Verbale di interrogatorio dell'indagato (artt. 64 e 65)InquadramentoL'interrogatorio è l'atto di indagine diretto all'assunzione di informazioni da parte dell'indagato, assistito dal difensore, che rappresenta al contempo un mezzo di garanzia e di difesa e uno strumento investigativo. I suoi esiti sono suscettibili del più ampio utilizzo durante le indagini preliminari e nella fase del giudizio, di modo che all'indagato è riconosciuto il diritto di non rispondere, previo dettagliato avvertimento sulle conseguenze processuali delle sue scelte. FormulaN..... /.... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... VERBALE DI INTERROGATORIO DI PERSONA SOTTOPOSTA AD INDAGINI (ART. 64 SS. C.P.P. E 21 DISP. ATT. C.P.P.) Il giorno...., alle ore...., in...., nei locali della Procura della Repubblica in via.... (ovvero nei locali della Casa circondariale di.... o ancora mediante collegamento a distanza tramite applicativo.... presso...., previo consenso dell'indagato e del suo difensore), davanti al Pubblico Ministero Dott....., assistito per la redazione del presente verbale dall'Ufficiale di Polizia giudiziaria...., (nonché dall'interprete di lingua.... Signor...., nominato con separato provvedimento), è comparso l'indagato...., nato in.... il...., il quale, invitato a dichiarare le proprie generalità e quanto altro valga a identificarlo, con l'ammonizione delle conseguenze alle quali si espone chi si rifiuta di darle o le dà false, risponde: – generalità:...., nato in.... il.... – pseudonimo/soprannome:.... (ovvero Nessuno) – nazionalità:.... – residenza anagrafica:.... (ovvero Nessuna, irregolare sul territorio nazionale) – dimora:.... – luogo in cui esercita attività lavorativa:.... – stato civile:.... – condizioni di vita individuale/familiare/sociale:.... – titolo di studio:.... – professione /occupazione:.... – beni patrimoniali:.... – se è sottoposto ad altri processi penali: Sì (ovvero No, per quanto consta) – se ha riportato condanne nello Stato e/o all'estero: Sì (ovvero No, per quanto consta). – se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o di pubblica necessità:.... – se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche:.... Si dà atto che, a seguito di rituale avviso è comparso l'avv..... del Foro di..... Invitato a esercitare la facoltà di nominare difensore di fiducia, per il caso che non vi abbia già provveduto o che intenda nominarne un altro (fatta avvertenza che l'interessato potrà chiedere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato qualora ricorrano le condizioni previste dalla legge e che, comunque, vi è l'obbligo di retribuzione del difensore nominato di ufficio), l'indagato dichiara: “Confermo la nomina dell'Avv..... del Foro di..... (ovvero “Nomino difensore di fiducia dell'Avv..... del Foro di....) (ovvero “Mi avvalgo del difensore di ufficio nominato) Invitato a dichiarare o eleggere domicilio o ad indicare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna, con avviso dell'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, nonché nel caso in cui il domicilio sia o divenga inidoneo, le notificazioni degli atti indicati verranno eseguite mediante consegna al difensore, già nominato o che è contestualmente nominato, anche d'ufficio, l'indagato dichiara: “Eleggo domicilio presso lo studio del mio difensore sito in...., via.... (ovvero “Dichiaro domicilio in...., via....)”. Il Pubblico Ministero contesta i fatti di cui all'invito per l'interrogatorio notificato il...., relativi ai reati di...., e rende noti i seguenti elementi di prova: indagini di P.G., dichiarazioni rese ex art. 351 c.p.p. da...., accertamenti documentali. Il Pubblico Ministero lo invita ad esporre, quale soggetto indagato in un procedimento connesso, quanto a sua conoscenza, dandogli preventivamente i seguenti avvisi: 1. le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti; 2. salvo quanto disposto dall'art. 66, comma 1 c.p.p., ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda e, se anche non risponde, il procedimento seguirà il suo corso; 3. se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'art. 197 c.p.p. e le garanzie di cui all'art. 197-bis c.p.p. L'indagato dichiara: “Prendo atto di quanto precede e non intendo rispondere”. (ovvero) L'indagato dichiara: “Prendo atto di quanto precede e intendo rispondere”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. domanda “.... ”. risposta “.... ”. Il presente verbale, previa integrale rilettura (e traduzione orale in lingua....), viene chiuso e sottoscritto alle ore..... Il difensore rinuncia espressamente ai termini per il deposito del presente atto. Il verbalizzante.... L'interprete.... L'indagato il difensore.... Il Procuratore della Repubblica.... Firma...., sost. CommentoL'interrogatorio L'interrogatorio è uno degli atti di indagine “garantiti con preavviso al difensore”. Esso rappresenta l'atto investigativo diretto all'assunzione di informazioni da parte dell'indagato con la massima ampiezza di successiva utilizzabilità processuale. Oltre, infatti, all'uso possibile durante le indagini preliminari e l'udienza preliminare e quale base per le contestazioni ex art. 503, comma 3 c.p.p., comune alle sommarie informazioni spontanee o rese con l'assistenza del difensore, il verbale dell'interrogatorio può essere letto in dibattimento e valutato ai fini della decisione, “se l'imputato è assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame” (art. 513 c.p.p.). Questa eccezionale potenzialità probatoria attribuita a un atto di indagine è in parte compensata dal diritto dell'indagato a non rispondere, previo dettagliato avvertimento sulle conseguenze processuali delle sue scelte. Quando costui decide di parlare, per un qualsiasi motivo tattico-strategico o di altro tipo, sa bene che le sue affermazioni potrebbero, subito o successivamente, tornare a suo danno. La stessa natura dell'interrogatorio è sfumata. Da un lato, esso ha essenzialmente la funzione di un mezzo di difesa dell'indagato, così posto in grado di fornire agli inquirenti la propria versione e di chiarire i fatti secondo il proprio punto di vista. Questo aspetto è particolarmente rilevante negli interrogatori effettuati dal giudice per le indagini preliminari al momento della convalida dell'arresto o dopo l'esecuzione di una misura cautelare (cosiddetto interrogatorio di garanzia, a cui ha facoltà di partecipare anche il magistrato inquirente), ma non è completamente estraneo neppure agli interrogatori del pubblico ministero (Cass. VI, n. 13892/2014, che addirittura ritiene l'interrogatorio non un mezzo di indagine ma solo uno strumento di garanzia e di difesa. Conforme, Cass. VI, n. 1052/2012 che qualifica come abnorme l'ordinanza con cui il giudice, in esito all'udienza camerale fissata a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, indichi al pubblico ministero tra le ulteriori indagini necessarie, anche l'interrogatorio dell'indagato, non qualificabile come atto investigativo). Dall'altro, resta pur sempre, innegabilmente, uno strumento di indagine, diretto ad ottenere la confessione dell'indagato e in genere ogni contributo informativo utile per l'accertamento dei fatti e l'individuazione di tutti i responsabili (cosiddetto interrogatorio investigativo). In merito la Suprema Corte ha recentemente precisato che l'interrogatorio dell'indagato, specie se non sia stato mai sentito, ha valenza non solo difensiva, ma anche investigativa e ricostruttiva in fatto (Cass. V, n. 29879/2020). L'interrogatorio delegato L'interrogatorio, in via ordinaria, è un atto proprio del pubblico ministero ma delegabile alla polizia giudiziaria. L'art. 370, comma 1 c.p.p. prevede però espressamente una significativa limitazione alla facoltà di delega da parte del magistrato inquirente, consentendola solo per “gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà”. La lettera della legge esclude dunque chiaramente la delegabilità dell'interrogatorio di una persona che, a titolo definitivo o a seguito di applicazione di una misura cautelare, sia quindi ristretta in carcere (o agli arresti domiciliari o in regime di detenzione domiciliare). Si ritiene generalmente che questa disposizione riguardi soltanto l'interrogatorio in senso stretto, quando cioè le contestazioni abbiano per oggetto addebiti propri dell'interrogato. Di conseguenza, quando l'indagato è sentito su circostanze che riguardino soltanto terzi, non valgono i limiti di delega sopra accennati, ferma restando l'osservanza della prescrizione, richiamata proprio dall'art. 370, comma 2 c.p.p., di cui al precedente art. 364 (nomina di un difensore di ufficio, con facoltà di nominarne uno di fiducia e avviso al difensore nominato). Sono dunque pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese nel corso dell'interrogatorio delegato alla polizia giudiziaria dall'indagato, detenuto per altra causa (Cass. V, n. 31819/2014). La violazione di questo precetto, così delineatone il perimetro applicativo, comporta la inutilizzabilità patologica delle dichiarazioni rese dall'indagato, che dunque non potranno essere poste a fondamento della decisione del giudice neppure quando si proceda con il rito abbreviato (Cass. III, n. 25709/2011, Battaglia e altri). Quanto ai requisiti formali della delega, la giurisprudenza di legittimità è oscillante tra posizioni che richiedono, condivisibilmente, la necessaria forma scritta (Cass. II, n. 38619/2007: “la delega orale equivale a carenza di delega”) e interpretazioni più elastiche, secondo cui la prova della delega può risultare anche soltanto da una generica menzione presente nel verbale dell'atto che si assumeva delegato (in questo modo risultando “chiaramente che l'atto era eseguito a seguito di delega del pubblico ministero”), poiché si può prescindere da un provvedimento formale tranne quando si prospetti l'esigenza di verificare la natura degli adempimenti delegati e i limiti della delega, in questo caso inevitabilmente delineati dalle norme di garanzia che regolano l'atto di indagine (Cass. V, n. 14464/2011). Il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha integrato il testo dell'art. 370 c.p.p., aggiungendovi il comma 1-bis, in forza del quale, quando la persona sottoposta alle indagini e il difensore vi consentano, il pubblico ministero può disporre che l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini si svolga a distanza. La modalità a distanza, con il consenso dell'indagato e del difensore, può essere adottata anche nei casi in cui il pubblico ministero deleghi l'interrogatorio alla polizia giudiziaria, che dovrà in questo caso attenersi altresì alle prescrizioni di cui all'art. 133-ter c.p.p., anch'esso introdotto dalla su citata riforma, che disciplina le modalità e garanzie della partecipazione a distanza. Ai sensi dell'art. 160, comma 2 c.p. (come novellato dall'art. 1, comma 12, l. n. 103/2017), anche l'interrogatorio reso alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero determina l'interruzione del corso della prescrizione. L'invito a presentarsi e l'avviso al difensore Il pubblico ministero invita la persona sottoposta alle indagini a presentarsi, secondo la regola dettata dall'art. 375 c.p.p. per tutti gli atti investigativi che ne richiedono la presenza. L'invito a presentarsi deve contenere: – le generalità o le altre indicazioni personali (ad esempio il Codice Unico di Identificazione) che valgono a identificare l'indagato; – il giorno, l'ora e il luogo della presentazione nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi; – il tipo di atto per il quale l'invito è predisposto; – l'avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell'art. 132 c.p.p. l'accompagnamento coattivo, in caso di mancata presentazione senza che sia stato addotto legittimo impedimento; – la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute (indicazione che permette al destinatario di predisporre le proprie difese e può essere svolta di fatto anche da una precedente contestazione degli addebiti contenuta in un diverso atto, in parte qua equipollente all'invito a presentarsi. Cfr. Cass. VI, n. 35836/2007). L'invito può inoltre contenere, ai fini della successiva richiesta di giudizio immediato ex art. 453, comma 1 c.p.p., l'indicazione degli elementi e delle fonti di prova e l'avvertimento che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato. L'omissione di questo ulteriore avvertimento, però, non dà luogo a nullità: esso assolve esclusivamente alla funzione di evitare che l'accusato, mediante la semplice inottemperanza dell'invito a presentarsi davanti al pubblico ministero, possa ostacolare l'instaurazione del giudizio immediato (Cass. VI, n. 39452/2016). L'invito a presentarsi è notificato almeno tre giorni prima di quello fissato per la comparizione (i tre giorni, secondo la regola generale sancita dall'art. 172, comma 2 c.p.p., devono intendersi “interi e liberi”). Questo termine è più lungo rispetto al preavviso di ventiquattro ore fissato dall'art. 364 c.p.p. in via generale, in considerazione della centralità di questo atto di indagine, che richiede spesso una complessa attività di studio e di preparazione da parte del difensore. Se sussistono però particolari ragioni di urgenza, il pubblico ministero può abbreviare il termine, con l'unico limite, molto elastico, che “sia lasciato il tempo necessario per comparire” (art. 375 c.p.p.). Il rinvio ad altra data dell'espletamento dell'atto, per astensione dei difensori dalle partecipazione alle udienze proclamata dagli organismi di categoria, esclude la necessità che, per la nuova data, sia assicurato il termine di comparizione previsto dalla legge (Cass. II, n. 35616/2007). Rammentiamo che, a rigor di termini, accanto al diritto dell'indagato all'assistenza tecnica, il difensore ha il diritto al preavviso e il diritto – ma non il dovere – di assistere all'espletamento dell'atto. In sede di interrogatorio davanti al pubblico ministero, dunque, l'eventuale assenza del difensore, ritualmente e tempestivamente avvisato, non determina di per sé la nullità dell'atto per difetto di assistenza all'indagato: questa sanzione è espressamente comminata solo con riferimento alle ipotesi in cui la presenza del difensore è obbligatoria. La presenza del difensore, pur costituendo un diritto per l'indagato, non è tuttavia indispensabile secondo la giurisprudenza di legittimità. Il pubblico ministero, pertanto, non è ad esempio tenuto ad accogliere un'istanza di differimento ad altra data avanzata dal difensore di fiducia, e può anzi legittimamente procedere in assenza di quest'ultimo, senza neppure nominare in sostituzione un difensore d'ufficio (Cass. II, n. 3974/2014). Allo stesso modo, la revoca del difensore di fiducia da parte dell'indagato, con contestuale nomina di altro professionista immediatamente prima dello svolgimento dell'interrogatorio, non impedisce di dar corso all'atto, se l'avviso sia stato regolarmente notificato al difensore pro tempore, a nulla rilevando che poi l'interrogatorio si svolga in assenza del legale. In ogni caso, spetterà all'interrogato decidere se rispondere, pur in assenza del legale, od opporre agli inquirenti il proprio diritto al silenzio. Regole generali per l'interrogatorio e avvisi di legge L'interrogatorio dell'indagato è l'atto di indagine “omologo” del mezzo di prova qualificato come esame dell'imputato, proprio dell'istruttoria dibattimentale, davanti al giudice e nel contraddittorio delle parti (art. 503 c.p.p.). La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa, interviene libera all'interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione (pressioni psicologiche, velate minacce) o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti (ipotesi, molto più rare nella pratica, di ipnosi, siero della verità, etc.). Le forme di documentazione degli atti del pubblico ministero, disciplinate dall'art. 373 c.p.p., sono state del pari interessate dalla Riforma del 2022, mediante introduzione dei nuovi commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies. Per quanto in questa sede rileva, il nuovo comma 2-bis prevede oggi che la documentazione degli interrogatori e dei confronti con la persona sottoposta alle indagini (comma 1, lett. b), nonché dell'interrogatorio di persona imputata in procedimento connesso, ex art. 363 c.p.p. (comma 1, lett. d-bis), debba procedersi anche con mezzi di riproduzione audiovisiva. Se tale modalità di documentazione non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, occorrerà procedere con mezzi di riproduzione fonografica. Ai sensi del comma 2-quinquies, la relativa trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pubblico ministero. In aggiunta a quanto già prescritto dall'art. 373 c.p.p. sulla documentazione degli atti del pubblico ministero (disposizione obbligatoria anche per la polizia giudiziaria delegata), l'art. 141-bis c.p.p. impone stringenti modalità di documentazione dell'interrogatorio di una persona a qualsiasi titolo in stato di detenzione, quale forma di garanzia massima a favore di chi si trova astrattamente nella condizione di maggior soggezione possibile rispetto agli inquirenti. Anche l'art. 141-bis c.p.p. è stato modificato dal d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, e prevede oggi che ogni interrogatorio di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione, e che non si svolga in udienza, deve essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, con mezzi di riproduzione fonografica. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, con mezzi di riproduzione fonografica o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio deve essere anche redatto verbale in forma riassuntiva mentre la trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti. A differenza della previgente formulazione della norma, l'art. 141-bis c.p.p. prevede oggi in prima battuta l'utilizzo della riproduzione audiovisiva, ammettendo quella fonografica solo in caso di impossibilità. Prima che abbia inizio l'interrogatorio, ai sensi dell'art. 64, comma 3 c.p.p., la persona sottoposta ad indagini deve essere avvertita che: – e sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti. L'espresso avviso della facoltà di non rispondere è stato ritenuto dalla giurisprudenza di fatto equipollente e tale da soddisfare la previsione di legge, improntata alla funzione sostanziale di conoscenza, da parte dell'indagato, della propria posizione garantita, e non alla necessità di formule sacramentali (Cass. V, n. 14464/2011). Orientamenti più recenti sanzionano però un'eventuale omissione con la inutilizzabilità nei riguardi del dichiarante (Cass. I, n. 25613/2016); – salvo quanto concerne le proprie generalità e quant'altro può valere ad identificarla, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso; – se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'art. 197 e le garanzie di cui all'art. 197-bis c.p.p. La mancanza o l'inidoneità dei primi due avvisi, inerenti le dichiarazioni potenzialmente contra se, rende inutilizzabile l'interrogatorio. Analoghi vizi inerenti il terzo avviso sono sanzionati con la inutilizzabilità solo nei confronti di terzi delle dichiarazioni eventualmente rese e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a questi fatti, l'ufficio di testimone nella futura fase processuale (art. 64, comma 3-bis, c.p.p.). Di recente, la Corte costituzionale (Corte cost., n. 111/2023) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 3, c.p.p., nella parte in cui non prevede che gli avvertimenti ivi indicati siano rivolti alla persona sottoposta alle indagini o all'imputato prima che vengano loro richieste le informazioni di cui all'art. 21 disp. att. c.p.p., in forza del quale l'indagato (o imputato) è invitato a dichiarare se ha un soprannome o uno pseudonimo, se ha beni patrimoniali e quali sono le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale. Lo invita inoltre a dichiarare se è sottoposto ad altri processi penali, se ha riportato condanne nello Stato o all'estero e, quando ne è il caso, se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità e se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche. La Corte ha infatti ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all'art. 64 c.p.p. e all'art. 495 c.p., evidenziando che le circostanze cui si riferiscono le domande previste dall'art. 21 disp. att. c.p.p., nonostante la loro indubbia idoneità ad essere utilizzate contra reum nel corso del procedimento e poi del processo penale, non sono assistite dalle predette garanzie ex art. 64 c.p.p., con la conseguenza che la persona interessata non è posta in grado di esercitare consapevolmente il proprio diritto al silenzio e non è in alcun modo tutelata allorché tale diritto sia stato violato. È stato pertanto altresì dichiarato incostituzionale l'art. 495 c.p., che punisce il delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato che, richiesti di fornire le informazioni indicate nell'art. 21 cit., senza che siano stati loro previamente formulati gli avvertimenti di cui all'art. 64, comma 3, c.p.p., abbiano reso false dichiarazioni. L'interrogatorio nel merito Il pubblico ministero contesta all'indagato in forma chiara e precisa il fatto che gli è attribuito e gli rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lui. Se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti. È quindi obbligatorio, ad esempio, rappresentare che ci sono dei soggetti che hanno assistito alla commissione del reato e che hanno fornito una versione che implica il coinvolgimento dell'interrogato, ma è lecita in questa sede l'omissione dei loro nominativi, quando ci sia il rischio di intimidazioni o subornazioni (art. 65, comma 1 c.p.p.). L'omessa comunicazione all'indagato del contenuto di alcuni soltanto degli elementi indizianti già emersi a suo carico, che abbiano una effettiva inerenza al tema dimostrativo generale, integra una nullità di ordine generale a regime intermedio (non deducibile, quindi, in sede di giudizio abbreviato. Cfr. Cass. I, n. 5784/2015). In ogni caso, non è richiesto che l'autorità giudiziaria osservi tassativamente le modalità di contestazione sopra accennate: è essenziale soltanto che, in concreto, l'indagato abbia avuto contezza dei fatti (che può essere desunta, a posteriori, anche dalla ricostruzione da parte sua della vicenda nella sua interezza e dall'ampia ammissione di responsabilità. Cfr. Cass. III, n. 205/2007). D'altronde, un recente orientamento dubita che la previsione in tema di preventiva contestazione degli “elementi di prova” implichi che l'autorità inquirente sia obbligata a dare lettura delle “fonti di prova” anche quando proceda all'interrogatorio nel corso delle indagini preliminari. La disposizione in questione dovrebbe coordinarsi sia con l'obbligo del segreto ex art. 329 c.p.p. sugli atti di indagine sino ad allora compiuti, sia con quanto disposto dall'art. 511, comma 1 c.p.p., che riserva alla sola istruzione dibattimentale la lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento (Cass. III, n. 5738/2014). Nel caso in cui l'interrogato dichiari preliminarmente di non voler rispondere alle domande, l'autorità procedente non ha più l'obbligo di procedere alla contestazione del fatto (Cass. IV, 22206/2011). Quando invece può procedersi oltre nell'espletamento dell'atto, ai sensi dell'art. 65, comma 2 c.p.p., il magistrato invita l'interrogato ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e gli pone direttamente domande. Se costui rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale (che deve riportare anche, quando occorre, descrizione dei connotati fisici e di eventuali segni particolari del dichiarante). È ammissibile avvalersi della facoltà di non rispondere anche in modo discontinuo o intermittente, a singole domande o su specifici argomenti. La scelta del dichiarante dovrà però essere valutata sul piano della attendibilità personale e della credibilità oggettiva della narrazione. Il silenzio mantenuto dall'indagato nell'interrogatorio non può essere utilizzato come elemento di prova a suo carico, ma da questo comportamento processuale (in particolare, dalla mancata contrapposizione, rispetto ai fatti contestatigli, di una diversa versione difensiva) il giudice può trarre comunque “argomenti di prova”, utili per la valutazione delle circostanze univocamente desumibili dalle ulteriori indagini, sia pure con carattere residuale e complementare, senza determinare alcun sovvertimento dell'onere probatorio (Cass. III, n. 43254/2019; Cass. II, n. 6348/2015). Oltre al diritto al silenzio, il sistema riconosce all'indagato che decida di rispondere anche il diritto alla menzogna. L'opzione normativa è manifestamente incongrua, tenuto conto della facoltà di non rispondere e del nutrito apparato di garanzie che connotano l'atto investigativo: in questo modo, si sommano i diritti di difesa ereditati dal vecchio rito inquisitorio agli ulteriori presidi, non sempre logicamente compatibili, del nuovo processo accusatorio. Nelle grandi tradizioni criminalistiche, delle due l'una: o l'indagato è obbligato a rispondere ai suoi accusatori, e allora può difendersi anche mentendo; o invece è libero di tacere, ma se parla non può che collaborare, nella propria ottica, al perseguimento della verità (come nell'impianto giuridico nordamericano). Il principio di tassatività che regola il diritto penale sostanziale elimina ogni possibilità di estendere analogicamente singole ipotesi di reato che puniscono le dichiarazioni renitenti o mendaci, in quanto riservate ad altri soggetti processuali (in primo luogo, i soggetti richiesti di “fornire informazioni” al pubblico ministero ex art. 371-bis c.p.; nonché i testimoni, ex art. 372 c.p.; il perito e l'interprete ex art. 373 c.p.; la parte che si sottopone a giuramento in un giudizio civile ex art. 371 c.p.). Per la gran parte delle condotte rilevanti in questo senso, inoltre, opera comunque l'esimente di cui all'art. 384 c.p., in favore di chi ha commesso il fatto, costrettovi dalla necessità di salvare se stesso (o un prossimo congiunto) “da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore” (che è esattamente il rischio che corre chi potrebbe essere condannato dal giudice penale). Residuano però due fattispecie delittuose escluse dal novero di reati scriminati dal suddetto art. 384 e astrattamente suscettibili di essere perpetrati in un malizioso tentativo di autodifesa: – la simulazione di reato (art. 367 c.p.), quando l'interrogato afferma falsamente essere avvenuto un reato (ad esempio, denunciando il furto della propria autovettura sulla quale gli si contesta di avere partecipato a una rapina); – la calunnia (art. 368 c.p.), quando l'interrogato incolpa del reato a lui ascritto, o di un altro reato, una persona di cui conosce l'innocenza. In questo caso, il discrimine della penale rilevanza corre tra le dichiarazioni che non esorbitano dai limiti del diritto di difesa, causa di giustificazione ai sensi dell'art. 51 c.p., limitandosi a generiche affermazioni dirette a negare il fatto addebitatogli (Cass. VI, n. 1767/2012), e l'assunzione di ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore o un terzo nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto (Cass. VI, n. 18755/2015). |