Richiesta di temporanea rimozione dei sigilli (artt. 260 e 261)

Alessandro Leopizzi
Riccardo Lottini

Inquadramento

Quando occorre accedere ad un bene mobile o immobile in sequestro sul quale la sussistenza del vincolo è attestata dalla precedente apposizione di sigilli, si procede alla preventiva verifica dell'identità e dell'integrità dei sigilli stessi e poi, compiuta l'attività necessaria, se ne appongono di nuovi, secondo forme garantite e sempre ferma restando la permanenza del sequestro.

Formula

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... OVVERO

AL TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE

UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE

RICHIESTA DI TEMPORANEA RIMOZIONE DEI SIGILLI

* * *

Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di....

1....., nato a.... il....;

2....., nata a.... il....;

indagato [1] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)....

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a).... c.p.

b)...., l..... /....

c)...., d.P.R.....

d)...., d.lgs.....

PREMESSO

che, in data...., è stato eseguito da (specificare l'articolazione di polizia giudiziaria che ha compiuto l'atto, di iniziativa o su delega del pubblico ministero) sequestro probatorio (ovvero sequestro preventivo) a carico di.... ed avente ad oggetto i seguenti beni mobili/immobili [2] ;

che occorre inderogabilmente procedere a (specificare le operazioni e le attività che devono essere eseguite sul bene) [3] ;

CHIEDE

che sia autorizzata la temporanea rimozione dei sigilli apposti sul suddetto bene mobile/immobile, al solo fine di procedere alle operazioni sopra specificate, sotto il controllo della polizia giudiziaria delegata dalla Signoria Vostra [4].

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2)....

Luogo e data....

Firma....

[1]Può proporre l'istanza chiunque deteneva legittimamente il bene in sequestro o possa comunque documentare una ragione tutelata dall'ordinamento per accedere al medesimo bene. Occorre ricordare che nel momento in cui entrerà a pieno regime la disciplina introdotta con il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia) il deposito degli atti scritti dovrà avvenire esclusivamente con modalità telematiche nel rispetto della normativa che verrà dettata con decreti del Ministero della Giustizia. Il deposito del documento analogico rappresenterà l'eccezione. Attualmente, in attesa della piena entrata in vigore della Riforma, che richiede decreti attuativi del Ministero (il nuovo regime entrerà in vigore trascorsi 15 giorni dall'emanazione di detti decreti), il deposito cartaceo da parte degli avvocati è ancora consentito per atti diversi da quelli che devono essere depositati con il PDP (come si ricava dal persistere del vigore, nel regime transitorio, delle vecchie formulazioni degli artt. 110 e 116 comma 3-bis c.p.p.: v. art. 87 comma 4 d.lgs. n. 150/2022 e del posticipo dell'entrata in vigore del nuovo art. 111-bis c.p.p. trascorsi 15 giorni dall'emanazione dei decreti del Ministero della Giustizia, nonché dall'art. 87 comma 5 che posticipa l'entrata in vigore degli artt. 111 commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter c.p.p., 122-comma 2-bis). La presente memoria può essere dunque depositata anche in modo analogico. In via transitoria, ai sensi dell'art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022, il deposito è possibile anche mediante invio di posta elettronica certificata all'indirizzo indicato dal Direttore generale per i sistemi informatici automatizzati, che ne specifica anche le modalità tecniche.

[2]Specificare nel dettaglio la consistenza di quanto oggetto di sequestro (con coordinate catastali in caso di immobili).

[3]Ad esempio, rimuovere dall'interno di un immobile in sequestro beni deperibili oppure di proprietà di terzi ovvero provvedere a lavori di messa in sicurezza o di rimessa in pristino stato di un manufatto abusivo.

[4]Risulta del tutto errata (e foriera di provvedimenti di rigetto non sempre inevitabili) la prassi di richiedere in casi simili (in particolare per opere di eliminazione degli illeciti edilizi) il dissequestro del bene.

Commento

Conservazione dei beni in sequestro e apposizione dei sigilli

Il “vincolo imposto a fini di giustizia” sul bene, mobile o immobile oggetto di sequestro, è pubblicizzato all'esterno mediante l'apposizione del sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario che la assiste. In relazione alla natura delle cose, è consentito l'uso di ogni altro mezzo idoneo, anche di carattere elettronico o informatico (art. 260, comma 1, c.p.p.).

Ad esempio, se è stata posta sotto sequestro un'abitazione, il “sigillo” consiste di solito in un foglio di carta con le caratteristiche sopra accennate affisso stabilmente tra la porta di ingresso e la parete, di modo che ogni apertura non possa che lacerare la chartula. In caso di fondi rurali, l'atto è affisso in luogo visibile e, se le dimensioni lo consentono, il perimetro dell'area sequestrata è segnata con nastro di plastica, usualmente bianco e rosso.

Il “mezzo idoneo di carattere elettronico o informatico” utilizzato in caso di sequestri digitali al fine di evitarne con metodi di indiscutibile validità tecnico-scientifica l'alterazione, assicurandone viceversa un'idonea conservazione è il cosiddetto hashing o “codice di hash”, che si basa su una funzione crittografica che permette la creazione di una stringa (“impronta”) che identifica una sequenza qualsiasi di caratteri di qualsiasi lunghezza con un codice univoco della lunghezza fissa di 32 caratteri. Si tratta dunque di una sorta di apposizione di un sigillo informatico, mediante algoritmi di vario tipo, che danno garanzia di costanza (gli stessi dati, utilizzando lo stesso algoritmo, daranno sempre il medesimo output), di irreversibilità (dall'impronta non si può risalire alle informazioni originarie) e di immediata rilevazione delle modifiche delle informazioni originarie (secondo il cosiddetto effetto valanga, per cui minime variazioni nell'input, ad esempio la sostituzione di una sola lettera in un testo di centinaia di pagine, danno luogo a un codice hash completamente diverso).

Quando i beni in sequestro presentino difficoltà di conservazione può essere pretermessa l'apposizione dei sigilli. L'autorità giudiziaria, in particolare, fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono di difficile custodia e le unisce agli atti, disponendo che le res siano affidate alla cancelleria o alla segreteria ovvero altrove, previa nomina di un custode. Quando però si tratta di cose che possono alterarsi, l'autorità giudiziaria ne ordina, secondo i casi, l'alienazione (purché ne sia consentito il libero commercio) o la distruzione (ad esempio, carcassa di volatile abbattuto in violazione della normativa sulla caccia), sempre facendo precedere questi atti non più rimediabili da un'adeguata documentazione della consistenza del bene in sequestro. Si procede comunque alla distruzione, anche su richiesta dell'organo accertatore, delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'art. 360 c.p.p., risulti evidente la violazione dei predetti divieti. In questo caso, vengono prelevati uno o più campioni con le garanzie difensive ex art. 364 c.p.p., provvedendosi poi alla fisica eliminazione della merce residua. Nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, può procedere direttamente alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, dopo quindici giorni dalla comunicazione all'autorità giudiziaria salva diversa decisione di quest'ultima. È fatta salva la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari (art. 260, commi 3 e 3-bis, c.p.p.).

Violazione dei sigilli

La violazione del vincolo rappresentato esteriormente dal sigillo rappresenta il fatto tipico del delitto previsto e punito dall'art. 349 c.p., che tutela l'integrità dei sigilli, apposti “per disposizione della legge o per ordine dell'autorità, al fine di assicurare la conservazione o la identità di una cosa”. La fattispecie incriminatrice prevede dunque un oggetto materiale assai più esteso del “sigillo” apposto mentre si procede a sequestro probatorio o comunque nell'ambito di un procedimento penale. La condotta è aggravata quando l'autore del fatto è il custode.

In ogni momento, comunque, quando i sigilli appaiono rotti o alterati, si procede a una nuova verificazione delle cose sequestrate (art. 82 disp. att. c.p.p.).

Rimozione dei sigilli

Può essere talvolta necessario accedere nuovamente ad un luogo ovvero visionare un oggetto in sequestro, per fini investigativi o probatori (verificare le modalità di funzionamento di un macchinario industriale, ricercare la presenza di tracce biologiche o papillari all'interno di un appartamento, etc.) oppure per necessità ulteriori, anche di natura extraprocedimentale (consentire l'adeguamento tecnico di macchinari fuori norma ovvero demolizione per rimessione in pristino di un immobile abusivo; recuperare effetti personali o beni di terzi da un fondo urbano o rustico, etc.).

Proprio per non incorrere nella violazione dei sigilli, occorre procedere formalmente alla loro temporanea rimozione. Questa attività ovviamente non comporta il venire meno del vincolo apposto: l'efficacia del sequestro permane, senza soluzioni di continuità, ma risulta necessario procedere in maniera estremamente formale perché resti compiutamente documentata ogni attività astrattamente in grado di incidere sulla cosiddetta “catena di custodia”, per evitare perplessità in merito ad eventuali alterazioni o modificazioni degli elementi di prova.

In questo caso, l'autorità giudiziaria, anche per il tramite della polizia giudiziaria delegata, verifica prima l'identità e l'integrità dei sigilli e poi, compiuta l'attività necessaria, fa apporre nuovi sigilli sulle cose sequestrate, con nuove firme dei magistrati che procedono o della polizia giudiziaria e del custode o di altro ausiliario, con specificazione della data di tali ulteriori operazioni (art. 261 c.p.p.). È del tutto evidente come una dettagliata verbalizzazione, preferibilmente anche mediante fotografie o registrazioni video, elimini alla radice possibilità di future incertezze o contestazioni. Qualora l'accesso al bene sequestrato dipendesse da una necessità di una parte privata, è del pari assolutamente necessario che ogni operazione sia posta in essere sotto il controllo della polizia giudiziaria.

Le conseguenze di un'eventuale inosservanza delle formalità prescritte dall'art. 261 c.p.p. per lo svolgimento delle operazioni di rimozione e riapposizione dei sigilli sono state ampiamente discusse in giurisprudenza.

Secondo un risalente orientamento, le operazioni di rimozione e riapposizione di sigilli alle cose sequestrate, effettuate dal consulente tecnico del pubblico ministero senza la presenza del magistrato sarebbero affette da nullità relativa (da eccepirsi, incidendo su un atto delle indagini preliminari, prima del provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare. Cfr., da ultimo, Cass. IV, n. 14992/2011).

Questa ricostruzione sistematica è stata poi superata sulla base del duplice rilievo della mancanza di alcuna specifica comminatoria di nullità e della esclusione della possibilità di ricondurre la inosservanza nell'ambito delle “categorie paradigmatiche” disegnate dall'art. 178 c.p.p., trattandosi di una irregolarità non sussumibile sotto nessuna delle nullità generali, in quanto non attiene né alle condizioni di capacità del giudice e al numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario; né alla iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e alla sua partecipazione al procedimento; né all'intervento, all'assistenza e alla rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché alla citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante (Cass. I, n. 27579/2010, che ha escluso la necessità dell'intervento dell'autorità giudiziaria nel procedimento di verificazione dei sigilli, salvo che il pubblico ministero o il giudice debbano compiere uno specifico atto che comporti la rimozione dei medesimi, reputando quindi che legittimamente la polizia giudiziaria abbia verificato autonomamente l'integrità dei sigilli apposti in precedenza su reperti da sottoporre ad accertamenti tecnici; Cass. II, n. 37669/2014 che ha escluso che l'apertura del reperto senza la presenza dell'autorità giudiziaria fosse idonea a viziare gli esiti della perizia successivamente espletata).

Questa soluzione appare del tutto condivisibile. D'altronde, ogni irregolarità nella “catena della custodia” potrà sempre riverberarsi sulla efficacia probatoria del bene in sequestro, da valutarsi caso per caso nelle sedi competenti.

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