Istanza al Questore di ammonimento (l. n. 38/2009)InquadramentoLa l. n. 38/2009 che ha introdotto il reato di “atti persecutori”, comunemente noto come stalking, risulta ripartita su tre differenti tematiche: la sicurezza pubblica, il contrasto alla violenza sessuale e la repressione dei c.d. atti persecutori. Le prime due completano o modificano istituti già presenti nell'ordinamento interno, mentre le misure relative agli atti persecutori rappresentano un'assoluta novità. In specie, è stato introdotto il delitto di cui all'art. 612-bis c.p., reato di evento a forma libera idoneo a ricomprendere - in maniera volutamente ampia a causa della terminologia usata dal legislatore - una serie molto vasta di tipologie di comportamenti molesti e minacciosi, purché connotati dalla necessaria reiterazione delle condotte; si è detto che la ratio della novella è da individuare proprio nella volontà legislativa di riconoscere maggior centralità alla posizione delle vittime delle condotte in esame, approntando talune misure che si dimostrassero idonee a tutelare in maniera più efficace i beni e gli interessi messi in pericolo dal soggetto persecutore. La reiterazione delle condotte di molestia (che, se effettuate singolarmente, danno luogo all'integrazione di un diverso fatto-reato, quale ad esempio quello di minaccia) e la peculiarità della ripetizione di esse portano, quindi, ad affermare che la fattispecie debba ricondursi alla tipologia del reato abituale. L'art. 612-bis c.p. prevede, dunque, la reclusione per chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da: a) cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura; b) ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva; c) costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Detti eventi hanno carattere di alternatività. È disposta l'applicabilità di tale disposizione previa verifica della clausola di esclusione “...salvo che il fatto non costituisca più grave reato”. Molto probabilmente, la volontà del legislatore di apprestare una forma di tutela più agile e immediata in favore delle vittime di atti persecutori ha determinato l'inserimento nel nostro ordinamento dell'istituto dell'ammonimento questorile, fattispecie di derivazione anglosassone colà conosciuta con la denominazione di “restraining order”, che viene emanato proprio con lo scopo di indurre determinati soggetti a interrompere la serie di condotte persecutorie. In particolare, al Questore è affidato il potere-dovere di garantire un rapido ed efficace intervento fronte di condotte di stalking, con lo scopo precipuo di assicurare un'azione mirata dell'autorità di Pubblica Sicurezza che si svolga senza le lungaggini del processo penale e anche al di là dei presupposti per l'esercizio dell'azione penale, nella speranza che talvolta il ricorso al mero strumento in esame possa essere sufficiente a dissuadere lo stalker dal porre in essere ulteriori condotte persecutorie. Si segnala che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 24/2019, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, lett. a), del d.lgs n. 159/2011 relativo ai soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”, escludendo così la possibilità di disporre nei riguardi di costoro misure di prevenzione personali e patrimoniali. La Consulta chiarisce, peraltro, in modo esplicito che non risulta invece toccato dal suo intervento demolitorio il sistema delle misure di prevenzione di competenza amministrativa (quindi, il foglio di via obbligatorio e il presente ammonimento). L'istanza di ammonimento che si rivolge al Questore è la prima forma di tutela apprestata alle vittime del reato di atti persecutori; essa può essere utilizzata per tutte le forme di molestia - purché connotate da reiterazione e dall'intento di sottoporre la vittima a vessazioni tali da determinare l'insorgenza di uno stato di ansia o di un timore per la propria incolumità, ovvero da costringerla a modificare in modo significativo le proprie abitudini di vita - che possono essere messe in atto (morale, fisica, sessuale, sul lavoro ecc.), comprese quelle poste in essere online. FormulaAL SIG. QUESTORE DI ... [1] ... [2] Istanza di ammonimento [3] *** Il sottoscritto ..., nato a ..., residente in ..., recapiti ..., non avendo ancora sporto formale querela per i fatti di seguito narrati, CHIEDE alla S.V. di procedere all'ammonimento di ..., nato a ... il ... e residente in ... perché con le sue condotte reiterate nel tempo, più avanti esposte, ha ingenerato nell'istante un perdurante stato d'ansia, inducendolo a temere per la propria incolumità e a modificare in maniera significative le proprie abitudini di vita, come di seguito rappresentato. Gli atti persecutori che hanno spinto l'istante a procedere sono i seguenti: ..., ..., ..., .... Pertanto, si richiede alla S.V. di disporre l'ammonimento nei confronti del suddetto ... atteso che i suoi ripetuti comportamenti hanno determinato l'insorgere di una situazione grave e intollerabile per l'istante. Il prevenuto è ... dell'istante. Indica come testimoni a conoscenza dei fatti i signori ..., residenti in .... Allega i seguenti documenti, a riprova di quanto rappresentato: .... Con osservanza. Luogo e data ... Firma ... Il documento può essere utilizzato quando non si sia già provveduto a sporgere querela per gli stessi fatti e quando questi siano connotati da reiterazione e conseguenti indebite intrusioni nella vita della persona perseguitata tali da indurla a modificare nei casi più gravi le sue abitudini di vita. Bisogna indicare i dati della persona che propone l'emissione del provvedimento e di colui che si desidera ne divenga il destinatario. L'istanza può essere rivolta contro chiunque e, ove vittima del reato sia un minore, essa può essere proposta dai genitori ovvero da un curatore all'uopo preposto. Ove vi siano soggetti che possono riferire sui fatti debitamente descritti nella presente istanza in qualità di testimoni è bene fornire i loro nominativi ed eventualmente i dati personali. Lo stesso dicasi per i documenti atti a fornire conferma di quanto descritto nell'istanza di ammonimento, come in caso di presenza di certificazioni mediche attestanti aggressioni, ovvero stati di ansia o depressivi o ancora come in caso di tabulati telefonici comprovanti l'insistenza e l'inopportunità di chiamate indesiderate, essi vanno allegati alla presente istanza. Il richiedente, in concreto, dovrà compilare un modulo in cui farà presenti i comportamenti persecutori, indicando anche il tipo di relazione che intercorre col presunto stalker, i fatti e le azioni da questi posti in essere e produrre, in copia, ad esempio i messaggi di testo e le e-mail ricevuti, le generalità di eventuali testimoni ai fatti narrati; ancora, è opportuno che l'interessato specifichi se risultino coinvolti soggetti minorenni e se la controparte detenga o possegga, a qualunque titolo, delle armi e descriva in quale modo gli atti persecutori abbiano influenzato o alterato le sue abitudini di vita, costringendo il richiedente, ad esempio, a cambiare casa o numero di telefono. 1. Indicare la città capoluogo di provincia ove ha sede il Questore. 2. Indicare l'indirizzo ove ha sede la Questura. 3. La richiesta al questore di emettere tale provvedimento può essere spedita a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o consegnata a mano al Questore ovvero al soggetto da questi delegato nella città sede della Provincia. CommentoProfili generali Una particolare fattispecie di misura di prevenzione personale, per così dire, “atipica” è quella disciplinata dall'articolo 8 del d.l. n. 11/2009, convertito con modificazioni in l. n. 38/2009, che ha introdotto il reato di “atti persecutori”, comunemente noto come stalking. L'oggetto del d.l. n. 11/2009, “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, risulta ripartito su tre differenti tematiche: la sicurezza pubblica, il contrasto alla violenza sessuale e la repressione dei cd. atti persecutori. Le prime due completano o modificano istituti già presenti nell'ordinamento interno, mentre le misure relative agli atti persecutori rappresentano un'assoluta novità, che merita di essere analizzata sotto molteplici aspetti. In specie, è stato introdotto il delitto di cui all'art. 612-bis c.p., reato di evento a forma libera idoneo a ricomprendere - in maniera volutamente ampia a causa della terminologia usata dal legislatore - una serie molto vasta di tipologie di comportamenti molesti e minacciosi, purché connotati dalla necessaria reiterazione delle condotte; si è detto che la ratio della novella è da individuare proprio nella volontà legislativa di riconoscere maggior centralità alla posizione delle vittime delle condotte in esame, approntando talune misure che si dimostrassero idonee a tutelare in maniera più efficace i beni e gli interessi messi in pericolo dal soggetto persecutore. La reiterazione delle condotte di molestia (che, se effettuate singolarmente, danno luogo all'integrazione di un diverso fatto-reato, quale ad esempio quello di minaccia) e la peculiarità della ripetizione di esse portano, quindi, ad affermare che la fattispecie debba ricondursi alla tipologia del reato abituale. L'art. 612-bis c.p. prevede, dunque, la reclusione per chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da: a) cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura; b) ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva; c) costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Detti eventi hanno carattere di alternatività. È disposta l'applicabilità di tale disposizione previa verifica della clausola di esclusione “...salvo che il fatto non costituisca più grave reato”. Molto probabilmente, la volontà del legislatore di apprestare una forma di tutela più agile e immediata in favore delle vittime di atti persecutori ha determinato l'inserimento nel nostro ordinamento dell'istituto dell'ammonimento questorile, fattispecie di derivazione anglosassone colà conosciuta con la denominazione di “restraining order”, che viene emanato proprio con lo scopo di indurre determinati soggetti a interrompere la serie di condotte persecutorie. In particolare, al Questore è affidato il potere-dovere di garantire un rapido ed efficace intervento fronte di condotte di stalking, con lo scopo precipuo di assicurare un'azione mirata dell'autorità di Pubblica Sicurezza che si svolga senza le lungaggini del processo penale e anche al di là dei presupposti per l'esercizio dell'azione penale, nella speranza che talvolta il ricorso al mero strumento in esame possa essere sufficiente a dissuadere lo stalker dal porre in essere ulteriori condotte persecutorie. Da segnalare che la recente l. n. 132/2018, di conversione del d.l. n. 113/2018 (c.d. “decreto sicurezza”), ha stabilito la possibilità di controllare, anche attraverso dispositivi elettronici, l'ottemperanza al provvedimento di allontanamento dalla casa familiare di cui all'art. 282-bis del codice di rito. Il testo, agendo sull'art. 282-bis, comma 6, c.p.p. amplia le ipotesi di reato che consentono al giudice di adottare il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280 ed estende, parallelamente, le possibilità di eseguire il medesimo provvedimento con mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di cui all'art. 275-bis c.p.p. Più in dettaglio, la disposizione in esame introduce la facoltà di utilizzare il c.d. braccialetto elettronico come strumento di controllo del rispetto dell'esecuzione del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare nelle delicate ipotesi in cui si proceda per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e stalking, ossia in situazioni caratterizzate da accentuati profili di rischio per l'incolumità personale della persona offesa e destanti particolare allarme sociale. La peculiarità è che in queste ipotesi il congegno verrà usato non già, come nel caso del controllo dei movimenti di soggetti ristretti agli arresti domiciliari, per verificare che la persona sottoposta a misura non si allontani da un dato luogo, ove ha avuto esecuzione il provvedimento restrittivo, bensì per accertare che questi non si avvicini a un determinato luogo dal quale è stato allontanato per scongiurare il rischio di reiterazione del reato, ovvero di commissione di fatti più gravi. Per contrastare il fenomeno della violenza giovanile, anche con riferimento al fenomeno delle “baby-gang”, il Consiglio dei Ministri in data 7 settembre 2023 ha adottato un decreto legge (Decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 - cd. Decreto Caivano) con il quale si modifica la disciplina della misura di prevenzione personale dell’”avviso orale”. Attualmente, la misura è prevista per i soggetti maggiorenni che, per la condotta ed il tenore di vita, si ritiene vivano, anche in parte, con i proventi di attività delittuose e siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. Con le nuove norme, l’avviso orale è reso applicabile anche ai minorenni a partire dai 14 anni; si prevede che il Questore possa proporre all’Autorità giudiziaria di vietare, a determinati soggetti di età superiore ai 14 anni, di possedere o utilizzare telefoni cellulari e altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce quando il loro uso è servito per la realizzazione o la divulgazione delle condotte che hanno determinato l’avviso orale. Con il citato d.l. si estende al minorenne, per la violazione delle prescrizioni dell’avviso orale, la sanzione penale prevista per i maggiorenni (reclusione da uno a tre anni e con multa da euro 1.549 a euro 5.164) e si introduce una figura di ammonimento analogo a quello previsto in materia cyber-bullismo, al fine di intercettare alcune condotte illecite realizzate fisicamente da minorenni nei confronti di altri minori, con particolare riguardo alle fattispecie di percosse, lesioni, violenza privata e danneggiamento. Nell’ottica della prevenzione della recrudescenza della devianza giovanile, come anticipato, il Governo ha introdotto una nuova tipologia di ammonimento del Questore per i minori di età compresa tra i 12 e i 14 anni che commettono delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni: poiché tali soggetti non sono imputabili, saranno convocati dal Questore insieme ad almeno un genitore (o altra persona che esercita la responsabilità genitoriale), al quale sarà comminata una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 1.000 euro, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto delittuoso. La natura giuridica dell'ammonimento L'ammonimento questorile si presenta, quindi, come una nuova misura sulla cui natura giuridica si sono confrontate dottrina e giurisprudenza, al fine di comprendere se il provvedimento in esame si presenti o meno come idoneo a ledere interessi meritevoli di tutela, nonché se possa essere qualificato come misura di prevenzione “atipica” alla stregua delle altre fattispecie prevenzionali disciplinate, in settori particolari dell'ordinamento, da leggi speciali. In ordine al primo aspetto, in talune pronunce della giurisprudenza amministrativa si è sostenuto che detta misura non possiede un contenuto dispositivo suscettibile di ledere alcuna situazione giuridica soggettiva, limitandosi a invitare l'ammonito a compiere un'attività dovuta, come il rispetto della legge; secondo questo indirizzo la sua natura non provvedimentale emergerebbe dall'assenza dell'intimazione di una condotta specifica, idonea a limitare la libertà personale del destinatario. In questa prospettiva l'ammonito non sarebbe, pertanto, dotato di un interesse concreto e attuale per contestare la legittimità del provvedimento in sede giurisdizionale, in quanto non subirebbe alcuna lesione né potenziale né attuale; da ciò si fa discendere la conseguenza che l'assenza dell'indicazione di una condotta specifica (nella quale dovrebbe articolarsi il “rispetto della legge” e in teoria suscettibile di limitare la libertà personale del destinatario) priva, in concreto, l'ammonito dell'interesse attuale a contestare la legittimità del provvedimento impugnato, “dal quale egli non riceve alcuna lesione, potenziale o attuale”. Tuttavia tale orientamento, fortemente limitativo, non tiene conto delle rilevanti conseguenze che, sia pure indirettamente, possono derivare nei confronti del soggetto ammonito per il fatto di essere stato soggetto al citato provvedimento questorile: come si è visto, infatti, la legge fa discendere la procedibilità di ufficio (e non già a querela, come di regola) per il delitto di cui all'art. 612-bis c.p., allorché il reato sia stato commesso da persona in precedenza ammonita, e ancor più importante appare il fatto che il legislatore abbia inteso introdurre una vera e propria circostanza aggravante in caso di condanna di uno stalker già sottoposto ad ammonimento. Deve, pertanto, ritenersi che la persona ammonita sia portatrice di un interesse diretto, concreto e attuale alla impugnativa del provvedimento di ammonimento orale, poiché da esso derivano le conseguenze sostanziali e procedurali innanzi esaminate. Tale tesi è stata accolta dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo cui l'ammonimento orale è un provvedimento amministrativo autonomamente impugnabile innanzi agli organi di giustizia amministrativa, in quanto lesivo di interessi legittimi, perché impone al suo destinatario un vincolo comportamentale, attuale ed immediato, la cui violazione è sanzionata penalmente. In relazione alla natura giuridica dell'istituto, si ritiene in dottrina che l'ammonimento possa dirsi rientrante nella più ampia categoria delle misure di prevenzione; esso ha natura amministrativa ed è stato affidato, per la sua concreta applicazione, alla scelta del privato, nel caso si determini a chiedere l'aiuto dell'autorità di Pubblica Sicurezza, ma non voglia ancora ottenere la punizione del colpevole tramite una denuncia alla magistratura. Quale misura di prevenzione, pertanto, l'ammonimento orale rientra a pieno titolo nella definizione a esse generalmente data, ovvero di provvedimenti applicabili a soggetti considerati a vario titolo socialmente pericolosi e finalizzati a controllarne la pericolosità in modo da prevenire la commissione dei reati, applicabili ante o praeter delictum e quindi prima e a prescindere dalla perpetrazione di un reato. Il Questore è chiamato, quindi, in primo luogo a dare una valutazione in ordine alla pericolosità sociale dell'ammonendo che, all'evidenza, appare comunque polarizzata in direzione della vittima; lo stalker, infatti, non viene quasi mai percepito come individuo pericoloso dalla pluralità indifferenziata dei consociati, ma sempre ed esclusivamente in relazione alla persona con la quale ha avuto legami di tipo affettivo e verso la quale continua a nutrire sentimenti morbosi, riconducibili sovente a deviazioni patologiche di tipo psichico. Il legislatore ha così delineato una nuova misura di prevenzione che assume una finalità dissuasiva nei confronti degli autori degli atti persecutori, inducendoli alla riflessione e al ravvedimento prima che l'aggravamento sfoci nell'attivazione del procedimento penale per il delitto di cui all'art. 612-bis c.p.; la norma si caratterizza per la finalità di scoraggiare, nel contesto delle relazioni affettive e sentimentali, contegni violenti o comunque disdicevoli che - se non integrano ancora un reato contro la persona o il patrimonio - potrebbero degenerare e preludere a illeciti penali produttivi di lesioni ben più gravi di valori giuridicamente tutelati. Secondo la giurisprudenza amministrati va, inoltre, tale strumento ha anche una finalità preventiva rispetto alla recrudescenza di fenomeni patologici talvolta caratterizzanti le relazioni affettive; esso è destinato a operare sia sul piano dell'evoluzione delle vicende relazionali laddove il soggetto ammonito si attenga all'ammonimento, e sia sul piano strettamente processuale laddove la vittima si astenga dal presentare la querela. L'intervento questorile non è, peraltro, agganciato agli stessi presupposti di quello del giudice penale – prosegue il Consiglio di Stato – distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento: dal primo punto di vista, infatti, esso è legittimato anche da condotte che, pur non possedendo i requisiti fattuali di cui all'art. 612-bis c.p., si rivelino potenzialmente idonei ad assumere connotati delittuosi; dal secondo punto di vista, è rimesso alla discrezionalità amministrativa l'apprezzamento della fondatezza della richiesta in relazione all'attendibilità del dichiarante e all'individuazione di eventuali elementi di riscontro (Cons. St. VI, n. 2414/2020). Di recente la Suprema Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 2, della legge citata per contrasto con gli artt. 3,13,117, comma 1 Cost. e art. 5 della Convenzione EDU, in quanto la previsione del potere di ammonimento o invito orale al soggetto segnalato per atti persecutori a tenere una condotta conforme a legge non è norma incriminatrice, ma disciplina il procedimento di competenza del Questore, effettivo destinatario della norma, e la condotta oggetto di intimazione ha un contenuto certo e ben definito nelle sue linee portanti perché riferito al disposto di cui all'art. 612-bis c.p. (così Cass. V, n. 17350/2020). Da ultimo, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'ammonimento è un "comando" a carico del prevenuto, che rimane in ogni caso libero di aderirvi o meno senza che ciò comporti di per sè alcuna sanzione penale, e trova il suo presupposto nella segnalazione di fatti riconducibili all'art. 612-bis c.p. che rimangono suscettibili di accertamento in sede penale se, come nella specie, nonostante l'ammonimento, sono seguiti da ulteriori condotte espressione del medesimo comportamento molesto. Non a caso del d.l. n. 11/2009, art. 8, i commi 3 e 4 ricollegano alle condotte illecite poste in essere nonostante l'ammonimento le conseguenze "rafforzate" della procedibilità di ufficio e dell'aggravamento ex lege della pena (Cass. V, n. 1035/2022). Il provvedimento: forma e contenuto Come si è visto, secondo l'art. 8, d.l. n. 11/2009 il Questore “ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale”: anche se la chiarezza della norma non lascia dubbi sulla forma orale dell'ammonimento, sovente nella prassi gli agenti di pubblica sicurezza redigono per iscritto l'ammonimento e lo notificano soltanto successivamente all'ammonito, al fine di garantire il rispetto delle esigenze di certezza e di garanzia del buon funzionamento della pubblica amministrazione per le quali i provvedimenti, in linea di principio, debbono avere una forma scritta ad substantiam. In ordine alle conseguenze della sostanziale sostituzione della forma scritta a quella orale stabilita dalla legge, si riscontrano orientamenti diversi: la giurisprudenza amministrativa di primo grado più diffusa ha, infatti, ritenuto che la redazione dell'ammonimento per iscritto e la successiva consegna all'ammonito - soddisfacendo comunque le esigenze di certezza e di garanzia cui tende il meccanismo procedimentale delineato dall'art. 8, d.l. n. 11/2009 - costituiscano una mera irregolarità che consente l'applicazione del principio di cui all'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. In senso contrario si registra l'orientamento che ha riformato il provvedimento di primo grado aderente al diverso indirizzo ermeneutico affermando che “è illegittimo il provvedimento di ammonimento orale ex art. 8, d.l. n. 11/2009, convertito con modificazioni in l. n. 38/2009, che sia stato inflitto in forma scritta e sia stato consegnato soltanto successivamente presso la divisione anticrimine della Questura”. Pertanto, appare preferibile la soluzione intermedia che, per un verso, impone l'oralità dell'ammonimento da parte dell'autorità di P.S. e dall'altro giustifica, per ragioni di certezza dell'azione amministrativa, la successiva consegna di una copia del provvedimento; evidente risulta, infatti, la valenza psicologica di tale procedura che si estrinseca, di fatto, sia nella presentazione innanzi a un soggetto esercente una pubblica funzione che nella formale consegna della copia del provvedimento, quale monito ad attenersi a una condotta conforme alla legge. Il procedimento applicativo a ) La fase preliminare La procedura destinata a sfociare nell'ammonimento è rimessa, come anticipato, all'iniziativa della persona che assume di essere stata vittima di atti persecutori; il soggetto che vuole chiedere l'adozione di un provvedimento formale di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta deve, quindi, “esporre i fatti” di cui è destinatario. Gli episodi di minaccia e di molestia - che sono gli elementi costitutivi del reato di atti persecutori - cui si riferisce genericamente l'espressione “fatti”, devono: essere stati commessi, essere plurimi ed essere giunti a una fase e a un grado di delineazione seriale tale da far comprendere che non si tratta di isolati (anche se ripetuti) episodi di disturbo, ma della manifestazione di intenti persecutori, cui è seguita o sta per seguire una condotta penalmente rilevante. La fattispecie dell'art. 8, d.l. n. 11/2009 comprende non solo azioni rivolte direttamente e fisicamente contro la vittima della persecuzione, ma anche atti che si riflettono indirettamente sulla vittima provocandole un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita: in questo senso è interpretabile il collegamento tra l'art. 8 citato e il precedente art. 7, che ha introdotto il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.). La procedura amministrativa e quella penale riguardano, insomma, i medesimi comportamenti, ma è diverso l'onere probatorio, in quanto per l'ammonimento sono sufficienti indizi coerenti, essendovi una finalità sostanzialmente cautelare. Si è discusso in giurisprudenza se sussista per l'ammonendo il diritto di partecipare al procedimento che si conclude con il citato avvertimento, che secondo taluni discenderebbe dal generale principio di partecipazione procedimentale sancito dal capo III della l. n. 241, mentre a detta di altro orientamento interpretativo andrebbe ricondotto al più specifico portato dell'art. 8, comma 2, della l. n. 38/2009, a norma del quale il Questore non può adottare il provvedimento se prima non abbia “sentite le persone informate dei fatti”, qualificandosi in tal caso l'ammonendo come persona informata dei fatti. In questo senso si è espressa parte della giurisprudenza, sia di primo grado sia di secondo grado, ritenendo che l'ammonendo debba essere ascoltato in qualità di “persona informata sui fatti”, anche a prescindere dall'applicazione delle garanzie partecipative che discendono dalla legge generale n. 241/1990. Al di là della questione specifica, può dirsi che in generale il coinvolgimento dell'ammonendo nel procedimento ammonitorio non può essere soltanto formale, ma deve permettere al presunto stalker di apprestare tutte le sue difese, mediante una partecipazione proficua ed equamente bilanciata, quantitativamente e qualitativamente, con le accuse mosse dalla presunta vittima: in questa prospettiva, in giurisprudenza è stato sanzionato il ritardo nella comunicazione di avvio del procedimento e la scarsa attenzione rivolta dal Questore alle controdeduzioni dell'ammonendo. b ) La fase istruttoria La norma prevede che l'autorità amministrativa che ha proceduto a ricevere la richiesta da parte della vittima di atti persecutori dovrà trasmetterla al Questore “senza ritardo” e, verosimilmente, su autonoma iniziativa dell'autorità stessa, senza cioè che occorra una specifica richiesta o sollecitazione da parte dell'organo che poi dovrà gestire il procedimento. In ambito locale, l'ufficio questorile a ciò preposto assume autonomamente, se necessario, informazioni dagli organi investigativi, escute le persone informate sui fatti o, comunque, ritenute utili ai fini della prosecuzione degli accertamenti e consulta le banche dati delle forze di polizia. In pratica, può accadere che la fase istruttoria risulti circoscritta alla sola richiesta di chiarimenti al ricorrente e all'acquisizione di documentazione, allorché all'esito di tali attività sia possibile per il Questore disporre di materiale sufficiente alla formazione del proprio convincimento sul punto, senza la necessità di esperire ulteriore attività di approfondimento. Diversamente, il Questore delegherà all'ufficio preposto un'analitica ricostruzione dei fatti oggetto della doglianza e la ricerca di sufficienti elementi di prova idonei a corroborare la tesi della vittima. I doveri istruttori sono previsti dal comma 2 dell'art. 8 del d.l. n. 11/2009, che contiene tutti gli elementi utili al corretto esercizio dell'azione discrezionale: esso chiarisce, infatti, che tale organo provvede “assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi, e sentite le persone informate dei fatti”. Argomentando sulla base del dato testuale della disposizione ora citata, si ritiene che mentre i fatti narrati dalla presunta vittima, le controdeduzioni dell'ammonendo e le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti costituiscono elementi essenziali per la formazione di un corretto convincimento, invece le informazioni degli organi investigativi presentano carattere meramente eventuale nell'ambito del procedimento. Gli organi investigativi, infatti, intervengono per volontà di legge in una fase soltanto sussidiaria, cioè quando gli altri elementi valutativi non siano stati sufficienti a formare il convincimento del Questore, né in senso positivo né in senso negativo. Questione rilevante è quella concernente la necessità o meno per il Questore procedente di comunicare all'ammonendo l'avvio del procedimento di cui al richiamato art. 8: parte della giurisprudenza ha ritenuto che le ragioni di gravità e urgenza, che contraddistinguono un provvedimento di polizia di natura preventiva, impediscono l'applicazione dell'istituto della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241/1990. Poiché l'ammonimento ha natura intrinsecamente cautelare, per adottare il relativo decreto è dunque sufficiente che l'evidenza a disposizione dell'autorità di pubblica sicurezza sia tale da rendere plausibile la tesi della sussistenza e dell'insostenibilità della situazione descritta dalla vittima; per il resto soccorre il principio della sanatoria processuale di cui all'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990. c ) La motivazione del provvedimento In ordine al vaglio demandato all'autorità di P.S. circa la pericolosità sociale dell'ammonendo, si può ritenere che il decreto in esame non presupponga l'acquisizione della prova del fatto penalmente rilevante punito dall'art. 612-bis c.p., ma - nel quadro di un potere valutativo ampliamente discrezionale dell'amministrazione - richieda la sussistenza di un quadro indiziario che renda verosimile, secondo collaudate massime di esperienza, l'avvenuto compimento di atti persecutori. In definitiva il Questore deve soltanto apprezzare la fondatezza dell'istanza, formandosi il ragionevole convincimento sulla plausibilità e attendibilità delle vicende esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell'avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice; d'altro canto, la natura e l'estensione del giudizio appaiono intimamente connesse alla possibilità di qualificare l'ammonimento nel più vasto genus delle misure di prevenzione, connotate appunto da un accertamento prognostico e probabilistico sulla pericolosità sociale dell'interessato. In conclusione, l'istruttoria del Questore se per un verso deve essere rigorosa sull'audizione della presunta vittima, del presunto stalker e delle persone informate sui fatti, non deve invece spingersi fino alla verifica della sussistenza degli elementi integrativi del reato di cui all'art. 612-bis, c.p. essendo sufficienti anche gravi sospetti costituenti indice di effettiva pericolosità sociale. La motivazione, ad ogni modo, deve essere esaustiva e valutare tutti gli elementi indicati dalla stessa norma, senza trascurare che il provvedimento debba essere emesso sulla base di fatti attuali e non considerevolmente risalenti nel tempo. d ) I poteri del Questore Al termine della fase istruttoria il Questore, in relazione alla valutazione degli eventi e delle condotte esposte, può decidere di rivolgere allo stalker un atto di ammonimento: l'avvertimento ha, come detto, forma orale, ma di esso viene redatta copia nella quale dovranno essere indicate le generalità della persona che ha chiesto l'ammonimento, una sommaria ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra vittima e persecutore (indicando le manifestazioni delle condotte moleste e minacciose - una formale), nonché la diffida a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi, per il futuro, dal compiere atti persecutori nei confronti della vittima o di terzi a questa legati da vincoli di qualsiasi natura. L'ammonito viene poi avvisato che il provvedimento è valido sino a quando non è proposta querela per il delitto di cui all'art. 612-bis p.c. e che la pena prevista è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito, nei confronti del quale si procede d'ufficio. L'organo amministrativo potrà, invece, decidere di rigettare la richiesta e, in tale evenienza, nulla vieta che la vittima possa ripresentare una nuova istanza: non vi è dubbio, infatti, che possegga tale facoltà laddove l'ulteriore richiesta si fondi su elementi fattuali nuovi, ma deve ritenersi consentita - nulla ostandovi nella legge - anche la ripresentazione di una precedente richiesta già disattesa, afferente i medesimi elementi già esposti, ma corredata da differenti considerazioni di natura valutativa. Il rigetto dell'istanza può avvenire sia per l'insufficienza degli elementi raccolti nella fase istruttoria, sia perché nelle more dell'attività posta in essere siano intervenute ulteriori condotte che abbiano prodotto una denuncia penale per il delitto previsto e punito dall'art. 612-bis c.p. Un'altra possibile conclusione dell'iter procedimentale è l'archiviazione dell'istanza, in quanto la vittima degli atti persecutori ne abbia fatto esplicitamente richiesta; in tutti i casi in esame, comunque, sarà opportuno redigere processo verbale che dia conto del contenuto della decisione questorile all'esito della singola procedura. Avverso il provvedimento in esame è possibile esperire, secondo le regole ordinarie, sia il ricorso gerarchico che il ricorso in via giurisdizionale agli organi della giustizia amministrativa. (data aggiornamento 9 gennaio 2023) Da segnalare che l'emissione del provvedimento di ammonimento presenta la rilevante conseguenza della procedibilità di ufficio del delitto di stalking nel caso in cui l'agente sia destinatario del citato atto questorile: di recente la Suprema Corte si è pronunciata (Cass. n. 1035/2021) nel senso che “non è necessario che vi sia coincidenza tra i fatti oggetto di segnalazione e i fatti di rilevanza penale, in quanto i presupposti di intervento dell'autorità amministrativa si differenziano da quelli dell'autorità giudiziaria sia sul piano della ricognizione dei fatti che lo legittimano, sia in relazione alle modalità del loro accertamento”. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti oggetto di ammonimento possono assumere rilievo penale qualora, nonostante lo stesso, siano seguiti da condotte espressione del medesimo comportamento molesto). Ciò in quanto l'intervento questorile non è ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento. La l. n. 119/2013 Occorre, poi, segnalare che sulla Gazzetta Ufficiale n. 191/2013 è stato pubblicato il decreto legge rubricato “Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica”, che ha previsto che nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile al reato di cui all'art. 582, comma 2, c.p., consumato o tentato nell'ambito di violenza domestica (delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli), il Questore - anche in assenza di querela della persona offesa - può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. La norma chiarisce che ai fini della citata misura si intendono per violenza domestica “tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”. Il decreto è stato tempestivamente convertito in legge in data 15 ottobre 2013, con la legge di conversione n. 119 (in Gazzetta Ufficiale n. 242/2013), recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”. Il nuovo testo contiene un richiamo espresso, salva una generale clausola di compatibilità, alle disposizioni dell'art. 8, commi 1 e 2, della l. n. 38/2009. Il Questore può, inoltre, richiedere al Prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi, che viene disposta ai sensi dell'art. 218 del d.lgs. n. 285/1992 salvo il caso in cui - tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare - risulti che le esigenze lavorative dell'interessato non possono essere garantite con il rilascio del permesso di cui all'art. 218, comma 2, d.lgs. n. 285. In ogni atto del procedimento per l'adozione dell'ammonimento di cui a comma 1 devono essere omesse le generalità dell'eventuale segnalante. Appare rilevante ai presenti fini evidenziare come il decreto c.d. contro la violenza di genere abbia determinato un ampliamento del novero dei potenziali destinatari della misura dell'ammonimento questorile, che prima era previsto solo per coloro che si fossero macchiati di condotte qualificabili ai sensi dell'art. 612-bis c.p. (atti persecutori) e che adesso, invece, potrà scattare anche nei confronti di chi abbia posto in essere attività rilevanti ai fini del diverso delitto di lesioni personali, se commesso nell'ambito domestico-familiare innanzi delineato. Si osserva come sia stata attribuita rilevanza a un dato fenomenico fattuale - la relazione affettiva, appunto - a prescindere dal legame giuridico di coniugio o dal presupposto oggettivo della convivenza. L'espressione era già presente nel lessico codicistico penale, in particolare comparendo nell'art. 612-bis c.p. quale aggravante nel delitto di stalking, e il concetto è stato ripreso nel testo del decreto-legge, anche ai fini della misura di prevenzione dell'ammonimento. La scelta normativa di implementare lo strumento preventivo e di aggravare quello sanzionatorio ponendo come elemento focale la “relazione affettiva” risulta rispondente alle esigenze palesate dalla stessa realtà criminale, posto che effettivamente la stessa costituisce un terreno fertile potenzialmente criminogeno che favorisce la disinibizione verso azioni violente giustificate da percezioni reali distorte dalle componenti emotive che originano dal rapporto. Proseguendo nell'analisi delle modifiche di diritto sostanziale apportate dalla norma, giova evidenziare che l'art. 3 della legge del 2013 trae spunto dai principi sanciti dagli artt. 5, 12, 27 e 50 della Convenzione di Istanbul - alla cui attuazione l'intervento normativo urgente è, almeno in parte, proteso - e, riproponendo uno schema operativo già sperimentato in relazione al delitto di atti persecutori, contempla la possibilità di applicare la misura di prevenzione dell'ammonimento nei confronti di coloro che siano stati segnalati quali autori di condotte sussumibili nella fattispecie incriminatrice del reato di lesioni personali lievissime (art. 582, comma 2, c.p.) consumate o tentate e riconducibili a fenomeni di violenza domestica. La nozione di “violenza domestica”, sino a oggi non presente nell'ordinamento interno, è fornita dal comma 1 dell'art. 3 che, mutuando in sostanza la definizione adottata nella Convenzione di Istanbul, chiarisce che essa comprende tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. Tangibile la finalità preventiva della disposizione, destinata ad incoraggiare la segnalazione, anche da parte di soggetti diversi dalla vittima del reato, di accadimenti che - in sé non particolarmente gravi e procedibili solo a querela di parte - possono costituire, quando iscritti in una cornice di violenza domestica, sintomo di una situazione ben più grave, suscettibile di sfociare in manifestazioni più eclatanti e offensive o che, comunque, mettono in evidenza il rischio di loro reiterazione. Dal punto di vista procedurale si prevede che il Questore, dopo che la segnalazione è stata raccolta dalle Forze dell'Ordine e sono stati svolti gli opportuni accertamenti istruttori (acquisizione delle informazioni necessarie da parte degli Organi investigativi ed escussione delle persone informate dei fatti), applichi, anche in assenza di querela ma omettendo di indicare negli atti del procedimento le generalità dell'eventuale segnalante, l'ammonimento - orale, anche se documentato da processo verbale, e con invito al destinatario di tenere una condotta conforme alla legge - nonché, eventualmente, provvedimenti restrittivi in materia di possesso e detenzione di armi e munizioni e richieda al Prefetto la temporanea sospensione, nei confronti dell'ammonito, della patente di guida. Quest'ultima misura non può, tuttavia, essere irrogata qualora, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare, risulti che le esigenze lavorative dell'interessato non possono essere garantite con il rilascio del permesso di guida “ad ore” disciplinato dal codice della strada. La misura di prevenzione dell'ammonimento, per come congegnata nell'art. 3, è destinata a occupare lo spazio connesso alla commissione di un reato, quello di lesioni personali lievissime, che, nelle condizioni indicate dal legislatore d'urgenza, può costituire spia di una sottostante, più grave realtà cui non sempre corrisponde la presentazione della querela da parte della vittima, sovente coartata o intimidita. Giova sottolineare, infine, come il legislatore abbia rafforzato il coordinamento tra Questore e Prefetto ai fini dell'irrogazione, da parte di quest'ultima autorità, dell'ulteriore misura della sospensione della patente di guida, strumento che appare evidentemente finalizzato a garantire un più stringente controllo del soggetto interessato, limitando la sua capacità di movimento autonomo. L'ammonimento nei casi di c.d. cyberbullismo (l. n. 71/2017) Occorre, infine, soffermarsi sulle novità introdotte dalla l. n. 71/2017, in vigore dal 18 giugno 2017. In particolare, dopo aver definito la nozione di cyberbullismo (“qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, diffamazione, denigrazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi a oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo”), l'art. 7 del testo citato stabilisce che fino a quando non è proposta querela o presentata denuncia per uno dei reati di cui agli artt. 594 c.p. (ingiuria), 595 c.p. (diffamazione) e 612 (minaccia) del codice penale e all'art. 167 del codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003; illecito trattamento dei dati personali), commessi mediante la rete internet da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento di cui all'art. 8, l. n. 38/2009. Trattasi del procedimento questorile già delineato innanzi rispetto alle condotte di c.d. stalking. Inoltre, è chiarito che ai fini dell'ammonimento il Questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale. Il terzo comma dell'art. 7 statuisce, infine, che gli effetti dell'ammonimento cessano al compimento della maggiore età. (aggiornato al 9 gennaio 2023) Tuttavia non è stata introdotta una nuova figura di reato e gli atti di cyberbullismo continuano ad essere penalmente perseguiti soltanto se integrano fattispecie incriminatrici già esistenti, quali: violenza privata (art. 610 c.p.), lesioni (art. 582 c.p.), molestie (art. 660 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), sostituzione di persona (art. 494 c.p.), furto d'identità digitale (art. 640-ter c.p.), interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis) ecc. Peraltro, va detto che con gli artt. 2 e 3 del d.l. n. 150/2022, poi convertito in legge, la c.d. riforma Cartabia ha affermato la perseguibilità a querela di numerosissimi reati, tra cui spiccano quelli di lesioni personali (salvo che ricorrano le circostanze aggravanti di cui agli artt. 61, n. 11-octies, 583 e 585 c.p., fatta eccezione per quelle di cui al comma 1, n. 1 e dell'art. 577, comma 2, c.p., ovvero che la prognosi superi i 20 giorni), violenza privata (salvo che la persona offesa sia incapace) e minaccia (salvi i casi di minaccia grave ovvero connotata dal ricorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, tranne la recidiva, ovvero in caso di persona offesa incapace. Va anche detto che, ai sensi dell'art. 85 del medesimo d.l., come modificato dal d.l. 162/2022, convertito con l. n. 199/2022, per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle nuove disposizioni, commessi prima della data di entrata in vigore della riforma, il termine per sporgere querela decorre dalla predetta data e, per gli imputati sottoposti a misura cautelare, questa perde efficacia se entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A tal fine l'autorità procedente effettua “ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria”. Il Disegno di legge contro la violenza sulle donne (aggiornato al 12 giugno 2023) Il Consiglio dei ministri in data 7 giugno 2023 ha dato il via libera al disegno di legge con le norme per il contrasto alla violenza sulle donne e contro la violenza domestica; il testo, composto da 15 articoli, punta soprattutto alla prevenzione per evitare che i cosiddetti “reati spia” possano poi degenerare in fatti più gravi. Si tratta di imporre il cosiddetto cartellino giallo all'uomo violento, come lo ha definito la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella. E infatti l'inasprimento riguarda soprattutto chi è già stato destinatario dell'ammonimento e ricade nella stessa condotta, i cosiddetti recidivi. All'articolo 1 il ddl prevede un ''rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime''. In particolare le pene per i reati di percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce gravi, atti persecutori, revenge porn, violazione di domicilio e danneggiamento sono aumentate ''se il fatto è commesso, nell'ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ... anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento''.; l'articolo 5, che contiene le disposizioni in materia di attribuzioni del procuratore della Repubblica, prevede che ''in caso di delega, l'individuazione avviene specificamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica'' proprio per ''favorire la specializzazione nella trattazione dei processi in materia di violenza di genere e violenza domestica''. In caso di omicidio o tentato omicidio e di altri reati ''commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell'unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti'', secondo quanto previsto dall'articolo 6, il pm valuta, ''senza ritardo e comunque entro 30 giorni dall'iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari''. Anche i giudici avranno termini stringenti per la decisione sulle misure cautelari. L'articolo 9 disciplina l'arresto in flagranza differita prevedendo che anche i video e le foto possano essere utilizzati per far scattare l'arresto in flagranza differita nei casi di maltrattamenti in famiglia, reato disciplinato dall'articolo 572 del codice penale, o dello stalking (612 bis). Per quanto attiene specificamente all'ammonimento, evidenziato che si tratta di una misura di prevenzione oggi prevista per tutelare le vittime di atti di violenza domestica, cyberbullismo o atti persecutori (stalking), avente lo scopo di garantire una tutela rapida e anticipata rispetto alla definizione dei processi penali. Quando le forze di polizia ricevono una segnalazione, si attivano delle rapide procedure di verifica che possono portare al provvedimento di ammonimento. La persona “ammonita” deve astenersi dal commettere ulteriori atti di molestia o violenza e può subire il ritiro di eventuali armi, anche se possedute legalmente. In caso di reiterazione della condotta, la procedibilità per i reati previsti non è più a querela di parte ma d'ufficio. Con il ddl in analisi, si estendono i casi in cui si può applicare l'ammonimento, includendo adesso i cosiddetti “reati-spia”, che avvengono nel contesto delle relazioni familiari ed affettive (attuali e passate): si tratta in specie dei reati di percosse, lesione personale, violenza sessuale, violenza privata, minaccia grave, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio e danneggiamento. Si prevede l'aggravamento di pena quando i reati di violenza domestica o contro le donne sono commessi da un soggetto ammonito, anche se la vittima è diversa da quella che ha effettuato la segnalazione per cui è stato adottato l'ammonimento.Per la richiesta di revoca dei provvedimenti, i soggetti ammoniti dovranno aspettare almeno tre anni e dovranno avere ottenuto valutazioni positive in appositi percorsi di recupero. Inoltre, si amplia la definizione dei reati di “violenza domestica”, comprendendo quelli avvenuti in presenza di minorenni. Il testo prevede altresì che le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, previste dal Codice antimafia, potranno essere applicate anche agli indiziati di reati legati alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (tentato omicidio; lesioni personali gravi e gravissime; deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; violenza sessuale). Queste misure si applicano indipendentemente dalla commissione di un precedente reato. La sorveglianza speciale di pubblica sicurezza sarà applicata agli indiziati di questi gravi reati con modalità di controllo elettroniche che ne richiedono il consenso; nel caso in cui tale consenso sia negato, la durata della misura di prevenzione non potrà esser inferiore a due anni e il soggetto dovrà presentarsi periodicamente all'autorità di pubblica sicurezza. Inoltre, sarà obbligatorio per il Tribunale (attualmente si tratta di una facoltà) imporre agli indiziati di questi reati il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle vittime, e l'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e dalle vittime, prevedendo particolari modalità nel caso in cui la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro o altre esigenze. Si prevede, infine, che in attesa dell'emissione della sorveglianza speciale, il Tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, possa disporre d'urgenza, in via temporanea, il divieto d'avvicinamento. Le violazioni saranno punite con la reclusione da 1 a 5 anni e sarà consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza. |