Richiesta di riesame del decreto di sequestro probatorio (art. 257)

Alessandro Leopizzi
Riccardo Lottini

Inquadramento

L'indagato e il suo difensore, nonché la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe comunque diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, contro il decreto di sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero.

Formula

TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE [1].... SEZIONE

RICHIESTA DI RIESAME DEL DECRETO DI SEQUESTRO PROBATORIO EMESSO DAL PUBBLICO MINISTERO

* * *

Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di....

1....., nato a.... il....;

2....., nata a.... il....;

indagato [2] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)....

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a).... c.p.

b)...., l..... /....

c)...., d.P.R.....

d)...., d.lgs.....

PREMESSO

che, in data...., il pubblico ministero ha emesso decreto di sequestro a carico del signor.... ed avente ad oggetto i seguenti beni mobili/immobili [3] ;

che, in data...., il suddetto sequestro è stato eseguito da (specificare l'articolazione di polizia giudiziaria delegata per l'esecuzione) in presenza di.... (indicare i soggetti nei cui confronti è stato eseguito il sequestro) [4] ;

che, in data...., il decreto del pubblico ministero è stato notificato al sottoscritto difensore [5] ;

(OVVERO)

che, in data...., si è avuta effettiva conoscenza dell'avvenuto sequestro [6] ;

CHIEDE

il riesame, anche nel merito, del suddetto decreto di sequestro, sulla base dei seguenti motivi:

(esporre le ragioni che fondano la richiesta di riesame) [7]

(OVVERO)

il riesame, anche nel merito, del suddetto decreto di convalida, riservando di specificarne i motivi.

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2).....

Luogo e data....

Firma....

[1]Sulla richiesta di riesame reale decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti.

[2]Possono proporre richiesta di riesame contro il decreto del pubblico ministero, l'indagato, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione (art. 257 c.p.p.) e deve essere presentata nella cancelleria del tribunale sopra indicato. In attesa della piena entrata in vigore della disciplina dei depositi telematici, introdotta dalla riforma Cartabia, che prevede il deposito con modalità telematiche da individuare da successivi decreti, la richiesta può essere presentata in forma cartacea oppure mediante l'invio all'indirizzo di posta elettronica di detta cancelleria individuato dal generale per i sistemi informativi automatizzati (ex art. 87-bis comma 6 d.lgs. n. 150/2022). Si faccia attenzione che questa ultima disposizione, anche con riferimento alle richieste di riesame o appello di misure cautelari reali, indica erroneamente il tribunale di cui all'art. 309 comma 7 (quello del capoluogo del distretto che invece è il Giudice delle impugnazioni cautelari personali). Si ritiene che un tale errore possa essere emendato in via interpretativa.

[3]Specificare nel dettaglio la consistenza di quanto oggetto di sequestro (con coordinate catastali in caso di immobili).

[4]Non necessariamente coincidenti con l'indagato e neppure con il terzo proprietario o comunque legittimato al riesame (potendo darsi il caso di un portiere, un familiare, un custode o altro dipendente/collaboratore, etc.).

[5]Indicazione fondamentale per provare la tempestività del riesame, ex art. 324, comma 1 c.p.p.

[6]Indicazione fondamentale per provare la tempestività del riesame, ex art. 324, comma 1 c.p.p.

[7]Con la richiesta di riesame “possono” (non “devono”) essere enunciati anche i motivi (art. 324, comma 4, richiamato dall'art. 257 c.p.p.).

Commento

Il decreto di sequestro

L'autorità giudiziaria dispone il sequestro “con decreto motivato” (art. 253 c.p.p.).

Nella prassi, questo mezzo di ricerca della prova è nella quasi totalità dei casi un atto del pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari, e se del caso anche successivamente. Assai raro, seppure non impossibile, il decreto emesso dal giudice nella fase del giudizio.

Oggetto del sequestro sono due categorie di cose materiali, potenzialmente fonte di prova rispetto ai fatti per cui si procede

– il corpo del reato: ovvero le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso (refurtiva e strumenti da scasso; immobile edificato in assenza di permesso di costruire; arma con cui sono state cagionate lesioni; area adibita a discarica abusiva; stupefacenti; verbali contenenti le false dichiarazioni nei procedimenti per calunnia, falsa testimonianza, etc.) e le cose che del reato costituiscono

• il prodotto (oggetto materiale derivato come conseguenza dell'illecito: ad esempio l'atto pubblico contraffatto nel delitto di falso materiale ex art. 476 c.p.),

• il profitto (l'utilità economica ricavata dal reato: ad esempio, il denaro versato come tangente al pubblico ufficiale concussore o come corrispettivo per la cessione di stupefacente),

• il prezzo (l'utilità data al reo perché commetta il reato: ad esempio, il pagamento di un sicario o il cosiddetto “cavallo di ritorno” per la “cartiera” nel delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti. La prassi conosce anche il termine “provento”, anzi di ampio uso quotidiano, che ricomprende sia il prodotto, sia il profitto del reato);

– le cose comunque pertinenti al reato: espressione più ampia che ricomprende qualunque cosa legata, pur solo indirettamente, alla fattispecie criminosa (contabilità, appunti e documentazione varia; cellulari e computer utilizzati per le condotte criminose; assegni e altri effetti; sostanze da taglio, bilancino di precisione e materiale per il confezionamento delle singole dosi, etc.), ma che non si può estendere sino ad attribuire rilevanza a rapporti meramente occasionali tra la res e l'illecito penale (Cass. V, n. 26444/2014, che ha escluso che possa costituire cosa pertinente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale un bene immobile oggetto di un contratto preliminare di acquisto rimasto inadempiuto e quindi mai entrato a far parte del patrimonio della società fallita; Cass. II, n. 28306/2019, che ha escluso che potesse costituire cosa pertinente al reato, in quanto non destinato alla custodia dei beni illeciti, un immobile concesso in comodato d'uso agli imputati e destinato a dimora, all'interno del quale era stato solo occasionalmente introdotto un ridotto numero di capi di abbigliamento con marchi contraffatti).

La motivazione del provvedimento impositivo del vincolo reale deve essere modulata in relazione al caso concreto: essa dovrà essere rafforzata ogni qual volta il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto, mentre potrà farsi ricorso ad una formula sintetica nei casi in cui sia di immediata percezione la diretta connessione probatoria tra il vincolo di temporanea indisponibilità del bene sequestrato e il corretto sviluppo dell'attività investigativa: merce verosimilmente contraffatta, sostanza verosimilmente stupefacente, cosa verosimilmente provento di furto, etc. (Cass. II, n. 11325/2015, che ha ritenuto adeguatamente motivato il sequestro probatorio di oggetti preziosi, giustificato dalla necessità di verificarne la provenienza furtiva). Quando oggetto del provvedimento siano cose che costituiscono corpo del reato, la motivazione, a pena di nullità, dovrà esplicitare la relazione di immediatezza tra la res da sequestrare e il reato oggetto di indagine e, come specificato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 36072/2018), dovrà contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti.

In ogni caso, la motivazione deve rispondere a canoni di proporzionalità e adeguatezza tra le ragioni che fondano il sequestro e l'entità del suo oggetto: non è lecito, ad esempio, apporre un vincolo sull'intera contabilità di una società commerciale, allorquando si intenda acquisire alcune fatture soltanto (Cass. VI, n. 24617/2015).

Il pubblico ministero può procedere personalmente al sequestro ovvero, come succede nella quasi totalità dei casi, può delegare, con lo stesso decreto, ufficiali di polizia giudiziaria.

La delega non è possibile, in caso di sequestro presso lo studio di un difensore.

Esecuzione del decreto di sequestro

Copia del decreto di sequestro è consegnata al destinatario dell'atto, se presente (art. 253, comma 4 c.p.p.). Costui non necessariamente coincide con l'indagato: si pensi al derubato, nella cui abitazione sono rinvenuti strumenti da scasso e passamontagna, da sottoporre agli opportuni accertamenti papillari e biologici.

Secondo l'art. 81 disp. att. c.p.p., il verbale di sequestro contiene

– l'elenco delle cose sequestrate (formato assegnando un distinto numero a ciascuna cosa sequestrata. Più cose sequestrate possono essere raggruppate sotto un unico numero quando esse sono della stessa specie e non rilevano per la loro individualità, ex art. 10 reg. c.p.p. Su ciascun oggetto viene apposto un numero identico a quello riportato nell'elenco);

– la descrizione delle cautele adottate per assicurarle;

– l'indicazione della specie e del numero dei sigilli apposti.

Il “vincolo imposto a fini di giustizia” è pubblicizzato all'esterno mediante l'apposizione del sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni del magistrato procedente e dell'ausiliario che lo assiste. In relazione alla natura delle cose, è consentito l'uso di ogni altro mezzo idoneo, anche di carattere elettronico o informatico (art. 260, comma 1, c.p.p.). Ad esempio, se è stata posta sotto sequestro un'abitazione, il “sigillo” consiste di solito in un foglio di carta con le caratteristiche sopra accennate affisso stabilmente tra la porta di ingresso e la parete, di modo che ogni apertura non possa che lacerare la chartula. In caso di fondi rurali, l'atto è affisso in luogo visibile e, se le dimensioni lo consentono, il perimetro dell'area sequestrata è segnata con nastro di plastica, usualmente bianco e rosso. La violazione del vincolo rappresentato esteriormente dal sigillo integra il delitto previsto e punito dall'art. 349 c.p.

Quando il sequestro ha per oggetto documenti (“carte”), ciascun foglio deve essere numerato e sottoscritto dall'autorità procedente. Se ciò non è possibile, essi sono rinchiusi in pacchi sigillati, numerati e timbrati.

Se le cose sequestrate sono oggetti preziosi, monete o titoli al portatore, si provvede, appena pervengono nella cancelleria o nella segreteria, alla loro verificazione. Allo stesso modo si procede per ogni altra cosa sequestrata quando i sigilli appaiono rotti o alterati. Delle operazioni è compilato verbale che viene unito agli atti (art. 11, reg. c.p.p.).

Riesame del decreto di sequestro emesso dal pubblico ministero

L'indagato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame contro il decreto di sequestro emesso dal pubblico ministero, anche se eseguito dalla polizia giudiziaria delegata (art. 257 c.p.p.).

Non è impugnabile con richiesta di riesame l'ordine di esibizione presso banche, ai sensi dell'art. 248 c.p.p., seguito da estrazione di copia e restituzione degli originali. Infatti, l'acquisizione di documenti in copia non costituisce un'ipotesi di sequestro, essendo priva dell'effetto ablativo proprio di quest'ultimo (Cass. S.U., n. 5876/2014).

Sulla scorta di motivi sostanzialmente analoghi, la tradizionale giurisprudenza affermava che, una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame sarebbe divenuta inammissibile per sopravvenuta mancanza di interesse, indipendentemente dalla eventuale estrazione di copia dei documenti sequestrati prima della restituzione (Cass. S.U., n. 18253/2008; Cass. VI, n. 29846/2012). Gli orientamenti più recenti, ritengono al contrario che, anche in caso di restituzione di documenti acquisiti coercitivamente, permane l'interesse a richiedere il controllo giurisdizionale sulla legittimità del sequestro al competente tribunale del riesame (Cass. III, n. 38148/2015).

Il riesame deve essere proposto necessariamente entro dieci giorni dalla notifica del decreto, dall'esecuzione del sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ne abbia avuto conoscenza.

In ogni caso i provvedimenti relativi ai sequestri sono assoggettati soltanto ai rimedi previsti dal codice di rito (art. 229 disp. att. c.p.p.).

La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Il tribunale del riesame reale si pronuncia dopo aver ricevuto dalla autorità procedente copia degli atti di indagine e su questi fonda la propria decisione. Il pubblico ministero non ha l'obbligo di trasmettere copia integrale del proprio fascicolo. Omettere però l'invio di una parte del materiale investigativo, così da evitarne la conoscenza in capo al ricorrente, potrebbe lasciare claudicante la piattaforma investigativa su cui il tribunale dovrà misurare la correttezza delle altrui doglianze.

Quest'obbligo di discovery, almeno parziale, da un lato costringe dunque il pubblico ministero a scegliere quali carte rendere disponibili alla difesa, con il rischio di un annullamento se quanto reso ostensibile non è giudicato sufficiente dal tribunale a sorreggere l'impianto accusatorio, e dall'altro, può spingere il difensore a proporre impugnazioni al solo fine di avere accesso agli atti.

La Cassazione (Cass. II, n. 49536/2019) ha specificato che il tribunale del riesame chiamato a decidere su un sequestro probatorio, a fronte dell'omessa individuazione nel decreto delle esigenze probatorie e della persistente inerzia del pubblico ministero anche nel contradditorio camerale, non può integrare la carenza di motivazione individuando, di propria iniziativa, le specifiche finalità del sequestro, trattandosi di prerogativa esclusiva del pubblico ministero quale titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull'esercizio dell'azione penale.

Secondo Cass. S.U., n. 40847/2019, il divieto di restituzione di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p. opera anche in caso di annullamento del decreto di sequestro probatorio; tale divieto concerne le cose soggette a confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, c.p. ma non anche le cose soggette a confisca obbligatoria contemplata da previsioni speciali, con l'eccezione del caso in cui tali previsioni richiamino l'art. 240, comma 2, c.p. o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato.

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