Quesito in tema di accertamenti tossicologici (natura di sostanza stupefacente, tipologia e percentuale di sostanze da taglio)

Angelo Salerno

Inquadramento

Oltre ai controlli preliminari ad opera della polizia giudiziaria (cosiddetto narcotest), nei procedimenti per violazioni del testo unico sugli stupefacenti è sempre assolutamente opportuno disporre adeguati accertamenti tecnici che permettano di verificare ogni dato utile in merito all'oggetto materiale delle condotte di produzione, detenzione e traffico: natura della sostanza e sua riconducibilità all'elenco aggiornato degli stupefacenti, percentuale di principio attivo, tipologia e percentuale di sostanze da taglio.

Formula

N..... /.... R.G.N.R.

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI....

Accerti il consulente tecnico [1], esaminati i reperti in sequestro e gli atti del fascicolo e compiuti tutti gli accertamenti del caso,

– se la quantità delle sostanze in sequestro consenta la ripetibilità delle operazioni (viceversa, in caso di materiale sufficiente per un solo esame e comunque in caso di irripetibilità, anche per uno solo dei reperti, si arresteranno le operazioni e si darà tempestiva comunicazione a questo Ufficio) [2] ;

– quale sia l'esatto dato ponderale, prima e dopo gli accertamenti [3], la composizione e la natura delle sostanze in sequestro, anche in riferimento alla presenza di eventuali additivi, indicandone le percentuali [4] ;

– se le stesse debbano considerarsi “stupefacente o psicotrope” ai sensi dell'art. 14 e delle tabelle I, II, III e IV, d.P.R. n. 309/1990;

– se i reperti (specificare quali particolari sostanze in sequestro, per esempio richiamando per relationem il relativo verbale di sequestro) siano del medesimo tipo e della medesima provenienza dei reperti (specificare analogamente le distinte sostanze acquisite agli atti), ovvero presentino comunque rilevanti affinità con essi, con riserva di inviare ulteriore materiale di comparazione [5].

Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia.

[1]Il quesito, oltre che a un consulente tecnico, può essere anche posto direttamente a competente personale della polizia giudiziaria, non necessariamente con le forme degli accertamenti ex art. 359 c.p.p.

[2]La ripetibilità dell'accertamento consente agli inquirenti di mantenere il riserbo sulle investigazioni in atto, laddove la doverosità di avviso in caso di accertamenti non ripetibili (ad esempio, in caso di residui di polvere repertati su uno specchio o sul fondo di una bustina) impone loro al contempo una almeno parziale discovery degli atti e delle strategie.

[3]Gli esami chimici sulle sostanze ne consumano necessariamente una porzione minima.

[4]Il peso netto globale dello stupefacente, al lordo dell'involucro (ad esempio, bustina di cellophane), è costituito dal principio attivo (la parte farmacologicamente attiva della sostanza; quella che ha, come si dice, “efficacia drogante”) e dagli eccipienti, adulteranti e sostanze da taglio varie.

[5]Accertamenti diretti a verificare se più partite di stupefacenti hanno la stessa provenienza e possono pertanto in ipotesi essere attribuite ai medesimi fornitori, avendo seguito la stessa filiera.

Commento

Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope

Qualsiasi uso, anche personale, di sostanze stupefacenti e psicotrope è sanzionato dall'ordinamento. L'abolizione referendaria del 1993 del primo comma dell'art. 72, d.P.R. n. 309/1990 (“È vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall'art. 14. È altresì vietato qualunque impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope non autorizzato secondo le norme del presente testo unico”), formalizzata dal d.P.R. n. 171/1993, non ha infatti inciso sul successivo art. 75, se non per l'abolizione del parametro della dose media giornaliera. Nonostante il valore di manifesto dell'esito positivo della consultazione popolare sul punto, resta dunque ferma l'illiceità di qualunque condotta, anche semplicemente detentiva e finalizzata all'esclusivo uso personale, avente ad oggetto sostanze stupefacenti (punto di forza ideologico della legge Iervolino-Vassalli, in consapevole controtendenza con la non punibilità del semplice consumatore prevista dall'art. 80, l. n. 685/1975).

Questa illiceità, secondo una pragmatica scansione criminologica e giuridica, viene ad essere così disciplinata (tanto prima, quanto dopo il referendum), declinando le varie risposte repressive sulla base della gravità dei fatti e della pericolosità dei rei:

– condotte detentive finalizzate all'uso personale: sanzioni amministrative, nei termini di cui all'art. 75, d.P.R. n. 309/1990;

– condotte di detenzione per uso non esclusivamente personale, produzione e cessione qualificabili come “di lieve entità”: sanzione penale (relativamente) mite;

– condotte di detenzione per uso non esclusivamente personale, di produzione e di cessione “ordinarie” e comunque non qualificabili come di lieve entità: sanzione penale di una certa consistenza;

– condotte di detenzione, produzione e cessione aggravate per l'ingente quantità o comunque ai sensi dell'art. 80, d.P.R. n. 309/1990: sanzione penale fino ai massimi ordinamentali.

La destinazione ad uso personale dello stupefacente detenuto (non di quello prodotto o ceduto) è dunque la soglia di irrilevanza penale.

Il fatto di reato previsto dal primo comma dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 (all'esito di Corte cost. n. 32/2014) risulta la fattispecie paradigmatica su cui parametrare le disposizioni di cui ai successivi commi 4 (relativo alle sostanze stupefacenti o psicotrope indicate nelle tabelle II e IV: le cosiddette “droghe leggere”) e 5 (che regola i fatti “di lieve entità”).

La disposizione incriminatrice ha natura giuridica di norma a più fattispecie: conseguentemente, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dal medesimo soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Cass. III, n. 9477/2009). La fattispecie è dunque come evidente reato formale o di mera condotta, non essendo previsto alcun evento naturalistico (Cass. V, n. 8163/2010).

L'elemento psicologico è integrato dal semplice dolo generico (appare un rafforzamento del tutto pleonastico l'inciso “per qualunque scopo”, evidentemente diretto ad escludere qualsiasi speciosa interpretazione che individuasse una qualche implicita previsione di dolo specifico, sigillando così la necessità e sufficienza della mera coscienza e volontà della condotta delittuosa).

Le singole condotte

Tutte le fattispecie incriminatrici sono reati comuni, potendo essere commessi da “chiunque”.

L'art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, enumera una lunga congerie di condotte, che con una minima volontà di ricostruzione sistematica e sulla scia di risapute categorie sociologiche e criminologiche, è possibile distinguere tra:

– condotte di produzione: coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione;

– condotte di cessione: vendita, offerta o messa in vendita, cessione, distribuzione, commercio, intermediazione, invio, passaggio o spedizione in transito, consegna;

– condotte di detenzione per uso non esclusivamente personale: ricezione, acquisto, trasporto, esportazione, importazione, detenzione.

Giova sottolineare ancora una volta come, mentre le condotte di produzione e di cessione presentino sempre rilievo penale, avendo comunque l'effetto di incrementare il mercato di spaccio e in ogni caso il consumo, le condotte detentive vengano sanzionate soltanto in via amministrativa, ai sensi del successivo art. 75, laddove poste in essere “per uso personale” (Cass. S.U., n. 25401/2013 ha precisato che il riferimento all'uso “esclusivamente” personale, non aveva a suo tempo introdotto una ulteriore restrizione rispetto alla precedente dizione “uso personale”, ribadendo che la non punibilità riguarda solo i casi in cui la sostanza non sia destinata a terzi, ma all'utilizzo personale, se del caso anche in gruppo).

La distinzione tra detenzione per uso personale e detenzione per uso non personale (o non soltanto personale) rappresenta uno dei topoi della letteratura in materia e uno dei più frequenti banchi di prova della pratica giudiziaria. In questa sede, può soltanto ricordarsi l'estrema frammentarietà della casistica dei tribunali e delle corti (e, prima ancora degli uffici inquirenti e persino della polizia giudiziaria), mai completamente superata (cfr. Opilio-Portelli, Disciplina delle sostanze stupefacenti. L'illecito penale e amministrativo, Padova, 2008, 41 ss., che parlavano addirittura di una presunzione relativa contra reum).

L'oggetto materiale della condotta

Le sostanze stupefacenti presenti sul mercato italiano e internazionale sono innumerevoli e diversissime per origine (vegetale, semisintetica o sintetica), modalità di assunzione (ingestione, inalazione, fumo, endovena, masticazione, etc.), effetti e conseguenze, stili di vita connessi (cfr. Bertol-Lodi-Mari-Marozzi, Trattato di tossicologia forense, Padova, 2000, che evidenzia preliminarmente, 225-226, come il termine “droga”, solitamente usato nel linguaggio corrente, sia ricusato dagli studiosi in quanto ambiguo e comunque atecnico e specifica come, con “psicotropa”, si indichi una sostanza “capace di influire sui processi psichici dell'uomo e sulla condotta degli animali, della quale si può abusare a scopo volontario”, mentre molto più impalpabile scientificamente risulti la nozione di “stupefacente”, continuamente modificata dalle nuove immissioni in terapia di farmaci con particolari effetti fisio-comportamentali; appare, in conclusione, corretto evitare imprecise formule definitorie e invece “riferirsi alle sostanze incluse in appositi elenchi ufficiali nazionali ed internazionali”).

L'ordinamento italiano non contiene una definizione farmacologica di sostanza stupefacente o psicotropa, limitandosi a specificare i criteri in base ai quali il ministero della salute dovrà predisporre (e poi aggiornare) le relative tabelle. Il sistema, pertanto, si basa su una nozione legale di sostanza stupefacente: hanno rilevanza penale tutte quelle sostanze e soltanto quelle sostanze indicate nelle tabelle.

Conseguenza inevitabile del principio tabellare è che l'azione di contrasto istituzionale si trova ad inseguire di continuo le evoluzioni scientifiche o sociologiche del milieu della tossicodipendenza e del narcotraffico: i costanti aggiornamenti ministeriali degli elenchi hanno lo scopo di impedire che si creino delle fasce di impunità per sostanze non ancora conosciute dai mercati locali (ad esempio, il cosiddetto khat o qāt, catha edulis, in origine alcaloide diffuso quasi soltanto tra le comunità yemenite e del Corno d'Africa, per ragioni di risalente retaggio culturale) ovvero per nuove molecole con diversa composizione chimica (le costanti riproposizioni di prodotti sintetici di ultima generazione, con effetto lisergico/amfetaminico).

Fintanto che le sostanze non sono incluse nelle tabelle, la loro produzione/cessione/detenzione è lecita; si parla correntemente in tali casi di smart drugs ovvero di “droghe furbe” (cfr. Giusti (a cura di), Trattato di medicina legale e scienze affini, Padova, 2008, 70-77).

In ogni caso, deve riprendere efficacia, dopo l'intervento della Consulta, la summa divisio tra cosiddette “droghe pesanti” e cosiddette “droghe leggere” o, meglio, per restare correttamente ancorati al dato positivo, tra le sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 ed alle tabelle I e III (oppiacei ed analgesici di sintesi, coca e cocaina, allucinogeni, anfetaminici e amfetamino-simili, alcune benzodiazepine e alcuni barbiturici) e quelle di cui all'art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 ed alle tabelle II e IV (cannabici, alcune benzodiazepine e alcuni barbiturici).

Nella prassi gli operatori procedono nell'immediatezza ad un primo esame orientativo sulla natura della sostanza, mediante reagenti (cosiddetto narcotest, idoneo a meri esami qualitativi), riservando al prosieguo gli accertamenti definitivi. In ogni caso, appare censurabile la prassi di esercitare l'azione penale senza avere verificato, se non superficialmente la effettiva consistenza della sostanza mediante specifiche analisi chimiche. Del tutto condivisibile, dunque, l'orientamento di legittimità che impone sempre l'accertamento del principio attivo, anche quando venga riconosciuta l'attenuante del fatto di lieve entità (Cass. VI, n. 16154/2011).

In ogni caso, la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero su adeguati campioni di sostanza stupefacenti non costituisce accertamento irripetibile, dal momento che queste sostanze conservano nel tempo le proprie intrinseche caratteristiche e possono pertanto, ove necessario, essere sottoposte a nuovo esame (Cass. IV, n. 53547/2017).

L'ipotesi di lieve entità

Secondo l'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito, con pene significativamente ridotte rispetto alle ipotesi ordinarie, chiunque commette uno dei fatti previsti dai precedenti commi 1 e 4 che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità.

La modifica di questo comma, avvenuta con d.l. n. 36/2014, aveva lo scopo evidente ed esplicito di costruire una fattispecie autonoma di reato. Questo obiettivo, per quanto perseguito con mezzi tali da indurre perplessità, è stato di fatto raggiunto. Invero, da un lato, i principi generali imporrebbero di dubitare che, mantenendo fermi il soggetto attivo, la condotta, il dolo e l'oggetto materiale e variando rispetto alla fattispecie principale soltanto elementi secondari e accidentali (qualità e quantità delle sostanze; mezzi, modalità e circostanze dell'azione), attinenti in definitiva alla offensività del fatto, si sia dato vita ad una fattispecie autonoma di reato. Purtuttavia, anche per chi non attribuisca soverchio valore all'intentio legis, l'iniziale clausola di salvaguardia pesa non poco nell'escludere la natura di semplice circostanza e, in ogni caso, l'opinione pressoché unanime dei primi commentatori è stata nel senso di qualificare il “fatto di lieve entità” come ipotesi autonoma di reato. Ad ogni buon conto, pare dirimente, e in ogni caso costituisce “diritto vivente”, l'immediata e monolitica presa di posizione in tal senso della suprema corte (Cass. VI, n. 14288/2014; Cass. IV, n. 7363/2014; Cass. VI, n. 2295/2014; Cass. IV, n. 10514/2014; Cass. IV, n. 13903/2014).

Permane, tuttavia, l'assimilazione dal punto di vista sanzionatorio di tutte le varie tipologie di stupefacenti, laddove le fattispecie principali conoscono (nuovamente, dopo il citato intervento dei giudici costituzionali) due forbici edittali di gran lunga diverse per le cosiddette “droghe leggere” e le cosiddette “droghe pesanti”.

Resta, dunque, unico elemento di specificazione la “lieve entità” del fatto.

I fatti si connotano come di lieve entità, secondo la chiara lettera della legge, per

– i mezzi;

– la modalità o le circostanze dell'azione;

– la qualità e quantità delle sostanze.

Da tali dati, quindi, occorre muovere.

Il riconoscimento di questa ipotesi, in definitiva, muoverà da una adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a tali elementi (primi dei quali, quantomeno nella prassi, il dato ponderale, la tipologia di sostanza e il grado di purezza), così da pervenire a un'affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena. La configurabilità dell'ipotesi lieve, dunque, non può essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze detenute o cedute e la natura non occasionale dell'attività di spaccio, astraendo tali elementi dalla ricostruzione fattuale nella sua interezza, fondata su una razionale analisi riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze (Cass. VI, n. 1428/2017. Il precedente orientamento affermava, al contrario, che quando anche uno solo degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione diviene ultronea. Cfr. in termini, Cass. S.U., n. 35737/2010; Cass. VI, n. 39977/2013).

In quest'ottica, è legittimo il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità, quando l'attività di spaccio si sia svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un'apprezzabile zona del territorio, l'impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l'accertata reiterazione delle condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze stupefacenti, pur se in quantitativi non rilevanti, siano sintomatiche della capacità dell'autore di diffondere in modo sistematico sostanza stupefacente (Cass. VI, n. 3363/2017). Con particolare riferimento alla detenzione di sostanze stupefacenti di diversa natura, si è registrato nel 2018 un intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno chiarito che tale eventualità non è de plano ostativa alla configurabilità dell'ipotesi di lieve entità, essendo necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, alla luce di tutti gli indici sintomatici previsti dall'art. 73, comma 5, al fine di determinare la lieve entità del fatto. Qualora, inoltre, il fatto complessivamente considerato presenti caratteri di lieve entità, la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti di natura leggera e pesante, integrerà un unico fatto di lieve entità e non già una pluralità di reati in concorso formale tra loro (Cass. S.U., n. 51063/2018).

In tema di concorso va sottolineato un evidente contrasto giurisprudenziale fra l'indirizzo che ritiene possibile ascrivere il medesimo fatto storico ad un imputato ai sensi dell'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 e ad un altro a norma dell'art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R., qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta assuma caratteri differenti per ciascun correo (Cass. III, n. 20234/2022; Cass. III, n. 16598/2020) e l'indirizzo che, invece, non ritiene possibile la diversa qualificazione giuridica del fatto, stante l'unicità del reato in cui si concorre (Cass. IV, n. 30233/2021; Cass. IV, n. 34413/2019). La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza della Terza Sezione penale (Cass. III, ord. n. 20563/2022), che hanno tuttavia restituito gli atti alla Sezione rimettente con provvedimento del 7 giugno 2022.

Recentemente la Suprema Corte si è espressa sulla compatibilità fra l'aggravante di cui all'art. 80, comma 1 lett. a), d.P.R. n. 309/1990 e l'ipotesi attenuata del fatto di lieve entità, purché i parametri di giudizio contemplati da quest'ultima norma abbiano una maggiore forza compensativa rispetto alla suddetta aggravante, denotando mera occasionalità del fatto ovvero l'assenza di particolari accorgimenti, quali la predisposizione di mezzi o metodologie di spaccio insidiose e di più difficile accertamento (Cass. VI, n. 14592/2021).

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