Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367)

Alessandro Leopizzi
Riccardo Lottini

Inquadramento

Durante le indagini preliminari (e, per prassi, anche nel corso del giudizio), i difensori delle parti e degli altri soggetti del procedimento possono presentare al pubblico ministero atti difensivi diretti a richiedere o sollecitare specifiche attività o anche soltanto a offrire una ricostruzione in fatto e in diritto della vicenda procedimentale.

Formula

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI....

MEMORIA

* * *

Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di....

1....., nato a.... il....;

2....., nata a.... il....;

indagato [1] nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R.,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)....

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a).... c.p.

b)...., l..... /....

c)...., d.P.R.....

d)...., d.lgs.....

PREMESSO

che (esporre ogni utile considerazione preliminare rispetto al contenuto vero e proprio della memoria: antefatti storici dei fatti per cui si procede, breve riassunto dello stato del procedimento e delle sue plausibili linee di sviluppo, etc.);

RAPPRESENTA

alla Signoria Vostra, quanto segue.

(Esporre ogni riflessione in punto di fatto o di diritto che si voglia sottoporre all'attenzione del magistrato)

(Eventualmente, concludere sollecitando un provvedimento: richiesta di archiviazione, invito a comparire per rendere interrogatorio, determinazioni in tema di misure cautelari personali o reali, delega alla polizia giudiziaria per l'espletamento di specifici atti investigativi, accertamenti tecnici, impugnazione avverso sentenze o altri provvedimenti del giudice, etc.)

Si allegano i seguenti documenti.

1)....;

2).....

Luogo e data....

Firma....

[1]La memoria può essere presentata dal difensore di qualsiasi parte o soggetto procedimentale (indagato, persona offesa, terzo proprietario del bene sequestrato, etc.). Occorre ricordare che nel momento in cui entrerà a pieno regime la disciplina introdotta con il d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. Riforma Cartabia) il deposito degli atti scritti dovrà avvenire esclusivamente con modalità telematiche nel rispetto della normativa che verrà dettata con decreti del Ministero della Giustizia. Il deposito del documento analogico rappresenterà l'eccezione. Attualmente, in attesa della piena entrata in vigore della Riforma, che richiede decreti attuativi del Ministero (il nuovo regime entrerà in vigore trascorsi 15 giorni dall'emanazione di detti decreti), il deposito cartaceo da parte degli avvocati è ancora consentito per atti diversi da quelli che devono essere depositati con il PDP (come si ricava dal persistere del vigore, nel regime transitorio, delle vecchie formulazioni degli artt. 110 e 116 comma 3-bis c.p.p.: v. art. 87 comma 4 d.lgs. n. 150/2022 e del posticipo dell'entrata in vigore del nuovo art. 111-bis c.p.p. trascorsi 15 giorni dall'emanazione dei decreti del Ministero della Giustizia, nonché dall'art. 87 comma 5 che posticipa l'entrata in vigore degli artt. 111 commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter c.p.p., 122-comma 2-bis). La presente istanza può essere dunque depositata anche in modo analogico. In via transitoria, ai sensi dell'art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022, il deposito è possibile anche mediante invio di posta elettronica certificata all'indirizzo indicato dal Direttore generale per i sistemi informatici automatizzati, che ne specifica anche le modalità tecniche.

Commento

In aggiunta a quanto prescritto per i singoli istituti che postulano un intervento preliminare o successivo del giudice per le indagini preliminari (ad esempio, in materia di richieste di misure cautelari, di autorizzazione alle operazioni di intercettazione, di dissequestro), il codice prevede in via generale la possibilità di un confronto per iscritto, anche precoce ed embrionale, tra i difensori e il magistrato del pubblico ministero titolare delle indagini.

Secondo l'art. 367 c.p.p., nel corso delle indagini preliminari, i difensori hanno facoltà di presentare memorie e richieste scritte al pubblico ministero.

La previsione è ribadita, per quel che riguarda l'assistenza del difensore agli atti di indagine cosiddetti garantiti, dall'art. 364, comma 7 c.p.p.: “quando assiste al compimento degli atti, il difensore può presentare al pubblico ministero richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale”. Aggiunge poi l'art. 116, comma 3-bis c.p.p. che, quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia.

Similmente, l'art. 121 c.p.p. stabilisce che, in ogni stato e grado del procedimento, le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni. Un analogo ius postulandi nei confronti del giudice è previsto dall'art. 233, comma 1, c.p.p. per i consulenti tecnici di parte. Questa facoltà è stata estesa anche ai pareri di carattere professionale in ordine ai fatti di causa non provenienti dal difensore nominato, ma tuttavia funzionali per la difesa dell'imputato (Cass. VI, n. 3500/2008).

Notiamo subito come la disciplina diverga per quanto riguarda le modalità di contatto con il magistrato inquirente e con quello giudicante.

In primo luogo, l'interlocuzione formale e generalizzata con l'ufficio di procura è prevista soltanto durante le indagini preliminari, fase in cui il pubblico ministero riveste la qualifica di dominus della procedura, in conseguenza della natura fisiologicamente frammentaria e incidentale delle funzioni spettanti al giudice per le indagini preliminari. Viceversa, è possibile adìre il tribunale (ivi compreso, ovviamente, anche lo stesso giudice per le indagini preliminari) “in ogni stato e grado del procedimento” come prevede l'art. 121 c.p.p. D'altronde, la lettera della legge, in apparenza drastica, non può escludere che, anche durante il giudizio, il difensore possa rivolgersi, anche formalmente, al solo pubblico ministero, per quanto una simile evenienza è certamente più rara nella pratica.

Possono poi presentare memorie e richieste al titolare dell'accusa soltanto i difensori, mentre l'art. 121 c.p.p. ammette nel novero dei soggetti legittimati ad analoga attività nei confronti del giudice anche le parti personalmente. Pare, anche in questo caso, difficile escludere la ritualità di un atto o di una missiva, anche assai informale, trasmesso al pubblico ministero direttamente dall'indagato o dalla persona offesa o da altro soggetto interessato, così come sembra non corretto concludere che il suddetto magistrato possa non tener conto di quanto rappresentatogli in forma scritta, seppure rilevante. Si ritiene di dover opinare diversamente per quel che concerne i colloqui con il procuratore della Repubblica, o con uno dei suoi sostituti o dei suoi aggiunti. Alla formale presentazione della memoria scritta, si accompagna spesso un contatto personale del difensore, per illustrarne brevemente il contenuto, quasi a sottolinearne l'importanza pratica. Fintanto che questi colloqui si mantengano nei binari della correttezza e non tentino di veicolare in maniera sotterranea dati e concetti non trasfusi sulla carta, non vi è motivo per sindacarne la ritualità. Pare però assolutamente opportuno che questi rapporti debbano limitarsi al solo difensore, consentendo un dialogo sereno tra tecnici del diritto. Risultano incongrue le prassi, pure talora diffuse, di ricevere personalmente le persone offese e, a fortiori, gli indagati/imputati o loro congiunti o rappresentanti.

L'oggetto dell'atto difensivo, che può anche non contenere richieste o istanze in senso stretto, non è predeterminato: la norma non ne richiede un contenuto formale, esso deve avere l'unico obiettivo di illustrare le proprie ragioni. L'atto depositato può quindi contenere soltanto una rappresentazione della vicenda processuale che ne metta in luce determinati aspetti (“memoria”) oppure concludersi invocando un qualche tipo di provvedimento o attività da parte del pubblico ministero (“richieste”). Quando queste richieste siano specificamente disciplinate da singole disposizioni (ad esempio, richiesta della persona offesa di informazioni sullo stato di un procedimento ex art. 335, comma 3-ter c.p.p., istanza di restituzione delle cose sequestrate ex art. 262 c.p.p., etc.), si stempera e perde gran parte del suo rilievo la previsione generale di cui all'art. 367 c.p.p.

Quest'ultima norma mantiene invece tutta la propria centralità, anche sistematica, quando manchino puntuali previsioni (ad esempio, in caso di sollecitazione da parte della persona offesa a richiedere una misura cautelare personale) e comunque nell'ambito più generale dei rapporti tra parte pubblica e difensori, improntati necessariamente al confronto, pur nel rispetto delle posizioni di ciascuno.

In particolare, questa costante interlocuzione non può che prendere le mosse dall'obbligo per il pubblico ministero di compiere ogni attività necessaria per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, svolgendo altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (art. 358 c.p.p.). Il difensore dell'indagato, a seconda delle strategie procedimentali prescelte, potrà proporre quindi indagini pro reo, anche segnalando nuovi spunti investigativi o profilando scenari alternativi.

Accanto alle istanze e agli atti difensivi diretti a sollecitare uno specifico provvedimento, dunque hanno pieno diritto di cittadinanza, in questi momenti di confronto tra accusa e difesa, anche memorie aventi il fine più generale di offrire il proprio contributo nella ricostruzione dei fatti o nella loro qualificazione giuridica, magari con l'auspicio di future determinazioni coincidenti con gli interessi della parte (ad esempio, delineando l'insussistenza del fatto di reato per cui si proceda o l'estraneità dell'indagato).

Resta evidentemente una scelta tattica affidata alla sensibilità del professionista il quando e il come esplicitare le proprie linee difensive, dal momento che esse potrebbero trovano concorde il magistrato inquirente ovvero al contrario permettergli di preparare al meglio le proprie contromisure sul punto.

In maniera speculare, sarà consentito al difensore della persona offesa coadiuvare e stimolare l'attività inquirente, nella propria peculiare ottica.

Sulle richieste “ritualmente formulate”, come accennato, il giudice deve provvedere senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni. Simile obbligo non è invece previsto, in via generale, per il pubblico ministero. In ogni caso (e salve eventuali responsabilità, disciplinari o penali, del pubblico ministero che abbia agito con negligenza o in malafede), l'omessa valutazione delle memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (Cass. III, n. 5075/2017).

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