Ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena (art. 448, comma 2-bis)

Salvatore Ferraro

Inquadramento

La sentenza di patteggiamento può essere impugnata dalle parti con ricorso per cassazione solamente in casi limitati: difetto di espressione della volontà dell'imputato, difetto di correlazione tra la richiesta di applicazione della pena e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, illegalità della pena o della misura di sicurezza. Per la legittimazione ad impugnare e i termini di impugnazione valgono le regole generali sul ricorso per cassazione.

Formula

RICORSO PER CASSAZIONE

(artt. 448, comma 2-bis, e 606 e ss. c.p.p.)

Il sottoscritto Avv. ... 1, con studio in ... via ..., quale difensore di ufficio/fiducia (munito di procura speciale, già depositata agli atti del procedimento in data ... ovvero come da atto allegato al presente ricorso) di:

..., nato a ..., il ..., residente a ... in via ..., con domicilio ivi dichiarato opp. con domicilio eletto presso ...;

imputato nel procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R.;

premesso che:

in data ... il G.I.P./G.U.P./Tribunale di ... in composizione monocratica pronunciava sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (n. ... / ... ) nei confronti del suddetto imputato, applicando la pena di ... anni/mesi di reclusione/arresto e ... Euro di multa/ammenda per il seguente/per i seguenti reati:

a) art. (artt.) ..., commesso(i) in ..., il ...;

b) art. (artt.) ..., commesso(i) in ..., il ... (riportare integralmente il capo/i capi di imputazione);

rilevato che

non è trascorso il termine per impugnare la sentenza suddetta 2;

il Giudice di primo grado, per quanto rileva ai fini del presente ricorso, ha ... (indicare il capo della sentenza oggetto di impugnazione);

contro tale sentenza del G.I.P./G.U.P./Tribunale di ... in composizione monocratica l'imputato propone ricorso per cassazione deducendo il seguente/i seguenti motivi di impugnazione ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p.:

- difetto di espressione della volontà dell'imputato;

ovvero

- difetto di correlazione tra la richiesta di applicazione della pena e la sentenza;

ovvero

- erronea qualificazione giuridica del fatto;

ovvero

- illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Al riguardo si osserva:

... (esplicitare il motivo/i motivi del ricorso).

Si ritiene, pertanto, che la sentenza di applicazione della pena emessa dal G.I.P./G.U.P./Tribunale di ... in composizione monocratica, sia da annullare.

Per questi motivi

Visti gli artt. 448, comma 2-bis, e 606 ss. c.p.p.,

CHIEDE

che la Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento del motivo/dei motivi di ricorso sopra illustrato/i, voglia annullare la sentenza n. ... / ... di applicazione della pena emessa dal G.I.P./G.U.P./Tribunale di ... in composizione monocratica in data ... nel procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R. iscritto a carico di ... per il reato/i reati di cui all'art. (agli artt.) ..., commesso/i in ..., il ..., con ogni conseguente provvedimento.

Si allega:

1) sentenza n. ... / ... emessa dal G.I.P./G.U.P./Tribunale di ... in composizione monocratica in data ...;

2) atto di nomina a difensore di fiducia;

3) procura speciale;

4) (ulteriori atti del procedimento, qualora siano stati menzionati nell'indicazione dei motivi del ricorso).

Luogo e data ...

Firma ...

 

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

[1] 1. Il ricorso per cassazione, ai sensi della norma generale di cui all'art. 571 c.p.p., può essere presentato direttamente dall'imputato oppure dal suo difensore (di fiducia o di ufficio), purché munito di procura speciale ai sensi dell'art. 122 c.p. Nella procura speciale rilasciata al difensore deve essere espressamente indicato il potere di presentare l'impugnazione.

[2] 2. Il termine per proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento è di 15 giorni ai sensi dell'art. 585 c.p.p., trattandosi di sentenza emessa in camera di consiglio. Il termine decorre dalla lettura del provvedimento in udienza, se contestualmente è redatta la motivazione, oppure dalla notificazione o comunicazione dell'avvenuto deposito del provvedimento.

Commento

Tranne l'ipotesi in cui il Pubblico Ministero abbia manifestato il dissenso, la sentenza di patteggiamento è inappellabile.

Con la c.d. “Riforma Orlando” (l. n. 103/2017) il legislatore ha operato un duplice intervento: da un lato, introducendo il comma 1-bis dell'art. 130 c.p.p., che attribuisce al Giudice di primo grado il potere di emendare la sentenza di patteggiamento nei casi di errore materiale; dall'altro, introducendo il comma 2-bis dell'art. 448 c.p.p., che specifica i motivi che legittimano il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. L'intenzione è del tutto evidente: limitare le ipotesi di impugnazione delle sentenze di applicazione pena su richiesta delle parti, al fine di alleggerire il carico di lavoro della Corte di Cassazione e determinare un più veloce passaggio in giudicato delle sentenze di primo grado. In tal modo (eliminando un grado di giudizio e comprimendo le ipotesi di ricorso per cassazione) si determina una limitazione dei diritti di difesa, del tutto giustificata, tuttavia, della specialità e dalla premialità del rito scelto dall'imputato.

La novella legislativa ha codificato le pronunce della giurisprudenza sul tema, indicando in modo tassativo i seguenti motivi che legittimano la presentazione del ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento da parte dell'imputato o del Pubblico Ministero:

a) espressione della volontà dell'imputato;

b) difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;

c) erronea qualificazione giuridica del fatto;

d) illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Preliminarmente, va osservato come l'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. si ponga come norma speciale rispetto alla norma generale sui motivi del ricorso per cassazione di cui all'art. 606 c.p.p.

Esaminiamo le ipotesi previste dall'art. 448, comma 2-bis, c.p.p.:

a) espressione della volontà dell'imputato. Tale fattispecie è da ricondurre alle ipotesi in cui sia mancata completamente la volontà dell'imputato, come nel caso in cui il consenso al patteggiamento sia stato manifestato dal difensore privo di procura speciale o con una procura speciale non valida. Sono escluse le ipotesi in cui l'imputato sia incorso in errore nella proposizione dell'istanza o vi sia stato un vizio della volontà nel consenso prestato, così come indicato dalla giurisprudenza prima della novella legislativa (Cass. IV, n. 888/1999).

b) difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza. Con la contemporanea modifica dell'art. 130 c.p.p., i margini per la proposizione del mezzo di impugnazione risultano ridotti, nel senso che se il contrasto fra l'istanza e la sentenza di patteggiamento è del tutto evidente si dovrà ricorrere allo strumento della correzione dell'errore materiale. Nel caso in cui, invece, sia necessaria una valutazione e un esame più approfondito in merito alla corrispondenza della sentenza rispetto alla richiesta di applicazione della pena sarà inevitabile fare ricorso all'impugnazione.

c) erronea qualificazione giuridica del fatto. Si tratta di un tipico errore di diritto, concernente l'inquadramento giuridico del fatto storico, che è sottratto alla disponibilità delle parti e può essere emendato solamente con il ricorso per cassazione. Il legislatore non ha fatto altro che recepire il principio precedentemente espresso sul punto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nell'anno 2000 (Cass. S.U., n. 5/2000). È da sottolineare come le successive pronunce della Suprema Corte avevano comunque circoscritto il potere di intervento del Giudice di legittimità alle sole ipotesi di errore manifesto nella qualificazione giuridica del fatto, escludendo le ipotesi in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità, in quanto legata a valutazioni concernenti aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Cass. VII, n. 39600/2015; Cass. III, n. 34902/2015). La Suprema Corte ha poi confermato la validità di tale interpretazione anche alla luce della novella legislativa che ha introdotto l'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. (Cass. VI, n. 3108/2018). Nel caso in cui la Corte di Cassazione accolga il ricorso per errore nella qualificazione giuridica del fatto, dispone l'annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti al Giudice del primo grado per la riedizione del giudizio, trattandosi di nullità irrimediabile del patto con conseguente necessità di riportare la situazione processuale alla fase antecedente alla sua stipula (Cass. S.U., n. 22902/2001, Tiezzi). Recentemente la Suprema Corte (Cass. V, n. 11253/2023) ha precisato che non può essere dedotta con ricorso per cassazione ex art. 448, comma 2-bis, c.p.p. l'erronea applicazione della recidiva contestata, in quanto non attinente alla corretta qualificazione del fatto (fattispecie in cui il giudice di merito aveva ritenuto la recidiva nei confronti di un imputato gravato da un solo precedente per contravvenzione)

d) illegalità della pena o della misura di sicurezza. Anche in questo caso lo strumento dell'impugnazione è residuale rispetto alla procedura di correzione dell'errore materiale di cui al novellato art. 130 c.p.p., a cui si dovrà ricorrere se l'errore nella commisurazione della pena risulti in modo evidente dagli atti, dal testo del provvedimento o dalla volontà delle parti. Sono riconducibili a tale fattispecie le seguenti ipotesi: pena applicata in misura inferiore al minimo edittale; applicazione congiunta di pena detentiva e pena pecuniaria in fattispecie in cui la legge prevede l'applicazione alternativa; qualificazione come circostanza aggravante di ipotesi che costituisce reato autonomo; sopravvenuta illegittimità costituzionale. Rientra in tale ipotesi anche la congruità della pena applicata dal Giudice di primo grado, qualora si traduca in una pena illegale (Cass. III, n. 10286/2013). La norma in oggetto parla solo della pena e della misura di sicurezza, ma non dell'applicazione di una pena accessoria non dovuta (all'indirizzo che ritiene estendibile la norma in via interpretativa, si oppone la tassatività delle ipotesi di ricorso codificate con la l. n. 103, cit.). Sul tema se l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena, ex art. 165, comma 2, c.p., a uno degli obblighi previsti dal comma primo, sia o meno riconducibile al concetto di pena illegale e, quindi, se possa essere dedotta con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. sussiste un evidente contrasto giurisprudenziale. All'orientamento che in questo caso ammette il mezzo di impugnazione in oggetto (Cass. IV, n. 47202/2022; Cass. IV, n. 5064/2018) si contrappone l'orientamento contrario (Cass. VI, n. 36772/2022; Cass. III, n. 35485/2021). Questi gli ulteriori casi in cui la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento per l'illegalità della pena:

• il mancato rispetto del criterio di calcolo della pena previsto dall'art. 624-bis, comma 4, c.p. per non aver sottratto le circostanze aggravanti privilegiate di cui all'art. 625 c.p. al giudizio di comparazione con le attenuanti generiche (Cass. V, n. 7246/2021);

• in caso di recidiva reiterata l'avere disposto un aumento per la continuazione inferiore al minimo di un terzo della pena irrogata per il reato più grave (Cass. VI, n. 4726/2021);

• l'avere applicato, in sostituzione della pena detentiva e pecuniaria ex art. 186, comma 9-bis, C.d.S., quella del lavoro di pubblica utilità sospensivamente condizionandola (Cass. IV, n. 30856/2022);

• l'erronea quantificazione della pena base prevista per il reato più grave in misura inferiore al limite edittale, in quanto calcolata senza conteggiare l'aumento stabilito per la circostanza aggravante privilegiata contestata (Cass. V, n. 24132/2022);

• l'applicazione della sanzione sostitutiva dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato nei confronti di soggetto privo di passaporto o di altro atto equipollente valido per l'espatrio, in quanto sanzione non consentita dall'ordinamento (Cass. VI, n. 15881/2022);

·       l'omessa applicazione di una pena accessoria, che debba essere obbligatoriamente disposta e non abbia formato oggetto di diverso accordo tra le parti (Cass. III, n. 4768/2024).

In materia di confisca la Suprema Corte ha precisato che il ricorso per cassazione può essere proposto contro la sentenza di patteggiamento emessa “de plano” anche nel caso di applicazione della pena nei termini indicati dalle parti, qualora venga rappresentata la volontà di interloquire in ordine alla destinazione dei beni in sequestro, rimasta estranea all'accordo ex art. 444 c.p.p. (Cass. III, n. 10100/2024).

Recentemente la Corte di Cassazione ha precisato che ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento qualora si deduca l'omessa valutazione da parte del Giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. In tale caso la Corte provvede a dichiarare l'inammissibilità del ricorso pronunciando un'ordinanza de plano ex art. 610, comma 5-bis c.p.p. (Cass. II, n. 4727/2018; Cass. VI, n. 8912/2018). La Corte ha altresì puntualizzato che il ricorso per cassazione è inammissibile contro la sentenza di patteggiamento sul motivo del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, osservando che l'istituto introdotto dall'art. 131-bis c.p.p. esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, incompatibile con la natura del rito (Cass. IV, n. 9204/2018). Tale pronuncia conferma l'orientamento formatosi anche antecedentemente alla novella del 2017 (Cass. IV, n. 43874/2016).

In tema di prescrizione va menzionato l'arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite del 2016 (Cass. S.U., n. 18953/2016), che hanno chiarito che l'istanza di applicazione pena non equivale alla rinuncia alla prescrizione, la quale, ai sensi dell'art. 157, comma 7, c.p.p., richiede la forma espressa. Pertanto, qualora il Giudice non abbia rilevato l'estinzione del reato, è ammesso il ricorso per cassazione.

Mentre con il mezzo di impugnazione in questione non può essere fatta valere una causa sopravvenuta di non punibilità del reato, come nel caso di remissione di querela (per un reato non perseguibile d'ufficio) intervenuta dopo la pronuncia della sentenza di patteggiamento (Cass. V, n. 39345/2003).

Nell'elenco fissato dal legislatore del 2017 non sono comprese le ipotesi delle nullità assolute, delle inutilizzabilità patologiche e dell'incompetenza. Il mancato inserimento di queste fattispecie porta a ritenere che sia stato codificato il principio espresso dalla giurisprudenza prima della novella, ovvero che l'accordo fra le parti determina la rinuncia a far valere tali vizi (Cass. II, n. 6383/2008). A tale argomentazione si potrebbe, comunque, obbiettare che, qualora il ricorso per cassazione venga presentato su altri aspetti, il Giudice di legittimità potrebbe comunque esercitare i propri poteri d'ufficio rilevando una nullità assoluta.

Sulle spese di costituzione in giudizio della parte civile la Corte di Cassazione ha recentemente previsto il ricorso per cassazione, non essendo emendabile con la procedura di cui all'art. 130 c.p.p., nei confronti della sentenza di patteggiamento che abbia omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, trattandosi di emenda non automatica e predeterminata, ma implicante valutazioni relative sia all'ammissibilità della domanda che all'entità della liquidazione, suscettibili di essere neutralizzate da una possibile compensazione (Cass. IV, n. 6807/2024).

In merito alla legittimazione ad impugnare (imputato e P.M.) e termini ad impugnare la l. n. 103/2017 non ha previsto alcuna disciplina particolare rispetto a quella di carattere generale (artt. 571 e 585 c.p.p.).

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