Ordinanza di revoca della liberazione condizionale (art. 682)

Veronica Manca

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 176 c.p., la liberazione condizionale può essere concessa al condannato a pena detentiva, il quale, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente non superi i cinque anni. La concessione è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle. La competenza a decidere e l'iter procedurale sono disciplinati ai sensi dell'art. 682 c.p.; organo giurisdizionale deputato alla decisione è il tribunale di sorveglianza.

Formula

IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

DI ... [1]

ORDINANZA DI REVOCA SULLA

RICHIESTA DI LIBERAZIONE CONDIZIONALE

IN PRECEDENZA CONCESSA

***

Proc. N. ...

Ordinanza N. ...

Vista l'ordinanza di concessione del beneficio della liberazione condizionale emessa dal Tribunale di sorveglianza in data ... a favore del Sig. ... , nato il ... , a ... ,

Visti gli atti, a scioglimento della riserva a seguito di udienza di ... , sentite le parti e le conclusioni del Procuratore generale, viene emessa la seguente

ORDINANZA

1. Con Ordinanza n. ... di data ... il Tribunale di sorveglianza concedeva il beneficio della liberazione condizionale al Sig. ... , con contestuale sottoposizione alla misura della libertà vigilata;

4. Risulta che il Sig. ... ha violato le prescrizioni cui era stato sottoposto e/o che ha commesso un delitto o una contravvenzione nel periodo di sottoposizione alla misura della libertà vigilata;

5. In ragione della condotta assunta dal Sig. ... , il Collegio ritiene che la pena residua da espiare vada determinata nella misura di ... [2] .

Per tali ragioni, il Collegio

OSSERVA

che risultano integrati i presupposti per revoca della concessione della liberazione condizionale a favore del Sig. ....

P.Q.M.

Su parere conforme del Procuratore generale, sentita la difesa

dispone la revoca del beneficio concesso e ridetermina la pena detentiva residua da espiare in ... , con ogni conseguenza di legge.

Si comunichi a ... ; si notifichi la presente ordinanza al Sig. ... e al difensore ....

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

Luogo e data ...

Il Presidente ...

Il Magistrato estensore ...

1. La competenza a decidere e l'iter procedurale sono disciplinati ai sensi dell'art. 682 c.p.; organo giurisdizionale deputato alla decisione è il tribunale di sorveglianza. La pronuncia di revoca della liberazione condizionale appartiene al medesimo organo giurisdizionale che ha disposto l'ammissione al beneficio: stante la regola ex art. 677, comma 2, c.p.p., territorialmente competente al riguardo è il tribunale di sorveglianza individuato, non in base al provvedimento concessivo, bensì in riferimento al luogo ove il soggetto “risiede” in stato di libertà vigilata.

2. Ove il tribunale ritenga che sussistano le condizioni per la revoca della liberazione deve determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenuto conto del tempo trascorso in liberazione condizionale, nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo.

Commento

Competenza e procedimento

L'art. 176 c.p. prevede che il condannato a pena detentiva il quale durante l'esecuzione della pena abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, possa essere ammesso, ricorrendo anche altre condizioni, alla liberazione condizionale. Qualora l'ergastolo sia incluso in un provvedimento di cumulo con pene temporanee già in parte scontate, ai fini dell'applicazione dell'istituto non può tenersi conto delle pene espiate prima della commissione del reato per il quale è stato inflitto l'ergastolo (v. Cass. I, n. 20981/2004).

Il comma 1 dell'art. 682 c.p.p. si adegua agli interventi operati, nella vigenza del c.p.p. del 1930, dalla Corte costituzionale e dal legislatore ordinario sul procedimento concernente la concessione e la revoca del beneficio in questione. Con sentenza n. 204/1974, la Corte costituzionale ha affermato che il diritto del condannato alla verifica della permanenza delle condizioni per la protrazione della pretesa punitiva deve essere oggetto di garanzie giurisdizionali ed ha, pertanto, sottratto al Ministro della Giustizia la facoltà di concedere il beneficio in questione.

Il legislatore è invece intervenuto in materia con la l. n. 6/1975, attribuendo ogni competenza in prima battuta alla Corte d'Appello e, successivamente, con l. n. 663/1986, riformulando l'art. 70, l. n. 354/1975 (O.P.) al tribunale di sorveglianza.

A tale regola si allinea il codice di rito che ha confermato la competenza del tribunale di sorveglianza e, conseguentemente, per effetto della disposizione di cui all'art. 678, comma 1, il procedimento da seguire, che è quello di sorveglianza.

Il procedimento prende l'avvio con la richiesta dell'interessato o, se si tratta di revoca del beneficio, con quella del Pubblico Ministero; competente a provvedere è il tribunale di sorveglianza (v. anche artt. 676 c.p.p. e 236 disp. att. c.p.p.) del luogo nel quale il condannato è detenuto o, in caso di revoca, quello del luogo di residenza o di domicilio.

Il comma 2 dell'art. 682 c.p.p. stabilisce che, qualora la liberazione condizionale sia negata per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta se non sono decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.

Revoca della liberazione condizionale ed estinzione della pena

L'art. 177 c.p. prevede talune situazioni in ragione delle quali la liberazione condizionale può essere revocata. La pronuncia di revoca della liberazione condizionale appartiene al medesimo organo giurisdizionale che ha disposto l'ammissione al beneficio: stante la regola ex art. 677, comma 2, c.p.p., territorialmente competente al riguardo è il tribunale di sorveglianza individuato, non in base al provvedimento concessivo, bensì in riferimento al luogo ove il soggetto “risiede” in stato di libertà vigilata.

Dal punto di vista del modello procedurale da adottare nell'ipotesi in esame, si osservano le forme del rito di sorveglianza.

La revoca può essere disposta se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata disposta a norma dell'art. 230, comma 2, c.p. Si afferma che la sopravvenienza di nuovi “titoli esecutivi” per reati commessi anteriormente alla concessione della misura non produce il venir meno della medesima, ma una sua temporanea inefficacia, conseguente all'instaurazione del diverso rapporto esecutivo correlato ai suddetti titoli e di durata pari a quella della pena detentiva risultante dagli stessi.

Relativamente all'ulteriore condizione cui è subordinata la revoca della liberazione condizionale, ovvero la violazione degli obblighi inerenti la libertà vigilata, si esige che il tribunale di sorveglianza, oltre alla preliminare verifica della volontarietà del fatto che esclude quello incolpevole compia un'effettiva indagine diretta ad accertare se l'addebito possa concretare, o meno, una grave trasgressione del regime di vita cui il liberato è sottoposto.

Ove il tribunale ritenga che sussistano le condizioni per la revoca della liberazione deve determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenuto conto del tempo trascorso in liberazione condizionale, nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo.

La competenza ai fini della declaratoria di estinzione della pena e la revoca delle eventuali misure di sicurezza personali, ai sensi dell'art. 177, comma 2, c.p., è attribuita al tribunale di sorveglianza, individuabile, quanto alla competenza per territorio, secondo il disposto dell'art. 677 c.p.p.

Ulteriore ipotesi. L'ordinanza di rigetto della misura

In base al disposto ex art. 682, comma 2, c.p.p., risulta che, laddove la liberazione condizionale sia negata per “difetto del requisito del ravvedimento”, non può essere nuovamente inoltrata altra richiesta prima che siano decorsi sei mesi dal giorno cui il provvedimento di rigetto è divenuto irrevocabile: ne discende che, qualora il diniego derivi da cause diverse da quella menzionata, l'inosservanza dell'indicato termine non comporta in sé il decreto motivato di inammissibilità del giudizio.

Recente modifica sul piano sostanziale ad opera della l . n. 3/2019 (c.d. “Spazza-corrotti”)

Con sentenza n. 32/2020, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 6, lett. b) della l. n. 3/2019, c.d. “Spazza-corrotti”, nella parte in cui, non prevedendo un regime intertemporale, imponeva l'applicazione retroattiva delle disposizioni penitenziarie e processuali (v. artt. 4-bis della l. n. 354/1975 e 656, comma 9, lett. a), c.p.p.) per tutti gli autori di un delitto dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Con tale pronuncia, la Consulta ha esteso il divieto di irretroattività della legge penale sfavorevole anche alle norme esecutive che incidono qualitativamente sull'essenza della pena (trasformandone la natura, dal “dentro”, al “fuori”). Così tutte le disposizioni inerenti la sospensione dell'esecuzione penale, delle misure alternative e della liberazione condizionale non subiscono mutamenti per effetto della sopravvenienza normativa “peggiorativa”, ma sono, invece, regolate dalla disciplina previgente più favorevole.

Con recente pronuncia, la Suprema Corte ha stabilito che il Giudice, nel valutare il sicuro ravvedimento dell'istante collaboratore di giustizia, deve tener conto di più indici sintomatici quali l'ampiezza dell'arco temporale nel quale si è manifestato il rapporto collaborativo, i rapporti con i familiari e il personale giudiziario, lo svolgimento di attività lavorativa, di studio o sociali, successive alla collaborazione e non può attribuire rilievo determinante alla sola assenza di iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime dei reati commessi (annullata, nella specie, l'ordinanza di rigetto della richiesta di concessione della liberazione condizionale, atteso che i giudici del merito, dopo avere dato atto che il ricorrente aveva sempre svolto stabile attività lavorativa e che gli organi di polizia avevano fornito informazioni positive sul comportamento tenuto dallo stesso sin dall'inizio dell'applicazione della detenzione domiciliare, avevano considerato ostativo all'accoglimento dell'istanza esclusivamente il mancato compimento da parte del condannato di azioni a favore della collettività a titolo di condotta riparativa per i danni cagionati a seguito dei suoi numerosi e gravi reati commessi nel tempo) (Cass. I, n. 41361/2021).

Le modifiche con la riforma dell'art. 4- bis O.P. per le misure alternative ai non collaboranti

Con il d.l. n. 162/2022 si è modificata la disciplina della liberazione condizionale, portando la previsione obbligatoria di libertà vigilata da cinque a dieci anni (v. art. 2 del d.l. n. 152/1991, convertito in l. n. 203/1991). Inoltre, si prevede che la libertà vigilata comporti sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all'art. 51, comma 3-bis e comma 3-quater, c.p.p., o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f), e g) del comma 1 dell'art. 4 del d.lgs. n. 159/2011, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere.

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