Richiesta di trattazione del procedimento in pubblica udienza (art. 7 d.lgs. n. 159/2011)InquadramentoL'articolo 7, comma 1, del d.lgs. n. 159/2011 stabilisce espressamente che il Presidente dispone la celebrazione del giudizio di prevenzione nelle forme dell'udienza pubblica, qualora una delle parti lo richieda: si tratta di una novità normativa, introdotta per uniformarsi alla sentenza n. 93/2010 con la quale la Corte Costituzionale, all'udienza del 12 gennaio 2010, dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 della l. n. 1423/1956 e dell'art. 2-ter l. n. 575/1965 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e dell'art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nella parte in cui non consentivano che, su istanza degli interessati, il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale si svolgesse in tribunale e in corte d'appello nelle forme della udienza pubblica. Tale pronuncia ha dichiarato l'illegittimità costituzionale solo in relazione ai procedimenti di merito, escludendola incidentalmente per il giudizio di legittimità e affermando che, quando la garanzia dell'udienza pubblica è stata rispettata nel giudizio di merito, non è necessaria davanti alla Corte di Cassazione che si occupa di risolvere solo questioni di diritto. Infatti, Consulta ha, con la sentenza n. 80/2011, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale delle medesime norme nella parte in cui non consentono che, su richiesta di parte, il ricorso per Cassazione in materia di prevenzione venga trattato in pubblica udienza, e ciò sulla scorta delle stesse caratteristiche che contraddistinguono il giudizio di legittimità. Il principio è stato ribadito più recentemente dalla Suprema Corte, che ha precisato che il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione deve svolgersi nella forma ordinaria dell'udienza camerale non partecipata, prevista dall'art. 611 c.p.p., anche in caso di istanza di procedere nelle forme dell'udienza pubblica o del rito camerale partecipato, in quanto il principio di pubblicità dell'udienza, qualora l'interessato ne abbia fatto richiesta, affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 93/2010 e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo con la sentenza del 13 novembre 2007, nella causa Bocellari e Rizza c. Italia, si riferisce esclusivamente alla fase di merito. Non può non tenersi conto, sul punto, dell'incidenza della normativa emergenziale da COVID 19 introdotta con l'art. 23 bis del d.l. 137 del 2020: rispetto a tale profilo la Suprema Corte (Cass. Pen., n. 11531/2022) ha spiegato che nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da COVID-19, la richiesta di trattazione orale del giudizio d'appello deve essere formulata dalle parti nel termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza, ai sensi del comma 4 dell'art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, essendo il più breve termine di cinque giorni previsto, in deroga, dal successivo comma 7 limitato ai soli appelli cautelari. (In motivazione la Corte ha precisato che alle impugnazioni in materia si applica il combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 4, e 27, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in riferimento agli artt. 601, comma 3, e 680 cod. proc. pen.). FormulaAL SIG. PRESIDENTE DELLA SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE DEL TRIBUNALE DI ... Richiesta di celebrazione in pubblica udienza Il sottoscritto avvocato ... , difensore di fiducia/di ufficio di ... nato a ... , proposto per l'applicazione di misure di prevenzione personali/patrimoniali in forza nell'ambito del proc. n. ... RGMP; rilevato che è stata fissata udienza per la trattazione della citata proposta e che l'avviso è stato comunicato all'istante in data ...; letto l'art. 7 d.lgs. n. 159/2011; CHIEDE alla S.V. che il procedimento d'ora in poi venga celebrato nelle forme della pubblica udienza Con osservanza. Luogo e data ... Firma ... CommentoL'articolo 7, comma 1, del Codice Antimafia stabilisce espressamente che il Presidente dispone la celebrazione del giudizio di prevenzione nelle forme dell'udienza pubblica, qualora una delle parti lo richieda: si tratta di una novità normativa, introdotta per uniformarsi a un fondamentale arresto della Corte Costituzionale sul punto. La Consulta, infatti, all'udienza del 12 gennaio 2010 dichiarò con la sentenza n. 93 l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 della l. n. 1423/1956 e dell'art. 2-ter l. n. 575/1965 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e dell'art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nella parte in cui non consentivano che, su istanza degli interessati, il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale si svolgesse in tribunale e in corte d'appello nelle forme della udienza pubblica. La sentenza si pronunciò solo in relazione ai procedimenti di merito, escludendo la pubblicità dell'udienza camerale incidentalmente per il giudizio di legittimità in base al principio che quando la garanzia dell'udienza pubblica è stata rispettata nel giudizio di merito, non è necessaria davanti alla Corte di Cassazione che si occupa di risolvere questioni di diritto. Non va dimenticato in proposito che la Cass. II, n. 43250/2009, ha sollevato a sua volta questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 117, comma 1, Cost. dell'art. 4l. n. 1423/1956 e dell'art. 2-ter l. n. 565/1965 nella parte in cui non consentono che, a richiesta di parte, anche davanti alla Corte di Cassazione, il procedimento in materia di prevenzione si svolga in udienza pubblica. Ciò mutando un orientamento interpretativo del tutto opposto, nell'ambito del quale erano state dichiarate infondate altre analoghe questioni. Nella citata sentenza la Corte ha sottolineato, richiamando le ricordate pronunce della Corte di Giustizia, che il procedimento di prevenzione - pur mantenendo le proprie peculiari connotazioni - è ormai pervenuto a una compiuta giurisdizionalizzazione e a una piena assimilazione al processo ordinario di cognizione, essendo caratterizzato, al pari di quest'ultimo, dai principi coessenziali al giusto processo, identificati dal novellato articolo 111 Cost., nella presenza di un giudice terzo e imparziale e nel contraddittorio delle parti in posizione di parità. La spinta verso tale equiparazione, del resto, corrisponde a una necessità logica e giuridica dettata dalla natura dei beni giuridici sui quali incidono le misure praeter delictum, il cui contenuto si traduce, nella sostanza, in rilevanti limitazioni di diritti costituzionalmente protetti, primo tra tutti quello della libertà personale proclamata inviolabile dall'articolo 13 Cost., comma 1, di talché la potestà di prevenzione non può prescindere dall'osservanza delle garanzie che sono proprie del processo. La Corte Costituzionale, inoltre, ha più volte riconosciuto che la regola della pubblicità dei procedimenti giudiziari - pur essendo stata posta dagli artt. 24,101 e 111 Cost., va ritenuta coessenziale ai principi ai quali, in un ordinamento democratico fondato sulla sovranità popolare - deve conformarsi l'amministrazione della giustizia che in quella sovranità trova fondamento (art. 101 Cost.); tale regola può subire eccezioni, in riferimento a determinati procedimenti, ma solo quando esse abbiano obiettiva e razionale giustificazione e soprattutto quando siano operate in funzione di valori dalla stessa Costituzione garantiti. Come anticipato, la sentenza n. 93/2010 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale solo in relazione ai procedimenti di merito, escludendola incidentalmente per il giudizio di legittimità e affermando che, quando la garanzia dell'udienza pubblica è stata rispettata nel giudizio di merito, non è necessaria davanti alla Corte di Cassazione che si occupa di risolvere solo questioni di diritto. la Consulta ha, con la sentenza n. 80/2011, dichiarato quindi non fondata la questione di legittimità costituzionale delle medesime norme nella parte in cui non consentono che, su richiesta di parte, il ricorso per Cassazione in materia di prevenzione venga trattato in pubblica udienza, e ciò sulla scorta delle stesse caratteristiche che contraddistinguono il giudizio di legittimità. Il principio è stato ribadito più recentemente (Cass. VI, n. 50437/2017) dalla Suprema Corte, che ha precisato che il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione deve svolgersi nella forma ordinaria dell'udienza camerale non partecipata, prevista dall'art. 611 c.p.p., anche in caso di istanza di procedere nelle forme dell'udienza pubblica o del rito camerale partecipato, in quanto il principio di pubblicità dell'udienza, qualora l'interessato ne abbia fatto richiesta, affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 93/2010 e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo con la sentenza del 13 novembre 2007, nella causa Bocellari e Rizza c. Italia, si riferisce esclusivamente alla fase di merito. La regola affermata dalla Consulta nella sentenza n. 93 opera, chiaramente, sia in relazione alle misure di prevenzioni patrimoniali che personali, essendo stata dichiarata l'illegittimità costituzionale anche dell'art. 4 della l. n. 1423/1956. Tanto premesso, occorre a questo punto soffermarsi sulle possibili ricadute di questa pronuncia nei giudizi di merito, dovendosi preliminarmente chiarire i confini e lo spessore dell'affermazione che il procedimento di merito, su istanza degli interessati, debba svolgersi in udienza pubblica. Si è autorevolmente osservato che risulta necessario comprendere, attese le peculiarità proprie del procedimento di prevenzione, chi siano i soggetti legittimati a chiedere l'udienza pubblica (solo il proposto ovvero anche i terzi intestatari e, tra questi, quali) e se sia sufficiente per ottenere la celebrazione in pubblica udienza la richiesta presentata in tal senso da uno solo dei soggetti intervenuti nel procedimento ovvero se risulti necessario, soprattutto per le misure di prevenzione patrimoniale, il consenso di tutti coloro che nel giudizio sono coinvolti a vario titolo, come il proposto, i terzi intestatari, i terzi eventualmente intervenuti volontariamente e ammessi e il P.M. In ordine alla necessità di una richiesta di parte, la Suprema Corte ha più volte ribadito che: «In tema di misure di prevenzione, il giudice, ai sensi dell'art. 7 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, deve disporre che il procedimento si svolga in udienza pubblica qualora il proposto ne faccia richiesta, non essendo tuttavia necessario che di tale facoltà sia dato un previo avviso (Cass. V, n. 1408 del 17/11/2016; Cass. n. 57151/2018). Invero, la pubblicità dell'udienza, su richiesta della parte, è stata sancita dal legislatore con il d.lgs. 159/2011 - con l'art. 7 per le misure di prevenzione personali e con l'art. 23 del medesimo decreto per le misure patrimoniali - prevedendo che il procedimento si svolga in pubblica udienza, ma solo quando l'interessato ne faccia richiesta. Con ciò ribadendo quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza del 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia, nella quale si è affermato che: « La Corte giudica essenziale che i giustiziabili coinvolti in un procedimento di applicazione delle misure di prevenzione si vedano almeno offrire la possibilità di sollecitare una pubblica udienza davanti alle sezioni specializzate dei tribunali e delle corti di appello. Nella fattispecie, i ricorrenti non hanno beneficiato di questa possibilità. Pertanto vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione». Altro nodo da sciogliere in concreto concerne il contenuto delle decisioni giudiziali nell'ipotesi in cui talune parti abbiano chiesto la celebrazione dell'udienza in forma pubblica e altre, al contrario, non siano a ciò favorevoli. In tal senso e ferma restando le necessità di un'elaborazione giurisprudenziale di merito in materia, un primo criterio interpretativo potrebbe essere ricavato dall'altro principio affermato nella decisione della Corte Costituzionale e cioè che permane il potere del giudice di disporre che si proceda in tutto o in parte in camera di consiglio negli stessi casi previsti dall'art. 472 c.p.p. Pertanto, sarà ancora possibile procedere in camera di consiglio per atti che comportino la diffusione di notizie che debbono restare segrete nell'interesse dello Stato, per quelli che possono causare pregiudizio alle parti in relazione a fatti non oggetto del procedimento, o per atti in relazione ai quali è necessario salvaguardare la sicurezza delle persone che li compiono. Infine, quanto alla disciplina delle conseguenze della violazione della regola dell'udienza pubblica va rilevato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la nullità conseguente all'omessa celebrazione della pubblica udienza, quando è prevista dalla legge, è tra quelle indicate dall'art. 181 c.p.p. e, quindi, deve ritenersi sanata se non tempestivamente eccepita. In ordine alla possibilità, pertanto, di eccepire in sede di legittimità tale violazione - all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale - si è autorevolmente sostenuto che tale via sarà praticabile esclusivamente solo se nel giudizio di merito fosse stata chiesta l'udienza pubblica o se si fosse eccepita l'illegittimità costituzionale di tale norma. Ciò in quanto - anche se è vero che detta pronuncia ha efficacia retroattiva per tutti i rapporti processuali non conclusi - la giurisprudenza di legittimità ha affermato che tra le situazioni giuridiche esaurite rientrano pure quelle non più suscettibili di essere rimosse o modificate, oltre che dalla formazione del giudicato, anche dall'operatività della decadenza e dalle preclusioni processuali. Più di recente la Suprema Corte ha, tuttavia, avuto modo di chiarire che in materia di procedimento di prevenzione per un verso non è viziato da nullità il decreto applicativo della misura di prevenzione per violazione del principio della pubblicità dell'udienza, allorché il proposto non abbia richiesto che la trattazione del giudizio si svolgesse in forma pubblica (cfr. Cass. VI, n. 35788/2012) e, per altro verso, che in materia di procedimento di prevenzione anche qualora l'udienza si svolga con la presenza del pubblico, anziché con rito camerale, non trovano applicazione i principi che attengono al pubblico dibattimento e le previsioni di nullità per lo svolgimento del medesimo, dettate dal legislatore (così Cass. I, n. 13377/2012). Quanto alle conseguenze della mancata celebrazione nelle forme dell'udienza pubblica nonostante la richiesta di parte, va detto che in alcune sentenze di legittimità si è sostenuto che ciò determinasse un vizio di nullità relativa (così Cass. V, n. 3590/2014), che doveva essere eccepita dalle parti presenti, a pena di decadenza, prima che venisse compiuto il primo atto del procedimento o, se non fosse stato possibile, immediatamente dopo il compimento dell'atto. Tuttavia, l'orientamento assolutamente maggioritario è nel senso che per il mancato svolgimento della procedura in pubblica udienza, anche se richiesto dall'interessato, l'art. 7 d.lgs. n. 159/ 2011 non prevede alcuna nullità; è significativo, anzi, che la trattazione del procedimento in pubblica udienza sia contemplata dal comma 1, secondo periodo, dell'art. 7 cit. e che, però, questo articolo al comma 7 commina espressamente la sanzione della nullità per la violazione di disposizioni contenute in altri commi, elencandole analiticamente, ma omette ogni riferimento al comma 1 (“Le disposizioni di cui ai commi 2, 4, primo, secondo e terzo periodo, e 5, sono previste a pena di nullità”; in questo senso, tra le tante, Cass. VI, n. 31272/2016; Cass. VI, n. 617/2013). Interessante è anche l'affermazione (Cass. V, n. 1408/2016) secondo cui il giudice, ai sensi dell'art. 7 citato, deve disporre che il procedimento si svolga in udienza pubblica qualora il proposto ne faccia richiesta, non essendo tuttavia necessario che di tale facoltà sia dato un previo avviso; in motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della conformità della normativa interna ai parametri dell'art. 6 CEDU, è sufficiente assicurare la previsione del diritto dell'interessato a richiedere che il procedimento applicativo si svolga in udienza. Inoltre, anche a voler richiamare la giurisprudenza elaborata dalla Corte EDU in tema di pubblicità dell'udienza, non deve sfuggire che secondo quest'ultima può essere possibile una "compensazione" della mancanza di pubblicità del giudizio di primo grado quando vi è lo svolgimento pubblico di un giudizio di impugnazione a cognizione non limitata, quale appunto quello di appello che, atteso il richiamo operato dall'art. 10 d.lgs. n. 159/2011 alle disposizioni del codice di rito, consente un pieno riesame del merito della regiudicanda (cfr., a contrario, per la mancata possibilità di "compensazione" nel giudizio di legittimità, determinata in ragione dello specifico ambito di cognizione della Corte di cassazione, in quanto limitata ai soli motivi di diritto, la citata sentenza n. 93). In conclusione, d'ora in poi potrebbe cambiare il luogo in cui si svolgerà la procedura ma non la procedura stessa, nonostante qualche tentativo di trasferire le regole tipiche del dibattimento all'udienza di prevenzione svolta nelle forme pubbliche. L'operatività nel sistema della prevenzione della cd. Riforma Cartabia in tema di riproduzione audiovisiva delle deposizioni testimoniali Il ricordato decreto legislativo n. 150/2022 ha inciso sulle modalità di documentazione degli atti del processo penale, modificando l'art. 134 del codice di rito che, appunto, disciplina le “modalità di documentazione": mentre in precedenza il primo comma stabiliva che di regola alla documentazione doveva procedersi unicamente mediante la redazione di un verbale in forma integrale riassuntiva (o con scrittura manuale, ovvero mediante stenotipia “o altro sistema meccanico”) invece attualmente si è stabilito che “nei casi previsti dalla legge” l'atto debba essere documentato non solo mediante il verbale ma anche “mediante l'uso dei mezzi di riproduzione fotografica e audiovisiva”; il comma 2 richiama poi l'art. 110 c.p.p. in materia di forma degli atti, di talché la redazione informatica del verbale sarà la regola e quella analogica l'eccezione. Il comma 3 come modificato prevede altresì che, quando il verbale sia redatto in forma riassuntiva o quando la registrazione in forma integrale del verbale risulti insufficiente, la documentazione dell'atto debba essere realizzata anche attraverso l'uso dei mezzi di riproduzione fonografica e audiovisiva; come si vede, si tratta di un importante cambiamento di prospettiva rispetto al previgente comma 4 (oggi abrogato) in base al quale la documentazione audiovisiva era prevista solo qualora le altre modalità fossero ritenute insufficienti e se “assolutamente indispensabile”, salvo che nel caso in cui riguardasse le dichiarazioni della persone offesa in condizioni di particolare vulnerabilità. la norma va letta insieme al novellato articolo 510, comma 2 bis, c.p.p. in base al quale “l'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell'art. 210, nonché gli atti di ricognizione e confronti, sono documentati anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico”. Ciò premesso, si è posto il problema dell'applicazione dell'art. 134 c.p.p. al giudizio di prevenzione, tenuto conto del fatto che l'art. 7 in commento al comma 9 prevede che per quanto non espressamente previsto dal CAM si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 666 c.p.p.; ciò soprattutto perché, nelle procedure di contenuto patrimoniale, è facile che si debba procedere all'audizione in contraddittorio di testimoni e specialmente di periti e consulenti di parte. Probabilmente risulta corretta la soluzione positiva, trattandosi di una norma generale in materia di documentazione degli atti processuali e andandosi sempre più nella direzione di una completa giurisdizionalizzazione delle misure di prevenzione; tuttavia, potrebbero verificarsi problemi di rodine pratico atteso che, in concreto, per procedere alla fonoregistrazione occorre un codice del procedimento, generato automaticamente dal programma SICP che però, al momento, non è esteso ai procedimenti di prevenzione. |