Opposizione avverso ordinanza adottata de plano dal giudice dell'esecuzione (art. 667, comma 4)InquadramentoL'accertamento dell'identità fisica della persona privata della libertà personale rappresenta la garanzia fondamentale che il procedimento penale assicura per l'imputato e per l'indagato (art. 129 c.p.p.); nel processo di esecuzione tale tutela è apprestata dall'art. 667 c.p.p., dove il giudice deve compiere ogni accertamento necessario, anche a mezzo della polizia giudiziaria; ne ordina poi la liberazione immediata in caso di sbaglio. Il rito è semplificato e celere, in deroga al procedimento esecutivo di cui all'art. 666 c.p.p.; la procedura semplificata è stata estesa inoltre ad ulteriori casi tassativamente previsti dagli artt. 667,668,672,676 c.p.p. FormulaAL TRIBUNALE DI.... GIUDICE DELL'ESECUZIONE OPPOSIZIONE AVVERSO ORDINANZA DI RIGETTO DELLA RICHIESTA DI LIBERAZIONE DI PERSONA ARRESTATA PER ERRORE SULL'IDENTITÀ FISICA [1] *** Proc. n..... Ordinanza n..... Il sottoscritto Avv..... del Foro di...., con studio in...., difensore di fiducia, come da nomina allegata, del Sig....., nato il...., a...., attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di...., PREMESSO – che nei confronti di.... è stato emesso ordine di carcerazione eseguito in data...., nel procedimento n..... R.G.N.R.; – che attualmente il Sig..... è detenuto presso la Casa circondariale di....; – che il Sig..... non è la persona nei cui confronti deve essere eseguita la pena, dal momento che.... (qui: indicare gli elementi da cui si può ricavare l'errore di persona); – che, per l'effetto, in data.... veniva presentata richiesta di liberazione del Sig..... (o, in suo subordine, anche la sospensione dell'esecuzione); – che con ordinanza di data...., il giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta, negando la liberazione e la sospensione dell'esecuzione a favore del Sig....., che ad oggi permane in stato di arresto presso la Casa circondariale di....; PROPONE opposizione all'ordinanza sopraindicata, in quanto.... (qui: esporre nel merito gli elementi in forza dei quali l'ordinanza risulta censurabile). Tanto premesso, pertanto, il sottoscritto difensore CHIEDE che l'ordinanza venga annullata e venga ordinata la liberazione del Sig..... o, quanto meno, la sospensione dell'esecuzione in attesa che il pubblico ministero compia ulteriori indagini mirate e funzionali all'identificazione della persona nei cui confronti deve eseguirsi la pena. Allega: – la nomina difensiva; –.... (la documentazione utile a sostegno della richiesta). Con la massima osservanza, Luogo e data.... Firma Avv..... [1]Volendo, far precedere la richiesta, dalla dovuta intestazione, indirizzando l'istanza al giudice dell'esecuzione competente. Indicare con precisione l'organo giurisdizionale competente. Qui: per semplificare si è indicato il Tribunale, in funzione di giudice dell'esecuzione. CommentoPremessa. La nozione L'art. 667 c.p.p. disciplina l'ipotesi in cui si procede, per l'esecuzione di una pena, all'arresto di persona sulla cui identità fisica sussistono dubbi, e ciò anche se l'errore dipenda da insufficiente accertamento in sede di cognizione. La disposizione è finalizzata a rimediare ad eventuali errori di esecuzione del titolo esecutivo sul presupposto che quest'ultimo si sia formato nei confronti del vero colpevole, ma rischia di essere eseguito nei confronti di altro e diverso soggetto. In questi casi, il giudice dell'esecuzione, sia di ufficio sia su istanza di parte, interroga l'interessato e compie indagini utili all'identificazione della persona nei cui confronti si sta procedendo. Qualora accerti l'errore, il giudice dell'esecuzione dovrà ordinare la liberazione dell'arrestato; se, invece, l'identità rimane incerta dovrà sospendere l'esecuzione, invitando il pubblico ministero a compiere ulteriori indagini. Indicazioni operative Come si è detto sopra, il presupposto applicativo della norma è che vi sia ragione di dubitare dell'identità della persona arrestata per esecuzione di pena o perché evasa mentre scontava una condanna. Si precisa che la previsione riguarda solo le ipotesi di dubbio sull'identità fisica che possono colpire il condannato, raggiunto dall'ordine di esecuzione di cui all'art. 656 c.p.p. In tali casi, il giudice dell'esecuzione interroga la persona in vinculis e compie ogni indagine strumentale alla sua identificazione, anche con l'ausilio della polizia giudiziaria. Due sono gli esiti possibili: l'accertamento dissipa ogni dubbio circa l'identità personale dell'arrestato ovvero lascia inalterato lo stato di incertezza. Nel primo caso, se l'atto esecutivo si è diretto nei confronti di chi doveva esserne l'effettivo destinatario, nulla quaestio: la detenzione è mantenuta senza soluzione di continuità, previa ordinanza ad hoc del giudice dell'esecuzione; se, al contrario, l'atto ha colpito persona diversa, è ordinata l'immediata liberazione. Nel secondo caso, si sancisce che il giudice, disposta la sospensione dell'esecuzione, provveda comunque alla liberazione del detenuto ed inviti il pubblico ministero a procedere ad ulteriori investigazioni. L'art. 667 c.p.p. prevede anche l'ipotesi di intervento immediato del pubblico ministero, data l'evidenza dell'errore compiuto: il pubblico ministero del luogo dove si trova l'arrestato ordina la liberazione del condannato con decreto motivato, efficace sino a quando non interviene il giudice dell'esecuzione competente, a cui sono trasmessi gli atti. Tale ultima disposizione è evidentemente ispirata al favor rei, dato che si intende assicurare l'immediata attuazione del provvedimento di liberazione per evitare dannose ed inutili limitazioni della libertà personale, soprattutto nei casi in cui il giudice dell'esecuzione ha sede in luogo diverso da quello in cui si trova l'ufficio del pubblico ministero competente. Gli atti provvisori del magistrato del pubblico ministero sono trasmessi al giudice dell'esecuzione che accerterà, in via definitiva, se vi sia identità tra la persona arrestata e quella condannata. Si noti, in ogni caso, come l'intervento del pubblico ministero sia limitato all'evidenza dell'errore; non pare, infatti, che il magistrato sia legittimato ad interrogare l'arrestato. Il procedimento de plano profili generali e aspetti critici La necessità di dissipare ogni dubbio circa l'identità fisica della persona arrestata suggerisce di perseguire l'intento tramite un rito celere e semplificato, con la previsione di un procedimento de plano nel quale le formalità sono contenute al minimo ed il giudice decide con ordinanza notificata all'interessato e comunicata al pubblico ministero. Questo procedimento è stato – come si è detto in apertura – esteso anche ad ulteriori casi tassativamente previsti, dagli artt. 667,668,672,676 c.p.p., che non necessitano di un'immediata convocazione delle parti interessate. Il rito de plano è altresì previsto per le ipotesi di estinzione della pena, qualora non debba essere disposta successivamente all'adozione dell'affidamento in prova ovvero alla liberazione condizionale nonché per la regolamentazione delle pene accessorie, della confisca e della restituzione di quanto sequestrato, per l'ipotesi di confisca ex art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992, conv. in l. n. 356/1992. Il giudice dell'esecuzione provvede de plano anche nei confronti degli enti qualora risulti necessaria la cessazione dell'esecuzione delle sanzioni per amnistia o per estinzione del reato; ovvero nei casi in cui si debba disporre la confisca e la restituzione dei beni sequestrati; ovvero nell'ipotesi in cui si debba provvedere, in stato d'interdizione dall'esercizio dell'attività, per l'autorizzazione a compiere atti di ordinaria gestione; ovvero, ancora, nel caso di nomina del commissario giudiziale e di confisca del guadagno conseguito in costanza di gestione commissariale. Le peculiarità del rito semplificato sono date dalla mera eventualità del contraddittorio che si ripristina solo in caso di opposizione avverso la decisione (trattasi di un'ipotesi di contraddittorio eventuale e differito). Si ricorda che una richiesta manifestamente infondata o che costituisce una mera riproposizione di una precedente già rigettata è inammissibile: la sanzione di cui all'art. 666, comma 2 c.p.p. costituisce – per unanime dottrina e giurisprudenza – una previsione a contenuto generale che trova applicazione anche nelle materia in cui opera il rito de plano exartt. 667, comma 4 c.p.p. Unanime la giurisprudenza nel ritenere che la mancata adozione della fase preliminare de plano, prima dell'eventuale svolgimento dell'ordinaria procedura camerale in sede esecutiva, non costituisce causa di nullità, dovendo ritenersi operante il principio di tassatività delle nullità enunciato dall'art. 177 c.p.p. Questione controversa concerne, invece, la circostanza se sia ammissibile che il giudice dell'esecuzione possa attivare la procedura camerale dell'art. 666 c.p.p. anche per la trattazione di un giudizio per il quale è previsto il rito semplificato: secondo un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità, tale provvedimento sarebbe immediatamente impugnabile per cassazione, dato che il giudice dell'esecuzione avrebbe agito irritualmente, a norma dell'art. 666 c.p.p., anziché de plano, ai sensi dell'art. 667, comma 4 c.p.p. (Cass. I, n. 15070/2006; Cass. I, n. 17331/2006; Cass. I, n. 37343/2007; Cass. I, n. 18223/2007); secondo altro orientamento, invece, l'unico rimedio esperibile sarebbe dato dall'opposizione davanti allo stesso giudice dell'esecuzione (così, v. Cass. V, n. 37134/2009). Attenzione ai decreti legislativi (attuativi della l. n. 103/2017) in relazione alla riforma penitenziaria Il Consiglio dei Ministri del 27 settembre 2018, su proposta del Ministro della giustizia Bonafede, ha approvato, in esame definitivo, i decreti legislativi che, in attuazione della legge delega per la riforma del codice penale, del codice di procedura penale e dell'ordinamento penitenziario (l. n. 103/2017), introducono nuove disposizioni relative all'ordinamento penitenziario e all'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni. Per quanto di interesse, si provvede a riscrivere in parte l'art. 678 c.p.p., estendendo il rito semplificato di cui al comma 4 dell'art. 667 c.p.p., anche ad altri casi, per cui al comma 1 dell'art. 678 c.p.p. si prevede che: “1. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'art. 666. Quando vi è motivo di dubitare dell'identità fisica di una persona, procedono comunque a norma dell'art. 667, comma 4”. Ancora si introduce il comma 1-bis, per cui: “Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale e al differimento dell'esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2), dell'articolo 146 del codice pepale, procedono a norma dell'art. 667, comma 4”. Come, anticipato, lo scorso 10 novembre sono entrate in vigore le modifiche apportate all'ordinamento penitenziario, contenute in due distinti decreti legislativi, rispettivamente il n. 123 e il n. 124, emanati dal Governo il 2 ottobre, a seguito del Consiglio dei Ministri del 27 settembre 2018, e pubblicati in Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 2018 (Serie Generale, n. 250). Contestuale alla pubblicazione in Gazzetta, anche altri tre decreti legislativi in materia di spese di giustizia, spese obbligatorie e funzionali ad operazioni di intercettazioni (il n. 120), in relazione alla revisione della disciplina del casellario giudiziale (il n. 122) e in fatto di riorganizzazione dell'esecuzione penale dei minorenni (il n. 121, anch'esso in attuazione della legge delega n. 103/2017). Rispetto allo schema di decreto legislativo approvato il 27 settembre 2018, il testo definitivo licenziato il 26 ottobre 2018, sembra non riportare modifiche sostanziali. Il testo è suddiviso in 4 Capi, per 12 articoli complessivi: la prima parte del decreto legislativo è dedicata all'assistenza sanitaria penitenziaria; la seconda parte riguarda la semplificazione delle procedure del rito di sorveglianza (artt. 4-8); la terza parte ha ad oggetto l'insieme dei compiti degli assistenti sociali dell'U.E.P.E. e del ruolo di verifica della polizia penitenziaria (artt. 9-10); la quarta parte è, invece, dedicata alle regole di vita penitenziaria (art. 11); l'art. 12, infine, chiude il testo con le disposizioni finanziarie (da sottolineare come il legislatore preveda un aumento di spesa per il riordino dell'assistenza sanitaria in carcere; allo stesso tempo precisi come le nuove disposizioni dovranno essere attuate secondo l'organico e le risorse già a disposizione dell'Amministrazione penitenziaria). Per quanto riguarda le modifiche apportate al codice di procedura penale, si incide, in primo luogo, sull'art. 656, comma 6 c.p.p., per cui si stabilisce che il tribunale di sorveglianza “decide non prima del trentesimo e non oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della richiesta”. Ulteriori importanti modifiche sono apportate all'art. 678 c.p.p., dato che: 1. al comma 1 dell'art. 678 c.p.p. viene sostituito con il seguente: “Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'art. 666. Quando vi è motivo di dubitare dell'identità fisica di una persona, procedono comunque a norma dell'art. 667 comma 4”; 2. al comma 1-bis dell'art. 678 c.p.p. viene sostituito con il seguente: “Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, e il tribunale di sorveglianza nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale ed al differimento dell'esecuzione della pena nei casi previsti dal comma 1, numeri 1 e 2, dell'art. 146 del codice penale procedono a norma dell'art. 667 comma 4”; 3. dopo il comma 1-bis dell'art. 678 c.p.p. viene inserito il comma 1-ter c.p.p.: “Quando la pena da espiare non è superiore ad un anno e sei mesi, per la decisione sulle istanze di cui all'articolo 656 comma 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalità, può applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell'art. 656, comma 5. L'ordinanza di applicazione provvisoria della misura è comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l'opposizione, conferma senza formalità la decisione del magistrato. Quando non è stata emessa o confermata l'ordinanza provvisoria, o è stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1. Durante il termine per l'opposizione e fino alla decisione sulla stessa, l'esecuzione dell'ordinanza provvisoria è sospesa”; 4. dopo il comma 3 dell'art. 678 c.p.p. vengono inseriti i commi 3.1. e 3.2., rispettivamente: “3.1. Quando [l'interessato] ne fa richiesta, l'udienza si svolge in forma pubblica. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 471 e 472”; e ancora: “3.2. L'avviso di fissazione dell'udienza, notificato all'interessato, contiene, a pena di nullità, l'avvertimento della facoltà di parteciparvi personalmente. Se l'interessato detenuto o internato ne fa richiesta, il giudice dispone la traduzione. Si applicano in ogni caso le forme e le modalità di partecipazione a distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste dalla legge. La partecipazione all'udienza avviene inoltre a distanza quando l'interessato, detenuto o internato, ne fa richiesta ovvero quando lo stesso è detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice. Ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la traduzione dell'interessato”. L'opposizione Il provvedimento emesso de plano dal giudice dell'esecuzione può essere oggetto di opposizione da parte del pubblico ministero, dell'interessato e del suo difensore. Il rimedio si propone dinnanzi allo stesso giudice-ufficio che ha adottato il provvedimento (così, v. Cass. III, n. 28337/2003). Si ritiene che non si integri una causa di incompatibilità, sebbene il giudice abbia già deciso la medesima questione, dato che l'opposizione non ha natura di impugnazione (così v., Cass. I, n. 14928/2008). Il termine per proporre opposizione è di quindici giorni (al quale si applica la disciplina della sospensione feriale). Trascorso il termine indicato, matura una decadenza, nel senso che sulla decisione si forma il c.d. giudicato res sic et stantibus: per adire nuovamente il giudice dell'esecuzione, occorrerà che sopraggiungano altri fatti nuovi. L'atto di opposizione non presenta una forma tipica e non è affetto da nullità se non sono esplicitati i motivi. Non si applicano infatti le modalità di presentazione del gravame di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. (così, v. Cass. S.U., n. 29022/2001). Con la sua proposizione si instaura il contraddittorio e si incardina il procedimento rituale di cui all'art. 666 c.p.p.: pertanto, l'interessato deve essere assistito da un difensore (per cui il giudice deve dare avviso della nomina di un difensore e comunicare la fissazione dell'udienza alle parti almeno dieci giorni prima della data fissata). Per la natura di rimedio non impugnatorio, l'opposizione impone l'osservanza della disposizione generale di cui all'art. 121 c.p.p. che prevede il deposito dell'atto in cancelleria. Si ritiene affetto da nullità il provvedimento del giudice dell'esecuzione che decide su un oggetto diverso da quello per cui si è avuta l'opposizione (così, v. Cass. S.U., n. 29022/2001). In applicazione poi del principio di conversione dell'impugnazione di cui all'art. 568, comma 5 c.p.p., qualora sia stato erroneamente proposto ricorso per cassazione avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione, qualificato il ricorso come opposizione, la Cassazione deve disporre la trasmissione degli atti al giudice competente (v. Cass. VI, n. 35408/2010). Recenti approdi della Corte costituzionale Con una recente pronuncia di illegittimità costituzionale, la Corte costituzionale si è pronunciata sul comma 4 dell'art. 667 c.p.p. (v. Corte cost. n. 109/2015), ritenendo che in relazione agli artt. 667, comma 4, 663, comma 3 e 676 c.p.p. si debba rilevare un profilo di contrasto agli artt. 111, comma 1 e 117 Cost. “nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolga, davanti al giudice dell'esecuzione, nelle forme della pubblica udienza”. Ulteriormente, la Corte Costituzionale ha chiarito come vanno dichiarate non fondate le q.l.c. del combinato disposto degli artt. 667, comma 4, e 678, comma 1-bis, c.p.p., nella parte in cui stabilisce che il giudizio sulle richieste di riabilitazione e quello di valutazione dell'esito dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, si svolgano obbligatoriamente nelle forme del rito cosiddetto de plano. I procedimenti a contraddittorio eventuale e differito, nei quali una prima fase senza formalità è seguita da una successiva fase a contraddittorio pieno, nella quale avviene il pieno recupero delle garanzie difensive e del contraddittorio, non ledono il diritto di difesa ed i principi del giusto processo (Corte cost. n. 74/2022). Le recenti modifiche apportate dalla c.d. Riforma Cartabia Per quanto riguarda il sistema delle impugnazioni, anche quella di cui all'art. 667 c.p.p. partecipa delle modifiche apportate con la c.d. riforma Cartabia che ha inciso significativamente sull'art. 582 c.p.p.: in primo luogo, la riforma ha cambiato il comma 1 dell'art. 582 c.p.p., sancendo che l'impugnazione può essere presentata solo con modalità telematiche, secondo il principio generale espresso dall'art. 111-bis c.p.p. Ha inserito il comma 1-bis mantenendo la possibilità per le parti private di presentare l'atto di impugnazione personalmente, anche a mezzo di un incaricato, nella cancelleria del giudice a quo. Viene meno la possibilità di depositare l'impugnazione presso la cancelleria del tribunale o del giudice di pace di un luogo diverso da quello di emissione del provvedimento nonché il deposito presso un agente consolare all'estero. Nelle more del riassetto organizzativo si applica l'art. 87-bis, inserito tra le disposizioni transitorie del d.lgs. n. 150/2022, ad opera del d.l. n. 162/2022, convertito dalla l. n. 199/2022, che regola il deposito degli atti di impugnazione. |