Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374)

Alessandro Leopizzi
Riccardo Lottini

Inquadramento

Chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini, può presentarsi al Pubblico Ministero e rilasciare dichiarazioni per chiarire la propria posizione. Se il magistrato inquirente ammette l'indagato a esporre la propria versione dei fatti, contestandogli ritualmente i fatti per cui si sta procedendo e nel rispetto delle garanzie difensive, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto all'interrogatorio.

Formula

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ...

Richiesta di presentazione spontanea

dell'indagato per rilasciare dichiarazioni [1]

***

Il sottoscritto Avv. ..., con studio in ..., via ..., difensore di fiducia/ufficio di

1. ..., nato a ... il ...;

2. ..., nata a ... il ...;

indagato nel procedimento penale n. ... / ... RGNR,

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ...,

per i reati previsti e puniti dagli artt.

a) ... c.p.

b) ..., legge ... / ...

c) ..., d.P.R. ...

d) ..., d.lgs. ...

PREMESSO

che, per quanto consta, pendono indagini nei confronti del suddetto Sig. ... [2] ;

che il medesimo Sig. ... intende chiarire completamente la propria posizione, sgomberando il campo da possibili malintesi alla base dell'ipotesi accusatoria per cui si procede;

che in particolare egli intende rappresentare a codesto Pubblico Ministero specifiche circostanze in tema di (indicare le vicende di cui si vuole riferire al magistrato inquirente);

che queste circostanze potranno se del caso essere accertate, a riscontro delle dichiarazioni dell'indagato, anche tramite l'audizione dei signori:

1. ..., residente in ..., recapito cellulare ...;

2. ..., residente in ..., recapito cellulare ...;

indicati sin d'ora come persone informate sui fatti;

che appare evidente come la compiuta conoscenza delle suddette circostanze permetterà di escludere ogni ipotesi di addebito in capo al Sig. ... [3] ;

che, ad ulteriore chiarimento dei fatti, si deposita anche copia di (specificare i documenti allegati all'istanza, illustrandone il rilievo investigativo);

CHIEDE

di potersi presentare davanti al magistrato titolare delle indagini al fine di rendere dichiarazioni sui fatti per cui si procede.

Si allegano i seguenti documenti.

1) ...;

2) ... .

Luogo e data ...

Firma ...

1. Occorre ricordare che nel momento in cui entrerà a pieno regime la disciplina introdotta con il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia) il deposito degli atti scritti dovrà avvenire esclusivamente con modalità telematiche nel rispetto della normativa che verrà dettata con decreti del Ministero della Giustizia. Il deposito del documento analogico rappresenterà l'eccezione. Attualmente, in attesa della piena entrata in vigore della Riforma, che richiede decreti attuativi del Ministero (il nuovo regime entrerà in vigore trascorsi 15 giorni dall'emanazione di detti decreti), il deposito cartaceo da parte degli avvocati è ancora consentito per atti diversi da quelli che devono essere depositati con il P.D.P. (come si ricava dal persistere del vigore, nel regime transitorio, delle vecchie formulazioni degli artt. 110 e 116, comma 3-bis, c.p.p.: v. art. 87, comma 4, d.lgs. n. 150/2022 e del posticipo dell'entrata in vigore del nuovo art. 111-bis c.p.p. trascorsi 15 giorni dall'emanazione dei decreti del Ministero della Giustizia, nonché dall'art. 87, comma 5 che posticipa l'entrata in vigore degli artt. 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quter, 111-bis, 111-ter c.p.p., 122, comma 2-bis). In via transitoria, ai sensi dell'art. 87-bis, d.lgs. n. 150/2022, il deposito è possibile anche mediante invio di posta elettronica certificata all'indirizzo indicato dal Direttore generale per i sistemi informatici automatizzati, che ne specifica anche le modalità tecniche. Come è noto, lo scorso 4 luglio 2023 in attuazione dell'art. 87 comma 6-bis d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 è stato emanato dal Ministro della giustizia un decreto che ha allargato il catalogo degli atti che devono essere necessariamente depositati dai difensori attraverso il Portale di deposito telematico. Ciò vale per tutti gli Uffici giudiziari ad eccezione della Procura presso il Tribunale per i minorenni, il Tribunale per i minorenni, il Tribunale di sorveglianza e la Corte di Cassazione e le fasi della esecuzione penale e quella disciplinata dal libro XI del codice di rito (intitolato rapporti giurisdizionali con autorità straniere). Il deposito deve avvenire con le modalità dettate con il provvedimento del diretto generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero dell'11 luglio 2023 e non vale per il deposito in udienza che potrà dunque continuare con le modalità tradizionali. Le novità dovevano entrare in vigore il 20 luglio 2023, ma la medesima è stata posticipata a fine anno. La richiesta in parola non rientrava comunque tra gli atti contemplati dal decreto ministeriale del 4 luglio.

2. Specificare nel dettaglio la fonte di conoscenza della qualità di indagato (notifica di informazione di garanzia, esecuzione di un atto di indagine a sorpresa, etc.).

3. Gli spunti per una ricostruzione alternativa dei fatti possono puntare anche ad una semplice derubricazione della fattispecie ipotizzata dal Pubblico Ministero in altra ipotesi di reato meno grave, tale magari da rendere il procedimento suscettibile di definizione mediante oblazione, applicazione della pena su richiesta, etc.

Commento

Il contributo probatorio che può offrire l'indagato con le proprie dichiarazioni è modulato in maniera articolata, tenendo conto delle modalità, delle finalità e delle garanzie previste per gli specifici atti tipici di raccolta da parte del Pubblico Ministero o della polizia giudiziaria di quanto riferito dalla persona nei cui confronti vengono svolte le investigazioni.

In buona sostanza, la persona indagata può essere sentita dagli inquirenti solo quando:

- sia assistita dal difensore e abbia ricevuto gli avvisi di legge;

- voglia parlare per decisione spontanea e non sollecitata dagli investigatori;

- ci si trovi sul luogo o nell'immediatezza del fatto.

Prescindendo per ora dai diversi regimi di spendibilità processuale dei rispettivi esiti di indagine, appare sin d'ora chiaro che ogni altra modalità di assunzione di informazioni nei confronti dell'indagato (ad esempio sommarie informazioni exartt. 351 o 362 c.p.p., nelle forme previste per i futuri testimoni) è assolutamente irrituale e non può portare a nessun utile sviluppo nella fase del giudizio.

Ordinariamente, l'impulso all'audizione dell'indagato proviene dagli inquirenti, quando si procede:

- ad assumere da lui, ad opera di ufficiali di polizia giudiziaria, sommarie informazioni utili per le investigazioni con l'assistenza del difensore (art. 350, comma 1, c.p.p.);

- a raccogliere, ad opera di ufficiali di polizia giudiziaria, sul luogo o nell'immediatezza del fatto”, anche senza la presenza del difensore, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini (art. 350, commi 5-6, c.p.p.);

- invitandolo a rendere interrogatorio, davanti al Pubblico Ministero o alla polizia giudiziaria delegata (art. 375 c.p.p.).

Può darsi il caso, però, che l'indagato abbia notizia che si stanno svolgendo indagini nei suoi confronti (perché gli è stata notificata un'informazione di garanzia; perché ha confermato la fondatezza di suoi vaghi sospetti, richiedendo lo stato delle iscrizioni a suo nome ex art. 335 c.p.p.; perché, come talora purtroppo succede, ne ha avuto notizia dagli organi di stampa) e, senza avere ricevuto alcun invito a comparire, intenda comunque chiarire personalmente la propria posizione con gli inquirenti.

Egli può dunque fornire, in primo luogo, spontanee dichiarazioni alla polizia giudiziaria (art. 350, comma 7, c.p.p.).

Il codice gli riconosce altresì la facoltà di presentarsi al Pubblico Ministero e di rilasciare dichiarazioni (art. 374, comma 1, c.p.p.) o di chiedere formalmente di essere interrogato, tramite contatto per le vie brevi del suo difensore ovvero mediante deposito di una memoria.

Al contrario di quanto prescritto per l'interrogatorio richiesto dalla parte dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell'art. 415-bis c.p.p., il Pubblico Ministero non ha alcun obbligo di dare seguito ad eventuali richieste in questo senso presentate nel corso delle indagini preliminari (Cass. I, n. 8158/2010). Gli inquirenti potrebbero reputare precoce l'espletamento dell'atto rispetto al concreto avanzamento delle indagini e alla conseguente ricostruzione dei fatti, oppure potrebbero reputare l'incombente dannoso, per la discovery almeno parziale che esso comporta.

Il rifiuto da parte del Pubblico Ministero di prendere formale contatto con la persona sottoposta alle indagini che intenda presentarsi per rilasciare dichiarazioni o che chieda di essere interrogata non produce nessuna nullità processuale. Neppure è esclusa la possibilità di un carteggio interlocutorio in cui il magistrato rappresenti alla parte istante la necessità di chiarire specificamente i fatti su cui vuole essere interrogata (la quotidianità è ricca di richieste di interrogatorio “al fine di rendere importanti dichiarazioni”, provenienti soprattutto dagli indagati in stato di custodia cautelare, poi rivelatesi mero veicolo di fumose banalità).

Nel caso in cui il Pubblico Ministero acceda alla richiesta di interrogatorio, verrà emesso un invito a comparire e si proseguirà senza differenze rispetto all'ipotesi di un autonomo impulso degli inquirenti, privo di sollecitazioni.

Quando poi l'indagato si presenti spontaneamente e, contestatogli il fatto per cui si procede, venga ammesso a esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto “equivale per ogni effetto all'interrogatorio” e si applicano le regole generali e gli obblighi di avvisi preliminari ex art. 64, la disciplina della contestazione del fatto e degli elementi di prova, nonché l'inserimento del rifiuto di rispondere nel verbale dell'atto, ex art. 65 c.p.p., le previsioni in merito all'assistenza del difensore e al diritto di quest'ultimo al preavviso ex art. 364 c.p.p. (art. 374, comma 2, c.p.p.) (v. per una indicazione di quali sono gli elementi in presenza dei quali la presentazione spontanea equivalga a interrogatorio Cass. II, n. 2022/45272).

Le dichiarazioni rese in sede di presentazione spontanea all'autorità giudiziaria, equivalendo “ad ogni effetto” all'interrogatorio, sono idonee ad interrompere il corso della prescrizione, purché l'indagato abbia ricevuto una contestazione chiara e precisa del fatto addebitato. Invero, gli atti interruttivi indicati nell'art. 160 c.p. si connotano per essere l'esplicitazione, da parte degli organi dello Stato, della volontà di esercitare il diritto punitivo in relazione ad un fatto-reato ben individuato, secondo un coefficiente di specificità della contestazione da valutarsi in relazione allo sviluppo delle indagini, così da consentirne la conoscenza all'incolpato (Cass. S.U., n. 5838/2013).

Nonostante questa offerta di collaborazione possa avere proprio l'obiettivo di stornare eventuali rischi di misure cautelari, in particolare per il paventato rischio di inquinamento probatorio, la presentazione spontanea non ne esclude la possibilità di applicazione (art. 374, comma 3, c.p.p.).

La Suprema Corte (Cass. III, n. 49884/2019) ha altresì precisato che, ai fini dell'applicazione di una misura cautelare, le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato "contra se" sono utilizzabili anche se rilasciate dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari, in quanto il divieto previsto dall'art. 407, comma 3, c.p.p. riguarda solo gli atti di indagine compiuti dal Pubblico Ministero, categoria cui non appartengono dette dichiarazioni, che possono essere rese dall'indagato in ogni momento.

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