Richiesta di rinvio dell'udienza per concomitante impegno professionale del difensore (art. 7, d.lgs. n. 159/2011)InquadramentoIn tema di procedimento di prevenzione, l'art. 7, d.lgs. n. 159/2011, pur disponendo la partecipazione necessaria all'udienza del difensore del soggetto proposto, prevedeva - nel testo originario del comma 5 - il rinvio dell'udienza soltanto per il legittimo impedimento dell'interessato, con la conseguente esclusione della rilevanza, nei giudizi in questione, dell'istituto del legittimo impedimento del difensore. La giurisprudenza di legittimità escludeva, pertanto, la possibilità di rinviare l'udienza di prevenzione a causa del legittimo impedimento del difensore del soggetto proposto. La materia è stata innovata radicalmente, e in modo opposto rispetto alle conclusioni della prevalente giurisprudenza, dalla l. n. 161/2017. La norma, infatti, ha interpolato il comma 5 dell'art. 7 del Codice aggiungendovi l'inciso “l'udienza è rinviata anche se sussiste un legittimo impedimento del difensore”. Ancora una volta, quindi (con effetto immediato, stante l'assenza di una disposizione transitoria che preveda il contrario, e salva l'eccezione delle procedure “vecchio rito” anteriori all'ottobre 2011 ai sensi dell'art. 117 del Codice) si assiste a un ulteriore allineamento del procedimento di prevenzione al giudizio dibattimentale. È quindi da ritenersi, per ragioni di ordine logico e di coerenza di sistema, che da esso vada traslata anche la relativa disciplina di cui all'art. 420-ter c.p.p., comma 5, in punto di definizione del concetto di impedimento legittimo, di tempestività della comunicazione e di inoperatività del rinvio in caso di soggetto assistito da due difensori. Probabilmente, opereranno in tale materia anche le regole di interpretazione enucleate nel corso degli anni dalla giurisprudenza in merito al protocollo logico che il Giudice deve seguire al fine di ritenere “legittimo” l'impedimento dedotto dal difensore. Giova, infine, evidenziare che la l. n. 161 non ha invece disciplinato in modo analitico, come pure richiesto dalla dottrina, la possibilità di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del proposto non detenuto; una dissimmetria del genere si spiega, del resto, con la considerazione che solo la presenza del difensore (e non già quella del proposto) è prevista come necessaria per la celebrazione dell'udienza di prevenzione ai sensi dell'art. 7, comma 4, del Codice. FormulaIL SIG. PRESIDENTE DELLA SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE DEL TRIBUNALE DI ... Richiesta di differimento dell'udienza Il sottoscritto Avvocato ..., difensore di fiducia/di ufficio di ... nato a ..., proposto per l'applicazione di misure di prevenzione personali/patrimoniali in forza nell'ambito del proc. n. ... RGMP; rilevato che è stata fissata udienza per la trattazione della citata proposta e che l'avviso è stato comunicato all'istante in data ...; letto l'art. 7, d.lgs. n. 159/2011; CHIEDE alla S.V. di disporre il rinvio dell'udienza fissata per il giorno ... per concomitante impegno professionale di questo difensore. Rappresenta, a tal fine, di essere impegnato lo stesso giorno nella partecipazione alle seguenti attività (udienza di trattazione di un processo con imputato detenuto, o convalida di fermo o arresto); che l'impegno è stato comunicato solo in data ..., successiva al rinvio dell'udienza di prevenzione; di non poter nominare un sostituto processuale per le seguenti ragioni ...; allega la seguente documentazione: ... (comunicazione o avviso dell'altro processo). Con osservanza. Luogo e data ... Firma ... CommentoI principi generali Prima della novella del 2017, si era posto in giurisprudenza il problema circa l'operatività nel giudizio di prevenzione dell'istituto del legittimo impedimento del difensore: alcune pronunce escludevano l'applicabilità delle disposizioni sul punto previste, atteso che l'art. 420-ter c.p.p. riguarda unicamente l'udienza preliminare e il rinvio dell'art. 484, comma 2-bis, c.p.p., concerne il rito penale dibattimentale e non già l'udienza camerale (Cass. I, n. 2242/1997). Né poteva ritenersi, stante la peculiarità del rito in esame, che vi fosse compromissione del diritto di difesa, che ben poteva essere compiutamente esercitato mediante la presentazione di memorie in cancelleria. Nulla era (ed è) previsto, in sostanza, per quanto attiene all'impedimento del difensore nel procedimento in camera di consiglio regolato dall'art. 127 c.p.p. e si spiega la ragionevolezza del potere discrezionale del legislatore nel regolare in tal senso tale forma di procedimento, stante la facoltatività della presenza del difensore, cui a pena di nullità (comma 5) è previsto soltanto l'avviso della fissata udienza; d'altra parte il diritto di difesa non va inteso in modo assoluto, ma va calibrato in concreto a seconda delle scelte discrezionali operate dal legislatore anche in considerazione della necessita d'immediata definizione di determinate procedure. Giova anche notare che in riferimento all'abrogato art. 486, comma 5, c.p.p., che ha costituito l'antecedente logico della norma in esame (art. 420-ter , comma 5, c.p.p.), le Sezioni Unite con sentenza n. 7551/1998, Cerroni, avevano già ritenuto che la previsione della sospensione o del rinvio del dibattimento in caso di legittimo impedimento del difensore non si applicasse ai procedimenti in camera di consiglio, che si svolgono con le forme di cui all'art. 127 c.p.p. (la massima è da ultimo riaffermata in Cass. I, n. 5722/2012). Di contrario avviso è parte della dottrina, secondo la quale è difficile negare che l'art. 420-ter c.p.p. possa trovare applicazione in via analogica anche nel giudizio di prevenzione: si tratterebbe di una tesi, si osserva, non priva di riscontro nemmeno nella giurisprudenza della Cassazione che, con riferimento al rito camerale e alla disposizione - ora abrogata - di cui all'art. 486, comma 5, c.p.p., aveva stabilito il principio che nel procedimento cui sono applicabili gli artt. 666 e ss. c.p.p., stante l'analogia di questo con la fase dibattimentale del procedimento penale, trova(va) applicazione l'art. 486, comma 5, c.p.p., in forza del quale deve farsi luogo a rinvio quando il difensore dell'interessato abbia prontamente comunicato il proprio legittimo impedimento a comparire. Secondo tale orientamento, inoltre, alla verifica giudiziale della legittimità dell'impedimento addotto dal difensore si applicherebbero i parametri valutativi elaborati in relazione al dibattimento penale e bisognerebbe qualificare come legittimo impedimento anche l'adesione del difensore all'astensione proclamata dalle rappresentanze di categoria; in specie, si è affermato che ai sensi dell'art. 127, comma 3, c.p.p., che dispone che i difensori sono sentiti se compaiono, l'assenza del difensore, determinata dalla sua partecipazione all'astensione, costituisce legittimo impedimento valutabile dal Giudice nell'esercizio del suo potere discrezionale, ove il predetto difensore faccia presente il suo interesse a essere sentito, con una dichiarazione fatta pervenire in cancelleria a tempo debito. La questione era stata affrontata, in maniera ben argomentata, dalla Suprema Corte, Sezione Penale I, nella sentenza n. 25844/2013 in cui si osservava che - quanto alla rilevanza dell'impedimento a comparire del difensore in detti procedimenti - si erano confrontati opposti orientamenti giurisprudenziali sui quali era intervenuta anche la Corte cost. che con ordinanza n. 7/1998 dichiarò manifestamente inammissibile la questione proposta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, precisando che “il perdurante contrasto giurisprudenziale circa la riferibilità dell'art. 486, comma 5, c.p.p., anche al procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione non consente di ritenere che si sia formato un “diritto vivente” riguardo all'estensibilità del medesimo articolo a tale procedura” e che pertanto spetta al Giudice di seguire l'interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali”. Nello stesso senso anche Cass. I, n. 22717/2013. Invero, va chiarito che l'orientamento negativo secondo il quale, anche per i procedimenti camerali nei quali la partecipazione del difensore è necessaria, l'impedimento dello stesso non assume rilievo si è andato consolidando sino alla pronuncia delle S.U., n. 31461/2006, con la quale è stato espressamente affermato che il disposto di cui all'art. 420-ter c.p.p. (che ha sostituito l'abrogato art. 486, comma 5, c.p.p.) secondo cui il legittimo impedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell'udienza preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali, ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria, soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall'art. 97, comma 4, c.p.p. Il principio, quindi, è stato ribadito anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 479/1999 che - nell'ambito della profonda ristrutturazione del processo penale, con particolare riguardo al giudizio abbreviato ed all'udienza preliminare - aveva introdotto l'attuale art. 420-ter nel quale è previsto (come era previsto, per la sola udienza dibattimentale, dal corrispondente, abrogato art. 486) che l'udienza possa essere rinviata per legittimo impedimento del difensore. Le Sezioni Unite erano state chiamate a pronunciarsi sulla questione non perché si fosse creato un significativo contrasto interpretativo, bensì in quanto, come precisato nell'ordinanza di rimessione, appariva opportuna una “rimeditazione” alla luce, oltre che dell'avvenuta introduzione del citato art. 420-ter c.p.p. anche della riformulazione dell'art. 111 Cost., nella parte in cui stabilisce la regola del giusto processo da svolgersi nel contraddittorio delle parti ed avuto anche riguardo a quanto stabilito dall'art. 6 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo. Tuttavia, le S.U. hanno ritenuto di non discostarsi dalla precedente linea interpretativa essenzialmente facendo leva sulla considerazione (già presente in alcune delle precedenti pronunce) che l'art. 420-ter c.p.p., nel prevedere la possibilità di attribuire rilievo, ai fini di un eventuale rinvio dell'udienza preliminare, al legittimo impedimento del difensore lungi dall'esprimere la volontà del legislatore di estendere detta possibilità a tutte le udienze camerali partecipate, trova la sua giustificazione proprio ed esclusivamente con riguardo all'udienza preliminare, che da “mero tramite di verifica della consistenza dell'accusa” era diventata - con la riforma del 1999 - “sede di assunzione e formazione della prova per i poteri conferiti al Giudice, in particolare dall'art. 422 c.p.p.”; e ciò tenendo anche presente, in linea con il tradizionale e consolidato principio avallato dalla stessa Corte costituzionale sia prima che dopo la riformulazione dell'art. 111 Cost., che “l'effettività del diritto di difesa” (quale il legislatore ha inteso garantire anche nei procedimenti camerali partecipati diversi dall'udienza preliminare), “non deve necessariamente comportare che il suo esercizio debba essere disciplinato in modo identico nella multiforme tipologia dei riti” per cui si è affermato che quando è prevista come necessaria la presenza del difensore, tale condizione può essere soddisfatta anche dall'intervento di altro difensore immediatamente reperibile designato come sostituto ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p. Né - si è osservato ancora - la prescelta soluzione interpretativa contrasta con i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, avendo questa puntualizzato che l'art. 6, par. 3, della Convenzione, pur riconoscendo ad ogni imputato “il diritto di difendersi personalmente o di fruire dell'assistenza di un difensore di sua scelta”, tuttavia “non ne precisa le condizioni di esercizio, lasciando agli Stati contraenti la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto in modo che si concili con i requisiti di un equo processo (Corte EDU, 27 aprile 2006, Sannino)”. Invero, deve rilevarsi a questo punto che anche la disposizione che disciplina il procedimento di prevenzione, di cui al già citato art. 7, d.lgs. n. 159/2011, pur disponendo la partecipazione necessaria del difensore, prevedeva nel testo originario del comma 5 il rinvio dell'udienza soltanto per il legittimo impedimento dell'interessato, con la conseguente esclusione della rilevanza, nei giudizi in questione, dell'istituto del legittimo impedimento del difensore. La materia è stata innovata radicalmente, e in modo opposto rispetto alle conclusioni della prevalente giurisprudenza, dalla l. n. 161/2017. La norma, infatti, ha interpolato il comma 5 dell'art. 7 del Codice aggiungendovi l'inciso “l'udienza è rinviata anche se sussiste un legittimo impedimento del difensore”. Ancora una volta, quindi (con effetto immediato, stante l'assenza di una disposizione transitoria che preveda il contrario, e salva l'eccezione delle procedure “vecchio rito” anteriori all'ottobre 2011 ai sensi dell'art. 117 del Codice) si assiste a un ulteriore allineamento del procedimento di prevenzione al giudizio dibattimentale. È quindi da ritenersi, per ragioni di ordine logico e di coerenza di sistema, che da esso vada traslata anche la relativa disciplina di cui all'art. 420-ter c.p.p., comma 5, in punto di definizione del concetto di impedimento legittimo, di tempestività della comunicazione e di inoperatività del rinvio in caso di soggetto assistito da due difensori. Probabilmente, opereranno in tale materia anche le regole di interpretazione enucleate nel corso degli anni dalla giurisprudenza in merito al protocollo logico che il Giudice deve seguire al fine di ritenere “legittimo” l'impedimento dedotto dal difensore. Giova, infine, evidenziare che la l. n. 161 non ha invece disciplinato in modo analitico, come pure richiesto dalla dottrina, la possibilità di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del proposto non detenuto; tale dissimmetria si spiega, del resto, con la considerazione che solo la presenza del difensore (e non già quella del proposto) è prevista come necessaria per la celebrazione dell'udienza di prevenzione ai sensi dell'art. 7, comma 4, del Codice. Di recente la giurisprudenza di legittimità di è interrogata sulla possibilità che il rinvio dell'udienza di prevenzione su richiesta difensiva determini o meno la sospensione del termine di efficacia della confisca, stabilito dall'art. 24 del Codice Antimafia, affermando il principio secondo il quale l'accoglimento della richiesta di rinvio formulata dalla difesa del proposto per la necessità di esaminare atti prodotti dal Pubblico Ministero non comporta la sospensione dei termini, versandosi in un'ipotesi di rinvio disposto a seguito di concessione di termini a difesa, contemplata come causa di esclusione della sospensione die termini dall'art. 304, comma 1, lett. a) c.p.p., il cui contenuto è richiamato dall'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011; in motivazione, la Corte ha chiarito che la nozione di “termini per la difesa” di cui all'art. 304 c.p.p. citato non si riferisce solo a quelli tassativamente contemplati dalle specifiche disposizioni codicistiche che ne prevedono l'obbligatoria concessione qualora richiesti, ma anche a quelli discrezionalmente concessi dal Giudice, ove ravvisi l'effettiva necessità di assegnare del tempo alla parte per l'esercizio del diritto di difesa; così Cass. V, n. 30757/2020. (data aggiornamento 11 gennaio 2023) Già in precedenza (Cass. I, n. 40518/2017) si era affermato che il rinvio del procedimento richiesto dal proposto o dal suo difensore è idoneo a determinare la sospensione dei termini di efficacia del provvedimento di sequestro o di confisca, senza che, per escluderla, sia discriminante il motivo dell'istanza, giacché - a norma dell'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., le cui disposizioni si applicano, "in quanto compatibili", anche al procedimento di prevenzione in forza del richiamo alle "cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare" contenuto negli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 - la limitazione dell'effetto sospensivo al solo caso di impedimento della parte privata non è prevista in via esclusiva; né, in caso di procedimento nei confronti di più soggetti, ai fini della produzione dell'effetto sospensivo, è necessario che l'istanza sia formulata da tutti gli interessati, essendo sufficienti l'adesione anche implicita o la non opposizione delle parti che non l'hanno avanzata. (Fattispecie relativa a rinvio d'udienza richiesto dal difensore di uno dei proposti, in attesa del deposito delle motivazioni di una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione su una questione ritenuta rilevante per la decisione Il tema della valenza, In merito al computo dei termini di validità previsti dalla legge, dei rinvii di udienza su richiesta delle parti è stato affrontato anche da altra pronuncia della Suprema Corte (Cass. I, n. 17164/2021) ove si è affermato che la sospensione dei termini di efficacia del provvedimento ablativo in conseguenza dell'accoglimento della richiesta difensiva di rinvio del procedimento, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., richiamato dall'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, è subordinata alla verifica che l'istanza di differimento non sia fondata su inderogabili esigenze difensive che rendano necessario il rinvio della trattazione per il riequilibrio del contraddittorio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto illegittima la sospensione dei termini per il rinvio disposto a seguito di richiesta difensiva per l'esame della nuova produzione documentale del Pubblico Ministero e, viceversa, legittima quella conseguente al differimento disposto in accoglimento di un'istanza finalizzata alla verifica del contenuto di una memoria illustrativa). |