Ordine di esecuzione dei provvedimenti del Giudice di sorveglianza in materia di misure di sicurezza (art. 659, comma 2)InquadramentoL'art. 659, comma 2, c.p.p. attribuisce al Pubblico Ministero presso il Giudice di sorveglianza il compito di eseguire tutte le misure di sicurezza, personali o reali, con la sola eccezione della confisca. FormulaPROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ... [1] ORDINE DI CONSEGNA PER L'ESECUZIONE DI MISURA DI SICUREZZA [2] O ORDINE DI LIBERAZIONE DI PERSONA SOTTOPOSTA A MISURA DI SICUREZZA [3] *** PROC. N. ... Il Pubblico Ministero ... visto il provvedimento emesso in data ... , con il quale ... il ... di Sorveglianza di ... ha disposto che ... , - rilevato che occorre dare esecuzione al sopraindicato provvedimento e che, per l'effetto, deve essere disposta la consegna di ... alla competente autorità di pubblica sicurezza. o (in caso di liberazione di persona sottoposta a misura di sicurezza) - rilevato che occorre dare esecuzione al sopraindicato provvedimento e che, per l'effetto, deve essere disposta la liberazione dell'interessato. Visto l'art. 659, comma 2, c.p.p. DISPONE la consegna della persona sopraindicata alla autorità di pubblica sicurezza per l'esecuzione o (in caso di liberazione di persona sottoposta a misura di sicurezza) la liberazione della persona sopraindicata MANDA alla segreteria per la trasmissione in copia del presente provvedimento e per gli adempimenti di competenza. Luogo e data ... Firma il P.M. ... 1. In questo caso trova applicazione la regola generale di cui all'art. 655, comma 1, c.p.p., per cui è competente il Pubblico Ministero presso il Giudice di sorveglianza. 2. Il tipo di provvedimento che può essere emesso dal Pubblico Ministero cambia a seconda che a monte vi sia stata una decisione di accoglimento o di revoca della misura di sicurezza. 3. Nel caso in cui vi sia stata una revoca della misura di sicurezza ad opera della magistratura di sorveglianza. CommentoPremessa Con riferimento all'art. 659 c.p.p., si rivela necessario preliminarmente affrontare due questioni interpretative: la prima riguarda l'identificazione dei provvedimenti che possono comportare la “carcerazione” o la “scarcerazione; la seconda concerne invece l'individuazione dell'organo legittimato ad attivarsi per l'esecuzione dei provvedimenti che non rientrano in tale categoria. Sotto il primo profilo si è precisato sia in dottrina sia in giurisprudenza che si intendono provvedimenti che comportano la “carcerazione” o la “scarcerazione” quelli che producono in modo diretto tali effetti, mentre non lo sono quei provvedimenti che si limitano unicamente ad incidere sulla durata della pena, nonché i provvedimenti di concessione o revoca della semilibertà. Così non devono intendersi incidenti sulla libertà personale i provvedimenti concessivi dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare, laddove tali misure siano state ottenute prima che l'esecuzione della pena detentiva sia mai iniziata (dallo stato di libertà). Quanto al problema dell'individuazione dell'organo legittimato all'esecuzione dei provvedimenti che non rientrano in tale categoria, tale secondo profilo viene risolto con il ricorso alla regola generale di cui all'art. 655, comma 1, c.p.p. Il criterio della legittimazione La ratio della norma verrebbe individuata nella necessità di esplicitare il principio di concentrazione presso lo stesso organo di provvedimenti esecutivi che influiscono sullo stato di detenzione del condannato (in deroga alla regola generale di cui all'art. 655 c.p.p.). Nei casi di urgenza la legittimazione ad eseguire i provvedimenti del Giudice di sorveglianza spetta al Pubblico Ministero presso lo stesso Giudice. Non esistendo nel nostro ordinamento giudiziario un ufficio del Pubblico Ministero costituito presso il magistrato o il tribunale di sorveglianza, il “Pubblico Ministero presso il Giudice di sorveglianza” è in sostanza quello che esercita le relative funzioni, ai sensi dell'art. 678, comma 3, c.p.p. (e art. 71-bis, comma 2, l. n. 354/1975, o più semplicemente, O.P.). In caso di urgenza, quindi, il relativo ordine di esecuzione emesso provvisoriamente dal Pubblico Ministero presso il Giudice di sorveglianza non ha un termine prefissato di validità, ma conserva effetto fino a quando non sia sostituito da quello definitivo. Considerata la mancata previsione da parte della legge di un termine prefissato, la dottrina ritiene che l'attivazione da parte del Pubblico Ministero legittimato debba avvenire il prima possibile. Quanto alla determinazione dei casi che possono definirsi urgenti, sono tali tutti quelli comportanti la scarcerazione, o comunque, quelli che anticipano la fine della pena senza comportarne l'immediata cessazione (come, ad es., il riconoscimento di una detrazione di pena ex art. 54 O.P. cui consegua una liberazione anticipata non ancora maturata), mentre, di norma, i provvedimenti cui consegue la carcerazione del soggetto non hanno carattere d'urgenza. L'art. 659, comma 2, c.p.p., inoltre, attribuisce al Pubblico Ministero presso il Giudice sorveglianza anche il compito di eseguire tutte le misure di sicurezza, personali o reali, con la sola eccezione della confisca. In tali casi, in relazione ai provvedimenti riguardanti le misure di sicurezza diverse dalla confisca, non vi sono dubbi circa la legittimazione del Pubblico Ministero presso il Giudice di sorveglianza. Trova applicazione, in questo caso, la regola generale di cui all'art. 655, comma 1, c.p.p.: l'ufficio del Pubblico Ministero emette, quindi, un ordine di esecuzione che può avere contenuto restrittivo come liberatorio, a seconda della decisione di applicazione o di revoca delle misure di sicurezza. Casistica In sede esecutiva, la competenza a deliberare su richieste aventi ad oggetto la sospensione, trasformazione o revoca delle misure di sicurezza, appartiene al magistrato di sorveglianza, le cui decisioni sono appellabili (così, v. Cass. I, n. 38803/2008). Nel procedimento di sorveglianza in materia di misure di sicurezza, la preclusione del giudicato opera “res sic stantibus” e, pertanto, non impedisce una volta esauriti gli effetti della precedente decisione, la rivalutazione della pericolosità del soggetto e la conseguente individuazione di un'eventuale nuova misura da applicare sulla base di ulteriori elementi o perché non valutati o perché emersi successivamente all'adozione del provvedimento (così, v. Cass. S.U., n. 30200/2011). Di recente, la Cassazione ha affermato il principio di diritto per cui: “L'esecuzione di un titolo che non è costituito da una sentenza di condanna, disciplinata dall'art. 656, comma 1, c.p.p., ma da un provvedimento del Giudice di sorveglianza, quale è quello che dispone la conversione della sanzione sostitutiva violata della semidetenzione e della libertà controllata nella pena detentiva (reclusione o arresto) è disciplinata dall'art. 659 c.p.p., disposizione che richiama soltanto all'art. 656, comma 4, e non al comma successivo, sicché deve ritenersi esclusa la possibilità di sospendere tali ordini esecutivi. La ratio che sottende l'esclusione della sospensione dell'ordine di esecuzione in funzione dell'ammissione del condannato a misure alternative alla detenzione, risiede nella stessa condotta dell'interessato che, violando le prescrizioni inerenti alla sanzione sostitutiva ottenuta con la sentenza di condanna, ha dimostrato la sua incapacità di adempiere gli obblighi assunti” (Cass. I, n. 20260/2019). Altro caso recente, in tema di estradizione: “In tema di estradizione, il principio di specialità impedisce che il condannato possa essere sottoposto a limitazione della libertà in forza di provvedimento che sia relativo a fatti anteriori e diversi da quelli per i quali è stata concessa, ma non esclude, in applicazione del disposto di cui all'art. 657 c.p.p., che il Pubblico Ministero, nel determinare la pena da eseguire, tenga conto del periodo di custodia cautelare sofferto, sia con riferimento al reato per il quale è stata pronunciata condanna, sia in relazione a qualsiasi altro reato” (Cass. V, n. 47536/2018). Con il c.d. “Codice rosso”, ovverosia la l. n. 69/2019, si è introdotto l'obbligo, a decorrere dall'8 agosto, per il Pubblico Ministero di comunicare per mezzo della polizia giudiziaria alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, i provvedimenti con cui la magistratura di sorveglianza dispone la scarcerazione del condannato (v. artt. 90 e 299 c.p.p.). Con la l. n. 134/2021 si aggiunge anche l'omicidio, tra i reati per i quali è ricompreso l'obbligo di comunicazione (anche in ipotesi di tentativo). |