Richiesta di programma di trattamento all'Ufficio per l'esecuzione penale esterna (art. 464-bis, comma 4)

Angelo Salerno
Alessandro Leopizzi

Inquadramento

All'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova da presentare al Giudice deve essere allegato un programma di trattamento, elaborato d'intesa con l'ufficio di esecuzione penale esterna, che preveda le modalità di coinvolgimento dell'indagato/imputato nel processo di reinserimento sociale, le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che egli assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all'attività di volontariato di rilievo sociale, le condotte volte a promuovere ove possibile la mediazione con la persona offesa.

Formula

ALL'UFFICIO PER L'ESECUZIONE PENALE ESTERNA DI....

RICHIESTA DI PROGRAMMA DI TRATTAMENTO PER SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA

***

Il sottoscritto...., nato a.... il...., C.F....., recapito telefonico.... (casa/ufficio), recapito cellulare (....), e-mail.... @...., residente a....,

indagato (ovvero imputato) [1] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., pendente presso la procura della Repubblica di.... ed attualmente in fase di indagini preliminari (ovvero di udienza preliminare) (ovvero di giudizio, davanti al tribunale penale in composizione monocratica, Dott.....);

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)....

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a).... c.p.

b)...., l..... /....

c)...., d.P.R.....

d)...., d.lgs.....

PREMESSO

che il sottoscritto è ad oggi indagato/imputato nel procedimento di cui in epigrafe e per i reati ivi specificati;

che i fatti di reato per cui si procede, e in genere il contesto personale, sociale e ambientale in cui è maturata la vicenda storica, possono essere adeguatamente illustrati dalle copie degli atti del suddetto procedimento penale nella disponibilità del sottoscritto che si allegano e in particolare (specificare gli atti rilevanti, soprattutto, se già emesso, del capo di imputazione);

che, ad ogni buon conto, per meglio tratteggiare la situazione personale e familiare dell'indagato/imputato è opportuno rappresentare talune ulteriori circostanze (descrivere, per quanto di rilievo, e documentare, per quanto possibile, la situazione anagrafica, lavorativa, di studio, di altre attività rilevanti, impegni personali. Se del caso formulare, anche con atto separato e allegato alla richiesta, osservazioni e proposte specifiche in merito al programma di trattamento);

che si intende richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova;

RICHIEDE

a codesto spettabile Ufficio per l'esecuzione penale esterna il rilascio del programma di trattamento, ai sensi dell'art. 464-bis, comma 4, c.p.p.;

e, a tal fine, formalmente

DICHIARA

– di essere disponibile allo svolgimento di lavoro di pubblica utilità, salvo contrarie determinazioni di codesto spettabile Ufficio presso (indicare il soggetto presso cui si vorrebbe espletare il lavoro di pubblica utilità o comunque l'ambito in cui si vorrebbe operare, tenuto conto del proprio bagaglio curricolare, di esperienze pregresse, ecc.);

– di essere disponibili ad azioni riparatorie e risarcitorie e in particolare (specificare il contenuto di tali azioni, ad esempio indicando una somma ritenuta adeguata per il risarcimento del danno);

– di essere disponibile ad intraprendere un percorso di mediazione con la persona offesa, nei termini che saranno ritenuti più opportuni, ovvero allo svolgimento di programmi di giustizia riparativa;

– di essere disponibile a sottostare alle prescrizioni comportamentali e agli altri impegni specifici che sembreranno adeguati al processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile.

Si resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento che sarà ritenuto necessario o comunque opportuno da codesto spettabile Ufficio.

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2).....

Luogo e data....

Firma....

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

[1]Qualora sia già stata esercitata l'azione penale.

Commento

L'affidamento ai servizi sociali, e il programma di trattamento che ne regola le modalità operative, rappresentano il nucleo fondamentale della sospensione del procedimento con messa alla prova, il momento in cui si confrontano e si contemperano le multiformi esigenze ed istanze personali e collettive, materiali e morali, di fatto e di diritto, sottese alla auspicata catarsi dell'imputato.

Proprio la competenza e l'esperienza di questi soggetti istituzionali consente di mediare e di compendiare tra logiche (repressive, specialpreventive e generalpreventive, rieducative, risocializzatrici, ecc.) fisiologicamente antitetiche, offrendone la miglior sintesi concretamente possibile, in una visione globale che tiene necessariamente conto anche delle premesse e delle prospettive delle condotte riparatorie/risarcitorie/conciliative e del lavoro di pubblica utilità.

Il legislatore individua il soggetto competente a fornire tale primario supporto (il vero motore sotterraneo dell'intero istituto) negli uffici di esecuzione penale esterna, esistenti in ogni città sede di ufficio di sorveglianza, secondo quanto disposto dall'art. 72, l. n. 354/1975, e dal d.m. 11 giugno 2010. La nuova forma di probation potrà dunque avvalersi con efficacia della lunga esperienza in materia, maturata nei decenni di applicazione del diritto minorile e delle consimili procedure di esecuzione.

Ad ogni buon conto, la centralità dell'affidamento è tale che, già al momento di presentazione dell'istanza, deve essere allegato “un programma di trattamento”, elaborato di intesa con l'UEPE. Qualora non sia stato possibile elaborare questo programma, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza, il codice consente la allegazione di prova dell'avvenuta richiesta all'ente (art. 464-bis, comma 4, c.p.p.).

Il contenuto minimo del programma di trattamento, che deve essere, sin dal momento della presentazione, espressamente accettato e condiviso dall'imputato (art. 141-ter, comma 3, disp. att. c.p.p.), è così delineato:

– modalità di coinvolgimento dell'imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile;

– prescrizioni comportamentali e altri impegni specifici che l'imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all'attività di volontariato di rilievo sociale;

– condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa e, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, al testo dell'art. 464-bis c.p.p., anche lo svolgimento di percorsi di giustizia riparativa, che presuppongono tuttavia il consenso anche della persona offesa.

L'obiettivo fondamentale a cui deve mirare l'attività istituzionale è il “reinserimento sociale”, in ossequio al precetto costituzionale di cui all'art. 27, comma 3 Cost.: non solo l'imputato, ma l'intero suo mondo (parenti, datore di lavoro, persino stretti conoscenti) devono essere resi fattivamente partecipi di questi obiettivi di rivisitazione degli errori precedenti e di fondazione di un nuovo stile di vita. Nondimeno, lo stesso legislatore è ben consapevole che in non pochi casi (in particolare, per taluni reati colposi, ma possono facilmente immaginarsi anche condotte dolose sintomatiche di minima o nulla pericolosità sociale), non ci sarà bisogno di alcun specifico reinserimento: la verosimile episodicità della violazione penale esclude il bisogno di risocializzazione.

Il secondo momento preso in considerazione dal programma di trattamento concerne le condotte riparative, in senso non soltanto materiale (un peso fondamentale è attribuito alla mediazione e alla ricomposizione extraprocessuale della vertenza). L'UEPE deve considerare gli specifici obblighi di restituzione e di risarcimento (tenuto comunque conto delle possibilità economiche dell'imputato, e delle sue stesse capacità e possibilità intrinseche di svolgere attività riparatorie, ex art. 141-ter, comma 3, disp. att. c.p.p.) e le possibilità di mediazione con la persona offesa, alla luce della suddetta finalità rieducativa e comunque con valutazione globale che tenga conto di ogni altro aspetto del programma.

Ulteriore previsione, dal sapore ancora più marcatamente sanzionatorio, è quella che concerne i prescelti percorsi “espiatori” attraverso i quali pervenire infine a quella rimeditazione della vita antefatta e alla conseguente adozione di nuovi e più consoni modelli di comportamento. Quanto ciò sia necessario per la “redenzione” di imputati di reati bagatellari e non soddisfi al contrario esigenze punitive che pervadono, magari a livello inespresso e sotterraneo, la collettività, è questione di non poco momento.

Nello specifico, l'afflizione diretta all'emenda del reo consta di prescrizioni comportamentali peculiari e tutt'altro che trascurabili.

Si prevede, in primo luogo, l'obbligo di una prestazione non retribuita (il lavoro di pubblica utilità), di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato o altri enti o organizzazioni, pubblici e privati (anche internazionali, purché operanti in Italia), di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione deve tenere conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell'interessato, è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.

Nel vigente ordinamento giuridico, non può prescindersi dal preventivo consenso dell'interessato (o, in estrema ipotesi, dalla sua mancata opposizione). In caso contrario, si profilerebbe una possibile violazione del parametro convenzionale fissato dall'art. 4 CEDU in ordine al divieto di lavoro forzato.

La durata complessiva del lavoro, inoltre, è indicata soltanto nel suo minimo (“non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi”); il massimo non può comunque essere superiore alla durata della probation, e quindi uno o due anni. La singola giornata di lavoro è invece prefissata soltanto quanto ai limiti massimi: essa “non può superare le otto ore”. Sarebbe quindi astrattamente plausibile, ferme restando le finalità rieducative (anche mediante il necessario carico afflittivo), un orario quotidiano brevissimo.

Le mansioni a cui possono essere adibiti coloro che prestano lavoro di pubblica utilità, secondo l'art. 2, comma 4, d.m. n. 88/2015, sono riferibili ad attività espletate in materia di:

– sociali e socio-sanitarie (alcool e tossicodipendenze, anziani diversamente abili, stranieri, malati, minori);

– protezione civile (anche in caso di calamità);

– fruibilità e tutela del patrimonio ambientale (prevenzione incendi, salvaguardia patrimonio boschivo e forestale, demanio marittimo, protezione flora e fauna, randagismo);

– fruibilità e tutela del patrimonio culturale e archivistico (inclusa la custodia di biblioteche, musei, gallerie, pinacoteche);

– manutenzione e fruizione di immobili e servizi pubblici (ospedali e case di cura, beni demaniali e patrimonio pubblico, giardini, ville e parchi);

– specifiche competenze e professionalità dell'interessato.

Quale criterio per gradare la durata e l'intensità si è ritenuto di applicare, in via analogica, gli indici dettati dall'art. 133 c.p. (la cui latitudine, ed anzi la tendenziale completezza, lascia ben poche circostanze non valutabili dal Giudice. Cfr. Cass. III, n. 55511/2017).

L'istruttoria, la preparazione e la redazione del programma da parte dell'UEPE appaiono con ogni evidenza incombente gravoso per le competenti articolazioni dell'amministrazione della giustizia.

All'evidente fine di favorire la necessaria consapevolezza ai fini di una tempestiva presentazione dell'istanza, ad ogni buon conto, il nuovo art. 141-bis disp. att. c.p.p. facoltizza (non obbliga) il pubblico ministero, anche prima dell'esercizio dell'azione penale, ad avvisare l'interessato che, ove ne ricorrano i presupposti, ha la facoltà di essere ammesso alla prova e che l'esito positivo della prova stessa estingue il reato.

D'altronde, in alcune vicende processuali (giudizio direttissimo o immediato) sarà di fatto materialmente impossibile anche per l'imputato più diligente depositare un programma già formalmente definito.

Pertanto, l'art. 464-bis, comma 4, c.p.p. equipara, ai fini della ammissibilità della richiesta al giudicante di sospensione del procedimento con messa alla prova, alla fisica allegazione di un programma di trattamento elaborato d'intesa con l'UEPE, anche la produzione della semplice richiesta di elaborazione del programma presentata all'ufficio competente, “nel caso in cui non [ne] sia stata possibile l'elaborazione”. L'ufficio, quando non sia in grado di predisporre tempestivamente il documento, rilascerà pertanto all'interessato un'attestazione di avvenuto deposito della domanda di rilascio. È pertanto illegittima la decisione con cui il tribunale rigetti la richiesta esclusivamente a cagione dell'assenza del programma di trattamento (Cass. III, n. 12721/2019). Non è d'altronde consentito al Giudice, ex art. 464-ter, comma 3, c.p.p., decidere sull'istanza di messa alla prova prima di avere visionato il programma di trattamento in questione (Cass. V, n. 31730/2015). In caso, invece, di assenza anche solo della mera richiesta di elaborazione del programma di trattamento all'ufficio di esecuzione penale esterna il provvedimento di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova è legittimo (Cass. VI, n. 9197/2019).

Congiuntamente (e non in alternativa) al lavoro gratuito, sono previste “attività di volontariato di rilievo sociale”, vere e proprie forme di riparazione sociale del danno causato dal reo alla società civile, tanto più importanti quanto meno pesanti risultino, per motivi oggettivi, gli altri obblighi.

Infine, in maniera residuale, è possibile includere, a fini di risocializzazione e di riparazione nei confronti della persona offesa, ulteriori “prescrizioni comportamentali e altri impegni specifici”. Secondo l'art. 168-bis, comma 2, c.p., queste prescrizioni e questi impegni possono riguardare “attività di volontariato di rilievo sociale”, i “rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria”, la “dimora”, la “libertà di movimento”, il “divieto di frequentare determinati locali” (ma l'elenco non deve ritenersi tassativo). Così, a mero titolo esemplificativo, il tossicomane o l'alcolista potranno seguire percorsi di recupero presso il Sert o altri istituti (ovvero potranno vedersi interdetta la frequentazione di locali notturni in cui i loro vizi avrebbero forti probabilità di ricaduta); il giovane scapestrato potrà vedersi ridotta o del tutto annullata la durata delle uscite serali; il molestatore potrà essere contenuto all'interno del comune di residenza, con inibizione di recarsi nella località ove dimora abitualmente la vittima; chiunque potrà scoprire i benefici spirituali di opere di solidarietà compiute a favore di senzatetto, donne maltrattate, soggetti disagiati e così via.

Sul programma di trattamento, il Giudice deve esprimere una propria valutazione di “idoneità”, con la facoltà di integrare o modificare il programma di trattamento, ma solo con il consenso dell'imputato (art. 464-quater, comma 4, c.p.p.).

Qualora il Giudice si limiti a recepire il programma di trattamento, il relativo onere motivazionale può intendersi soddisfatto anche attraverso un semplice richiamo alla sua congruità. Qualora invece lo rettifichi, egli è tenuto a dar conto delle ragioni delle scelte operate in relazione alle peculiarità del caso concreto (Cass. III, n. 55511/2017), non potendosi limitare al generico richiamo dei parametri di cui all'art. 133 c.p. (Cass. V, n. 48258/2019).

In ogni caso, la sospensione del processo con messa alla prova è subordinata alla duplice condizione dell'idoneità del programma di trattamento e, congiuntamente, della prognosi favorevole in ordine all'astensione dell'imputato dal commettere ulteriori reati. Si tratta di due giudizi diversi, rimessi alla discrezionalità del Giudice, guidata in entrambi i casi dai parametri indicati dall'art. 133 c.p.

Ne consegue che l'impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi in ordine alla capacità a delinquere dell'imputato impedisce che quest'ultimo ottenga il beneficio richiesto, indipendentemente dalla presentazione del programma di trattamento (Cass. V, n. 7983/2015).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario