La negoziazione assistita in materia familiare dopo la riforma Cartabia

Francesco Bartolini
06 Settembre 2023

La riforma ha risolto il quesito riguardante l'obbligo pertinente al P.M. di provvedere all'ascolto quando il nulla osta richiestogli ha ad oggetto accordi riferiti a figli minori.
Inquadramento

La riforma del processo civile comunemente indicata come “Riforma Cartabia” ha interessato non soltanto le norme del codice di procedura civile ma in misura rilevante anche diverse leggi speciali recanti disposizioni di natura processuale. Anche in questo particolare settore le innovazioni hanno riguardato soprattutto la disciplina dei rapporti di famiglia, latamente intesi, aventi ad oggetto le relazioni tra i coniugi e quelle delle coppie conviventi, i doveri dei genitori e i diritti della prole, gli obblighi assistenziali e quelli economici, il disconoscimento del figlio e l'adozione. In questo quadro è stata inserita la rivisitazione della mediazione e della negoziazione assistita quali strumenti di composizione delle controversie prima dell'intervento del giudice e, su un piano più particolare, quali specifiche procedure accessibili nell'ambito dei contrasti familiari. Interessano in questa sede le modifiche apportate al testo dell'art. 6 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014, recante la normativa sulla negoziazione familiare.

Le modifiche della legge delega

La riforma vera e propria è stata preceduta da interventi operati dalla l. n. 206/2021. Essa ha ampliato l'ambito di applicazione della negoziazione familiare con l'estenderne la disponibilità agli accordi relativi alle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori dal matrimonio, alle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori dal matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate; ala quantificazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente; ed alla quantificazione e modificazione del diritto agli alimenti tra i soggetti di cui all'art. 433 c.c. L'effetto dell'intervento (comma 1-bis aggiunto all'art. 6 d.l. n. 132/2014) è stato importante, dato che l'originaria destinazione della negoziazione familiare era circoscritta alle sole questioni tra coniugi, per la loro separazione, il divorzio e la modifica delle condizioni stabilite in tali occasioni. Essa fu allargata alle unioni civili e alle convivenze di fatto dalla l. n. 76/2016 (art. 1, comma 25) e a queste, dunque, deve ritenersi estesa la modifica successivamente dovuta alla l. n. 206/2021 riguardante i figli e il diritto agli alimenti.

Le modifiche del decreto di riforma

Il d.lgs. n. 149/2022, ha operato modifiche su due piani, l'uno di diritto sostanziale e l'altro di natura prettamente procedurale.

E' connaturato al contenuto degli accordi di negoziazione che di esso facciano parte le pattuizioni riguardanti l'assetto economico conseguente alla separazione e al divorzio, prima tra esse la determinazione dell'assegno da corrispondere al coniuge o al convivente. Il provvedimento di riforma ha precisato che le parti possono stabilire tra loro la corresponsione di un assegno in unica soluzione (la così detta “una tantum”). Si tratta di una facoltà che poteva essere considerata di per sé compresa tra le alternative lasciate agli interessati quanto ai modi di regolazione dei loro interessi disponibili e in questo senso poteva additarsene la superfluità. Ma la nuova norma impone una severa condizione di assunzione di responsabilità professionale. Gli avvocati (che devono essere almeno uno per parte) devono attestare l'equità dell'accordo mediante certificazione della pattuizione: in proposito la disposizione rinvia all'art. 5, comma 8, della legge sul divorzio ma il richiamo è privo di indicazioni diverse da quelle che si desumono dal testo per implicito: l'attestazione tiene luogo di quella che sarebbe stata di spettanza del tribunale e implica pertanto le medesime valutazioni.

Sempre sul piano sostanziale la riforma ha precisato che gli eventuali patti di trasferimento immobiliare contenuti negli accordi hanno effetti obbligatori. Essi, cioè, non comportano il diretto trasferimento del diritto reale ma valgono a creare tra gli interessati l'obbligo di concludere il vero e proprio atto traslativo. Il fatto che la negoziazione costituisca una fattispecie del tutto rimessa all'autonomia privata spiega la ragione del limite apposto all'efficacia degli accordi negoziati. Limite che non sussiste nei casi di separazione e di divorzio consensuali soggetti all'omologazione del tribunale. Per queste fattispecie il controllo dell'autorità giurisdizionale giustifica una realtà diversa, così descritta dalle Sezioni Unite: “Le clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 /1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (sent. n. 21761/2021).

Sotto il profilo procedurale la riforma ha chiarito che la trasmissione dell'accordo al P.M., per il suo nulla osta, va effettuata in forma telematica e uguale modalità deve essere utilizzata per la comunicazione del nulla osta agli avvocati di tutte le parti. Ed ha aggiunto un onere delicato per gli avvocati, che devono trasmettere senza indugio a mezzo posta elettronica certificata o simile modalità l'accordo munito di nulla osta o di autorizzazione al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati. In questo modo l'accordo è formalmente conservato per quanto occorra (ad esempio, rilascio di copie autentiche); ma di esso è anche consentito il controllo ad opera dell'organo locale di disciplina dell'avvocatura.

Il Giudice

Una innovazione significativa ha riguardato la competenza dell'autorità giudiziaria per quanto concerne i limitati provvedimenti da richiedere ad essa nel corso della procedura di negoziazione familiare.

In proposito l'art. 6 d.l. n. 132/2014 individua il P.M. cui richiedere il nulla osta come l'organo istituito presso “il tribunale competente”, senza ulteriori specificazioni. Tale tribunale si è ritenuto essere, per la negoziazione in materia di separazione, quello del luogo dell'ultima residenza dei coniugi, in base al disposto dell'art. 706, comma 1, c.p.c.; e, per il divorzio, quello del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge ai sensi dell'art. 4, comma 1, l. n. 898/1970. Entrambe le disposizioni restano in vigore soltanto per i procedimenti pendenti alli 28 febbraio 2022; per i procedimenti instaurati dopo tale data occorre attualmente fare riferimento alle norme dettate per il rito unificato disciplinato dagli artt. 473-bis e ss. c.p.c. Queste norme infatti si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie con la sola esclusione dei procedimenti di adottabilità, di adozione di minori e in tema di stranieri. In prospettiva, il tribunale per i procedimenti in materia di stato delle persone, di minorenni e di famiglia sarà l'organo preposto in modo preminente, se non esclusivo, alla loro trattazione. E sebbene la negoziazione familiare non costituisca un procedimento giurisdizionale, non sembra possa dubitarsi che, nel momento in cui è richiesto l'intervento dell'autorità giudiziaria, questo debba poi assumere le forme, i tempi e i modi prescritti per l'esercizio della relativa attività.

La competenza, dunque, spetta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'una o dell'altra parte (art. 473-bis.51 c.p.c.).

Questioni risolte e irrisolte

La riforma ha risolto il quesito riguardante l'obbligo pertinente al P.M. di provvedere all'ascolto quando il nulla osta richiestogli ha ad oggetto accordi riferiti a figli minori. La normativa, infatti, riservava l'ascolto al giudice. Si è stabilito sul punto che quando ne ricorre l'opportunità il P.M. trasmette l'accordo ricevuto al presidente del tribunale per i provvedimenti opportuni. Di conseguenza, l'ascolto è ufficialmente entrato nella procedura di negoziazione familiare ma il suo esperimento resta affidato al giudice.

Non è stata colta l'occasione per chiarire, invece, cosa debba intendersi per le “irregolarità” che, se ravvisate, risultano ostative al rilascio del nulla osta. Ci si è chiesti se la valutazione autoritativa si estenda al merito delle pattuizioni o se debba riguardare soltanto gli aspetti formali e il più ampio parametro dell'ordine pubblico. L'ammettere il controllo nel merito significherebbe attribuire al P.M. un potere che sarebbe spettato istituzionalmente al giudice ove non si fosse perseguita la negoziazione. D'altro canto, un apprezzamento meramente formale svuoterebbe di ogni significato l'adempimento obbligatorio delle parti. Né si è specificato se il rifiuto del nulla osta sia impugnabile, e in che modo, anche se il problema di una contestazione può trovare soluzione nella ripresentazione dell'accordo modificato secondo le indicazioni ricevute. Questione ulteriore rimasta da risolvere è quella che attiene alla valutazione ad opera del P.M. dell'interesse del minore. Alla Procura è trasmesso un accordo: senza previsione che siano indicati gli elementi di fatto utili a collocarlo in un contesto preciso per apprezzarne il contenuto e le conseguenze per la prole. Il rigore non solo formale della riforma può indurre a pensare che sia sempre necessaria, anche a proposito della richiesta di nulla osta o di autorizzazione nella negoziazione assistita, la produzione della documentazione indicata dall'art. 473-bis.12, secondo comma, quando la domanda al P.M. ha oggetto un contributo economico (dichiarazioni dei redditi, titolarità dei diritti reali su immobili e mobili registrati, estratti conto bancari e finanziari) o in presenza di minori (piano genitoriale.) Una siffatta soluzione appare forse eccessiva nel contesto di una consensualità di sistemazione di rapporti. Meglio sarebbe lasciare agli avvocati il compito di munire l'accordo di una relazione illustrativa che, oltre a testimoniare l'equità delle pattuizioni, indichi le ragioni in forza delle quali la negoziazione è giunta al suo risultato positivo.

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