Ordinanza di revoca di condanna per violazione di ne bis in idem (art. 669)

Veronica Manca

Inquadramento

Con il nuovo codice di procedura penale, si è assistito ad un rinnovamento della disciplina previgente, di cui all'art. 579 c.p.p. del 1930, in relazione ai casi in cui sussistano plurimi titoli esecutivi a carico della medesima persona e concernenti il medesimo fatto. Secondo il disposto di cui all'art. 669 c.p.p., viene riconosciuta piena competenza funzionale al Giudice dell'esecuzione individuato, ai sensi dell'art. 665 c.p.p., a cui sono attribuiti poteri rescissori del giudicato penale.

Formula

IL TRIBUNALE DI ... [1]

GIUDICE DELL'ESECUZIONE

ordinanza di

immediata liberazione/sospensione

dell'esecuzione per errore di persona

***

Proc. N. ...

ORDINANZA N. ...

Vista la richiesta di revoca di condanna per violazione del ne bis in idem presentata dall'Avv. ... del Foro di ... , difensore di fiducia e procuratore speciale del Sig. ... , nato il ... , a ... , residente in ....

Visti gli atti, a scioglimento della riserva, a seguito di udienza camerale, ai sensi dell'art. 666 c.p.p. di data ... , sentite le parti, viene emessa la seguente

ORDINANZA

1. Nei confronti del Sig. ... sono allo stato in esecuzione le seguenti sentenze:

1) Sent. ... , del ... esecutiva il ... di condanna alla pena di ... per i reati ...

commessi il ... , custodia cautelare dal ... al ... AA. ... MM. ... GG. ... ;

2) Sent. ... , del ... esecutiva il ... di condanna alla pena di ... per i reati ...

commessi il ... , custodia cautelare dal ... al ... AA. ... MM. ... GG. ....

2. Nel caso di specie, la difesa ha rappresentato che ... (qui: indicare i provvedimenti, specificando gli elementi rappresentati dalla difesa a sostegno della richiesta di revoca, diversa a seconda del tipo di “concorso”);

3. Valutata la situazione, ricorrono i presupposti per la violazione del ne bis in idem, dato che il soggetto è il medesimo (identità soggettiva) e il fatto è lo stesso (identità oggettiva; idem factum), atteso che ... (qui: motivare in ordine agli elementi costitutivi del ne bis in idem);

4. In conclusione, visto l'art. 669, comma 4, c.p.p., tenuto conto che la sentenza di cui al punto sub 1) è divenuta irrevocabile per prima ... , occorre procedere alla revoca della sentenza di cui al punto sub 2) e dare esecuzione al titolo esecutivo di cui al punto sub 1).

PER QUESTI MOTIVI

Visti gli artt. 666,669, comma 4, c.p.p.

Sulle conclusioni del Pubblico Ministero, sentita la difesa

ORDINA

la revoca della sentenza di condanna di cui al punto sub 2) e dispone l'esecuzione della sentenza di condanna di cui al punto sub 3).

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.

Luogo e data ...

il Giudice dell'esecuzione ...

1. Indicare con esattezza l'organo giurisdizionale competente.

Commento

Premessa. La nozione

Con il nuovo codice di procedura penale, si è assistito ad un rinnovamento della disciplina previgente, di cui all'art. 579 c.p.p. del 1930, in relazione ai casi in cui sussistano plurimi titoli esecutivi a carico della medesima persona e concernenti il medesimo fatto. Secondo il disposto di cui all'art. 669 c.p.p., viene riconosciuta piena competenza funzionale al Giudice dell'esecuzione individuato, ai sensi dell'art. 665 c.p.p., a cui sono attribuiti poteri rescissori del giudicato penale.

La disciplina di cui all'art. 669 c.p.p. interessa i conflitti, sia pratici che teorici, tra giudicati. In altri termini, essa costituisce un “presidio a soluzione” di ipotesi in cui siano inconciliabili i comandi contenuti nelle decisioni in esecuzione (conflitto pratico) e di casi in cui il contrasto (tra i giudicati) sia di tipo logico, dato che i fatti stabiliti in una decisione non sono compatibili con quelli stabiliti nell'altra (conflitto teorico).

Presupposti

Presupposto per l'attivazione del rimedio è appunto la pluralità delle sentenze o dei decreti divenuti irrevocabili, emessi nei confronti della stessa persona. La duplicazione di provvedimenti deve avere inoltre ad oggetto il medesimo fatto, che ormai pacificamente in giurisprudenza, si identifica con nell'identità degli elementi costitutivi del reato, quali la condotta, evento e nesso di causalità, considerati sia nella loro dimensione storico-naturalistica sia in quella giuridica (così, v. Corte cost., n. 129/2008; Cass. S.U., n. 34655/2005). Essenziale ai fini dell'efficacia operativa del divieto è il requisito dell'identità soggettiva: il provvedimento irrevocabile infatti preclude il nuovo esercizio dell'azione penale solamente nei confronti della persona destinataria del provvedimento stesso, non potendo spiegare alcuna efficacia diretta nei confronti di soggetti diversi.

Se il profilo soggettivo non desta particolari difficoltà esegetiche, a lungo dottrina e giurisprudenza si sono interrogate circa il significato da attribuire al requisito oggettivo dell'idem factum: come è noto, l'art. 649 c.p.p. – così come in precedenza l'art. 90 – richiede che il fatto oggetto del precedente accertamento processuale sia identico al procedimento in corso, senza alcun riguardo al titolo, grado e circostanze.

In assenza, quindi, di specifiche direttive normative, dottrina e giurisprudenza hanno progressivamente ancorato il profilo oggettivo del ne bis in idem alla nozione di Tatbestand legale: si esige la coincidenza, infatti, di tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato, da individuarsi secondo i criteri della condotta, del nesso causale e dell'evento in senso naturalistico.

Il quadro si complica ulteriormente in tutte le ipotesi in cui dall'unica condotta dipendano più fattispecie di reato, sussistendo i presupposti ex art. 81, comma 1, c.p.: inteso il fatto emergente dall'art. 649, comma 1, c.p.p. alla stregua di mera condotta, la preclusione al nuovo processo dovrebbe essere esteso anche al reato posto in essere in concorso formale con il primo, già oggetto di verifica e definizione con la sentenza irrevocabile.

In ragione della tendenza giurisprudenziale volta a negare l'operatività del ne bis in idem, la dottrina ha elaborato una correzione alla concezione del Tatbestand legale, facendo ricorso al c.d. Tatbestand materiale. L'impasse creata dall'accennato conflitto di esigenze potrebbe essere fronteggiata, sul piano equitativo, attribuendo rilevanza ad un quid che arricchisca sì la nozione di fatto fino a proiettarla oltre la nuda condotta, ma che, nello stesso tempo, resti idoneo a neutralizzare ogni possibile variabile legata alla parcellizzazione delle conseguenze della condotta, fatta dalla legge penale sostanziale in relazione alla loro possibile gradazione di disvalore.

Laddove il ne bis in idem venga accertato in sede di cognizione – come già si è accennato – il Giudice, ai sensi dell'art. 649, comma 2, c.p.p., ex officio deve dichiarare in ogni stato e grado del processo l'improcedibilità dell'azione penale esercitata o tramite una sentenza di proscioglimento ovvero di non luogo a procedere, a seconda che intervenga in dibattimento o in sede di udienza preliminare, ovvero, anche in sede di indagini preliminari ai sensi dell'art. 411 c.p.p., per il tramite del decreto di archiviazione, su sollecitazione del Pubblico Ministero.

Nel caso in cui la violazione del bis in idem venga accertata in sede di legittimità, in ragione del principio del favor rei, si ritiene che la Suprema Corte debba pronunciarsi tramite una pronuncia di annullamento senza rinvio, exartt. 620, lett. h) e 621 c.p.p. Se, invece, la violazione non venga accertata in sede cognitiva, il sistema processuale appresta un rimedio in executivis, rappresentato dall'art. 669 c.p.p., in materia di conflitto pratico di giudicati: competente in materia è, quindi, il Giudice dell'esecuzione che, ai sensi dell'art. 669, comma 4, c.p.p., ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, il quale procede con le forme del contraddittorio exartt. 666 ss. c.p.p., revocando tutte le sentenze confliggenti, tranne una a cui vi darà esecuzione.

Il criterio di individuazione della sentenza da eseguire, in tutti i casi tassativamente previsti ai commi dell'art. 666 c.p.p., è essenzialmente ispirato al principio del favor rei, il quale opera in qualità di fattore risolutivo, quale lex specialis, nei casi in cui la seconda e ulteriore sentenza risulti più favorevole all'interessato rispetto alla prima.

Per la casistica, di rilievo la recente pronuncia della Prima Sezione, per cui: “Il Giudice dell'esecuzione, qualora, in applicazione dell'art. 669, comma 8, c.p.p., pronunci ordinanza di revoca del capo di una sentenza di condanna per essersi formato, sullo stesso fatto e contro la stessa persona, un giudicato assolutorio, può, nel rideterminare la pena, disporne la sospensione condizionale, costituendo l'adozione dei provvedimenti conseguenti a tale decisione esplicazione di un potere coessenziale a quello di porre nel nulla il giudicato” (Cass. I, n. 51692/2018). La Cassazione ha inoltre recentemente affermato che: “In caso di pluralità di titoli di condanna a pene diverse per il medesimo fatto contro la stessa persona, l'indicazione da questa effettuata, ai sensi dell'art. 669, comma 2, c.p.p., circa il titolo da eseguire non può essere disattesa dal Giudice dell'esecuzione, anche se la pena da porre in esecuzione è concretamente più grave di quella oggetto dei restanti titoli” (Cass. I, n. 32311/2018; in senso analogo, Cass. I, n. 9547/2018; Cass. I, n. 4417/2017). Ancora. Si segnala che la Cassazione, con sent. n. 17197/2016, ha affermato che il disposto di cui all'art. 669, comma 8, c.p.p., relativo al caso che vi sia stata pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona, può trovare applicazione qualora la questione del "ne bis in idem" sia stata risolta, solo in via incidentale, negativamente da parte del Giudice della cognizione, non assumendo tale decisione efficacia formale di giudicato. Nel corso del 2018, si è altresì pronunciata la Corte costituzionale, con sentenza n. 53/2018) dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Chiedi, sez. distaccata di Ortona, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - dell'art. 671 c.p.p., nella parte in cui non prevede, in caso di pluralità di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta, il potere del Giudice dell'esecuzione di rideterminare una pena unica, che tenga conto dell'intero fatto storico accertato nelle plurime sentenze irrevocabili.

Non contrasta con la preclusione del giudicato connessa al principio del ne bis in idem - non ricorrendo l'identità del fatto - la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personali con sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla stessa condotta, in quanto il fatto concreto di cui all'art. 584 c.p. è caratterizzato dall'evento-morte, che è, invece, assente nel delitto di cui all'art. 582 c.p., la cui tipicità è integrata dal diverso, e meno grave, evento delle lesioni personali, pur se il Giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, deve assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che “l'importo complessivo delle sanzioni” irrogate sia proporzionato alla gravità dei reati complessivamente considerati (Cass. V, n. 1363/2021). Il principio del ne bis in idem si applica anche in caso di più misure di prevenzione dello stesso tipo: Cass. VI, n. 30167/2021. Si configura il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione anche se la stessa deriva da un ordine di esecuzione illegittimo: Cass. VI, n. 17118/2021. Sull'applicabilità del principio in fase esecutiva: Cass. V, n. 34324/2020.

I rimedi alla violazione del ne bis in idem

Venendo agli aspetti pratici della disciplina, la norma delinea varie ipotesi di “concorso”: a) tra sentenze di condanna alla medesima pena o a pena diversa; b) tra titoli di condanna eterogenei (sentenze/decreti penali); c) tra titoli di condanna omogenei diversi dalle sentenze (decreti penali); d) tra sentenze di proscioglimento ovvero di sentenze di non luogo a procedere; e) tra decisioni di proscioglimento e di condanna; f) tra decisioni assunte all'udienza preliminare e decisioni adottate in giudizio o per decreto penale.

Nel primo dei casi indicati sub a), il comma 4 dell'art. 669 c.p.p. sancisce che “si esegue la sentenza divenuta irrevocabile per prima”; nel secondo caso, ai sensi del comma 2 dell'art. 669 c.p.p., occorre distinguere a seconda che il condannato eserciti o meno la facoltà d'indicazione della sentenza per lui meno afflittiva (ex art. 669, comma 2, c.p.p.).

Viene infatti eseguito il titolo indicato dal condannato/interessato. Nonostante la norma riporti il concetto di facoltà, secondo la dottrina si tratterebbe di un diritto che viene riconosciuto all'interessato a norma dell'art. 669, comma 2, c.p.p.; tale definizione si pone in linea con il principio del favor rei. Per interessato, inoltre, si specifica come debba intendersi il solo condannato, dal momento che è unicamente lui il destinatario passivo delle sentenze, quindi, può valutare quali sentenze siano a lui più favorevole. Profili di criticità, inoltre, collegato all'esercizio della facoltà di scelta di cui all'art. 669, comma 2, c.p.p., riguarda la legittimazione del difensore ad indicare la pena da eseguirsi: si ritiene che negare l'esercizio di tale diritto precluderebbe la piena tutela dell'interessato; una simile impostazione ha quindi il pregio di apprestare una forma più ampia di tutela al condannato, ad es., nei casi di irreperibilità.

Solo se la parte rimane inerte o non si avvale di tale facoltà prima della decisione del Giudice dell'esecuzione, ricorrono i criteri di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 669 c.p.p., per cui: se si tratta di pena pecuniaria e pena detentiva, si esegue la pena pecuniaria; se si tratta di pene detentive o pecuniarie di specie diversa (reclusione/arresto; multa/ammenda), si esegue la pena di minore entità; se le pene sono di eguale entità, si esegue rispettivamente l'arresto o l'ammenda; se si tratta di pena detentiva o pecuniaria e della sanzione sostitutiva della semidetenzione o della libertà controllata, si esegue, in caso di pena detentiva, la sanzione sostitutiva e, in caso di pena pecuniaria, quest'ultima.

Quando, invece, le pene principali sono uguali, si tiene conto dell'eventuale applicazione di pene accessorie o di misure di sicurezza e degli altri effetti penali.

I criteri appena citati sono risolutivi anche nelle ipotesi di cui alle lett. b) e c), ovvero, qualora in esecuzione “concorrano” più decreti penali o sentenze oppure più decreti riguardanti il medesimo fatto, ma anche l'ipotesi in cui il fatto è stato giudicato in concorso formale con altri fatti o quale episodio di un reato continuato. Per cui se una sentenza di condanna che ha ritenuto un dato fatto-reato, concorre con altra decisione di tipo cumulativo che abbia affermato l'esistenza dell'idem factum “in concorso con altri” ex art. 81 c.p., spetta al Giudice dell'esecuzione provvedere ad “enucleare”, dalla pena complessivamente irrogata, il quantum corrispondente al fatto-reato giudicato singolarmente, per poter poi procedere all'applicazione dei “criteri di scelta” menzionati.

Ancora. Con riguardo all'ipotesi di cui alla lett. d), in tema di concorso tra sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, il Giudice, se l'interessato entro il termine di cui al comma 2 dell'art. 669 c.p.p. non indica la sentenza che deve essere eseguita, ordina l'esecuzione della sentenza più favorevole, revocando le altre.

Sull'ipotesi di cui alla lett. e), ovverosia “concorso” tra sentenze di proscioglimento e di condanna, il Giudice (fatta eccezione per quanto previsto ai sensi degli artt. 69, comma 2 e 345 c.p.p.) dà esecuzione alla sentenza di proscioglimento, revocando la decisione di condanna, salvo che si sia pronunciato il proscioglimento per estinzione del reato verificatasi successivamente alla data in cui è divenuta irrevocabile la decisione di condanna.

Da ultimo, con riguardo alle ipotesi di cui alla lett. f), la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio per cui il decreto penale di condanna e la sentenza pronunciata in giudizio, prevalgono sulla sentenza di non luogo a procedere adottata in sede preliminare (Cass. I, n. 32307/2003).

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