Appello contro ordinanza in materia di misure cautelari personali (art. 19, d.P.R. n. 448/1988)

Francesca Tribisonna

Inquadramento

Fuori dei casi in cui è previsto il riesame, è possibile proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi.

Formula

N. ... R.N.R.

AL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ...

Il sottoscritto Avv. ..., del Foro di ..., con Studio in ..., via ..., difensore (di fiducia/d'ufficio) di ..., nato a ..., il ..., residente in ..., via ..., persona sottoposta alle indagini preliminari nel procedimento penale n. ... R.N.R. per il/i reato/i di cui all'art./agli artt. ..., propone

APPELLO

avverso l'ordinanza n. ..., del ..., eseguita (o notificata) in data ..., con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di ..., in accoglimento della richiesta del P.M. di aggravamento della precedente misura cautelare ha applicato al proprio Assistito la misura cautelare personale della ... (custodia cautelare in carcere oppure collocamento in comunità oppure permanenza in casa) in ordine ai reati suindicati; oppure ha rigettato la richiesta di revoca o modifica della misura cautelare ex art. 299 c.p.p. presentata nell'interesse del minore in data ... .

L'appello si propone per i seguenti motivi (l'indicazione dei motivi è necessaria, trattandosi di impugnazione parzialmente devolutiva):

(illustrare dettagliatamente i motivi, di legittimità o di merito, sui quali si fonda l'impugnazione, ad esempio:)

- insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato;

- insussistenza delle esigenze cautelari;

- inadeguatezza della misura che interrompe i processi educativi in atto (spiegare quale sia la situazione socio-ambientale vissuta dal minore e la ragione per la quale la misura applicata interrompa i processi educativi in corso) e, comunque, sua eccessiva onerosità (spiegare perché, in via subordinata, le esigenze cautelari potrebbero essere, comunque, soddisfatte con l'applicazione di una misura cautelare meno gravosa nel caso considerato);

- vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento dell'istanza di revoca o modifica della misura così come prospettata dalla difesa.

Alla luce di quanto sopra esposto, il sottoscritto difensore, nell'interesse del minore ...,

CHIEDE

che l'Ill.mo Tribunale per i minorenni voglia:

- in via principale, annullare l'impugnata ordinanza (e, per l'effetto, disporre l'immediata liberazione del proprio Assistito oppure revocare la disposta misura);

- in via subordinata, riformare l'impugnata ordinanza e applicare una misura cautelare meno afflittiva.

Si allega documentazione utile a suffragare quanto esposto.

Con osservanza.

Luogo e data ...

Firma Avvocato ...

Commento

Misure cautelari personali nel rito minorile.

Nell'applicazione delle misure restrittive della libertà personale a carico di un soggetto minorenne trovano puntuale rispetto tutti i principi che connotano la peculiarità della situazione minorile e il trattamento differenziato, che impone il ricorso ad una normativa ad hoc e l'applicazione di una serie di guarentigie di tutela. È l'art. 19, d.P.R. n. 448/1988 a dettare, in apertura, la regola secondo la quale "nei confronti dell'imputato minorenne non possono essere applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste nel presente capo", in tal modo esplicitando, anche per il sistema minorile, l'operatività dei principi di tassatività e legalità delle cautele, richiamato per gli imputati adulti a norma dell'art. 272 c.p.p.

Si tratta, però, in questo caso di un sistema cautelare che si articola attraverso una serie di deroghe alle norme del processo ordinario, caratterizzato da misure per lo più del tutto peculiari e tipiche del rito minorile, così volendosi stigmatizzare la diversità di disciplina rispetto al procedimento a carico dei maggiorenni. In quest'ultimo, per esempio, si conoscono anche altri tipi di misure, tra cui quelle interdittive, da considerarsi inoperanti nel procedimento minorile in ragione di una evidente incompatibilità con la situazione personale del minore (Presutti, Le misure cautelari, in B argis (a cura di), Procedura penale minorile, Torino, 2021, 127). Al contrario, stante il silenzio della legge e l'assenza di impedimenti espressi, si ritengono invece applicabili al minore le misure cautelari reali del sequestro conservativo e preventivo.

Le misure cautelari personali che possono essere applicate nei confronti di un soggetto minorenne sono, dunque, solo quelle previste dal citato d.P.R. e, in particolare, secondo una scala di crescente gravità: le prescrizioni (art. 20), la permanenza in casa (art. 21) e il collocamento in comunità (art. 22), che sono definite misure di carattere obbligatorio e, infine, quale extrema ratio, la custodia in carcere (art. 23), che ha natura coercitiva. Le misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità sono equiparate alla custodia in carcere solo ai fini del computo della durata massima della misura e del calcolo della pena da scontare, così come disciplinato dall'art. 21, comma 4, d.P.R. cit. e dal successivo art. 22, comma 3 che lo richiama, mentre per il resto il minore è considerato libero, pur sottoposto ad obblighi e prescrizioni; da ciò discende come un eventuale allontanamento dai luoghi in esse indicati non integri gli estremi del reato di evasione ex art. 385 c.p.

Secondo quanto previsto, poi, agli ultimi due commi dell'art. 19 d.P.R., le misure diverse dalla custodia cautelare possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, con la precisazione che nella determinazione della pena astrattamente applicabile si terrà conto, oltre che dei criteri di cui all'art. 278 c.p.p., anche della diminuente della minore età (art. 98 c.p.), operando la diminuzione minima di un giorno dal massimo edittale previsto per il reato per cui si procede (Cass. III, n. 29074/2014; conf. Cass. IV, n. 37884/2007). Secondo taluni orientamenti giurisprudenziali, poi, nel caso in cui concorrano circostanze aggravanti ed attenuanti, non può farsi luogo al giudizio di comparazione, sicché la pena astrattamente prevista dalla legge deve essere calcolata tenendo conto dell'aumento massimo stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima per le circostanze attenuanti (Cass. IV, n. 7466/2012; conf. Cass. IV, n. 15153/2008).

Procedimento applicativo

Quanto al procedimento applicativo, si segue la disciplina stabilita per il maggiorenne, operante in virtù del rinvio generale di cui all'art. 1, comma 1, d.P.R. n. 448/1988 con i prescritti accorgimenti dettati dalla peculiare condizione del soggetto coinvolto e dalla sua fragile personalità, ancora in evoluzione. Intanto, vale sempre il principio della domanda, non potendo il Giudice procedente disporre d'ufficio l'applicazione di una misura cautelare, ma dovendosi limitare ad agire su richiesta del Pubblico Ministero.

A causa della loro forte incidenza sulla sfera della libertà individuale, la normativa prevede dei precisi ed inderogabili limiti temporali di efficacia (si badi come anche nel processo minorile si applichi l'istituto della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare; cfr. Cass. III, n. 6938/2017) nonché dei presupposti operativi indefettibili, in assenza dei quali non è possibile ricorrere alla loro applicazione. Le norme sul processo minorile non contengono espliciti riferimenti a questi presupposti, eccetto che per la custodia cautelare, per cui devono estendersi anche in questo caso le disposizioni generali di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p. (Arciuli, Le nuove forme di devianza minorile. Strumenti di tutela penale, civile ed amministrativa, Torino, 2008, 87). Da ciò discende che le misure cautelari possono essere applicate solo se sussistano gravi indizi di colpevolezza e, per quanto concerne le misure diverse dalla custodia in carcere, al ricorrere di almeno una tra le esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio, di fuga o di reiterazione del reato o commissione di altri gravi reati. Esse, non hanno mai effetti punitivi e/o rieducativi, mirando semplicemente a fronteggiare i pericula libertatis individuati dalla legge (Cass. III, n. 38414/2018).

Le misure, al contrario, non possono applicarsi nel caso in cui sussista una causa di giustificazione o di non punibilità ovvero di estinzione del reato o della pena che si ritiene possa essere irrogata. Sotto il profilo della necessaria prevedibilità dell'irrogazione finale di una pena, in giurisprudenza si è ritenuto che la preclusione di cui all'art. 273, comma 2, c.p.p. trovi applicazione in ambito minorile solo ove risulti la presenza di una causa di non punibilità e non già di tutte le ipotesi in cui il Giudice possa solo prevedere che l'imputato andrà esente da pena, come nel caso di proscioglimento per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell'art. 98 c.p., che è solo ipotizzabile (Cass. V, n. 480/1991). Secondo parte della dottrina, al contrario, il concetto di imputabilità deve farsi rientrare in quello di colpevolezza; ciò con la conseguenza che, in ambito minorile, si richiede un giudizio prognostico ancora più complesso, considerato che si dovranno valutare, oltre alle ipotesi descritte dalla norma, anche la possibilità di concedere il perdono giudiziale e la sussistenza dell'imputabilità del soggetto deviato (Lanza, Il processo penale minorile. Le indagini preliminari e le misure cautelari, in Pennisi (a cura di), La giustizia penale minorile: formazione, devianza, diritto e processo, Milano, 2004, 278). Resta fermo che la "prognosi di un epilogo assolutorio" del processo, a prescindere dalla causa, impedisce comunque l'applicazione di una cautela nei confronti del minore (Presutti, La tutela della libertà personale, in Palermo Fabris, Presutti (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, V. Diritto e procedura penale minorile, Milano, 2002, 403).

Grazie al rinvio operato dall'art. 19, comma 2, d.P.R. cit. all'art. 275 c.p.p. operano in subiecta materia anche i principi di adeguatezza della misura alla specifica esigenza cautelare da soddisfare nel caso concreto, di proporzionalità alla pena che si ritenga possa essere irrogata e di gradualità nella scelta della cautela. In particolare, si è osservato in giurisprudenza, come risulti rafforzato anche in ambito minorile il criterio di proporzionalità, a seguito dell'introduzione del comma 2-bis dell'art. 275 c.p.p., che vieta il ricorso alla misura della custodia cautelare in carcere qualora il Giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (Cass. III, n. 12244/2015), anche se non è mancata una lettura restrittiva volta ad escluderne l'applicabilità alle misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità (Cass. II, n. 43899/2021; Cass. V, n. 5716/2018; Cass. IV, n. 50077/2017; Cass. IV, n. 11993/2007; Cass. IV, n. 26382/2003; Cass. IV, n. 2389/2000; contraCass. I, n. 42449/2021; Cass. II, n. 48738/2012; Cass. II, n. 35330/2007; Cass. III, n. 3722/1996). A differenza di quanto accade per gli adulti, però, l'applicazione delle cautele è sempre facoltativa, in quanto non trovano operatività le previsioni di cui all'art. 275, comma 2-ter, c.p.p. e 275, comma 3, c.p.p., la quale ultima impone l'automatica applicazione della più grave misura della custodia cautelare in carcere per i maggiorenni al ricorrere di determinate evenienze.

Inoltre, nel disporre la misura, il Giudice dovrà sempre tener conto, oltre che dei citati criteri indicati all'art. 275 c.p.p. anche dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, così come enucleata all'art. 19, comma 2, d.P.R., che è un limite, ancorché non tassativo, da seguire (Cass. I, n. 21755/2007) e una guida nella scelta delle misure. Si tratta di una valutazione relativa a situazioni in evoluzione, ma consolidate e non occasionali, quali punti di riferimento positivi per il minorenne, che contribuiscano a formare la sua personalità, a svilupparne l'autostima, a favorirne l'integrazione sociale e il rafforzamento del senso dei valori (Palomba, Il sistema del nuovo processo penale minorile, Milano, 1991, 311). Nell'ottica di effettuare tale valutazione, significativa importanza potranno assumere, oltre all'interrogatorio con il minorenne da effettuarsi ai sensi dell'art. 294 c.p.p., le risultanze degli accertamenti sulla personalità disposti dal Pubblico Ministero ex art. 9 d.P.R., nonché il colloquio - anche informale - con i servizi minorili esercitabile in ogni stato e grado del procedimento ex art. 6 d.P.R. Fondamentale in tal senso risulta l'apporto offerto nel procedimento cautelare proprio da parte dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, che, in collaborazione con quelli istituiti dagli enti locali, dovranno fornire attività di sostegno e controllo al minore fin dalle prime fasi di privazione della libertà personale, così come statuito all'art. 19, comma 3, d.P.R. Tali servizi, peraltro, mantengono la loro competenza una volta che la misura sia in esecuzione anche dopo il compimento del diciottesimo, ma non del venticinquesimo, anno d'età del minore, in ossequio al disposto di cui all'art. 24, comma 1, disp. att. min., così come avviene anche in fase di esecuzione della pena ai sensi di quanto disposto dal d.lgs. n. 121/2018.

Le impugnazioni de libertate

Una volta che il Giudice abbia emanato un'ordinanza applicativa di una misura cautelare personale nei confronti del minorenne, si seguiranno gli adempimenti esecutivi contenuti all'art. 293 c.p.p. e, trattandosi di un provvedimento impugnabile, si ritiene che la norma codicistica vada integrata con la disposizione dell'art. 34 d.P.R., che estende all'esercente la responsabilità genitoriale gli stessi diritti di impugnazione spettanti all'imputato minorenne.

A fini difensivi, saranno, dunque, il minorenne, l'esercente la responsabilità genitoriale e il difensore che potranno esperire uno degli strumenti di impugnazione previsti per legge.

Per quanto concerne i mezzi di impugnazione, si ha un rinvio in toto alla disciplina prevista dal rito ordinario ed essi sono: il riesame (art. 309 c.p.p.) [v. formula “Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309)”] o, in alternativa ad esso, il ricorso per saltum alla Corte di Cassazione per violazione di legge (art. 311, comma 2, c.p.p.) [v. formula “Ricorso per cassazione contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 311)”], nei confronti di tutte le ordinanze che dispongono l'applicazione della misura cautelare coercitiva ab initio, e l'appello (art. 310 c.p.p.) [v. formula “Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310)”], esperibile fuori dai casi di riesame, ma non avverso le misure interdittive, non ammesse nel rito minorile. Infine, avverso le decisioni pronunciate all'esito del riesame o dell'appello è sempre possibile il ricorso per cassazione (art. 311 c.p.p.) [v. formula “Ricorso per cassazione contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 311)”], da presentarsi con il patrocinio di un difensore iscritto nell'albo speciale delle giurisdizioni superiori a pena di inammissibilità.

Trattandosi di una giurisdizione specializzata ed esclusiva, tuttavia, la competenza a decidere in caso di riesame o appello è attribuita al Tribunale per i minorenni del luogo dove ha sede l'ufficio del Giudice che ha emesso l'ordinanza impugnata, così come previsto dall'art. 25 disp. att. min. Ebbene, l'individuazione di detto organo, diverso da quello ordinario, rappresenta un passo obbligato nella disciplina del processo minorile in considerazione del consolidato orientamento della Corte costituzionale secondo cui nessun provvedimento penale nei confronti di un imputato minorenne può essere disposto da un Giudice diverso da quello minorile (Zappalà, Patanè, in Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2013, 963). Deve, tuttavia, darsi atto di come diversamente si operi in caso di riesame di provvedimenti che dispongano misure cautelari reali, essendo la competenza funzionale riconosciuta al tribunale ordinario anche in caso di procedimenti a carico di imputati minorenni (Cass. IV, n. 18836/2019).

In caso di istanza di riesame, la stessa non dovrà necessariamente essere supportata da un'elencazione puntuale dei motivi - di merito e di legittimità - posti a sostegno dell'atto di gravame, trattandosi di un'impugnazione totalmente devolutiva e ben potendo gli stessi essere precisati a verbale in sede di udienza ovvero essere esposti solo oralmente. Peraltro, nel corso dell'udienza sarà sempre ammessa la presentazione di motivi nuovi [v. formula “Riesame contro ordinanza cautelare personale (art. 19, d.P.R. n. 448/1988)”]. Diversamente accade nel caso dell'appello cautelare, che deve essere sempre supportato dall'indicazione dei motivi di impugnazione già in sede di redazione dell'atto.

Per quanto concerne i termini, sia l'istanza di riesame che l'atto di appello devono essere presentati entro 10 giorni dall'esecuzione o dalla notificazione del provvedimento che si intende impugnare. In entrambe le evenienze si applica la regola contenuta nella previsione di cui al comma 3 dell'art. 585 c.p.p., secondo cui quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

Infine non pare superfluo ricordare come, anche decorsi i rigidi limiti temporali prescritti, la difesa potrà sempre avanzare istanza tesa alla modifica o alla revoca dei provvedimenti cautelari in corso al ricorrere delle condizioni previste dalla legge [v. formula “Richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare (art. 299)”].

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