Eccezione di incompetenza per territorio del Giudice procedente (art. 7, d.lgs. n. 159/2011)InquadramentoAi fini dell'individuazione della competenza, nonché del luogo di esecuzione della misura, la legge fa riferimento ai concetti di residenza o dimora abituale del soggetto proposto: la giurisprudenza ha chiarito che nell'interpretazione concreta di tali nozioni non è vincolante la residenza anagrafica, la quale costituisce solamente un presupposto di quella effettiva ai sensi dell'art. 43 c.c., bensì il luogo in cui si trovano le consuetudini e le normali relazioni sociali della persona proposta. Ai fini della determinazione del concetto di dimora, rilevante in ordine all'individuazione del tribunale territorialmente competente all'applicazione delle misure di prevenzione, la giurisprudenza di legittimità, pressoché costantemente, ritiene che occorra avere riguardo ai presupposti e agli scopi della normativa in materia che - sia per quanto concerne la pericolosità “comune” che quella “qualificata” - appaiono correlati al luogo ove essa si manifesta e trova alimento; sicché per dimora deve intendersi, ai fini della prevenzione e cosi travalicando gli angusti limiti del concetto in senso civilistico, lo spazio fisico e geografico in cui il soggetto proposto ha tenuto comportamenti sintomatici di tale sua pericolosità, traendo vantaggi per la propria attività. Da tale principio si è tratta la conclusione in forza della quale, non avendo rilevanza lo spazio anagrafico di residenza, non assumono carattere vincolante o decisivo né le risultanze anagrafiche, né la considerazione del luogo ove la persona vive abitualmente, bensì solo lo spazio geografico-ambientale nel quale il soggetto manifesta comportamenti socialmente pericolosi idonei, come si premetteva, a costituire elementi sintomatici della sua pericolosità. In sostanza, prevale la regola secondo cui nel procedimento di prevenzione la competenza si radica nel luogo in cui si manifesta la pericolosità sociale e, nell'ipotesi in cui siano plurime le manifestazioni di pericolosità, nel luogo in cui risultano poste in essere le condotte di maggior rilevanza. Più in dettaglio: la competenza per territorio, in tema di misure di prevenzione, deve essere individuata con riferimento allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi; in tal senso deve intendersi la nozione di “dimora” del proposto, che va individuata nel luogo in cui ha tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosità. In particolare, nell'ipotesi di una pluralità di condotte pericolose poste in essere in luoghi diversi, la competenza ad applicare le misure di prevenzione spetta al Giudice del luogo in cui si sono verificate quelle di maggiore spessore e rilevanza. La novella del novembre 2017 ha regolamentato, opportunamente, l'eccezione di incompetenza dell'organo proponente e del Tribunale e avvicinando ulteriormente, in parte qua, il procedimento di prevenzione al giudizio penale dibattimentale: con riferimento al giudizio di primo grado, infatti, (art. 7, nuovi commi 10-bis, 10-ter e 10-quater) si prevede un'articolata e condivisibile regolamentazione che, in primo luogo, impone che le questioni concernenti la competenza per territorio (sia se relative a proposte personali, sia se relative a proposte patrimoniali congiunte o disgiunte attraverso il rinvio dell'art. 23, comma 1, del presente Codice) debbano devono essere eccepite, a pena di decadenza, alla prima udienza e comunque subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti. Il Tribunale le decide immediatamente. Tali questioni possono essere, altresì, rilevate d'ufficio e il Tribunale, se ritiene la propria incompetenza, la dichiara con decreto e ordina la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica territorialmente competente, anche qualora sia diverso l'organo proponente. FormulaAL SIG. PRESIDENTE DELLA SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE DEL TRIBUNALE DI ... Eccezione di incompetenza per territorio Il sottoscritto Avvocato ..., difensore di fiducia/di ufficio di ... nato a ..., proposto per l'applicazione di misure di prevenzione personali/patrimoniali in forza nell'ambito del proc. n. ... RGMP; rilevato che è stata fissata udienza per la trattazione della citata proposta e che l'avviso è stato comunicato all'istante in data ...; rilevato che le manifestazioni di pericolosità sociale su cui si fonda la presente proposta si sono verificate in ... luogo non rientrante nella sfera di competenza territoriale del Tribunale in intestazione e che, pertanto, sussista l'incompetenza per territorio del Giudice adito in quanto ..., ...; letto l'art. 7, d.lgs. n. 159/2011; CHIEDE alla S.V. di dichiarare la propria incompetenza per territorio per essere competente il Tribunale di ..., cui chiede di disporre la trasmissione degli atti. allega la seguente documentazione: ... Con osservanza. Luogo e data ... Firma ... CommentoI criteri per l'individuazione della competenza per territorio Ai fini dell'individuazione della competenza, nonché del luogo di esecuzione della misura di prevenzione, la legge da sempre fa riferimento ai concetti di residenza o dimora abituale del soggetto proposto: la giurisprudenza ha chiarito che nell'interpretazione concreta di tali nozioni non è vincolante la residenza anagrafica, la quale costituisce solamente un presupposto di quella effettiva ai sensi dell'art. 43 c.c., bensì il luogo in cui si trovano le consuetudini e le normali relazioni sociali della persona proposta (Cass. I, n. 47002/2007). Il concetto di dimora, rilevante in ordine all'individuazione del tribunale territorialmente competente all'applicazione delle misure di prevenzione, è stato delineato dalla giurisprudenza di legittimità, pressoché costantemente, avendo riguardo ai presupposti e agli scopi della normativa in materia che - sia per quanto concerne la pericolosità “comune” che quella “qualificata” - appaiono correlati al luogo ove essa si manifesta e trova alimento; sicché per dimora deve intendersi, ai fini della prevenzione e cosi travalicando gli angusti limiti del concetto in senso civilistico, lo spazio fisico e geografico in cui il soggetto proposto ha tenuto comportamenti sintomatici di tale sua pericolosità, traendo vantaggi per la propria attività (cfr., inizialmente, Cass. S.U., 4 marzo 1972, Mancino). Da tale principio la giurisprudenza di legittimità ha tratto la conclusione in forza della quale, non avendo rilevanza lo spazio anagrafico di residenza, non assumono carattere vincolante o decisivo né le risultanze anagrafiche, né la considerazione del luogo ove la persona vive abitualmente, bensì solo lo spazio geografico-ambientale nel quale il soggetto manifesta comportamenti socialmente pericolosi idonei, come si premetteva, a costituire elementi sintomatici della sua pericolosità. In sostanza, l'insegnamento sul punto della Suprema Corte ha inteso esprimere la regola secondo cui nel procedimento di prevenzione la competenza si radica nel luogo in cui si manifesta la pericolosità sociale e, nell'ipotesi in cui siano plurime le manifestazioni di pericolosità, nel luogo in cui risultano poste in essere le condotte di maggior rilevanza. Il criterio delineato dalle Sezioni Unite è stato ancora ribadito dalla Corte di Cassazione: la competenza per territorio, in tema di misure di prevenzione, deve essere individuata con riferimento allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi; si veda Cass. VI, n. 21710/2003 secondo cui il criterio di competenza territoriale si determina con riferimento alla dimora del proposto, che va individuata nel luogo in cui ha tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosità; in particolare, nell'ipotesi di una pluralità di condotte pericolose poste in essere in luoghi diversi, la competenza ad applicare le misure di prevenzione spetta al Giudice del luogo in cui si sono verificate quelle di maggiore spessore e rilevanza). Ciò anche qualora il luogo di manifestazione della pericolosità sociale sia diverso da quello di residenza anagrafica (così Cass. VI, n. 17850/2020). Tale orientamento della prevalente giurisprudenza di legittimità trova, del resto, ampia eco nella migliore dottrina, allorché viene precisato che il riferimento del legislatore al concetto di dimora va inteso rimarcando la realtà e l'effettività del rapporto del soggetto proposto con il territorio, anche prescindendo dalle risultanze anagrafiche e tenuto conto delle finalità della legge che, all'evidenza, rinviano all'esigenza di prevenzione di manifestazioni di pericolosità del proposto nel contesto territoriale al quale la pericolosità è legata e nel quale trova alimento e potenziamento. (aggiornamento dell'11 gennaio 2023) Il tema è stato declinato dalla giurisprudenza di legittimità in maniera parzialmente diversa a seconda che si sia in presenza di soggetti portatori di pericolosità “generica” o “qualificata”: nel secondo caso, si è affermato il principio (Cass., V, n. 1996/2020) in virtù del quale la competenza per territorio nei procedimenti relativi a soggetti la cui pericolosità si fondi su indizi di appartenenza ad un sodalizio criminale mafioso prescinde dalle risultanze anagrafiche del proposto e va individuata nel luogo ove si trova il centro organizzativo e decisionale del sodalizio medesimo, indipendentemente dall'esistenza di ramificazioni o derivazioni localizzate in altri territori e a prescindere dai luoghi di commissione dei reati fine. In riferimento, invece, ai pericolosi “semplici” si è sostenuto (Cass. I, n. 13397/2020) che, ai fini della determinazione del Giudice competente per territorio in relazione ad una proposta che, con riferimento a soggetto predicato di pericolosità semplice, deduca plurime condotte indicative di siffatta pericolosità commesse in luoghi diversi, trova applicazione il criterio della continuità d'azione, inteso ad individuare quale luogo di radicamento della competenza quello ove il soggetto ha posto in essere il numero più consistente e ripetuto di condotte devianti, non assumendo rilievo decisivo a tal fine la collocazione spaziale della condotta di maggiore gravità. Il nuovo regime della competenza introdotto dalla l . n. 161/2017 La riforma del Codice Antimafia ha modificato significativamente la competenza del Giudice, conferita in precedenza al Tribunale capoluogo di provincia. Intervenendo sull'art. 5, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 e introducendo un nuovo comma (2-sexies) all'art. 7-bis del r.d. n. 12/1941 (Ordinamento Giudiziario) si attribuisce, infatti, la competenza in ordine alle proposte personali di prevenzione a sezioni o collegi che trattano in via esclusiva i procedimenti di prevenzione personali e/o patrimoniali presso il Tribunale del capoluogo del distretto. Una deroga è prevista per i soli Tribunali (non distrettuali) di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere (CE) per i quali non vale la competenza delle sezioni distrettuali, in forza del rilevante numero di procedimenti di prevenzione presenti presso questi Uffici e della qualità del lavoro colà svolto, oltre che in ragione delle peculiarità dei relativi territori, piagati da una criminalità organizzata particolarmente infiltrante nel tessuto economico e pericolosa. In sostanza, per le persone dimoranti nel circondario di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere la proposta va presentata presso tali uffici giudiziari (e non presso i Tribunali distrettuali, rispettivamente di Palermo e di Napoli). Giova peraltro osservare che, subito dopo l'approvazione della novella, da più parti si era evidenziato il problema di coordinamento nascente dalla scelta della parola “circondario”, atteso che i Tribunali di Santa Maria Capua Vetere e Trapani, pur non avendo sede in città capoluogo di provincia, operano su base provinciale e, quindi, su un territorio più vasto del circondario corrispondente. Ad esempio, la riforma del 2017 avrebbe comportato lo spostamento verso la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli di tutte le proposte concernenti soggetti residenti nel circondario del Tribunale di Napoli Nord in Aversa, nonostante questa città rientri nella provincia di Caserta, il cui Tribunale è collocato in Santa Maria Capua Vetere. Il testo approvato nel 2017, insomma, si sarebbe tradotto nel sostanziale depauperamento dei citati Tribunali, che invece si era inteso preservare, secondo la voluntas legis espressa e dichiarata, dalla riforma su base distrettuale proprio in ragione della particolarità del territorio interessato e dei buoni risultati ottenuti in termini di contrasto, anche patrimoniale, alla criminalità organizzata. Fortunatamente, si è preso atto dei problemi che si sarebbero potuti verificare in concreto e con la l. fall. 2018, art. 1, comma 458, si è stabilito che all'art. 5, comma 4, del presente Codice le parole «nel corrispondente circondario» sono sostituite dalle seguenti: «nel territorio, rispettivamente, delle province di Trapani e di Caserta». È stata, quindi, ripristinata la previgente base provinciale e non circondariale per questi due uffici giudiziari che, nella materia della prevenzione, operano sull'intero territorio delle rispettive province (comprendendo, nel caso del Tribunale sammaritano, anche il circondario del Tribunale di Napoli Nord in Aversa, città sita anch'essa in provincia di Caserta). Si prevedono, opportunamente, norme di dettaglio dirette ad assicurare la copertura delle sezioni o collegi e particolari modalità di composizione (art. 33 della l. n. 161/2017, che ha introdotto il comma 2-sexies nell'art. 7-bis dell'Ordinamento Giudiziario). A tali collegi o sezioni, ai quali è garantita una copertura prioritaria delle eventuali carenze di organico, è assegnato un numero di magistrati rispetto all'organico complessivo dell'ufficio pari alla percentuale che sarà stabilita con delibera del Consiglio superiore della magistratura e comunque non inferiore a tre. Se per le dimensioni dell'ufficio i magistrati componenti delle sezioni o collegi specializzati in materia di misure di prevenzione dovranno svolgere anche altre funzioni, il carico di lavoro nelle altre materie dovrà essere proporzionalmente ridotto nella misura che sarà stabilita con delibera del Consiglio superiore della magistratura. Il presidente del Tribunale o della Corte di appello assicura che il collegio o la sezione sia prevalentemente composto da magistrati forniti di specifica esperienza nella materia della prevenzione o dei reati di criminalità organizzata, o che abbiano svolto funzioni civili, fallimentari e societarie, garantendo la necessaria integrazione delle competenze. Le citate disposizioni dovranno essere attuate dal CSM entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge e dai dirigenti degli uffici nei successivi sessanta giorni (art. 35, comma 1, l. n. 161/2017). Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, infine, dovranno essere emanati i decreti ministeriali e del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché istituiti o nominati gli organi previsti dal Codice Antimafia. La scelta di concentrare la competenza del Giudice in sede distrettuale, mossa dalla (pur in parte) condivisibile necessità di assicurare la specializzazione, adotta una soluzione destinata a incidere significativamente sull'attuale organizzazione giudiziaria. Infatti, si determinerà un'inevitabile riduzione dei poteri e delle competenze in capo ai Tribunali non distrettuali, sempre più destinati a diventare “periferia” della giurisdizione, non considerando peraltro che le misure di prevenzione - in quanto ancora fortemente legate alla loro genesi di misure amministrative e “di polizia” - impongono invece di tenere conto delle relazioni del soggetto proposto col territorio, luogo ove si estrinsecano le manifestazioni sintomatiche della sua pericolosità sociale. Ciò, inoltre, comporterà un ulteriore “scollamento” geografico tra autorità proponente e autorità decidente nelle ipotesi in cui, ad esempio, a formulare la proposta sarà il questore di una provincia non capoluogo del distretto ovvero un Procuratore non distrettuale, mentre a decidere sulla proposta non sarà più chiamato il tribunale corrispondente, a livello circondariale, bensì quello distrettuale. Si imporrà, in prospettiva, il rafforzamento degli organici dei Tribunali e delle Procure della Repubblica distrettuali, gravate le prime anche da numerosissime misure personali (avanzate in gran numero dai questori delle singole provincie del distretto) in una materia che non richiede una specifica specializzazione, le seconde dall'incremento delle udienze. Giova, infine, evidenziare che l'art. 36, l. n. 161/2017, recante le disposizioni transitorie, nulla prevede riguardo alla modifica dell'art. 5. Forse sarebbe stato opportuno stabilire in modo espresso che le nuove disposizioni si applicheranno solo alle proposte successive all'entrata in vigore della legge, anche se probabilmente non lo si è fatto in quanto si può agevolmente addivenire alla stessa conclusione in via interpretativa, sulla scorta dei principi operanti nella materia e, in particolare, delle regole del tempus regit actum e della perpetuatio jurisditictionis per cui si ancora la disciplina della competenza del Giudice al momento della presentazione della proposta (cfr., ad esempio, Cass. IV, n. 47917/2004). L'individuazione del Giudice competente La competenza ai fini dell'applicazione delle misure in analisi è attribuita, come anticipato, al Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora, in composizione collegiale alla stregua dell'art. 48, comma 2 dell'Ordinamento Giudiziario, sul punto accogliendosi quanto sollecitato e richiesto dalla Commissione Giustizia all'osservazione n. 28 e alla condizione n. 10 del parere espresso sul testo in esame. L'individuazione di una competenza su base provinciale comporta che il procuratore distrettuale, competente generalmente per più province, formuli le proposte ai diversi tribunali del distretto aventi sede nel capoluogo di provincia e che il procuratore del circondario, proponente nei casi a lui riservati, possa avanzare le richieste innanzi al diverso tribunale avente sede nel capoluogo di provincia che, come è noto, può anche comprendere più circondari. Secondo taluno qualora la proposta sia avanzata da organo competente innanzi a Tribunale territorialmente incompetente (ad esempio, proposta ai sensi della l. n. 575/1965 formulata dal Procuratore del capoluogo del distretto a Tribunale della provincia ove non dimora il proposto, ovvero con riferimento ad associazione di tipo mafioso operante in altra provincia del distretto) quest'ultimo dovrà restituire gli atti all'organo proponente, per le ulteriori valutazioni, in applicazione analogica dell'art. 23 c.p.p., come modificato in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 70/1996. Ciò in quanto non può prospettarsi in questi casi alcuna incompetenza territoriale dell'organo proponente (si pensi al Direttore della DIA o al P.N.A., la cui competenza si estende a tutto il territorio italiano) e non valgono le ragioni che conducono all'inammissibilità della proposta. Al contrario, autorevole dottrina ha sostenuto che nel caso di specie, non sussistendo per il giudizio di prevenzione le ragioni poste a base della decisione della Consulta (in specie, violazione del diritto di difesa per la preclusione di chiedere il rito abbreviato), l'art. 23 c.p.p. potrebbe essere applicato al procedimento in esame, in via di analogia e nei limiti legati alle differenze tra i due procedimenti, con conseguente trasmissione degli atti al Giudice competente, anche rilevando che in caso di trasmissione degli stessi al P.M. questi altro non potrebbe fare che mandarli a sua volta al Tribunale competente. Peraltro, essendo stata validamente esercitata l'azione di prevenzione da un organo competente su tutto il territorio nazionale, il procedimento non potrebbe regredire alla fase precedente. Circa il momento entro il quale l'eccezione di incompetenza per territorio poteva essere fatta valere, va chiarito che - vigente la formulazione precedente alla novella del 2017 – la dottrina prevalente individuava il limite massimo nel termine di cui all'art. 491 c.p.p., laddove la giurisprudenza prima richiamata affermava, al contrario, che - trattandosi di una competenza funzionale, oltre che territoriale, assimilabile a quella per materia - il relativo vizio era rilevabile in ogni stato e grado e anche di ufficio. Nel caso di conflitto di competenza tra due tribunali è pacifico che si applichino le disposizioni del codice di procedura che regolano tali conflitti e ne disciplinano la risoluzione, rientrando la fattispecie tra i casi analoghi (così Cass. I, 17 marzo 1982, Benigno; Cass. 16 febbraio 1982, Sibilia). Infine, con riferimento al momento in cui si determina la competenza per territorio (fattispecie rilevante, per esempio, nell'ipotesi di istituzione di nuove province o di soppressione di province già esistenti), la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nel procedimento di prevenzione l'individuazione del Giudice competente va effettuata sulla base della normativa vigente al momento in cui il procedimento è stato promosso con la formulazione della proposta e che la competenza, così stabilita, rimane ferma in virtù del principio della perpetuatio iurisdictions. La nuova disciplina dell'incompetenza per territorio introdotta dalla l. n. 161/2017 Come si è visto in precedenza, prima dell'approvazione della l. n. 161/2017 il Codice Antimafia era carente di una specifica normativa in tema di incompetenza per territorio dell'autorità proponente e di quella giudicante, tanto che dottrina e giurisprudenza avevano optato per soluzioni diverse e la seconda, pressoché univocamente, aveva affermato che il difetto di competenza per territorio poteva essere fatto valere in ogni stato e grado e rilevato, parimenti, dal Giudice di ufficio. L'incompetenza dell'organo proponente comporta(va) l'inammissibilità della proposta proveniente dal questore e la nullità di quella del procuratore della Repubblica (così Cass. V, n. 19067/2010); l'incompetenza territoriale del Giudice, correlata all'incompetenza funzionale dell'organo proponente (e, di conseguenza, essendo essa stessa di natura funzionale e inderogabile), veniva qualificata come rilevabile in ogni stato e grado del procedimento (cfr. Cass. V, n. 19067/2010; Cass. I, n. 12564/2015). La novella del novembre 2017 cambia completamente la prospettiva regolamentando, opportunamente, l'eccezione di incompetenza dell'organo proponente e del Tribunale e avvicinando ulteriormente, in parte qua, il procedimento di prevenzione al giudizio penale dibattimentale. Con riferimento al giudizio di primo grado, infatti, (art. 7, nuovi commi 10-bis, 10-ter e 10-quater) si prevede un'articolata e condivisibile regolamentazione che, in primo luogo, impone che le questioni concernenti la competenza per territorio (sia se relative a proposte personali, sia se relative a proposte patrimoniali congiunte o disgiunte attraverso il rinvio dell'art. 23, comma 1, del presente Codice) debbano devono essere eccepite, a pena di decadenza, alla prima udienza e comunque subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti. Il Tribunale le decide immediatamente. Tali questioni possono essere, altresì, rilevate d'ufficio e il Tribunale, se ritiene la propria incompetenza, la dichiara con decreto e ordina la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica territorialmente competente, anche qualora sia diverso l'organo proponente. Il comma 10-ter statuisce, poi, che la declaratoria di incompetenza non produce l'inefficacia degli elementi già acquisiti e che le disposizioni del comma 10-bis si applicano anche qualora la proposta sia stata avanzata da soggetti non legittimati ai sensi dell'art. 5. È interessante osservare che la novella ha posto sullo stesso piano le conseguenze della violazione delle regole di competenza per territorio sia dalla parte dell'autorità proponente che da quella dell'organo giudicante, superando gli orientamenti prima formatisi che riconducevano il vizio in taluni casi alla categoria dell'inammissibilità (della proposta) e in altri a quella della nullità. Alla stregua del comma 10-quater, quando il Tribunale accoglie l'eccezione d'incompetenza il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se, entro venti giorni dal deposito del provvedimento che pronuncia l'incompetenza, il Tribunale competente non dispone il sequestro. È stata, quindi, introdotta una disciplina che riecheggia molto da vicino quella di cui all'art. 27 c.p.p. in materia di misure cautelari disposte da un Giudice incompetente. La Suprema Corte (Cass. V, n. 7236/2019) ha sul punto precisato che, nel procedimento di prevenzione, la previsione di cui all'art. 7, comma 10-bis, d.lgs. n. 159/2011, come modificato dalla l. n. 161/2017, secondo cui «le questioni concernenti la competenza per territorio devono essere rilevate o eccepite, a pena di decadenza, alla prima udienza e comunque subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti e il tribunale le decide immediatamente», costituisce una disposizione innovativa e non una norma di interpretazione autentica della previgente disciplina. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale previsione non consente una esegesi retrospettiva circa la pregressa natura funzionale della competenza in materia di misure di prevenzione, secondo l'interpretazione divenuta "diritto vivente"). Peraltro, trattasi di un termine veramente breve, anche considerato che per procedere occorrerà che il tribunale competente venga investito della proposta dal P.M. cui l'A.G. dichiaratasi incompetente ha trasmesso gli atti. Il termine di efficacia previsto dall'art. 24, comma 2, decorre nuovamente dalla data del decreto di sequestro emesso dal Tribunale competente; invece, ai sensi dell'art. 27, comma 6-bis, in caso di annullamento del decreto di confisca da parte della Corte di Cassazione, con rinvio al Tribunale competente, il termine di efficacia previsto dall'art. 24, comma 2, decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria dello stesso Tribunale (si è giustamente osservato che sarebbe stato, per ragioni di ordine sistematico, più opportuno inserire tali norme nell'art. 24). Il quadro si completa con un'analitica previsione della rilevanza del vizio di incompetenza in grado di appello: il nuovo art. 10, comma 2-bis, statuisce infatti che la corte di appello annulla il decreto di primo grado qualora riconosca che il tribunale era incompetente territorialmente e l'eccezione di incompetenza sia stata riproposta nei motivi di impugnazione. Quindi, atteso che è stato fissato il dies ad quem della rilevabilità della citata eccezione nella prima udienza (o comunque nel momento dell'accertamento della regolare costituzione delle parti), il Giudice di secondo grado non potrà rilevarla d'ufficio, né ritenerla senza una sua precisa enunciazione nei motivi di appello. La corte ordina la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica competente, ma la declaratoria di incompetenza non produce l'inefficacia degli elementi già acquisiti: anche in questo caso, in forza del rinvio al comma 10-quater, prima parte dell'art. 7, se era stato disposto dal Giudice incompetente il sequestro di prevenzione, esso perde efficacia se non reiterato dal tribunale competente entro 20 giorni. Infine, il comma 2-ter dell'art. 10 prevede che il meccanismo così delineato operi anche in caso di incompetenza non del tribunale, bensì del soggetto proponente, sempre che la relativa eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione. Viene, poi, introdotta una specifica disciplina transitoria (art. 36, comma 2, l. n. 161/2017) secondo la quale le modifiche relative all'eccezione d'incompetenza “si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione”. Le nuove disposizioni, dunque, vigono per tutti i procedimenti in corso, sia se precedenti sia se successivi all'entrata in vigore del presente Codice: quindi, si è normativamente inteso risolvere la questione che di certo si sarebbe posta in merito alla valenza del nuovo regime anche in riferimento alle procedure che, ratione temporis, rientrano nell'area applicativa della l. n. 575/65 perché relative a proposte avanzate prima dell'ottobre 2011. L'immediata applicazione delle nuove disposizioni, peraltro, non lede i diritti delle parti che, qualora il procedimento alla data di entrata in vigore della legge si trovi in una in fase successiva alla prima udienza, potranno proporre tempestivamente l'eccezione alla prima udienza successiva all'entrata in vigore della l. n. 161 (19 novembre 2017). Sul punto giova osservare che il disegno di legge licenziato dalla Camera a novembre 2015 non contemplava un'espressa disciplina dell'eccezione d'incompetenza relativa alla sola proposta personale riproposta innanzi alla Corte di Appello; tale lacuna è stata colmata con il testo approvato da ultimo, ma probabilmente la questione avrebbe potuto essere risolta in via interpretativa attraverso l'applicazione dei principi contenuti nell'art. 27 del Codice con riferimento alla proposta patrimoniale che, com'è noto, può essere anche congiunta alla misura personale. |