Richiesta di pagamento di credito prededucibile (art. 54, d.lgs. n. 159/2011)

Corinna Forte
Andrea Manca

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 159/2011, i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli artt. 57,58 e 59, d.lgs. n. 159/2011 e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del Giudice delegato.

Il Giudice delegato, con il decreto di autorizzazione, indica il soggetto tenuto al pagamento del credito prededucibile.

Se l'attivo è sufficiente e il pagamento non compromette la gestione, a ciò provvede l'amministratore giudiziario mediante prelievo dalle somme disponibili; in caso contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato.

Qualora la confisca abbia ad oggetto beni organizzati in azienda e il tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell'attività, la distribuzione avviene mediante prelievo delle somme disponibili secondo criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.

La l. n. 161/2017 ha poi inserito ex novo l'art. 54-bis, dedicato al pagamento dei debiti anteriori al sequestro: si stabilisce che l'amministratore giudiziario può chiedere al Giudice delegato di essere autorizzato al pagamento, anche parziale o rateale, dei crediti per prestazioni di beni o servizi sorti anteriormente al provvedimento di sequestro, nei casi in cui tali prestazioni siano collegate a rapporti commerciali essenziali per la prosecuzione dell'attività.

Nel programma di prosecuzione o ripresa dell'attività di cui all'art. 41, d.lgs. n. 159/2011, il tribunale può autorizzare l'amministratore giudiziario a rinegoziare le esposizioni debitorie dell'impresa e a provvedere ai conseguenti pagamenti.

Diversa è, invece, la sorte delle azioni esecutive relative ai beni oggetto di sequestro/confisca di prevenzione.

La relativa disciplina è contenuta nell'art. 55 del Codice Antimafia: la norma, da ultimo innovata dalla l. n. 161/2016, prevede che dopo il sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive e i beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall'amministratore giudiziario.

Inoltre, le procedure esecutive già pendenti sono sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione e si estinguono in relazione ai beni per i quali interviene un provvedimento definitivo di confisca; in caso di dissequestro, la procedura esecutiva deve essere iniziata o riassunta entro il termine di un anno dall'irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene.

Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento o di garanzia sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli artt. 23 e 57; il giudizio civile è sospeso sino alla conclusione del procedimento di prevenzione.

In caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno dalla revoca.

Formula

N. ... RGMP

TRIBUNALE DI ...

SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE

Alla c.a. del Sig. Giudice Delegato Dott. ...

Il sottoscritto, nato a ... il ... residente in ... alla via ..., c.f. ...;

PREMESSO

che in data ... è stato emesso il sequestro n. ... dal Tribunale in intestazione a carico di ...;

che esso ha avuto ad oggetto i seguenti beni ... e la seguente società ... con sede in ... partita iva ...;

che di essa sono state sequestrate tutte le quote sociali, oltre all'intera azienda;

che il sottoscritto è stato nominato amministratore giudiziario dei beni sequestrati;

che allo scrivente è stata liquidata, ai sensi dell'art. 42 Codice Antimafia, con decreto la somma di Euro ... a titolo di acconto per l'attività svolta;

che detto decreto non è stato impugnato ed è divenuto irrevocabile;

che esso rientra tra i crediti di cui all'art. 54, d.lgs. 159/2011;

che esso è certo, liquido ed esigibile;

che esiste attivo disponibile in procedura, come risulta dai documenti allegati;

che esso è sufficiente al pagamento del debito e che l'adempimento non compromette la gestione in atto;

CHIEDE

Alla S.V. l'autorizzazione a procedere al pagamento del debito innanzi indicato attraverso prelievo diretto dalle somme disponibili in procedura.

Con osservanza.

Si allegano i seguenti documenti, a sostegno di quanto affermato: nomina, relazione ex art. 36, provvedimento di liquidazione, bilancio, etc.

Data ...

Firma ...

Commento

L'art. 54 distingue nettamente la disciplina dei crediti preesistenti da quella dei crediti che nascono, invece, in corso d'amministrazione giudiziaria, introducendo anche nella procedura di prevenzione il discrimine tra le poste di credito c.d. prededucibili e quelle che, invece, sono soggette al procedimento di verificazione di cui agli artt. 52 e ss., d.lgs. n. 159/2011.

Sono crediti prededucibili quelli definiti come tali da una espressa disposizione di legge e quelli che nascono in corso di procedura di prevenzione; a essi si riconosce la prerogativa della sottrazione al procedimento di verifica di cui agli artt. 57,58 e 59, d.lgs. n. 159/2011.

La norma prevede, ancora, il concorso di tre ulteriori precondizioni strutturali: deve, infatti, trattarsi di crediti liquidi, esigibili e non contestati.

Le caratteristiche indicate del credito non determinano di per sé la prededucibilità, ma si pongono come condizioni di efficacia del credito stesso e di elementi strutturalmente necessari in positivo (per i primi due requisiti) e in negativo (per il terzo) affinché si possa procedere al pagamento degli stessi, al di fuori del piano di riparto.

La giurisprudenza di legittimità, in diversi arresti, ha analizzato le varie tipologie di credito ai fini della loro prededucibilità, enucleando taluni principi interessanti e statuendo che:

- il credito per prestazioni professionali di avvocato svolte in favore della curatela fallimentare prima dell'inizio del procedimento di prevenzione non è prededucibile ai sensi dell'art. 61, d.lgs. n. 159/2011, in quanto la prededucibilità può essere riconosciuta solamente ai crediti che siano sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione; in motivazione, la Corte ha precisato che non è applicabile il principio della consecuzione tra procedure concorsuali, valevole in ambito civilistico, dovendosi escludere la sovrapponibilità delle procedure nel caso del passaggio da quella fallimentare a quella di prevenzione, aventi presupposti di avvio, destinatari e finalità completamente differenti (Cass. VI, n. 19684/2021);

è prededucibile, e non è quindi soggetto alla procedura per l'accertamento dei diritti dei terzi di cui agli artt. 57 e 58 del d.lgs. n. 159/2011, il credito derivante da un contratto di locazione finanziaria stipulato prima dell'inizio del procedimento di prevenzione, ove l'amministratore giudiziario sia subentrato in tale rapporto contrattuale in luogo del proposto, assumendone i relativi obblighi (Cass. VI, n. 46101/2021); il pagamento del credito prededucibile va materialmente eseguito dall'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del Giudice delegato; essa va intesa come elemento della fattispecie che concorre a rendere efficace l'adempimento e, quindi, si presenta come requisito di efficacia e non di validità dell'atto.

Quanto al pagamento, la Suprema Corte (Cass. V, n. 8441/2019) ha avuto modo di precisare che in caso di incapienza del patrimonio dell'impresa sottoposta a sequestro rispetto alla soddisfazione di crediti prededucibili ex art. 54, comma 1, d.lgs. n. 159/2011, questi ultimi non possono essere soddisfatti dall'Erario in ragione del diverso regime riservato dalla norma dell'art. 54, comma 2 del decreto citato ai crediti prededucibili afferenti ad un'impresa caduta in sequestro, rispetto a quello previsto per i crediti maturati rispetto a beni in sequestro di diversa natura, condividendo la considerazione sistematica del Giudice territoriale, secondo la quale la mancata soddisfazione dei primi può dar luogo alla messa in liquidazione dell'impresa o al suo fallimento, senza comportare interventi statuali di supporto. Già in primo grado si era evidenziato, sul punto, che tale interpretazione è avallata dalla congiunzione avversativa "tuttavia" con cui esordisce il terzo periodo del comma 2 dell'art. 54; in questo caso — secondo il Tribunale — l'esistenza di crediti, ancorché prededucibili, potrebbe comportare la messa in liquidazione o la dichiarazione di fallimento dell'impresa in sequestro, ma non già l'intervento dello Stato per pagarne i debiti.

Invero, la norma dell'art. 54, comma 2, sui crediti prededucibili recita «Se l'attivo è sufficiente e il pagamento non compromette la gestione, al pagamento di cui al comma 1 provvede l'amministratore giudiziario mediante prelievo dalle somme disponibili. In caso contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato. Tuttavia, se la confisca ha ad oggetto beni organizzati in azienda e il tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell'attività, la distribuzione avviene mediante prelievo delle somme disponibili secondo criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge».

L'interpretazione fornita dai giudici di merito è stata condivisa: il dato letterale è chiaro e non giustificherebbe interpretazioni alternative a quella predicata nel decreto impugnato, giacché il termine "tuttavia" sancisce non solo una soluzione di continuità rispetto alla disciplina precedentemente illustrata, ma segna anche, esplicitamente, una differenza tra il caso di crediti maturati rispetto a beni diversi da quelli concernenti un'impresa.

La conferma che non si tratti di un refuso ovvero di un difetto di tecnica legislativa può ricavarsi a contrario dalla circostanza che, nonostante le imponenti modifiche al d.lgs. n. 159/2011 ad opera della I. n. 161/2017, tale disposizione non sia stata modificata; a ciò occorre aggiungere che appare razionale anche la riflessione che il Tribunale ha compiuto nell'ottica del panorama complessivo del d.lgs. n. 159/2011, laddove ha rimarcato la differenza tra il sistema di gestione dei beni aziendali rispetto a quello che concerne beni di natura diversa nonché la coerenza del mancato coinvolgimento dello Stato nelle defaillances economiche dell'impresa con l'intero sistema della prevenzione, che contempla la messa in liquidazione della società quando quest'ultima non possa proseguire utilmente la propria attività, oltre che il fallimento della medesima, senza, di contro, prevedere interventi statuali di supporto.

Il comma 1 non richiede forme ad substantiam actus per l'autorizzazione, ma il terzo comma nel richiamare, incidentalmente, la questione opera un espresso riferimento alla circostanza che l'autorizzazione debba essere resa con decreto.

In generale, è a dirsi che nel genus dei crediti prededucibili rientrano essenzialmente due macro-categorie: la prima è quella dei c.d. crediti istituzionali della procedura (tra cui le spese che derivano per l'amministratore e gli ausiliari, ai sensi degli artt. 42 e 44, d.lgs. n. 159/2011), mentre la seconda enuclea i crediti relativi alle operazioni di conservazione e valorizzazione del patrimonio (tra cui le voci di spesa collegate al decreto di prosecuzione dell'attività di impresa).

Vi è poi un'ulteriore categoria, non direttamente contemplata dall'art. 54, che comprende le spese volte a tenere indenni i terzi creditori di buona fede legalmente sacrificati dalla procedura ex art. 52; si tratta degli indennizzi di estinzione del rapporto in capo ai titolari di diritti reali e personali di godimento sui beni confiscati.

Recentemente la Suprema Corte ha affermato che in tema di tutela del terzo creditore nella confisca di prevenzione è prededucibile, ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 159/2011, anche il credito sorto nel corso dell'amministrazione giudiziaria dell'azienda confiscata in relazione a un'operazione di "ristrutturazione e riscadenzamento" di debiti pregressi, avvenuta in costanza del sequestro, con l'autorizzazione del Giudice all'epoca precedente. (In motivazione la Corte ha chiarito che si tratta di un'operazione "nuova", volta a realizzare scopi inerenti alla continuità gestionale dell'azienda e il mantenimento del valore dei beni, rispetto alla quale il provvedimento autorizzativo del Giudice equivale a un implicito riconoscimento della tutelabilità dei crediti pregressi, ex art. 52, d.lgs. n. 159/2011, e della buona fede del creditore Cass. I, n. 32269/2018).

In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che la categoria della prededucibilità - non estranea al diritto fallimentare e da tale disciplina sostanzialmente importata - è, nel settore della gestione dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione (o penale) da ritenersi diretta derivazione di due principi di fondo, rappresentati dalla soggezione dell'agire pubblico, nei rapporti con i terzi, alle norme di diritto civile e dalla tutela dell'affidamento.

Nella giurisprudenza di legittimità si rinviene, da tempo, ampia traccia di tali principi non soltanto nell'ambito dei noti arresti in tema di tutela del creditore in buona fede (S.U. 1999 ric. Bacherotti), ma anche in decisioni, apparentemente di minor impatto, che riguardano in modo specifico l'agire delle società in costanza di amministrazione giudiziaria, tra cui sez. I, n. 1032/2000, Rv. 215375; in tale arresto, ad esempio, si è ritenuta necessaria la procedura di omologazione giudiziaria in sede civile delle deliberazioni societarie adottate dalla società in sequestro, proprio in ragione del fatto che lì dove la società continua a svolgere attività di impresa ad oggetto lecito, tale attività non può violare i diritti soggettivi coinvolti. Si affermava, in particolare che: “[..a ben vedere, il perseguimento prioritario dei fini pubblicistici della procedura di prevenzione non esclude affatto - quando l'atto ablatorio abbia per oggetto, nell'ambito dell'intero patrimonio aziendale del proposto, anche parte o la totalità delle quote di società per azioni - la necessaria coesistenza dei criteri dinamici di essa con i diversi e autonomi schemi procedurali posti dall'ordinamento civile a garanzia della conformità dei principali atti societari a uno standard minimo di legalità, secondo regole inderogabili dettate dal legislatore per assicurare la correttezza dell'operare societario sul mercato..]”. Va dunque ribadito che lì dove l'azienda sottoposta al sequestro (di prevenzione o penale) prosegua l'attività di impresa in costanza di amministrazione giudiziaria, vi è piena e inderogabile responsabilità civile per gi obblighi assunti, stante l'assenza di privilegi dell'azione pubblicistica, inconciliabili con la tutela dei diritti fondamentali. Da qui la disciplina di legge che, in riferimento ai crediti sorti in occasione o in funzione del procedimento (art. 61, comma 3, Cod. Ant.) ne assicura la prededucibilità, ferma restando la liquidazione secondo criteri di graduazione e proporzionalità (art. 54, comma 2, Cod. Ant.). Come anticipato, perché si possa procedere a estinguere i debiti prededucibili occorrono alcune condizioni: in particolare, si deve distinguere l'ipotesi in cui esista attivo disponibile in procedura, da quella in cui non vi sia liquidità giacché nel primo caso (e se l'attivo è sufficiente al pagamento del debito) occorre anche che l'adempimento non comprometta la gestione in atto.

Qui il soggetto titolato al pagamento è l'amministratore, che vi provvede attraverso prelievo diretto dalle somme disponibili.

Se, al contrario, l'attivo non è sufficiente, il pagamento è eseguito con addebito a carico dello Stato.

Qualora la confisca abbia ad oggetto beni organizzati in azienda e sia stata autorizzata la prosecuzione dell'attività, la distribuzione avverrà invece mediante prelievo delle somme disponibili, seguendo i criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.

Il Giudice delegato è in ogni caso tenuto ad indicare, con il decreto di autorizzazione, il soggetto tenuto al pagamento del credito prededucibile.

L'art. 54- bis

La norma, introdotta dalla l. n. 161/2017, disciplina il pagamento dei debiti anteriori al sequestro, prevedendo che l'amministratore giudiziario, su autorizzazione del Giudice delegato, può procedere al pagamento anche rateale delle poste debitorie sorte anteriormente alla data di esecuzione del sequestro; ciò accade nel caso in cui tali prestazioni siano collegate a rapporti commerciali essenziali per la prosecuzione dell'attività.

In questa logica il secondo comma della disposizione prevede, altresì, che l'amministratore giudiziario nel programma di prosecuzione o ripresa dell'attività ai sensi dell'art. 41, d.lgs. n. 159/2011, possa essere autorizzato dal Tribunale a rinegoziare le esposizioni debitorie dell'impresa e a provvedere ai conseguenti pagamenti. La norma risulta indubbiamente influenzata dalla prassi giudiziaria e dalla condizione di difficoltà che le imprese e le aziende vivevano all'indomani dell'esecuzione del sequestro, allorquando appunto i rapporti e le forniture risultavano irrimediabilmente incisi dalla misura di prevenzione con conseguente rallentamento dei pagamenti e relativi oneri che i terzi fornitori stessi erano costretti incolpevolmente a subire.

Da ciò l'esigenza da più parti manifestata nella prassi giudiziaria di permettere modelli pratici e rapidi di pagamento delle poste debitorie che potessero assicurare la continuità nei pagamenti la regolarità delle forniture che, diversamente si sarebbero arrestate.

Al contrario, la disposizione di cui all'art. 54-bis, si è avuto modo di annotare, si richiama a un ampio concetto di essenzialità dei rapporti commerciali per la prosecuzione dell'impresa, categoria che, in definitiva, è rimessa nella sua valutazione iniziale a un sindacato rimesso al solo amministratore giudiziario.

Deve, comunque, ritenersi che l'organo giurisdizionale anzidetto, nell'esercizio della facoltà di autorizzazione dei relativi pagamenti, abbia la possibilità di porre in essere ogni forma di approfondimento, richiedendo chiarimenti all'amministratore e verificando la reale “essenzialità” rispetto alla prosecuzione della vita aziendale. Ad esempio, in giurisprudenza (Cass. III, n. 28467/2020) si è precisato che fra i crediti che, ancorché sorti anteriormente al provvedimento di sequestro, l'amministratore giudiziario può essere autorizzato a pagare ai sensi dell'art. 54-bis, comma 1, d.lgs. n. 159/2011, in quanto relativi a prestazioni di beni o servizi collegate a rapporti commerciali essenziali per la prosecuzione dell'attività dell'impresa, rientrano le retribuzioni e gli oneri previdenziali dei lavoratori, i canoni di locazione, nonché i crediti relativi ai contratti di somministrazione e di fornitura di luce, gas, telefonia o, comunque, connessi all'oggetto dell'attività d'impresa.

Le azioni esecutive

La norma in esame propone l'analogo principio contenuto nell'art. 51, l. fall., chiarendo che i beni oggetto di esecuzione sono sottratti all'iniziativa del creditore esecutante e sono consegnati all'amministratore giudiziario.

Così si concorre a scongiurare possibili contrasti tra provvedimenti giudiziari che pure si erano verificati in passato; non erano state rare, infatti, le occasioni in cui il medesimo bene, attinto da confisca, era stato espropriato e venduto all'esito della procedura di espropriazione civile che, per impulso del creditore esecutante, era proseguita nonostante il sequestro di prevenzione.

Laddove il sequestro riguardi beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli artt. 23 e 57.

La procedura espropriativa, all'esito del sequestro, dunque, entra in una fase di quiescenza; probabilmente si tratta di una sospensione obbligatoria, atteso che non esistono margini per ipotizzare discrezionalità dell'organo decidente, innanzi al quale pende l'azione esecutiva; la pura coincidenza tra l'oggetto dei due procedimenti (determinata dalla res attinta da vincolo cautelare reale nel giudizio di prevenzione e nel procedimento espropriativo) realizza la condizione che impone il provvedimento di sospensione del giudizio civile.

Nulla è detto sulla forma del provvedimento, ma deve, comunque, ritenersi che si possa assumere con ordinanza.

Qualora, poi, la misura di prevenzione risulti oggetto di revoca, il procedimento esecutivo-espropriativo deve essere ripreso attraverso l'istituto della riassunzione, che comporta l'onere della parte e l'interesse a riprendere la fase di espropriazione e di realizzazione coattiva del credito.

Il termine per riassumere è di un anno e deve ritenersi che, nonostante la mancata indicazione, esso sia previsto a pena di decadenza.

La sospensione appare rispondente a interessi di carattere pubblicistico e a una regola d'ordine; può, pertanto, essere disposta anche d'ufficio dal Giudice, indipendentemente da istanze di parte e nel concorso dei relativi presupposti (così nel rito civile: Cass. civ. II, n. 6572/2005).

Il dies di decorrenza per la riassunzione è di un anno dalla definitività della revoca del sequestro o della confisca; esso decorre dalla data del giudicato a prescindere dalla conoscenza effettiva che ne abbia la singola parte, titolata alla riassunzione.

In caso di confisca definitiva la procedura esecutiva si estingue.

Peraltro, senza dubbio il blocco delle azioni esecutive non impedisce la possibilità di ottenere un provvedimento civile di accertamento del titolo creditorio a supporto della fondatezza della pretesa stessa e della possibile e verosimile buona fede.

L'interesse in tal senso risiede nella possibilità di ottenere un provvedimento da spendere in sede di insinuazione e ammissione del credito al passivo della procedura.

Si è già visto che il terzo in alcuni casi deve essere citato in sede di prevenzione; la norma in esame applica il principio già fissato all'art. 23, d.lgs. n. 159/2011 e include nella categoria dei terzi aventi diritto alla tutela anche i titolari di diritti personali di godimento (locatari, comodatari ed affittuari).

Il quadro normativo previgente, sia pur nella interpolazione operata con il d.l. n. 4/2010 convertito nella l. n. 50/2010, non allargava il litisconsorzio necessario a tutela dei creditori alle figure dei titolari dei diritti personali di godimento.

Infatti il comma 5 dell'art 2-ter, l. n. 575/65 risultante dalla modifica apportata dal d.l. cit. aveva garantito ai soli titolari di un diritto reale di godimento la possibilità di intervenire nel procedimento di prevenzione per l'accertamento della relativa condizione di buona fede; tale possibilità non era prevista dal sistema per i titolari del diritto personale di godimento.

Le innovazioni della l. n. 161/2017

L'art 4, comma 20, l. n. 161/2017 - legge di riforma ha lasciato immutato il primo comma dell'art. 55, d.lgs. n. 159/2011, prevedendo il divieto di avviare o proseguire azioni esecutive a seguito del sequestro.

È invece intervenuto sui commi 2 e 3 della disposizione prevedendo la sospensione delle procedure esecutive, pendenti al momento del sequestro, fino alla conclusione del procedimento di prevenzione e la relativa estinzione se esse afferiscano a beni per i quali intervenga un provvedimento definitivo di confisca.

La norma, coerentemente con la logica che ispira l'art. 55, fa divieto di proseguire o agire in autonomia da parte dei creditori sui beni attinti da misura interinale; lo scopo non è quello di escludere un'azione o limitare una forma di tutela, ma di istituire un'azione di carattere concorsuale che faccia confluire tutti i creditori in un'unica sede di tutela.

Da ciò discendono la sospensione delle azioni precedenti al sequestro e l'inefficacia di quelle attivate dopo il sequestro; peraltro dette azioni, se poste in essere, risulterebbero comunque inefficaci verso la procedura di prevenzione.

Ancora, consegue che le citate procedure si estinguono ove subentri un provvedimento definitivo di confisca ovvero in caso di restituzione dei beni e devono essere riassunte nel termine di un anno dall'irrevocabilità della decisione.

Altra modifica degna di rilievo è quella contenuta nel terzo comma dell'art. 55: la norma prevedeva che, per i giudizi pendenti, il proprietario o il titolare di diritto reale o personale di godimento sul bene fosse chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione.

Con la novella si estende l'intervento anche nei giudizi civili le cui domande siano state trascritte prima del sequestro e abbiano a oggetto diritti reali o personali di garanzia, prevedendo la sospensione del giudizio civile sino alla conclusione del procedimento di prevenzione. Con una recente pronuncia, la Suprema Corte, ha ribadito come secondo il d.lgs. n. 159/2011, art. 54, indicato i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi certi ed esigibili e non contestati non devono essere accertati secondo le modalità previste dal d.lgs. artt. 57 e ss.

Ai sensi del d.lgs. n. 159/2011, art. 61, sono prededucibili i debiti così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione. Si tratta di una disposizione che richiama testualmente la l. fall., art. 111. A sua volta il d.lgs. n. 159/2011, art. 56, che ricalca testualmente l'art. 72, l. fall., prevede che se, come nel caso di specie, al momento della esecuzione del sequestro un contratto relativo all'azienda sequestrata è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito, l'esecuzione di esso "rimane sospesa fino a quando l'amministratore giudiziario, con l'autorizzazione del Giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto. La dichiarazione dell'amministratore giudiziario deve essere resa nei termini e nelle forme di cui all'art. 41, commi 1-bis e 1-ter e, in ogni caso, entro sei mesi dall'immissione del possesso" (Cass. VI, n. 46101/2021).

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