Opposizione di terzo: legittimazione attiva degli eredi dell'opponente nell'ambito dell'opposizione a decreto ingiuntivo

08 Settembre 2023

L'erede pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo ordinaria. Mentre, a sua volta, la legittimazione ad causam dei suoi eredi dipende dalla accettazione o meno con beneficio d'inventario.
Massima

In tema di opposizione di terzo degli eredi avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio introdotto da o contro il de cuius, la legittimazione all'opposizione ordinaria va riconosciuta all'erede pretermesso in seguito all'emersione nel processo del fatto del decesso della parte originaria, trattandosi di litisconsorzio processuale, che impone al giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario non presente in giudizio, mentre, dall'altro lato, legittima quest'ultimo ad impugnare la relativa sentenza, emessa a contraddittorio non integro, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 1. Ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo (in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta), la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali, siccome oggetto della decisione opposta, con quella del de cuius, determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo de cuius.

Il caso

La pronuncia giudiziale in oggetto riguarda una opposizione a decreto ingiuntivo, in cui l'opponente, nelle more del giudizio, decede. Le sue tre figlie si costituiscono in giudizio tramite un institore e l'opposizione si conclude con una condanna parziale. Il creditore notifica la sentenza e il precetto non solo alle tre figlie ma anche alla moglie del defunto, anch'ella erede, ma pretermessa nel processo di opposizione a decreto ingiuntivo. La moglie del de cuius, a sua volta, viene a mancare e le figlie ricorrono in Cassazione sia in qualità di eredi del padre che in qualità di eredi della madre, sostenendo di essere legittimate all'opposizione di terzo, avendo ereditato la posizione giuridica della genitrice.

La questione

L'erede pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo ordinaria. Mentre, a sua volta, la legittimazione ad causam dei suoi eredi dipende dalla accettazione o meno con beneficio d'inventario.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha fornito una soluzione interpretativa che si pone sul solco della giurisprudenza maggioritaria in materia di successione ereditaria con dirette implicazioni in ambito processuale e di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.

Osservazioni

L'art. 404 comma 1 c.p.c. prevede il rimedio dell'opposizione di terzo ordinaria, senza termini preclusivi, a favore del terzo contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti.

La Suprema Corte ha affermato il principio che, qualora sia emerso nel corso del processo il decesso di una delle parti e la riassunzione o la volontaria costituzione in prosecuzione di uno o taluno dei coeredi, il giudice, avendo conoscenza processuale di detto evento, deve ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti di altri eventuali eredi. Infatti, afferma la Corte, che l'erede pretermesso: “quand'anche avesse avuto conoscenza del processo e si fosse astenuta dal costituirsi in esso, non avrebbe potuto subire conseguenze negative in ordine alla perdita della legittimazione ad opporre la relativa sentenza, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 1, atteso che il coerede pretermesso non ha l'obbligo di dar corso alla costituzione in prosecuzione, potendo tale sua colegittimazione essere conosciuta dalla controparte del suo de cuius, la quale, come già detto, anche di fronte alla costituzione in prosecuzione di soggetti che si qualifichino eredi, deve attivarsi ed accertare se ve ne siano altri”, i quali non perdono la sua legittimazione “non ostante siano consapevoli che si sta svolgendo il processo inter pauciores, cioè senza la sua partecipazione necessaria”.

In effetti, il giudice di legittimità, ritiene che la Corte d'Appello ha erroneamente sostenuto l'insussistenza dell'allegazione e della prova di un pregiudizio che ne sia derivato all'erede pretermesso dalla sentenza impugnata, in quanto “nell'evocare la necessità della dimostrazione del pregiudizio effettivo conseguente alla ritenuta pretermissione del litisconsorte necessario, il giudice di appello ha omesso di considerare che il predetto pregiudizio doveva ritenersi già insito nella violazione del suo diritto al contraddittorio”.

In buona sostanza il pregiudizio a cui si riferisce l'art. 404 comma 1 c.p.c. non è soltanto sostanziale, ma anche processuale, in quanto può scaturire, come nella specie, dalla violazione del principio del contraddittorio, che determina la violazione del diritto fondamentale di difesa, alla luce di un dovere di diligenza processuale che incombe sulla controparte che intende far valere un proprio diritto di credito nei confronti del de cuius, prima, e dopo il decesso, degli eredi.

Al contrario, qualora il processo si fosse chiuso senza che fosse emerso, come fatto processuale, l'evento della morte della parte originaria, la sentenza sarebbe stata emessa nei suoi confronti legittimamente, e le eredi, quali successori in universum ius, avrebbero dovuto gravarla con impugnazione ordinaria.

In tale diversa situazione, nessuna delle coeredi avrebbe potuto considerarsi terza agli effetti dell'art. 404 c.p.c., comma 1, poiché, come sancisce la Suprema Corte, “la sentenza, in quanto pronunciata nei confronti del de cuius, necessariamente si sarebbe dovuta intendere pronunciata con effetto rispetto a tutte, essendo esse coeredi. Le stesse, in quanto subentrate nella medesima situazione giuridica del defunto, e dunque non titolari di un diritto autonomo ma di un diritto "derivativo", avrebbero potuto essere eventualmente legittimate a proporre il mezzo straordinario di cui all'art. 404, comma 2 ovverosia l'opposizione c.d. revocatoria per l'ipotesi che il decisum della sentenza fosse stata effetto di dolo o collusione a loro danno”.

Tali principi si pongono nel solco di una giurisprudenza consolidata che attribuisce alla lesione del principio del contraddittorio una violazione che incide inevitabilmente sul rapporto processuale determinando la nullità della sentenza emessa: “in quanto il giudizio su tale impugnazione si sarebbe esaurito nella sola fase rescindente e in quanto il suo accoglimento avrebbe dato luogo ad un nuovo giudizio da svolgersi in primo grado”.

Tuttavia, il giudice di legittimità va oltre.

Ed infatti, seppur le eredi dell'erede pretermesso, a loro volta già parte del processo, ricorrono in Cassazione anche quali successori, tuttavia, non possono far valere esclusivamente la violazione del principio del contraddittorio nei confronti della madre, quale litisconsorte necessario pretermesso. Sotto tale profilo, la Corte spiega che l'accettazione senza beneficio di inventario si riverbera sulla loro legittimazione attiva, in quanto: “deve ritenersi integrata una situazione giuridica di totale confusione della posizione sostanziale nel processo delle figlie, già in proprio, e della posizione sostanziale - a suo tempo non integrata in relazione al processo stesso - di coerede della madre. In ragione di tale confusione sul piano del diritto sostanziale delle due posizioni, è evidente che, di quella a suo tempo facente capo alla madre, non può più essere predicata la terzietà rispetto al processo e, dunque, rispetto ad essa la qualità di terzo, necessaria in funzione della legittimazione all'esperimento del mezzo di gravame di cui all'art. 404 c.p.c., comma 1”.

A tal riguardo, secondo l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, l'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede che è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti (intra vires, art. 490, comma 1 e comma 2 num.2, c.c.) e soltanto con questi stessi beni (cum viribus hereditatis, art. 497 c.c.). L'accettazione beneficiata non conforma, pertanto, il diritto di credito azionato che rimane tale nella sua natura, portata e consistenza, ma segna i limiti della sua soddisfazione, nel senso che ne consente la realizzazione soltanto con i beni dell'eredità e non già con quelli personali dell'erede, nei limiti del loro valore (Cass. civ., n. 7090/2015, Cass. civ., ord., n. 20531/2020).

Dall'accettazione beneficiata, pertanto, consegue una limitazione di responsabilità dell'erede, in deroga legale al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale (art. 2740, comma 2 c.c.): questa posizione dell'erede debitore più favorevole nei confronti dei creditori del de cuius è, come tale, una "qualità del relativo rapporto" ed assume rilievo proprio e unicamente nel giudizio di cognizione che abbia ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore all'adempimento dello stesso, prima che venga ad instaurarsi la fase dell'esecuzione forzata (cfr., Cass. civ., 27 luglio 2022, n. 23398 ; Cass. civ., sez. un., ord., n. 10531/2013 , Cass. n. 7090/2015).

Ne deriva, secondo il ragionamento della Corte che la mancata accettazione con beneficio d'inventario, determinandone la confusione e, di conseguenza, la illimitata responsabilità dell'erede che deve rispondere dei debiti ereditari anche con il suo patrimonio, sotto il profilo dell'azione di accertamento del credito, determina l'insussistenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., non essendovi alcuna titolarità distinta della posizione sostanziale che sottende la relativa legittimazione ad causam, escludendo quella posizione di terzietà che consente di proporre il particolare rimedio di cui all'art. 404 comma 1 c.p.c. Infatti, afferma la Suprema Corte che “solo se avessero dedotto di avere accettato l'eredità della loro madre con beneficio di inventario, (…omissis…)sarebbe stato possibile predicarne la posizione di terzietà, quale necessario presupposto di ammissibilità del motivo di ricorso afferente alla legittimazione all'opposizione di terzo”.

In buona sostanza, se, da un lato, la Suprema Corte allarga le maglie del rimedio in esame alla sussistenza di pregiudizi che concernono sia diritti sostanziali che processuali, dall'altro, restringono la legittimazione processuale attraverso l'incidenza della relativa posizione sostanziale nell'alveo dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. Invero, basterebbe invocare la relativa successione ereditaria per giustificare la legittimazione ad agire e, tuttavia, sul piano sostanziale, la mancata accettazione con beneficio d'inventario, determina una carenza d'interesse, che esclude tale posizione di terzietà.

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