Opposizione a decreto penale di condanna con richiesta di giudizio immediato (art. 461)

Antonella Marandola

Inquadramento

Qualora il g.i.p. abbia accolto la richiesta di decreto penale di condanna, nel termine perentorio di 15 giorni dalla sua notificazione l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (se condannata), possono proporre, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, opposizione ai sensi dell'art. 461 c.p.p. al decreto penale con dichiarazione da depositare nella cancelleria del Giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto o in quella del tribunale o del Giudice di Pace del luogo ove l'interessato si trova. Con l'opposizione è possibile richiedere il rito immediato. Attraverso l'opposizione (che non è mezzo di impugnazione) viene recuperato il diritto di difesa e al contraddittorio spettante all'imputato.

Formula

N. ... R.G.I.P.

N. ... R.N.R.

TRIBUNALE DI ...

UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

Il sottoscritto Avv. ..., munito di procura speciale conferitagli nella sua qualità di difensore di fiducia di ..., nato a ..., il ..., residente in ..., nella via ..., n. ..., imputato nel procedimento penale n. ... R.G.I.P., n. ..., R.N.R., per il reato di cui all'art. ... c.p., dichiara, ai sensi dell'art. 461 c.p.p., di proporre

OPPOSIZIONE

avverso il decreto penale di condanna n. ..., emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di ..., Dott. ..., in data ... e notificato in data ..., con il quale il proprio assistito veniva condannato alla pena di Euro ... di ammenda/multa.

Con riserva di motivazione chiede il giudizio immediato.

Con osservanza.

Luogo e data ...

sottoscrizione del difensore ...

(Eventuale) visto per autentica ...

sottoscrizione del difensore ...

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

Commento

Il procedimento per decreto è l'unico rito alternativo che prevede, quando per i reati in contestazione è possibile applicare una sanzione finale costituita dalla sola pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di quella detentiva, come misura premiale per l'imputato la riduzione della pena fino alla metà rispetto al minimo edittale. Anche la riforma Orlando ha toccato marginalmente tale rito speciale, inserendo un nuovo comma 1-bis nell'art. 459 c.p.p. al fine di diminuire il numero delle opposizioni al decreto penale di condanna, «motivate soprattutto dalla gravosità della pena pecuniaria applicata in sostituzione della pena detentiva». Tale disposizione stabilisce che il Giudice tenga conto della situazione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare, garantendo la possibilità di un pagamento rateale. Invero, sotto tale aspetto si afferma che ai fini della quantificazione della pena pecuniaria sostitutiva di quella detentiva non è necessario l'espletamento di specifiche e mirate attività di verifica sulla capacità economica dell'imputato e dei suoi familiari e ciò a maggior ragione quando il ragguaglio sia effettuato in misura corrispondente al minimo stabilito dalla legge. La riforma Cartabia prevede che quando è stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 56-bis della l. n. 689/1981, senza formulare l'atto di opposizione. Con l'istanza, l'imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell'ente o dell'associazione di cui all'art. 56-bis, comma 1, e il programma dell'ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso detto termine, il Giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. In difetto dei presupposti, il Giudice respinge la richiesta ed emette decreto di giudizio immediato».

Dunque, la prima novità consiste nel fatto che adesso il Pubblico Ministero può presentare al Giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna entro un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, e non più sei mesi. L 'art. 459, comma 1-bis, c.p.p., prevede un criterio di ragguaglio che risulta modificato nel minimo (da 75 a 5 Euro) ed è determinato in misura variabile nella commisurazione della quale il Giudice dovrà tenere conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita, dell'imputato e del suo nucleo familiare” Dal momento che il “riferimento, contenente l'esplicito riferimento al parametro delle «complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell'imputato e del suo nucleo familiare», sostituisce quello precedente che richiamava la sola «condizione economica dell'imputato e del suo nucleo familiare»”, che, operandosi in tal guisa, sembrerebbe essere stata imposta, per effetto di codesto riferimento, “una valutazione più ampia che comprende la situazione patrimoniale (a tale proposito appare ardua la distinzione da quella «economica») e la situazione «di vita», con ciò dovendosi ritenere si faccia riferimento alle circostanze che riguardano in termini complessivi la situazione personale e familiare dell'imputato”, fermo restando che, da un lato, l'“immutato riferimento all'art. 133-ter c.p., oggetto di modifica con l'art. 1, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 155/2022, comporta che il Giudice può disporre, «in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato, che la multa o l'ammenda venga pagate in rate mensili da sei a sessanta»” dall'altro, ciascuna “rata non può essere inferiore a quindici euro e non sono dovuti interessi per la rateizzazione”. Ma la più “rilevante impatto è anche la novità costituita dalla possibilità di operare la sostituzione della pena detentiva anche con il lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 56-bis, l. n. 689/1981 (introdotto dall'art. 71, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022) sia nel caso in cui l'istanza provenga dall'indagato prima dell'esercizio dell'azione penale (secondo la procedura prevista dal nuovo ultimo periodo del comma 1-bis, sopra riportato) sia successivamente alla notifica del decreto, in base a quanto previsto dall'art. 459, comma 1-ter, c.p.p. di nuova introduzione.

È plausibile che nella prassi, la fattispecie della richiesta di lavoro di pubblica utilità che troverà maggiore attuazione è quella successiva alla notifica del decreto penale, mentre appare, nella pratica, più remota l'ipotesi che già nella fase delle indagini preliminari (potendo l'indagato esserne all'oscuro) venga presentata l'istanza di sostituzione”, fermo restando che tale “nuovo” comma si connota per il fatto di essere strutturato secondo il seguente schema: “a) il presupposto è l'emissione di un decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva e la sua conoscenza da parte dell'imputato, a seguito di rituale notificazione; b) nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, che è lo stesso termine per proporre opposizione; c) l'imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale, vale a dire che, in deroga alle condizioni dell'opposizione, si è disegnato un atto personalissimo con la previsione della procura speciale (per il difensore o per altri), in ragione della gravità delle conseguenze sanzionatorie e della necessità della non opposizione della parte, in coerenza con quanto disposto nell'art. 545-bis c.p.p., in occasione della condanna a pena sostituibile; d) (come visto poco prima N.D.R.) [l'imputato] può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 56-bis della l. n. 689/1981, senza formulare l'atto di opposizione”; e) “l'imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell'ente o dell'associazione di cui all'art. 56-bis, comma 1 e il programma dell'ufficio di esecuzione penale esterna” (così: la relazione illustrativa) e, dunque, essendo siffatta disciplina “coerente con le facoltà e i termini riconosciuti all'imputato dall'art. 545-bis c.p.p. e dalle altre norme che lo richiamano”, ne “consegue che il condannato con decreto penale, senza proporre formale opposizione, deve depositare istanza di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità nel termine perentorio di quindici giorni e – su richiesta contestuale – ha diritto a un termine fino a sessanta giorni per presentare il programma e la disponibilità dell'ente”; f) “allo spirare del termine, in caso di esito favorevole, il Giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità ovvero, in difetto dei presupposti, può respingere la richiesta, emettendo in tal caso decreto di giudizio immediato, in conformità all'art. 464, comma 1, c.p.p.”.

Al Pubblico Ministero incombe quanto alla rata di conversione , solo un onere di allegazione di dati che consentano al Giudice di esercitare la facoltà che la legge gli attribuisce di stabilire il criterio di ragguaglio, ma gli elementi valutativi cui la legge si riferisce, tuttavia, ben possono ricavarsi da circostanze obiettivamente apprezzabili comunque rappresentate nel fascicolo processuale, della preventiva considerazione delle quali il Pubblico Ministero può anche dare atto nella richiesta di decreto penale. Diversamente, si perverrebbe alla inaccettabile conclusione che, in presenza di qualsiasi reato rispetto al quale la pena sia astrattamente convertibile in pena pecuniaria, si debbano svolgere specifici accertamenti sulle capacità economiche del reo e del suo nucleo familiare, vanificando così l'intento del legislatore di favorire il ricorso al decreto penale. Il Giudice, in definitiva, non può imporre al Pubblico Ministero tali accertamenti (v., per tutte, Cass. III, n. 22458/2018). Ancora, il combinato disposto dell'art. 459, comma 1-bis, c.p.p., che consente al Giudice di "determinare" la pena sostituita, e art. 460, comma 2, c.p.p., laddove si vincola il Giudice ad "applicare" la pena nella misura richiesta, deve ritenersi che la "misura della pena" che vincola il Giudice quando emette il decreto è solo quella detentiva indicata dal Pubblico Ministero richiedente, utilizzata come moltiplicatore per il ragguaglio che il Giudice, appunto, "applica", mentre la pena "irrogata" cui si riferisce l'art. 459, comma 1-bis, è quella sostituita all'esito del calcolo, con la conseguenza che il Giudice resta libero di rideterminare il tasso giornaliero che, moltiplicato per i giorni di pena detentiva indicati dal Pubblico Ministero, individua l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva. Si ricorda, come detto, che la riforma Cartabia importa anche l'indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria che può essere pagata entro 15 giorni dalla notifica comporta la rinuncia all'opposizione. Il decreto importa l'avviso all'imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. L'art. 460 c.p.p., importa al primo comma, per effetto di tale riforma, che il decreto penale di condanna debba contenere pure i seguenti requisiti: I) nel dispositivo deve essere specificata la riduzione di un quinto della pena pecuniaria nel caso previsto dalla lettera. In altri termine il Giudice nel decreto penale (se non già il P.M. nella sua richiesta) dovrà indicare due somme: quella “intera”, da pagare in esito all'acquiescenza al decreto, e quella ulteriormente ridotta di un quinto, da pagare entro 15 giorni dalla notifica del decreto, con contestuale rinuncia all'opposizione]; II) l'avviso all'imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa; III) l'avviso che può essere effettuato il pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all'opposizione.

Ciò posto, il “legislatore ha inoltre provveduto alla sostanziale riscrittura dell'art. 460, comma 5, c.p.p. stabilendo che il condannato nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto, può effettuare il pagamento della sanzione nella misura ridotta di un quinto, con rinuncia all'opposizione, fermo restando che, nel qual caso, ossia quando il condannato ha pagato la pena pecuniaria, unitamente all'altra ipotesi già preveduta in precedenza, e non modificata dalla riforma Cartabia (ovvero: qualora, nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l'imputato (adesso: il condannato) non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole), il reato è estinto.

Con l'emissione del decreto penale di condanna, qualora agli atti non risulti già nominato, il Giudice provvede alla nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell'art. 97 c.p.p. Il difensore nominato, così come l'imputato, durante il termine utile a proporre opposizione, ha facoltà di prendere visione ed estrarre copia degli atti del procedimento, nonché proporre opposizione, anche in assenza di procura.

Il decreto non comporta il pagamento delle spese del procedimento, né l'applicazione di pene accessorie e, anche se divenuto esecutivo, non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo.

Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, come previsto dall'art. 460, comma 5, c.p.p.; è prevista per legge la non menzione della condanna nel certificato penale richiesto dalla parte. Trattasi di un rito che si sviluppa senza l'interlocuzione con l'imputato: a salvaguardia del suo diritto di difesa (art. 24 cost.) e della presunzione di non colpevolezza (art. 27 cost.) e di quello del giusto processo (art. 111 cost.) si prevede il diritto dell'imputato (e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria) di poter contestare il provvedimento attraverso il mezzo dell'opposizione.

L'opposizione determina vari effetti fra i quali la sospensione dell'esecuzione della condanna (in quanto atto di non accettazione della condanna ricevuta) e la richiesta di accertamento del fatto in forme diverse da quelle del procedimento per decreto.

Oggetto della opposizione è l'esame di tutti gli elementi in base ai quali il Pubblico Ministero prima, ed il G.I.P. dopo, hanno ritenuto provata la responsabilità penale del condannato, senza la necessità di indicare necessariamente i motivi della doglianza. Basta l'indicazione degli estremi del provvedimento, della data dello stesso e del Giudice che ha emesso il decreto.

A pena di inammissibilità, con la richiesta di opposizione l'imputato può chiedere che si procede con il giudizio immediato (il rito avrà luogo, in caso di assenza di una diversa scelta dell'opponente, anche ex lege)

Legittimazione

La legittimazione a proporre opposizione spetta all'imputato ed alla persona civilmente obbligata per l'ammenda che può proporre opposizione solo quando il decreto abbia affermato la sua responsabilità. Ne consegue, che in mancanza di tale statuizione il civilmente obbligato per la pena pecuniaria non è legittimato a proporre opposizione avverso il decreto penale; a tal fine la legge prevede il c.d. effetto estensivo per cui l'opposizione dell'imputato giova al civilmente obbligato e viceversa. L'opposizione può essere proposta sia dal condannato personalmente, sia dal difensore già nominato, senza che occorra uno specifico mandato (Cass. IV, 23 marzo 2007; Cass. III, 27 gennaio 1994), o quello d'ufficio (Cass. IV, n. 7693/2017; Cass. V, 4 marzo 2005; Cass. IV, 29 novembre 2000).

Se l'art. 460, comma 3, c.p.p. in tema di identificazione dei destinatari della notifica del decreto penale risulta - in prima approssimazione - rispettata mediante l'ordine di notifica al difensore di ufficio (lì dove all'atto della emissione dei decreto non risulti la nomina di un difensore di fiducia) al contempo l'avvenuto esercizio della facoltà di nominare un difensore di fiducia (soggetto peraltro legittimato a proporre opposizione) determina - lì dove la notifica non sia stata concretamente inoltrata dall'ufficio procedente - l'insorgenza dell'obbligo di notificare il decreto a tale soggetto (difensore di fiducia) in luogo del difensore di ufficio (Cass. I, n. 16023/2016).

Forma

Per l'individuazione dei requisiti che deve contenere la dichiarazione - con cui si richiede la revoca del provvedimento deflattivo del dibattimento e il conseguente contraddittorio - la giurisprudenza si è espressa nel senso di non ritenere corretta un'interpretazione fondata sulla stretta lettera della legge. In altri termini, si sostiene la natura non tassativa dell'elencazione; si propende, infatti, per il carattere indicativo ed equipollente dei requisiti, la cui unica finalità è quella di permettere, globalmente o alternativamente, l'individuazione certa del provvedimento impugnato (Cass. III, 5 ottobre 2001; Cass. V, 24 ottobre 199; Cass. V, 26 luglio 1991). La conclusione è giustificata dalla rapidità della procedura, dalla connessa esigenza di identificare con immediatezza e certezza il provvedimento opposto, nonché dalla esigenza di un ampio ricorso a tale strumento deflativo del dibattimento.

Le Sezioni Unite hanno affermato che la dichiarazione di opposizione non è un atto a forma vincolata: per la sua ammissibilità non è necessaria l'indicazione di tutti gli elementi previsti dall'art. 461 c.p.p. (Cass. V, n. 18855/2014). È necessario e sufficiente che sia individuabile in modo certo il solo provvedimento impugnato (Cass. S.U., 24 marzo 1992). Tra gli elementi della dichiarazione di opposizione è ricompresa anche la richiesta dei riti speciali, fra cui quella del giudizio immediato: la necessità di una tale indicazione pare imposta dalla nuova formulazione dell'art. 464 c.p.p. È sufficiente che con l'opposizione l'imputato chieda il giudizio in contraddittorio tra le parti (Cass. III, 11 febbraio 1998). Con la proposizione del giudizio immediato il Giudice emette il decreto a norma degli artt. 456 c.p.p. fissando il successivo giudizio ordinario.

Termini

L'opposizione va presentata, a pena d'inammissibilità, entro il termine perentorio di quindici giorni, decorrenti, non già dalla notificazione all'ultimo interessato, bensì dalla notifica effettuata al singolo imputato (Cass. III, 19 luglio 1993). Entro 15 giorni dalla notificazione è possibile pagare una somma ridotta di un quinto rinunciando all'opposizione. Nel caso in cui vi sia una contraddizione tra la data di notificazione indicata nella relazione scritta consegnata e quella originaria si applica l'art. 168 c.p.p. (Cass. V, n. 18855/2014) o nel caso di contraddizione con la copia notificata e quella contenuta nell'originale, in applicazione del principio in dubbio pro reo, deve assumersi che la decorrenza del termine per opporsi sia quella contenuta nella copia consegnata (Cass. III, 6 ottobre 1994). Deve ritenersi valido l'atto presentato entro quindici giorni dalla notifica al difensore di fiducia (Cass. V, 10 dicembre 2002).

Peraltro, l'imputato può essere restituito nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, anche dopo la notifica dell'art. 175, comma 2, c.p.p. e ai sensi dell'art. 175-bis c.p.p. come prevista dal d.lgs. n. 150/2022: in tal caso la decisione del ripristino del tempo a disposizione spetta al G.I.P. (Cass. S.U., n. 4445/2006).

Modalità

La dichiarazione va depositata nella cancelleria del Giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto o in quella del tribunale o del Giudice di Pace del luogo ove l'interessato si trova.

È ammessa l'applicazione degli artt. 581, c.p.p. in relazione all'art. 461 c.p.p., l'unica novità, preveduta dalla riforma Cartabia, riguarda il comma primo, essendo ivi disposto che “all'art. 461, comma 1, le parole: «mediante dichiarazione ricevuta» sono sostituite dalle seguenti: «con le forme previste dall'art. 582». L'opposizione avverso il decreto penale avvenga nelle forme prevedute dall'art. 582 c.p.p. che, come noto, statuisce quanto sussegue: “1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato mediante deposito con le modalità previste dall'articolo 111-bis nella cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. 1-bis. Le parti private possono presentare l'atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal caso, il pubblico ufficiale addetto vi appone l'indicazione del giorno in cui riceve l'atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione”. Com'è noto l'entrata in vigore del comma 1 è stata rinviata, mentre attualmente opera il comma 2 che consente l'applicazione, come indica la circolare ministeriale emessa a gennaio, anche per il difensore.

Deposito esclusivamente attraverso il portale telematico

Il ricorso rientra fra gli atti per i quali l'art. 1 del d.m. n. 155/2023 n. prevede dal 20 luglio 2023 il deposito esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico.

L'opposizione presuppone una valida notificazione del decreto penale di condanna: la sua impossibilità per insufficienza o inidoneità dell'elezione di domicilio comporta la revoca del decreto o irreperibilità' del destinatario (Cass. II, n. 5096/2017; Cass. III, n. 30825/2017). È, invece, efficace la consegna della notificazione del decreto penale di condanna effettuata al familiare convivente con l'imputato, poiché, in tale circostanza, deve ritenersi possibile la conoscibilità dell'atto da parte del destinatario (Cass. III, n. 2733/2017). In materia di notificazione all'imputato non detenuto, ai fini della applicazione dell'art. 157 c.p.p. per familiari conviventi devono intendersi non soltanto le persone che convivono stabilmente con il destinatario dell'atto e che anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che si trovino al momento della notificazione nella sua casa di abitazione, purché le stesse, per la qualifica declinata all'ufficiale giudiziario, rappresentino a quest'ultimo una situazione di convivenza, sia pure di carattere meramente temporaneo, che legittima nell'agente notificatore il ragionevole affidamento che l'atto perverrà all'interessato (nella specie la S.C. ha ritenuto valida la notificazione di un decreto penale di condanna effettuata dall'ufficiale giudiziario nelle mani di persona qualificatasi come "addetta alla casa”: Cass. III, n. 5930/2014).

Il momento rilevante al fine dell'individuazione del soggetto legittimato a ricevere la notifica dell'atto è quello in cui lo stesso venga materialmente inviato per la notificazione stessa, non necessariamente coincidente con quello di emissione dell'atto, sicché ove si verifichi un distacco temporale tra l'emissione dell'atto (nella specie decreto penale) e il materiale inoltro dello stesso per la notifica è da ritenersi dovuta la notifica al difensore di fiducia che sia stato nominato in tale intervallo temporale (Cass. I, n. 16023/2016).

In tema di opposizione a decreto penale di condanna, nel caso in cui la data di notificazione del decreto penale risultante sulla copia consegnata all'imputato sia diversa rispetto a quella indicata nell'originale, deve applicarsi la disposizione del secondo comma dell'art. 168 c.p.p. secondo cui "quando vi è contraddizione tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella contenuta nell'originale, valgono per ciascun interessato le attestazioni contenute nella copia notificata” (Cass. IV, n. 30485/2014).

Nomina del difensore

Come premesso, con l'emissione del decreto penale di condanna, se non risulta già nominato, il Giudice provvede alla nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell'art. 97 c.p.p. L'imputato può in qualsiasi momento nominare un proprio difensore di fiducia (al massimo due).

Inammissibilità dell'opposizione

Come anticipato, le Sezioni Unite hanno precisato che legittimato a dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione non è soltanto il g.i.p., ma altresì il Giudice competente per il giudizio sino a quando il decreto non sia stato revocato Cass. S.U., 24 marzo 1992).

Inammissibilità dell'opposizione e ricorso per Cassazione

Il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza, che ha dichiarato inammissibile, in quanto tardiva, l'opposizione a decreto penale di condanna, è affetto da inammissibilità originaria, che impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale innanzi al Giudice di legittimità e preclude l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato (nella specie, remissione della querela) intervenuta successivamente all'irrevocabilità del provvedimento di condanna (Cass. III, n. 53663/2014).

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