Quesito in tema di ricostruzione dinamica incidente sul lavoroInquadramentoLa tutela penale della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro muove da un fitto reticolo di posizioni di garanzia (che non attengono al solo datore di lavoro, ma si estendono a un'ampia rosa di creditori di sicurezza) e dalla previsione progressiva di una serie di fattispecie incriminatrici che anticipano alle condotte foriere di rischio o di pericolo la penale rilevanza dei fatti e culminano con una severa sanzione, dettata per il caso in cui dall'inosservanza della normativa antinfortunistica consegua un infortunio con conseguente morte o lesioni di uno o più lavoratori. FormulaN. ... / ... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ... Proceda il consulente tecnico [1], previo esame di quanto in sequestro [2] e della documentazione agli atti (nonché della ulteriore documentazione che il medesimo consulente acquisirà ove necessario con l'ausilio della Polizia Giudiziaria) e compiuti tutti gli accertamenti del caso in riferimento all'infortunio sul lavoro occorso ai danni di ... - ad accertare se siano state osservate le norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali da parte del datore di lavoro e degli altri soggetti obbligati ad esigerne il rispetto; - all'esame della documentazione di rischio relativa al luogo di lavoro (documento di valutazione rischi, piano operativo, piano di coordinato di sicurezza, etc.), anche laddove materialmente non presente in cantiere; - all'esame della documentazione tecnica e d'uso relativa ai macchinari eventualmente interessati dall'infortunio; - alla individuazione di tutti i creditori di sicurezza, in considerazione delle concrete modalità di svolgimento dell'attività lavorativa (indicando anche l'eventuale sussistenza di rapporti di appalto-subappalto ed acquisendo copia della visura camerale dell'impresa o delle imprese interessate e i relativi organigrammi), e in genere di tutti gli eventuali altri soggetti responsabili dell'infortunio: datori di lavoro (se società con personalità giuridica, il legale rappresentante, se società di persone tutti i soci), direttori generali, dirigenti, preposti, progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori, committenti, responsabile del cantiere, coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione, rappresentante del servizio di prevenzione e protezione; - accertare la conformità delle concrete modalità di svolgimento dell'attività lavorativa rispetto a deleghe di funzioni od ordini di servizio eventualmente prodotti o esibiti, dai quali risultino attribuiti compiti di tutela, vigilanza e controllo in materia di prevenzione, sicurezza e igiene sul lavoro; - verificare l'eventuale sussistenza di pregressi altri infortuni sul lavoro eventualmente occorsi nella stessa impresa in epoca immediatamente precedente o successiva al fatto per cui si procede; - ad accertare la effettiva posizione lavorativa dell'infortunato all'interno dell'impresa (lavoratore dipendente, socio, socio-lavoratore, impiegato, apprendista, etc.), il tipo di lavoro effettivamente svolto, le modalità pratiche di esecuzione del lavoro stesso, le eventuali prassi aziendali in materia, la specifica formazione e informazione fornita al lavoratore in ordine ai rischi dell'attività lavorativa nel corso della quale si è verificato l'evento lesivo; - a ricostruire compiutamente la dinamica degli eventi, anche con adeguata ricostruzione grafica, segnalando nel dettaglio il mancato rispetto degli adempimenti in materia di formazione e informazione del lavoratore, predisposizione e consegna dei dispositivi di protezione individuale, idoneità e stato manutentivo degli impianti e delle attrezzature, comunque precisando tutte le infrazioni relative alla prevenzione infortuni e all'igiene sul lavoro rilevate nell'impresa, specificando quelle ricollegabili casualmente all'evento lesivo (con ulteriore precisazione in merito agli illeciti contravvenzionali già oggetto di prescrizioni ai sensi del d.lgs. n. 758/1994). Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia [3]. 1. Il quesito, oltre che a un consulente tecnico, può essere anche posto direttamente a competente personale della polizia giudiziaria, non necessariamente con le forme degli accertamenti ex art. 359 c.p.p. In ogni caso, risulta indispensabile il confronto con il consulente medico legale eventualmente nominato per i necessari accertamenti autoptici. 2. Ad esempio, macchinari e altre attrezzature (ponteggi, scale, etc.), interi stabilimenti o specifiche porzioni di essi, dispositivi di protezione individuale (scarpe anti-infortunistiche, guanti, caschi e occhiali protettivi, etc.), documentazione di cantiere e dell'impresa in genere. 3. Nel caso, non infrequente, di parallela consulenza medica diretta ad accertare gli esiti lesivi dell'incidente sulla persona offesa, i due consulenti dovranno necessariamente condividere una parte del proprio percorso ricostruttivo, integrando a vicenda le proprie specifiche riflessioni professionali. CommentoLa tutela penale della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro L'ordinamento, a partire dai principi cardine della Carta fondamentale (artt. 1,32,35,37,38 Cost.), riconosce come priorità assoluta la tutela dell'integrità psicofisica dei lavoratori. Il sistema si è andato evolvendo, di pari passo con l'evoluzione socio-economica che ha portato a contesti oggettivi e soggettivi di particolare complessità, passando da un'ottica legata all'abbattimento totale del pericolo (tipica dei d.P.R. n. 47/1995; d.P.R. n. 302/1956; d.P.R. n. 303/1956; d.P.R. n. 164/1956) ad un approccio più concretamente modellato sul principio comunitario di minimizzazione del rischio (d.lgs. n. 626/1994), che postula un'attività preliminare di analisi e valutazione della pluralità di fattori che possono interagire con esiti potenzialmente lesivi del bene giuridico tutelato (cfr. Scordamaglia, Il diritto penale della sicurezza del lavoro tra i principi di prevenzione e di precauzione, in dirittopenalecontemporaneo.it). La logica dell'intervento penale si basa dunque su una duplice modalità di risposta sanzionatoria: - una soglia estremamente anticipata della tutela penale (reputata adeguata ai canoni di proporzionalità e di sussidiarietà connaturati alla legislazione criminale, in ragione della delicatezza degli interessi protetti), estesa a quelle condotte, attive e soprattutto omissive, tali da porre in pericolo il lavoratore; - la previsione di delitti diretti a sanzionare l'evento di danno effettivamente verificatosi con conseguente morte o lesioni gravi o gravissime per il lavoratore. Il delitto di omissione o rimozione di cautele contro infortuni sul lavoro In primo luogo, l'art. 437 c.p. punisce chiunque ometta dolosamente di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuova o li danneggi. Allorché la condotta consista nell'omissione di cautele contro infortuni sul lavoro, il delitto presenta natura permanente sicché, nel caso in cui l'imputazione indichi il "tempus commissi delicti" con l'indicazione della data della cessazione della condotta illecita, il termine di prescrizione decorre da tale data, e non da quella di emissione della sentenza di primo grado, ferma la necessità di verificare se la permanenza sia cessata in epoca anteriore perché il dispositivo omesso sia stato collocato o non più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, perché sia stata dismessa la posizione di garanzia (Cass. IV, n. 7564/2020). Il successivo art. 451 estende la punibilità a queste medesime condotte, qualora siano sorrette dalla sola colpa (il danneggiamento è richiamato dalla locuzione “rende inservibili”; l'oggetto materiale, con uno scarto sistematico non necessario, è indicato come gli “apparecchi o altri mezzi destinati all'estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro”). Questi due reati hanno natura di delitti di pericolo, di modo che, tenuto conto della collocazione tra i delitti contro l'incolumità pubblica, sono configurabili solo quando le condotte si inseriscano in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno astratta, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro (Cass. I, n. 18168/2016. Cfr. però Cass. IV, n. 57673/2017, secondo cui il reato è integrato anche nel caso in cui il pericolo interessi soltanto il singolo lavoratore addetto alla macchina priva del dispositivo atto a prevenire gli infortuni). Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, il delitto doloso è aggravato (art. 437, comma 2, c.p.). Queste due previsioni normative, infatti, considerano situazioni tipiche, vale a dire la dolosa o colposa omissione di misure antinfortunistiche con conseguente disastro e la morte non voluta di una o più persone, distinte rispetto alla fattispecie di omicidio colposo aggravato. Le fattispecie tutelano invero interessi differenti: la pubblica incolumità e la vita umana. Poiché il danno alla persona non è neppure compreso nell'ipotesi complessa di cui all'art. 437, comma 2, c.p., costituendo effetto soltanto eventuale e non essenziale del disastro o dell'infortunio, la morte, sia pure in conseguenza dell'omissione stessa, non viene assorbita dalla suddetta fattispecie, ma costituisce il reato autonomo di cui all'art. 589, comma 2, c.p. La punizione dell'uno e dell'altro reato (il primo di mera condotta, il secondo con un evento naturalistico), pertanto, non comporta duplice condanna per lo stesso fatto e, quindi, non viola il principio del ne bis in idem (Cass. IV, n. 52511/2016). Il testo unico e la legislazione speciale Il d.lgs. n. 81/2008, più volte aggiornato e modificato, costituisce il testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (permangono, in realtà, ancora molte contravvenzioni previste da leggi speciali, relative a momenti prodromici rispetto all'espletamento della prestazione di lavoro in senso stretto: cfr., a mero titolo di esempio, l'art. 18, d.lgs. n. 276/2003, in tema di illecita somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale; l'art. 4, l. n. 628/1961, in tema di omessa comunicazione all'Ispettorato del Lavoro delle informazioni legalmente richieste; gli artt. 4 e 26, l. n. 977/1967, in tema di impiego di minori degli anni quindici; l'art. 21, l. n. 646/1982, in tema di subappalto o cottimo non autorizzato). Il testo unico, nello specifico, reca una disciplina di estremo dettaglio, nella suddetta ottica di prevenzione, con centinaia di fattispecie incriminatrici, tutte di natura contravvenzionale (la violazione delle quali costituirà, in caso di successiva verificazione di un infortunio o di una malattia e qualora un simile evento ne risulti eziologicamente collegato, la colpa specifica richiesta dalle disposizioni di cui agli artt. 589 e 590 c.p.; evidentemente il delitto e la contravvenzione concorreranno tra loro). Gli artt. 19-24, d.lgs. n. 758/1994, prevedono una particolare procedura estintiva in tema di contravvenzioni antinfortunistiche. In particolare, le contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda possono essere estinte, allorquando: - l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione (unitamente, se del caso, a specifiche misure atte a far cessare immediatamente il pericolo), fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario e comunque prorogabile, ma non superiore a sei mesi (secondo Cass. III, n. 30176/2017, la notifica del verbale di prescrizioni al datore di lavoro può avvenire anche a mezzo del servizio postale e, qualora la raccomandata non venga consegnata per l'assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, si perfeziona per compiuta giacenza); - entro sessanta giorni dalla scadenza del termine, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati, ammettendo il contravventore, in caso di esito positivo, a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa; - il contravventore esegue tempestivamente il suddetto pagamento. La tutela penale della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. I delitti di omicidio colposo e lesioni colpose aggravati dalla violazione della normativa antinfortunistica L'art. 589 c.p. punisce chiunque cagiona per colpa la morte di una persona, prevedendo la specifica aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. L'art. 590, comma 3, c.p. prevede poi altra specifica aggravante per le lesioni colpose gravi o gravissime cagionate con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. In tal caso, la procedibilità diviene officiosa, al contrario delle lesioni lievi o lievissime, per le quali permane la necessità di querela anche in caso di inosservanza della disciplina antiinfortunistica. Il debito di sicurezza Le fattispecie sopra brevemente accennate hanno, per lo più, natura colposa (ovvero, per le numerosissime fattispecie contravvenzionali, non è necessario accertare a sussistenza del dolo ai fini della sussistenza del reato). La colpa, quale “cattivo governo di un rischio”, postula in capo all'autore del fatto tipico la titolarità di un dovere di diligenza (nella sua più frequente connotazione di “posizione di garanzia”, nei reati colposi omissivi impropri, derivanti dalla clausola estensiva di cui all'art. 40, comma 2, c.p., secondo cui non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo). Il cosiddetto “debito di sicurezza” ricade in primo luogo sul datore di lavoro, ma può essere ripartito con altri soggetti titolari di obblighi di prestazioni precauzionali di diversa ampiezza e di diverso contenuto. Questa ripartizione intersoggettiva poggia sull'impostazione di base dell'attuale sistema di tutela penale, fondata sull'attribuzione di plurime responsabilità di organizzazione (cfr. Casaroli-Giunta-Guerrini-Melchionda, La tutela penale della sicurezza del lavoro. Luci e ombre del diritto vivente, Pisa, 2015). Beneficiari di questi obblighi (e quindi “creditori di sicurezza”) sono in primo luogo i lavoratori (ovverosia, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008, le persone che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. A tale figura professionale sono equiparati: il socio lavoratore di cooperativa o di società, l'associato in partecipazione; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari, il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile). Giova rammentare però come in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, appartenga al gestore del rischio anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei all'organizzazione dei lavori, anche se costoro tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata (Cass. IV, n. 38200/2016, che ha confermato la responsabilità dell'imputata, proprietaria di un appartamento nel quale erano in corso lavori di ristrutturazione, per le lesioni riportate da un vicino che, recatosi nell'immobile per eseguire un sopralluogo, era caduto in una botola priva di protezioni, precipitando nell'appartamento sottostante, nonostante anche egli avesse tenuto un comportamento imprudente percorrendo un tracciato diverso da quello indicatogli dall'imputata). In base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui che di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Cass. IV, n. 50037/2017, relativa all'assunzione di fatto degli obblighi di garanzia del datore di lavoro o del preposto da parte del dipendente che dirigeva personalmente gli operai in cantiere, dando indicazioni al lavoratore infortunato circa le modalità di esecuzione dei lavori, in difformità da quanto previsto nel piano operativo di sicurezza). In caso di subentro di un soggetto nella posizione di garanzia, a fronte di una situazione di rischio per i lavoratori riconducibile alla condotta attiva del predecessore, è configurabile la responsabilità del nuovo garante per non avere assolto all'obbligo di fornire misure di sicurezza utili ed efficaci (Cass. IV, n. 50019/2017, che ha ritenuto irrilevante il fatto che la modifica al sistema di blocco di un macchinario, causa delle lesioni riportate da un lavoratore, fosse stata apportata da altro soggetto, in epoca antecedente al suo subentro nella posizione di garanzia). I debitori di sicurezza. Il datore di lavoro Il primo responsabile della sicurezza, quale titolare della relativa posizione di garanzia in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio, è il datore di lavoro, definito dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008, come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Nelle pubbliche amministrazioni a cui si applica il testo unico, per datore di lavoro si intende “il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo”. Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Cass. IV, n. 7188/2018). Anche nelle strutture aziendali complesse, gli obblighi posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia (Cass. IV, n. 8118/2017, che ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del presidente del consiglio di amministrazione di una società per l'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancata manutenzione dei macchinari cui lo stesso era assegnato. Cfr. anche Cass. IV, n. 55005/2017, che ritiene titolari di posizioni di garanzia anche i componenti del comitato esecutivo – cosiddetto board –, ove sia ravvisabile una loro reale partecipazione ai processi decisori, cioè la loro ingerenza nelle scelte decisionali e nell'ambito operativo della società, con particolare riferimento alle condizioni di igiene e sicurezza del lavoro). La delega di funzioni, all'esito di una lunghissima esegesi giurisprudenziale, è ora disciplinata dall'art. 16, d.lgs. n. 81/2008, che ne ammette la possibilità, ove non espressamente esclusa, con i seguenti limiti e condizioni: - che risulti da atto scritto recante data certa e sia accettata dal delegato sempre per iscritto; - che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; - che attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; - che attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. La delega deve avere adeguata e tempestiva pubblicità, ma non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare a sua volta specifiche funzioni. Non sono mai delegabili da parte del datore di lavoro, ex art. 17, d.lgs. n. 81/2008: - la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del relativo documento (secondo Cass. IV, n. 27295/2016, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali e i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata); - la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. In ogni caso, la delega non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, senza che tale vigilanza debba avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni, concernendo invece la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato. Pertanto, l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato, al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo, e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni (Cass. IV, n. 22837/2016). I debitori di sicurezza. Il dirigente e il preposto Il dirigente è colui che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa. Il preposto, gerarchicamente subordinato al dirigente (ovvero direttamente al datore di lavoro, nelle imprese di ridotte dimensioni), sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. Le responsabilità del dirigente e del preposto sono iure proprio e non trovano necessariamente la propria origine nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, potendo derivare comunque dall'investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti (Cass. IV, n. 24136/2016). In base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge (Cass. IV, n. 22606/2017, relativa al rilascio di una delega priva di elementi che consentissero di verificarne con certezza l'epoca del conferimento e caducata in seguito al mutamento dell'organo di governo dell'ente). I debitori di sicurezza. Il responsabile servizio di prevenzione e protezione dai rischi Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi è costituito dalla sinergia di persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda, finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori (attività declinata, nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali, intesi come probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione). Questo servizio è coordinato da un responsabile (RSPP), designato dal datore di lavoro (a cui risponde), tra i soggetti in possesso di adeguate capacità e requisiti professionali. Può essere coadiuvato a sua volta da uno o più addetti al servizio di prevenzione e protezione. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è tenuto ad adempiere all'obbligo di valutazione e prevenzione del rischio in conformità alle previsioni normative in materia, segnalando al datore di lavoro ogni situazione pericolosa e formulando specifiche e tassative prescrizioni tecniche vincolanti per tutti i soggetti destinati ad operare nella struttura aziendale e sui macchinari ivi presenti, a prescindere dalle specifiche conoscenze e capacità dei singoli operatori (Cass. IV, n. 40718/2017, che ha confermato la responsabilità del RSSP in ordine al reato di lesioni colpose cagionate a una lavoratrice, per avere omesso di valutare il rischio connesso all'uso di una macchina tritacarne sprovvista della necessaria protezione, anche se al momento della redazione del documento di valutazione dei rischi l'unico possibile utilizzatore della macchina fosse il titolare della ditta, a conoscenza del predetto rischio). La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità (Cass. IV, n. 24958/2017, che ha precisato come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolga un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro e sia privo di effettivo potere decisionale). I debitori di sicurezza. Il coordinatore della sicurezza Il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori svolti in un cantiere, temporaneo o mobile, è il soggetto incaricato dal committente o dal responsabile dei lavori, in fase di progettazione (CSP, che, ex art. 91, d.lgs. n. 81/2008, redige il piano di sicurezza e coordinamento e predispone un fascicolo adattato alle caratteristiche dell'opera, con le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori) o in fase di esecuzione (CSE che, ex art. 92, d.lgs. n. 81/2008, verifica l'idoneità e l'attuazione del piano di sicurezza e la corretta applicazione delle procedure di lavoro, organizza tra i datori di lavoro la cooperazione ed il coordinamento e la reciproca informazione). Egli è titolare di compiti di alta vigilanza, nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Cass. IV, n. 45862/2017, che ha riconosciuto la responsabilità del coordinatore per le lesioni subite da un lavoratore, in ragione dell'inidoneità del piano operativo di sicurezza predisposto dall'impresa, che non contemplava specifiche misure contro il rischio di caduta attraverso lucernari, indicato nel piano di sicurezza e coordinamento). Questa funzione ha però ad oggetto esclusivamente il rischio per l'ipotesi in cui i lavori contemplino l'opera, anche non in concomitanza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione o interferenza, e non il sovrintendere, momento per momento, alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal piano operativo di sicurezza (Cass. IV, n. 34869/2017, che ha annullato con rinvio la sentenza di condanna del coordinatore per la sicurezza dei lavori, per l'infortunio occorso a un lavoratore di una ditta esterna intento allo smontaggio di pannelli mentre si trovava su un trabattello con ruote, poiché non era stata verificata la ricorrenza di un rischio derivante dalla interferenza di lavorazioni riconducibili a ditte diverse sul luogo di lavoro. Conforme anche Cass. IV, n. 458353/2017, che ha sottolineato la funzione di autonoma vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni, diversa dal puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative come il datore di lavoro, dirigente, preposto). Gli altri debitori di sicurezza Il sistema per la sicurezza delineato dal testo unico pone accanto al datore di lavoro e agli altri debitori di sicurezza sopra brevemente illustrati un ulteriore ventaglio di garanti, dal ruolo sempre necessario oppure meramente eventuale: - il medico competente (che collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed effettua la sorveglianza sanitaria); - fabbricanti, fornitori, progettisti; - il committente (che, nei cantieri temporanei o mobili in cui sia prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese esecutrici, ha l'obbligo di elaborare il documento unico di valutazione dei rischi, di nominare il coordinatore per la progettazione dell'opera - CSP, di nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori - CSE. Cfr. Cass. IV, n. 10544/2018, che ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità, per il reato di omicidio colposo, degli amministratori della società committente dei lavori, in conseguenza dell'infortunio sul lavoro occorso a un dipendente della società alla quale la subappaltatrice della prima affidataria dei lavori aveva a sua volta subappaltato i lavori, in ragione della mancata nomina del CSE e delle gravissime carenze dei POS delle imprese esecutrici. Secondo Cass. IV, n. 7188/2018, il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini). |