udienza in cui può essere pronunciata la sentenza di patteggiamento può essere l'udienza camerale fissata dal Giudice per le indagini preliminari, l'udienza preliminare oppure l'udienza predibattimentale davanti al Giudice monocratico. 3. Solitamente, in caso di sentenza di applicazione della pena, il Giudice redige una motivazione contestuale, dandone lettura in udienza. 4. Ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), dopo il d.l. n. 92/2008 conv. in l. n., che ha introdotto il comma 3 di detto articolo, non è sufficiente la sola incensuratezza dell'imputato, occorrendo ulteriori elementi o circostanze che, non essendo già contemplate quali attenuanti (speciali o comuni), giustifichino comunque l'attenuazione del trattamento sanzionatorio, come, per esempio, la condotta processuale del reo (confessione spontanea, collaborazione prestata nel corso delle indagini), il comportamento successivo alla commissione del reato (parziale riparazione o risarcimento del danno), le condizioni di vita del reo (giovane età, situazione di emarginazione sociale, arretratezza culturale). 5. La pena base è da individuare fra il minimo e il massimo edittale della pena prevista dal legislatore per la fattispecie contestata, tenendo conto dei criteri fissati dall'art. 133 c.p. 6. In caso di una sola circostanza, attenuante o aggravante, si deve effettuare l'aumento o la diminuzione prevista dal legislatore. Se concorrono più attenuanti o più aggravanti, andranno effettuate tante diminuzioni o tanti aumenti quante sono le circostanze (ogni diminuzione/aumento va operato sulla quantità di pena risultante dalla precedente diminuzione/aumento). Se concorrono sia circostanze attenuanti sia circostanze aggravanti, si deve effettuare il giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p., che si può tradurre in un'equivalenza delle circostanze, o in una prevalenza/subvalenza delle une rispetto alle altre. Nel primo caso (equivalenza) le circostanze attenuanti e aggravanti si elidono a vicenda; di conseguenza, non verrà operata alcuna riduzione o aumento di pena (è come se non vi fosse alcuna circostanza). Nel secondo caso (subvalenza/prevalenza) sono le circostanze di un tipo a prevalere sulle altre, eliminandole sotto il profilo sanzionatorio. Pertanto, la pena base verrà soltanto ridotta o aumentata a seconda che a prevalere siano le attenuanti o le aggravanti. Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, ovvero con aumento della pena superiore ad 1/3, l'art. 63, comma 4, c.p. prevede che si applichi la pena stabilità per la circostanza più grave. In riferimento ad alcune fattispecie criminose il legislatore esclude la circostanza aggravante dal giudizio di bilanciamento (v. 628, comma 4, c.p.; art. 186, comma 2-septies, c.d.s.). In tale ipotesi, si opererà prima l'aumento per l'aggravante e poi la riduzione per l'attenuante. 7. In caso di contestazione della recidiva, qualora sussistano una o più attenuanti, l'art. 69, comma 4, c.p. consente la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva solo nel caso di recidiva semplice (comma 1) e di recidiva specifica e/o infraquinquennale (commi 2 e 3). In caso di recidiva reiterata (comma 4) è possibile soltanto l'equivalenza delle circostanze. 8. Nel caso di più reati in contestazione vi sono due possibilità: a) se i reati sono stati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale ex art. 81, comma 1, c.p.) oppure con più azioni od omissioni, ma in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (continuazione ex art. 81, comma 2, c.p.), deve essere individuata la fattispecie più grave, per poi calcolare l'aumento per l'altro reato o gli aumenti per gli altri reati; b) se non sussiste né un concorso formale né la continuazione, si ha un concorso materiale di reati e il cumulo delle pene secondo le regole disposte dagli artt. 71 e ss. c.p.p. Nel caso dell'art. 81, commi 1 e 2, c.p. per l'individuazione della fattispecie più grave si deve tenere conto dei limiti edittali dei reati (compiendo una valutazione in astratto delle fattispecie, così come precisato dalla giurisprudenza), seguendo i criteri fissati dall'art. 16, comma 3, c.p.p.: i delitti sono più gravi delle contravvenzioni; fra i delitti e le contravvenzioni è più grave il reato con il massimo della pena più elevato; a parità di massimo edittale della pena, è più grave il reato con il minimo edittale più alto; si tiene conto della pena pecuniaria solo in caso di parità delle pene detentive. 9. La riduzione per il rito è fino ad 1/3. A differenza del rito abbreviato, in cui la riduzione è fissa (di 1/3), nel caso del patteggiamento la riduzione può avvenire anche in misura inferiore a 1/3. Per effetto della decurtazione la pena non può mai risultare inferiore ai limiti di legge fissati dagli artt. 23 ss. c.p. 10. La pena finale non può superare i 2 anni di pena detentiva se si chiede la sostituzione con la semidetenzione, 1 anno di pena detentiva se si chiede la sostituzione con la libertà controllata, 6 mesi di pena detentiva se si chiede la sostituzione con la pena pecuniaria. 11. La conversione della pena detentiva con la pena pecuniaria deve essere fatta applicando gli artt. 53, comma 2, l. n. 689/1981 e 135 c.p.: il limite minimo della conversione è di 250,00 Euro per 1 giorno di pena. Il Giudice, tenendo conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare, può stabilire un ragguaglio superiore, ma senza superare di dieci volte l'ammontare minimo. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l'art. 133-ter c.p. (rateizzazione della pena pecuniaria). 12. La conversione della pena detentiva in semidetenzione deve essere fatta applicando l'art. 57, comma 3, l. n. 689/1981: 1 giorno di semidetenzione per 1 giorno di pena detentiva. 13. La conversione della pena detentiva in libertà controllata deve essere fatta applicando l'art. 57, comma 3, l. n. 689/1981: 2 giorni di libertà controllata per 1 giorno di pena detentiva. 14. Il beneficio della sospensione condizionale non è astrattamente incompatibile con l'applicazione di una sanzione sostitutiva. 15. Se l'istante subordina la richiesta di patteggiamento alla sospensione condizionale della pena, vincola la propria richiesta al riconoscimento da parte del Giudice del beneficio de quo. In tal caso il Giudice o accoglie l'istanza applicando anche la sospensione condizionale della pena o rigetta l'istanza. La richiesta del beneficio della pena sospesa, comunque, può essere formulata senza condizionare l'istanza di patteggiamento. In tale ipotesi il Giudice può accogliere la richiesta di applicazione della pena, non riconoscendo il beneficio in oggetto. 16. La Riforma Cartabia (art. 25, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha modificato l'art. 444, comma 1, c.p.p. prevedendo che le parti, in caso di patteggiamento con pena superiore a due anni, possano accordarsi anche in materia di pene accessorie, ovvero formulando al Giudice richiesta di non applicazione delle stesse o di applicazione per una durata determinata. 17. Sui beni sottoposti a sequestro (probatorio o preventivo) nel corso delle indagini preliminari l'indagato ha diritto alla restituzione, a meno che non sia prevista la confisca obbligatoria o, in caso di confisca facoltativa, il Giudice non decida di disporla. Va aggiunto che la Riforma Cartabia, nei casi del c.d. patteggiamento allargato, ha previsto, altresì, che la confisca facoltativa possa essere oggetto dell'accordo tra le parti, consentendo di chiedere al Giudice di non disporla o di disporla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato. CommentoNatura della sentenza di patteggiamento Sulla natura giuridica della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, prima dell'intervento legislativo del 2003, si registravano due indirizzi contrapposti: un orientamento che negava che la sentenza di patteggiamento potesse essere considerata una pronuncia di condanna, in quanto, pur applicando una pena, non veniva affermata la colpevolezza dell'imputato; l'orientamento opposto che affermava, invece, che si trattava di una sentenza equiparabile ad una pronuncia di condanna, in quanto la sentenza di patteggiamento non prescinde dall'accertamento del fatto e della colpevolezza dell'imputato, considerato che il Giudice, prima di applicare la pena richiesta dalle parti, deve comunque verificare (d'ufficio) che non vi siano i presupposti per una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p. La pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 1997 (Cass. S.U., n. 3600/1997) aveva affermato la prevalenza del primo indirizzo interpretativo, contrario all'equiparazione ad una sentenza di condanna. La l. n. 134/2003 ha modificato l'art. 445 c.p.p., prevedendo espressamente, al comma 1-bis, che la sentenza di patteggiamento, fatte salve diverse disposizioni di legge, equivale ad una pronuncia di condanna. Tale disposizione è stata integrata dalla Riforma Cartabia (art. 25, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021), che pur mantenendo in generale l'equiparazione a una pronuncia di condanna, ha ampliato le ipotesi in cui la sentenza di patteggiamento è priva di efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova: non solo nei giudizi civili e amministrativi (compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile), ma anche in quelli disciplinari e tributari. Evidente la finalità di agevolare l'accesso a questo rito premiale. Valutazioni del Giudice che pronuncia sentenza di patteggiamento Il Giudice, in conseguenza della richiesta di applicazione della pena delle parti, ha a diposizione tutti gli atti di indagine compiuti dal Pubblico Ministero, che, contestualmente al consenso prestato, produce al Giudice gli atti del proprio fascicolo, se non si trovano già nella disponibilità dell'organo giudicante (come nel caso dell'udienza preliminare e dell'udienza predibattimentale). Il Giudice, nel valutare la richiesta di applicazione della pena, mediante la lettura degli atti di indagine, deve in primo luogo verificare, ai sensi dell'art. 444, comma 2, c.p.p., che non ricorra una delle ipotesi di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.: a) il fatto non sussiste; b) l'imputato non lo ha commesso; c) il fatto non costituisce reato; d) il fatto non è previsto dalla legge come reato; e) il reato è estinto; f) manca una condizione di procedibilità. In tali ipotesi, il Giudice è obbligato a pronunciare il proscioglimento in luogo del patteggiamento, a prescindere dal fatto che l'ipotesi di proscioglimento sia stata o meno indicata dalla difesa. Fra le cause di immediato proscioglimento non è stata espressamente prevista l'ipotesi della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.p., perché tale fattispecie esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, che è incompatibile con la natura del rito (Cass. IV, n. 9204/2018). Il Giudice, altresì, deve valutare che la qualificazione giuridica del fatto promossa dall'accusa sia corretta. Nel caso in cui non condivida la qualificazione giuridica, il Giudice non può modificare l'imputazione, ma deve respingere la richiesta di patteggiamento e procedere con rito ordinario (Cass. V, n. 40797/2013). Le ulteriori verifiche dell'organo giudicante concernono la correttezza del calcolo della pena e la congruità della pena richiesta dalle parti. Sotto il primo profilo il Giudice verifica che le parti abbiano compiuto in modo corretto le riduzioni e gli aumenti della pena previsti per le circostanze, la continuazione (o il concorso formale di reati) e il rito. È stato precisato dalla Corte di Cassazione che in caso di patteggiamento l'istanza delle parti si fonda non tanto sulla pena iniziale e sui relativi calcoli, ma sulla pena finale; pertanto, qualora vi siano degli errori riguardanti i primi due aspetti, essi non assumono alcuna rilevanza e possono essere corretti dal Giudice, purché il risultato finale sia conforme a quello indicato dalle parti (Cass. I, n. 29668/2014). Sotto il secondo profilo il Giudice deve valutare se la pena finale da applicare sia congrua in relazione al fatto contestato, tenendo conto dei criteri previsti dall'art. 133 c.p. Nel caso in cui il Giudice ritenga non corretti i calcoli o non congrua la pena richiesta deve rigettare la richiesta di patteggiamento. In merito all'imputabilità dall'autore del reato la Corte di Cassazione (Cass. VI, n. 3823/1998, Cornacchia) ha precisato che l'applicazione della pena su richiesta delle parti non comporta soltanto la verifica da parte del Giudice delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 c.p.p., ma anche l'accertamento della sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto nonché quello della sua capacità di partecipare coscientemente al processo ex art. 70 c.p.p. Tuttavia, perché ricorra tale dovere, occorre che le parti alleghino elementi concreti su tali aspetti oppure che essi emergano ictu oculi dagli atti, offrendo al Giudice ragione di ritenere la sussistenza della incapacità. La motivazione della sentenza di patteggiamento, essendo limitata agli aspetti sopra indicati, risulta alquanto succinta e semplificata. Per questi motivi nella prassi solitamente il Giudice, che pronuncia sentenza di patteggiamento, redige la motivazione contestuale ex art. 544, comma 1, c.p.p. Nel pronunciare la sentenza di patteggiamento il Giudice, se vi è costituzione di parte civile, non deve decidere sulla relativa domanda (art. 444, comma 2, c.p.p.). Tuttavia, il Giudice deve condannare l'imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che non ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Nel caso in cui l'imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso del pubblico ministero, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare e il giudice deve provvedere anche sulla regolamentazione delle spese di costituzione, così come precisato dal recente intervento delle Sezioni Unite, risolvendo il pregresso contrasto giurisprudenziale (Cass. S.U., n. 16403/2023). Effetti premiali della sentenza di patteggiamento Nel caso in cui la sentenza di patteggiamento venga pronunciata applicando una pena inferiore ai due anni di pena detentiva, il legislatore riconosce una pluralità di benefici, indicati dall'art. 445 c.p.p.: - non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento; - non comporta l'applicazione di pene accessorie; - non comporta l'applicazione di misure di sicurezza, fatta eccezione per la confisca nei casi previsti dell'art. 240 c.p.; - comporta l'estinzione del reato, se l'imputato, nei cinque anni successivi alla sua pronuncia (in caso di delitto) o nei due anni successivi (in caso di contravvenzione), non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole; in questo caso l'estinzione comprende ogni effetto penale. Sentenza di patteggiamento e beneficio della sospensione condizionale della pena L'art. 444, comma 3, c.p.p. prevede espressamente la possibilità per la parte che formula l'istanza di patteggiamento di subordinarne l'efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. Il Giudice, se ritiene non concedibile detto beneficio, non ha altra possibilità che rigettare l'istanza di patteggiamento; altrimenti, se emette ugualmente la sentenza escludendo la sospensione condizionale della pena, detta pronuncia è affetta da nullità. La sospensione condizionale della pena, inoltre, può essere concessa solamente quando la relativa domanda abbia formato oggetto della pattuizione intervenuta tra le parti, non potendo essere disposta d'ufficio dal Giudice (Cass. S.U., n. 5882/1993). Non rientra nei poteri conferiti al Giudice chiamato a decidere sulla richiesta di patteggiamento quello di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'adempimento di determinati obblighi ex art. 165 c.p.p., considerato che altrimenti si consentirebbe al Giudice di modificare l'accordo delle parti ed essendo tale norma inapplicabile nell'ambito del rito speciale (Cass. S.U., n. 10/1993). L'equiparazione ex lege della sentenza di patteggiamento consente di ritenerla titolo idoneo, a norma dell'art. 168, comma 1, n. 1, c.p., per la revoca della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa (Cass. S.U., n. 17781/2005). Sentenza di patteggiamento e prescrizione del reato Sulla questione se il Giudice chiamato a pronunciarsi sull'istanza di applicazione della pena possa pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. nel caso in cui il reato risulti prescritto per l'applicazione di circostanze attenuanti sussisteva un evidente contrasto giurisprudenziale. Alla tesi favorevole, che affermava il dovere del Giudice di dichiarare la prescrizione del reato anche quando derivi dal riconoscimento di circostanze attenuanti (Cass. VI, n. 2626/1996), si contrapponeva la tesi che qualificava l'istanza di patteggiamento contenente l'indicazione di una circostanza attenuante idonea a determinare la prescrizione del reato come un'implicita rinuncia alla prescrizione, conseguentemente affermando che in tal caso al Giudice è preclusa la possibilità di pronunciarsi ex art. 129 c.p.p. (Cass. IV, n. 51792/2014; Cass. II, n. 2900/2003). La soluzione del contrasto è derivata da due pronunce della Suprema Corte a Sezioni Unite. Con la prima (Cass. S.U., n. 5/1997) si è affermato che, qualora, a seguito della valutazione positiva dell'accordo intervenuto fra le parti in ordine al riconoscimento ed alla comparazione di circostanze attenuanti, risulti ridotta l'originaria pena edittale e si renda conseguentemente applicabile un più breve termine prescrizionale, deve ritenersi che al Giudice richiesto dell'applicazione della pena sia preclusa la possibilità di dichiarare l'estinzione del reato, come ritenuto nell'accordo, per essere decorso il termine predetto. Infatti, argomentando diversamente, sarebbe consentito utilizzare solo una parte dell'accordo medesimo per finalità incompatibili con il suo contenuto e con gli scopi alla cui realizzazione, nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, era preordinato. Con la seconda la Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 3/1998) non ha modificato, ma puntualizzato la precedente pronuncia affermando che il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (anche per l'ipotesi dell'estinzione del reato per prescrizione) è possibile soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l'obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni. Il successivo intervento sempre delle Sezioni Unite ha confermato questo orientamento (Cass. S.U., n. 18/2000). L'ultimo intervento delle Sezioni Unite in materia di prescrizione (Cass. S.U., n. 18953/2016) afferma che in tema di patteggiamento, la richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato, ovvero il consenso prestato alla proposta del Pubblico Ministero, non possono valere come rinuncia alla prescrizione, in quanto l'art. 157, comma 7, c.p.p., richiede la forma espressa, che non ammette equipollenti. La Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) La recente novella legislativa è intervenuta sul rito alternativo del c.d. patteggiamento introducendo delle integrazioni allo scopo evidente di agevolarne l'applicazione. Nei casi di patteggiamento con pena superiore a due anni, è stata prevista la possibilità per le parti di inserire nell'accordo da presentare al Giudice anche le pene accessorie e la confisca facoltativa (art. 25, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). Prima della riforma, le parti non potevano concordare alcunché in merito ai suddetti istituti, che erano rimessi alla discrezione del Giudice. L'unica possibilità per le parti era formulare le proprie richieste al Giudice indipendentemente dall'accorgo negoziale raggiunto con la controparte sulla pena. Dopo la novella, invece, l'indagato/imputato e il Pubblico Ministero possono concordare anche se e quali pene accessorie applicare nonché la loro durata. Inoltre, le parti possono concordare che non venga ordinata la confisca facoltativa o che la stessa venga disposta su specifici beni o per un importo determinato. Pertanto, dopo la novella legislativa, il Giudice, nella sentenza ex art. 444 c.p.p., è chiamato anche a valutare la correttezza delle determinazioni delle parti in merito alla confisca e la congruità delle pene accessorie richieste dalle parti. Se il Giudice non concorda con le parti sulle richieste in tema di pene accessorie e confisca facoltativa, deve rigettare l'istanza di patteggiamento. |