Richiesta di abbreviazione del termine (art. 173)

Costantino De Robbio
Alessandro Leopizzi

Inquadramento

Il Giudice può abbreviare un termine dilatorio fissato dal codice, su richiesta della parte a favore del quale è stato previsto il suddetto termine ovvero con il suo consenso.

Formula

TRIBUNALE PENALE DI.... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI (OVVERO) UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE (OVVERO) TRIBUNALE DI.... SEZIONE PENALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE

RICHIESTA DI ABBREVIAZIONE DEL TERMINE

***

Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di........

1....., nato a.... il....;

2....., nata a.... il....;

indagato/imputato [1] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)....,

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a).... c.p.

b)...., l..... /....

c)...., d.P.R.....

d)...., d.lgs.....

Ipotesi 1

PREMESSO

che pende, a far data dal.... e sino al.... il termine dilatorio previsto dall'art..... (specificare la fonte normativa che inibisce ulteriori attività dei soggetti del procedimento);

che sussistono gravi ragioni di urgenza che non consentono di attendere oltre, dal momento che (specificare i motivi posti a fondamento della richiesta di abbreviazione del termine);

CHIEDE

che il suddetto termine sia abbreviato non oltre il giorno.... ovvero nella misura che sembrerà più opportuna alla Signoria Vostra.

Ipotesi 2

PREMESSO

che pende, a far data dal.... e sino al.... il termine dilatorio previsto dall'art..... (specificare la fonte normativa che inibisce ulteriori attività dei soggetti del procedimento);

che.... (specificare la parte che ha già richiesto l'abbreviazione), con dichiarazione depositata in data.... e comunicata al sottoscritto in data...., ha presentato richiesta di abbreviazione di questo termine, ai sensi dell'art. 173, comma 3, c.p.p.;

ESPRIME

il proprio consenso in relazione alla suddetta richiesta.

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2).....

Luogo e data....

Firma....

[1]L'istanza può essere effettuata a mezzo raccomandata dal difensore di qualsiasi parte privata (persona offesa, parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria).

Commento

Disciplina dei termini processuali

Secondo l'art. 172 c.p.p. i termini processuali sono stabiliti a ore, a giorni, a mesi o ad anni e, conformemente a quanto disposto per “la legge penale” sostanziale dall'art. 14, comma 1, c.p., si computano secondo il calendario comune.

Se il termine è stabilito “a giorni” e scade in giorno festivo, esso è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo (cfr. Cass. III, n. 46392/2017, in relazione al termine di dieci giorni per la richiesta di riesame). La proroga riguarda esclusivamente la scadenza dei termini stessi e non anche l'inizio della loro decorrenza, che dunque non è prorogata di diritto nell'ipotesi in cui il primo giorno sia festivo (Cass. II, n. 24277/2014). È stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in relazione alla diversa disciplina dettata dall'art. 155 c.p.c. (che estende la proroga al primo giorno non festivo anche per gli atti svolti fuori dall'udienza che scadono nella giornata del sabato), poiché è rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla necessità di una disciplina differenziata, in considerazione dei beni e degli interessi in rilievo nel processo penale, primo fra tutti quello della libertà personale (Cass. IV, n. 36046/2015).

Se la legge non dispone altrimenti, nel termine non si computa l'ora o il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza, ma si computa l'ultima ora o l'ultimo giorno (analogamente, l'art. 14, comma 2, c.p. recita: “ogni qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non è computato nel termine”). Non deve dunque essere considerato il cosiddetto dies a quo, ad esempio, nel computo del termine di trenta giorni dalla decisione per il deposito della motivazione in tema di misure cautelari (Cass. I, n. 31055/2017).

Quando è invece stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere: vanno cioè esclusi dal computo il dies a quo e il dies ad quem (Cass. I, n. 16356/2015). Questa modalità di calcolo esclude la possibilità di applicare la proroga automatica del termine che scade in un giorno festivo (Cass. V, n. 1139/2012).

Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico.

Sospensione feriale dei termini

Il decorso dei termini processuali è sospeso di diritto durante il periodo feriale (ovvero dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, ex art. 1, n. 742/1969, come modificato dall'art. 16, d.l. n. 132/2014).

Gli artt. 240-bis disp. att. c.p.p. e 2, l. n. 742/1969 stabiliscono però che questa sospensione non opera

– nei procedimenti per reati di criminalità organizzata (e pertanto in quelli per i reati previsti e puniti dall'art. 416-bis c.p. ovvero comunque aggravati dall'art. 416-bis.1 c.p.);

– nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinuncino alla sospensione dei termini (la mera presentazione di istanza di riesame durante il periodo feriale non costituisce implicita rinuncia alla sospensione dei termini processuali disposta dalla legge, giacché, a tal fine, occorre un'espressa manifestazione di volontà della parte. Cfr. Cass. II, n. 2494/2017);

– nel corso delle indagini preliminari, quando occorre procedere con la massima urgenza al compimento di atti (ivi compresi gli accertamenti tecnici non ripetibili ex art. 360 c.p.p.);

– quando, durante la sospensione o nei successivi quarantacinque giorni, maturi la prescrizione del reato, scadano o siano prossimi a scadere i termini della custodia cautelare);

– per gli atti urgenti nella fase predibattimentale, ex art. 467 c.p.p.;

– nei procedimenti di prevenzione, quando sia stata provvisoriamente disposta una misura personale o interdittiva o sia stato disposto il sequestro dei beni, qualora gli interessati o i loro difensori espressamente rinuncino alla sospensione dei termini, ovvero il Giudice, a richiesta del pubblico ministero, dichiari l'urgenza del procedimento.

Ai fini del computo dei termini durante il periodo di sospensione feriale, il dies a quo deve essere fissato nel 31 agosto (e non computatur), con la conseguenza che il successivo giorno 1° settembre va utilmente calcolato (cfr. Cass. V, n. 5624/2014, PC in proc. Monticelli, pur relativa alla normativa previgente).

Termini dilatori e acceleratori

Secondo il criterio basato sulla celerità o sul rallentamento che le singole prescrizioni imprimono alla sequela procedimentale, i termini sono distinti in

– dilatori (quelli che inibiscono il compimento di un atto prima della loro integrale decorrenza, cosicché la parte abbia il tempo per prepararvisi adeguatamente: ad esempio, il termine di tre giorni prima di quello fissato per la comparizione previsto per la notifica all'indagato dell'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, ex art. 375, comma 4, c.p.p.);

– acceleratori o impulsivi (quelli che fissano una scadenza entro la quale l'atto o l'attività devono essere compiuti, stimolando l'evolversi del procedimento così da evitare inutili stasi, come i termini previsti per le impugnazioni ordinarie: appello, ricorso per cassazione, riesame, opposizioni).

In relazione al soggetto a cui si riferisce, al medesimo termine può attribuirsi funzione ed efficacia diversa: ad esempio, il termine di almeno venti giorni che deve intercorrere tra il decreto che dispone il giudizio e la prima udienza dibattimentale, ex art. 429 c.p.p., è dilatorio per il Giudice (che non può fissare una data anteriore per l'inizio del processo), ma è acceleratorio per i difensori (che durante questo termine possono esercitare le facoltà loro riconosciute dall'art. 466 c.p.p.).

Termini perentori e ordinatori

I termini acceleratori, a loro volta, si articolano in due categorie assai diverse tra loro, sulla base delle conseguenze che la legge fa discendere dalla loro violazione.

I termini cosiddetti perentori o finali sono quelli la cui inosservanza è sanzionata con la decadenza e, giusta la chiara previsione normativa, sono tassativi (art. 173 c.p.p.). La decadenza causa la perdita del potere di porre in essere un atto in conseguenza dell'infruttuoso decorso di un termine perentorio. Se l'atto è compiuto tardivamente, esso è giuridicamente invalido (processualmente parlando, esso è “inammissibile”). La violazione di un termine perentorio rappresenta un valido motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p.

Possiamo ricordare, in particolare, i termini previsti dai seguenti articoli del codice di rito:

– 21, commi 2-3, per l'eccezione o il rilievo dell'incompetenza per territorio o per connessione;

– 38 e 41, comma 1, per la dichiarazione di ricusazione;

– 46, comma 4, per richiesta di rimessione del processo;

– 79, per la costituzione di parte civile;

– 80, per la richiesta di esclusione della parte civile;

– 85, per l'intervento volontario del responsabile civile;

– 86, per la richiesta di esclusione del responsabile civile;

– 95, per l'opposizione all'intervento di enti e associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato;

– 182, per la deduzione delle nullità;

– 386, per la messa dell'arrestato o del fermato a disposizione del pubblico ministero e per la trasmissione del verbale di arresto o di fermo;

– 391, per l'emissione dell'ordinanza di convalida dell'arresto o del fermo;

– 393, per la richiesta di incidente probatorio;

– 397, per la richiesta di differimento dell'incidente probatorio;

– 458, per la richiesta di giudizio abbreviato a seguito di giudizio immediato;

– 461, per l'opposizione al decreto penale di condanna;

– 468, per il deposito della lista testi;

– 585, per proporre impugnazione;

– 646, per la presentazione delle richieste da parte degli interessati nell'ambito del procedimento di riparazione dell'errore giudiziario.

I termini perentori non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga altrimenti.

I termini che invece fissano un periodo di tempo per il compimento di un atto o di un'attività, senza però prevedere espressamente la sanzione della decadenza o della inammissibilità in caso di superamento (di modo che l'atto compiuto dopo la scadenza resta comunque pienamente efficace) sono detti “ordinatori”. Essi, ontologicamente, sono compatibili con un provvedimento di proroga.

Abbreviazione del termine

Il legislatore, in casi affatto particolari, rimette alle valutazioni del soggetto interessato l'eventuale modifica delle relazioni cronologiche tra i singoli atti, secondo la ordinaria scansione codicistica.

Nello specifico, la parte a favore della quale è stabilito un termine può chiederne o consentirne l'abbreviazione con dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell'autorità procedente (art. 173, comma 3, c.p.p.).

L'abbreviazione, con ogni evidenza, deve riguardare un termine dilatorio (e quindi mai perentorio).

Si tratta di un istituto tradizionale, tuttavia di non frequente ricorrenza nella prassi, dal momento che, nonostante l'impianto accusatorio del codice, non sono delineate molte ipotesi su cui può esercitarsi un simile potere dispositivo delle parti.

Il Giudice può accogliere anche una richiesta di abbreviazione presentata da una parte diversa da chi ha interesse al rispetto del termine, ma è necessario acquisire previamente il consenso di quest'ultima.

Altre fattispecie regolano invece i casi in cui il termine è abbreviato dall'autorità giudiziaria senza il consenso dell'interessato (cfr. l'espletamento di interrogatorio anche prima del termine fissato, previo avviso al difensore senza ritardo, nei casi di assoluta urgenza di cui all'art. 364, comma 5, c.p.p.).

Il successivo art. 174 prevede, specularmente, ipotesi di prolungamento di un termine dilatorio.

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