Richiesta di applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato in executivis (art. 671)InquadramentoAl giudice dell'esecuzione spetta anche il compito di applicare la disciplina del concorso formale e della continuazione tra reati; essendo un'attività giurisdizionale non può essere esercitata dal pubblico ministero. FormulaIL TRIBUNALE DI.... GIUDICE DELL'ESECUZIONE [1] *** RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEL CONCORSO FORMALE O DEL REATO CONTINUATO Il sottoscritto Avv..... del Foro di...., con studio in...., difensore di fiducia, come da nomina allegata, del Sig....., nato il...., a...., PREMESSO – che nei confronti del Sig..... sono allo stato in esecuzione le seguenti sentenze: 1) Sent....., del.... esecutiva il.... di condanna alla pena di.... per i reati.... commessi il...., custodia cautelare dal.... al.... AA..... MM..... GG.....; 2) Sent....., del.... esecutiva il.... di condanna alla pena di.... per i reati.... commessi il...., custodia cautelare dal.... al.... AA..... MM..... GG.....; – che tutti i provvedimenti sopra elencati sono irrevocabili, come risulta dal provvedimento di cumulo delle pene concorrenti emesso dal Pubblico Ministero e notificato al prevenuto in data....; – che, sulla base degli elementi a disposizione, risulta evidente che tutti i reati oggetto della presente richiesta sono uniti dal vincolo della continuazione, atteso che.... (qui: riportare gli elementi costitutivi della continuazione, ad es., unicità del disegno criminoso, distanza temporale tra i reati, medesimo soggetto, omogeneità delle condotte realizzate, ecc.); – che il vincolo della continuazione non è stato oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione. Tanto premesso, il sottoscritto difensore, ai sensi degli artt. 81 cpv. c.p. e 671 c.p.p., CHIEDE che la S.V., ai sensi dell'art. 671 c.p.p., riconoscere il vincolo della continuazione tra le sentenze di cui in epigrafe e, per l'effetto, rideterminare la pena complessiva da espiarsi. Allega: – la nomina difensiva; –.... (la documentazione utile a sostegno della richiesta, come, ad es., le sentenze di riferimento). Con la massima osservanza, [1]Volendo, far precedere la richiesta, dalla dovuta intestazione, indirizzando l'istanza al giudice dell'esecuzione competente. Qui: per semplificazione si è indicato il Tribunale. CommentoPremessa. La ratio della continuazione in executivis La norma è espressione di un rimedio alla inoperatività nella fase di cognizione degli istituti del concorso formale e della continuazione di cui all'art. 81 c.p.; dovrebbe infatti essere il giudice della cognizione la sede naturale di valutazione dei relativi presupposti applicativi della disciplina della continuazione. Il fine precipuo del riconoscimento della continuazione in esecuzione è il perseguimento del favor rei. Perseguendo tale obiettivo, come rimedio rispetto alla fase di cognizione, l'istanza di cui all'art. 671 c.p.p. presuppone in negativo che il giudice della cognizione abbia escluso l'applicabilità della disciplina della continuazione e del concorso formale. Ragionando in tali termini, risulta evidente che la competenza del giudice dell'esecuzione in materia è del tutto residuale e sussidiaria. Tale ripartizione di competenze ha tuttavia generato un dibattito in giurisprudenza, divisa tra un orientamento che ritiene come il giudice della cognizione, una volta investito della richiesta di parte, non possa declinare la decisione, rimettendo la questione alla fase esecutiva e un orientamento isolato che sostiene che il potere di applicare la continuazione ex art. 671 c.p.p. non è esercitabile quando il giudice della cognizione non ha esaminato la richiesta esplicitamente avanzata al riguardo (Cass. I, n. 271/1994; Cass. I, n. 5618/1994). Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria richiede – al fine di precludere l'intervento del giudice dell'esecuzione – che il giudice della cognizione abbia affrontato ed escluso ex professo la sussistenza della unicità del disegno criminoso (Cass. III, n. 11042/2003). Oggetto della richiesta Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di parte, occorre segnalare un contrasto di vedute in giurisprudenza quanto ai requisiti sottoposti al vaglio del giudice: secondo una parte della giurisprudenza, il condannato deve esclusivamente indicare i reati i quali il nesso della continuazione si riferisce, senza che si consideri tenuto anche all'enunciazione dei motivi e all'allegazione di alcuna documentazione (Cass. I, n. 3656/2007). Altra parte della giurisprudenza richiede invece che l'interessato alleghi le sentenze rispetto alle quali chiede la continuazione, oltre che a prove e argomentazioni dimostrative circa l'unicità del disegno criminoso (Cass. VI, n. 1490/1994; Cass. I, n. 1251/1994; Cass. I, n. 662/1994; Cass. I, n. 891/1994; Cass. I, n. 271/1994; Cass. I, n. 5618/1994). Poteri del giudice dell'esecuzione In ragione delle considerazioni espresse dalla più attenta dottrina e dalla recente giurisprudenza di legittimità, si conclude per affermare che il giudice dell'esecuzione ha poteri cognitivi di intensità e qualità analoga a quella del giudice della cognizione. Va da sé che i suoi compiti sono ontologicamente più ristretti, dovendo egli applicare o escludere il vincolo della continuazione tra i fatti-reato oggetto dei titoli esecutivi sottoposti alla sua attenzione. Si ritiene che le valutazioni espresse in fase cognitiva in ordine al riconoscimento del vincolo della continuazione non sono vincolanti per il giudice dell'esecuzione (Cass. I, n. 38296/2001), potendo il giudice riesaminare ciascun singolo episodio criminoso con il solo rispetto dei limiti stabiliti dagli artt. 81 c.p. e 671 c.p.p. (Cass. S.U., n. 6296/2017). Tuttavia, una parte della giurisprudenza di legittimità ha affermato che il giudice dell'esecuzione, andando ad incidere sul trattamento sanzionatorio con correlativa rideterminazione della pena, opera di fatto valutazioni di ordine tecnico-giuridico attinenti al fatto e, dunque, veri e propri poteri di accertamento nel merito (Cass. I, n. 38296/2001). Di recente, la Suprema Corte ha precisato che l'effetto di condizionamento scaturente dall'avvenuta adozione di una precedente decisione sulla medesima res iudicanda e sussistente nella valutazione che il giudice dell'esecuzione compie ex art. 671 c.p.p., in quanto relativa al merito delle imputazioni, non può essere esteso al caso in cui il giudice dell'esecuzione è chiamato solo a verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per la concessione o la revoca di tale concessione dei benefici previsti dal codice di rito (fattispecie relativa alla revoca del beneficio della sospensione della pena ad un imputato, avendo accertato il mancato adempimento della condizione del rilascio dell'immobile occupato abusivamente) (Cass. V, n. 30556/2021). Inoltre, se nella sentenza emessa dal giudice della cognizione non vi sia stato riconoscimento, per omessa pronuncia sul punto, del beneficio della sospensione condizionale della pena, non vi è preclusione, per il giudice dell'esecuzione, rispetto alla concessione del medesimo beneficio all'interessato ai sensi dell'art. 671, comma 3, c.p.p.; se, viceversa, nella sentenza emessa dal giudice della cognizione vi sia stata espressa negazione della sospensione condizionale richiesta, deve considerarsi preclusa la facoltà del giudice dell'esecuzione di concedere il suddetto beneficio, attesa l'efficacia assoluta della res judicata sostanziale, cristallizzatasi per il mancato ricorso agli ordinari mezzi di gravame da parte dell'imputato (Cass. I, n. 43319/2021). Ulteriormente, in tema applicazione in executivis della disciplina del reato continuato, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso del condannato che, contestando sotto il profilo della violazione di legge la valutazione effettuata dal giudice dell'esecuzione ai fini della rideterminazione della pena, miri ad ottenere un'inversione di gravità dei reati, nel caso in cui il suo eventuale accoglimento comporterebbe una reformatio in peius conseguente alla necessità di aumentare la pena base per il reato più grave (Cass. V, 10711/2021). Da ultimo, la Corte di Cassazione ha stabilito che, on riguardo ai rapporti tra i giudizi di cognizione e quello instaurato ai sensi dell'art. 671 c.p.p., la mancata prospettazione dell'unitarietà del disegno criminoso in sede di cognizione non costituisce indice negativo della sua esistenza, che può essere quindi riconosciuta nella fase esecutiva. Le scelte processuali compiute nel giudizio di cognizione come il silenzio tenuto in ordine a dati fattuali che potrebbero essere rilevanti al fine del riconoscimento della continuazione ovvero la scelta di non formulare la richiesta ai sensi dell'art. 81 c.p. con riguardo a reati già giudicati - non costituiscono di per sé dati rilevanti nel giudizio sulla continuazione, trattandosi di scelte dettate dall'interesse difensivo nel giudizio di cognizione. Piuttosto, va rilevato che il giudice dell'esecuzione deve fondare il proprio giudizio sulla base di quanto accertato nei giudizi di cognizione e quindi quelle scelte difensive possono incidere sulla formazione dei dati valutabili nel giudizio ai sensi dell'art. 671 c.p.p. (Cass. I, n. 12914/2022). Novità giurisprudenziali Si ricorda che il giudice dell'esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, oltre a dover rispettare quanto al risultato finale della pena i limiti fissati dal co. 2 dell'art. 671 c.p.p., onde evitare di incorrere nella violazione del divieto di reformatio in peius non può neppure quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con sentenza irrevocabile di condanna (Cass. S.U., n. 6926/2017). Secondo la più recente giurisprudenza, l'applicazione in executivis della disciplina del reato continuato tra un reato e taluno dei reati oggetto di diversa sentenza implica l'estensione del riconoscimento dell'identità del disegno criminoso anche agli altri reati già con esso posti in continuazione: Cass. I, n. 43880/2022. Non è rinunciabile l'impugnazione nel procedimento di esecuzione: Cass. I, n. 31014/2022. Il riconoscimento della continuazione necessita di un'approfondita e rigorosa verifica anche in sede di esecuzione: Cass. I, n. 32286/2022. Ai fini del riconoscimento della continuazione in sede esecutiva la condizione di alcoldipendenza non rileva ai fini dell'unicità del disegno criminoso: Cass. I, n. 37829/2022; mentre lo stato di tossicodipendenza può giustificare l'unicità del disegno criminoso: Cass. V, n. 18233/2022. Procedimento di esecuzione e partecipazione del condannato Il procedimento si avvia con richiesta del condannato o del suo difensore oppure del pubblico ministero e l'udienza si svolge con la partecipazione necessaria di entrambi, a pena di nullità assoluta ex art. 179, comma 1 c.p.p. dell'ordinanza decisoria (Cass. I, n. 39306/2008; Cass. IV, n. 33011/2008). |